Capitolo 55
Canzoni del capitolo:
• Run boy Run - Woodkid
• My decenber - Linkin park.
*Philipp's pov*
Sono in macchina con Friedrich. Quando, entrati nel vialetto di casa, vedo Miriam insieme a Aghata.
Ma che cazzo... che cazzo ci fa qui?!
« Philipp, stai bene? Conosci quella donna? » mi chiede, Friedrich.
« Sì è un amica di mia madre. » gli rispondo. Tiro il freno a mano e tiro via le chiavi dal blocchetto.
Perché Aghata è qui? E perché sta parlando con Miriam?
Salgo le scale e quando sono davanti a quelle sue, mi rivolgo ad Aghata in un tono deciso:
«Aghata? Che ci fai qui? »
Aghata si gira vero so di me. Non è turbata, anzi è alquanto contenta. Al contrario di Miriam. La osservo. Il suo sguardo è misto tra rabbia e delusione.
Merda...
« Ciao, tesoro. Ero passata trovarti, ma questa signorina mi ha detto che non c'eri. Non sapevo ti fossi fatto una domestica personale. » commenta, avvicinandosi a me.
La sua mano mi sfiora il colletto dell'uniforme. Faccio un respiro profondo. Non starà cercando... non starà cercando di flirtare con me davanti a Miriam?!
« Non esattamente. »
« Possiamo parlare in privato? » mi chiede. La sua mano mi tocca il petto. Devo fare qualcosa. Mi sposto di poco. Spero che abbia capito.
Sono costretto ad accettare. Devo parlare con Aghata in modo sincero e senza farle del male. E per far questo devo mandare via Miriam. A malincuore mi rivolgo a Friedrich:
« Certo. Friedrich, tu e Miriam andate dentro io arrivo subito. »
« Io no mi muovo di qui. »
Miriam... cazzo!
« Finiscila e torna dentro. »
Guardo Aghata. Non sopporto che si rivolga a Miriam in questo modo. Con molta calma e a malincuore, mi rivolgo a Miriam
« Miriam, fa come dice e torna dentro. »
Vedo le sue lacrime solcarle la guancia. No... Miriam. Scusami.
Friedrich porta Miriam dentro. Ora io e Aghata siamo soli. Andiamo sotto la veranda. Lei si siede sul divanetto di vimini. Io no. Anche se mi fa segno di sedermi.
« Cosa ci fai qui? » le chiedo, con un tono secco.
« Cosa c'è che non va? Volevo vederti e ho trovato la tua domestica. A quanto vedo è molto arrogante e molto sicura di se. Fossi in te la manderei via. » si accende una sigaretta. Lo fa con una certa nonchalance, che mi da quasi sui nervi.
« Aghata, sei pregata di non parlare di Miriam in questo modo. » lo dico, pienamente convinto.
« Miriam? » corruga la fronte, confusa. « È un nome ebraico... »
« Sì. Ed è la mia ragazza. Non parlare di lei a questo modo. È una ragazza dolce. »
Da parte di Aghata segue un silenzio. Poi mi guarda e inizia a ridere mettendosi la mano davanti alla bocca. La sua reazione mi lascia indifferente.
« La tua ragazza... Non ci credo... tu.. una ragazza? » Agatha smette di ridere e mi guarda in modo serio. « Dolcezza, io ti conosco meglio di chiunque altro. Non sei fatto per una relazione. In fin dei conti, ti ho insegnato bene, a trattare con le donne. E se la memoria non mi inganna, le ragazze sono cadute sempre ai tuoi piedi. E adesso mi vieni a dire, che ti sei fidanzato? Con un'ebrea? » nel suo tono di voce, percepisco dell'ironia. Ma non mi faccio abbattere.
« Sì e io la sposerò. Finalmente ho trovato una donna che mi capisce. Che mi comprende. Che sa cosa voglio. Tu mi hai insegnato solo a essere un egoista. Sì, avevo tutte le ragazze ai miei piedi, ma non sapevo cosa fosse l'amore, finché non è arrivata Miriam. »
Aghata viene verso di me. Getta la sigaretta in mezzo alla neve. « Io ti ho insegnato a farti rispettare, ragazzino. L'amore è solo una perdita di tempo. Tu non sei fatto per legarti a qualcuno. Sei uno spirito libero. Non vuoi nessuno al tuo fianco. E questa Miriam, ti procurerà un sacco di guai. Tuo padre ne è all'oscuro, a quanto vedo. Cosa direbbe lui, se sapesse che suo figlio ha una relazione con un'ebrea e la vuole sposare? No. Non reagirebbe molto bene. »
« Che cosa vuoi, Aghata? » mormoro, tra i denti. Se pensa di poter dire tutto a mio padre, si sbaglia di grosso.
