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Capitolo 45

Canzoni del capitolo

• I'am machine - 3 days grace

• What I've done - Linkin park

*Philipp's pov*

« È arrivato lo spuntino. »

« Che cos'è? Dall'odore sembra buono. »

« Ci credo, è pizza. » apro la scatola. La pizza è grande e rotonda. Sopra c'è della salsa al pomodoro, mozzarella e del salame. Miriam la divide in spicchi e prendiamo una fetta per uno.

« Mio Dio è buonissima. » mormora. « Ci voleva proprio. »

« Già. Le uniche due cose belle che sanno fare gli italiani sono: il cibo e l'arte. »

Miriam, mentre morde la fetta, trascina con se parte della mozzarella filante. Mi scappa un sorriso.

« Sai, non vorrei essere in nessun altro posto, se non con te. »

« Sicura con me e non con quello stronzo? » le rispondo, con sarcasmo.

« Philipp, smettila. » mi risponde, con tono seccato.

« Pure? Sai come mi sono sentito quando l'ho scoperto? » osservo la sua espressione. No, probabilmente non lo sa. « Come ti sei sentita prima, quando ti ho detto che andavo a scopare con Hellen? O a fare un orgia? »

Non dice nulla. Ma dal suo sguardo, comprendo che le ho fatto male. « Esatto. È così che mi sono sentito. »

Mi prende la mano e la stringe. « Lo sai che voglio te. E non per altro. Ti amerei anche se non fossi un soldato, anche se non mi avessi dato questa vita agiata.. »

Devo sapere se sta dicendo la verità. Devo essere sicuro che non torni più da lui.

« Allora promettimi una cosa... anzi devi giurarmelo.. » la guardo dritta negli occhi. Non voglio prese per il culo, questa volta. Miriam aspetta il continuo della frase. Io lancio il dado.

« Non devi vedere mai più quel coglione. Mi sono spiegato? Non sto scherzando, Miriam. Non devi vederlo più. Mai più. »

« Cosa? » è visibilmente scioccata. Ma non mi interessa.

« Hai capito bene. Devi giurarmelo, Miriam. Se ti vedo di nuovo insieme a lui... io... » stringo i pugni.

« Che cosa fai? Mi uccidi? »

« No. Uccido lui. E questa volta sul serio. Non mi interessa, se tu ci rimani male, o non mi parlerai più. Lo ammazzo con le mie stesse mani! » mormorò, tra i denti.

Miriam rimane senza parole e volta il suo sguardo altrove. « Senti, so che è il tuo migliore amico. So che ciò che ti chiedo è inaccettabile. Ma le cose stanno così. O... » non mi fa finire la frase.

« No. Hai ragione. Philipp sei tu il mio migliore amico e fidanzato. Non potrei chiedere di meglio. Va bene. Non lo rivedrò più. » continua a mangiare la pizza.

« Sicura?» mi insospettisce che abbia accettato senza far storie, ma le do fiducia.

« Certo. So che a te la cosa da fastidio e so che ci soffri. Per me Simon è stato un buon amico. Ma è finita. »

« Miriam è l'ultima chance. Prega Dio che non lo trovo insieme a te. So che mi stai dicendo la verità. Di questo non ho alcun dubbio. È di lui che non mi fido. » Miriam viene vicino a me e appoggia la sua testa sulla mia spalla.

« Non ti preoccupare. Se conosco Simon non tornerà, penso che abbia capito. Mi dispiace per lui. Per averlo fatto soffrire, ma ho preso la mia decisione. E sei tu.» mi bacia la spalla.

Prendo un altro pezzo di pizza. Ora mi sento più tranquillo. Finito di mangiare, siamo pieni. Voglio solo andarmi a fare una doccia e poi andare a dormire.

« Ho voglia di andare a fare un bagno, vieni con me? »

« Sí, arrivo. »

Miriam va a preparare la vasca, intanto, io mi bevo un sorso di birra. È inutile che prenda i vestiti, non ho mai dormito con il pigiama. Mi sono sempre trovato al mio agio dormendo nudo.

Dalla finestra, vedo qualcosa muoversi. Ma che cazzo... mi infilo i pantaloni e prendo la pistola dalla fondina. Scarto l'ipotesi che siano Friedrich e gli altri. Sanno che quando voglio stare con Miriam non voglio essere disturbato.

Apro il portone, e vedo una macchina nera parcheggiata di fronte alla scalinata. Punto la pistola in avanti. Ho il dito sul grilletto, quando dalla macchina vedo scendere Albercht con Schulz e altri due ufficiali.

« Ehi, Hoffman! Che piacere vederti. Non ti abbiamo visto per tutto il giorno oggi e ci stavamo preoccupando! » esclama Albercht euforico.

Abbasso la pistola. Merda! Che cazzo ci fanno qui?!
Fingo di essere contento della loro visita.

« Strauss, Schulz ma che sorpresa! » cerco di essere il più convincente possibile.

« L'abbiamo per caso disturbata, Herr Hoffman? » mi chiede, Schulz.

« No. Ma prego accomodatevi. » faccio loro, segno di entrare. Devo sbarazzarmi di loro il prima possibile.

« Hoffman scusaci se siamo venuti senza preavviso. Ma volevamo invitarla con noi ad un "party" » ghigna