« Nulla, che io non voglia già. Ancora devo capire, quando sei diventato così sentimentale. Questa Miriam, ti ha sedotto con l'inganno. Ricorda, gli ebrei non sono capaci di amare. Si accoppiano solo fra di loro. Sono come dei ratti. Vanno in ogni dove e proliferano.Sono falsi. Bugiardi. Ladri. Per loro conta solo l'oro. E nient'altro. Questo lo dovresti sapere. Le ragazze ebree tendono a incantare i ragazzi con i loro trucchetti. Sono belle ragazze. Ma quando gli occhi non vedono. Sono dei mostri. Non sono diverse dal maschio ebreo. Naso adunco. Denti sporgenti. Hanno la gobba. Pelle rugosa. Le loro unghie si trasformano in artigli. Le orecchie a punta come i topi. E gli sciocchi che si innamorano di loro, le vedono come delle bellezze. E quando meno te lo aspetti, ti colpiscono alle spalle. E sei finito.»
Quando Aghata finisce il suo discorso, non posso fare a meno di ridere.
« Molto divertente. Sembri il mio professore che ci insegnava l'importanza della Razza ariana che avevo alla NAPOLA. Credimi, Miriam non è niente di tutto ciò. È incredibile come fino adesso, abbia creduto a queste stronzate. » Torno immediatamente serio. « Aghata, te lo ripeto per l'ultima volta, lascia in pace Miriam. »
« Sì, come vuoi tu. Tranquillo non dirò nulla a tuo padre. Mi sorprende, che tu sia diventato così... altruista. Come quando eri un bambino. Piccolo e innocente. »
« Sarò diventato altruista. Ma non mi sono rammollito. »
« Lo so. Sei diventato un uomo. Quella ragazza ti ha cambiato. Lo vedo. Lo percepisco. Forse è meglio che me ne vada... » Abbassa lo sguardo. Mi avvicino a lei, e gli alzo il mento in modo che mi guardi. Ha le lacrime agli occhi. Con il pollice cancello via una lacrima.
« Aghata. Sono sempre io. Ma solo migliore di quello che ero prima. Io ci tengo a te. E non voglio perderti. Non voglio che tu vada via. » l'abbraccio. Voglio bene a Aghata. Non appoggio il fatto che non approvi Miriam. Ma era comunque una mia più cara amica. E vederla in questo stato mi fa soffrire.
« Oh... Tieni ancora a une vecchia e decrepita come me? » prende un fazzoletto dalla tasca e si asciuga il viso.
« Sempre. » poi mi viene un idea. « Senti, perché non rimani a pranzo da noi. Io... io... » vorrei poter dirle di restare. Ma non mi escono le parole.
« Grazie, caro. Ma oggi non me la sento. Possiamo fare domani a cena? Sempre se la tua ragazza, voglia avermi a cena? »
« Io ti voglio. E Miriam capirà. Quando ti conoscerà si ricrederà su di te. » Miriam non farà i salti di gioia. Ma Aghata è una mia amica. Che a lei piaccia o no. Voglio che lei venga a cena.
« Allora ci vediamo domani sera. »
« A domani, Aghata. » la saluto, mentre si allontana nel giardino, verso casa dei miei.
Torno dentro e trovo Miriam in biblioteca. È sulla poltrona a leggere un libro. Le sue amiche sono sul divano di fronte a lei. Non appena mi vedono entrare, si alzano e se ne vanno. Mi rivolgono uno sguardo disgustato. Ma non do penso.
Mi inginocchio di fronte a lei. Non alza il minimo sguardo.
« Miriam... ehi, mi dispiace.. » mi scuso. Nulla non alza lo sguardo dalle pagine. Con disinvoltura, sfoglia una pagina e continua a leggere. « Miriam, per favore. Sto cercando di chiederti scusa. » insisto.
Finalmente alza lo sguardo. La sua espressione è ovviamente arrabbiata. E ha ragione e da, uomo quale sono, affronto le conseguenze a testa alta.
Miriam mette le dita della mano a mo di bocca di papera e le muove su e giù e con sarcasmo, mi dice:
« Ti dispiace? Ti dispiace?! Io sento questo, e vorrei sentire solo questo! » esclama, chiudendo le dita di colpo. Chiude bruscamente il libro e si alza.
« Come ti permetti?! Come ti permetti, a dire che ti dispiace? Mi ha insultata e tu eri lì e non hai fatto nulla! Nulla! » non l'ho mai vista così furiosa. Cerco di rimediare.
« Hai ragione! Ma vedi, ho risolto con Aghata. E le ho detto di non parlarti più a quel modo. »
Miriam mette a posto il libro e si volta verso di me, ridendo:
« Oh, glie lo fatto presente. Ma che pensiero gentile! Sono stufa, Philipp. Quella donna è il male in persona. Ti ha ferito e ti sta manipolando! Perché non riesci a capirlo? »
Ora mi sto innervosendo. Mi avvicino a lei minacciosamente. Ma lei non ha paura di me. Mi guarda con uno sguardo fiero. Se una volta avesse osato farmelo...
Miriam non dire altro. Non oserei mai farle del male. Non me lo sarei mai perdonato.
« Miriam, io so che Aghata ti ha ferita. E dovresti capire che, io amo solo te. Aghata non è niente per me. È solo un'amica. E vedrai quando la conoscerei non ti sembrerà poi tanto male. » cerco di alleggerire la tensione. Per quanto dura possa essere.
« Che intendi dire? »
« Aghata verrà qui domani sera. L'ho invitata a cena. » non appena pronuncio queste parole, Miriam diventa furiosa.
« Tu cosa?! Sei impazzito? Io non voglio quel mostro dentro casa! »
« Miriam, stai esagerando! Aghata verrà qui a cena. Che ti piaccia o no! »
« Allora me ne vado. » sussurra, appena. Fa per andarsene ma la prendo per il braccio.
« Dove vai? »
« Via. Lontana da te! » si libera dalla mia presa.
« Miriam, fermati! »
« No, Philipp! Quando ti libererai di quella baldracca, allora ne potremo parlare di nuovo. Non riesci a liberarti dei lei, perché sei debole! Ne sei succube! Pensavo che fossi più forte di quello che pensassi. Sei... »
Non so come, o il perché ma sentirle pronunciare quelle parole, mi ha fatto scattare le di uno schiaffo sulla guancia. Mi sento morire dentro. Io... non volevo....
Miriam mi guarda sconvolta. La sua mano tocca la guancia colpita. I suoi occhi si riempiono di lacrime.
« Miriam... perdonami.. io non volevo... »
Sta per andarsene ma la fermo di nuovo. «Miriam! »
« Non mi toccare! Basta, questa volta è davvero finita! » corre su al piano di sopra. Tento di raggiungerla, ma si chiude in camera.
« Miriam! Miriam, ti prego! » batto forte il pugno sulla porta. « Miriam, scusa io... mi dispiace! »
Questa volta do un pugno contro la parete. Un dolore mi colpisce le nocche. Ma non è nulla, in confronto a come mi sento adesso. Urlo. Per tirare fuori la mia rabbia. Come ho potuto?! Come ho potuto infrangere la promessa?
Le avevo promesso che l'avrei difesa. Che non le avrei mai fatto del male! Invece... invece... Cazzo!
Sono un coglione! Un idiota! Me ne torno al piano di sotto e mi richiudo nel mio studio. E nella penombra, iniziò a bere. Bicchiere dopo bicchiere. Sperando che l'alcol faccia passare il dolore.
Note d'autrice:
Eccomi qui. Scusatemi alcune di voi nei giorni scorsi mi chiesero quando avrei aggiornato e io: domani, ecc sono stata molto impegnata. Ora finalmente il capitolo è qui. Spero vi piaccia. Il finale un po' meno.
Vi ringrazio a chi legge, scrive, o commenta.
Ci vediamo al prossimo capitolo
Un mega bacione
Noemi ❤️
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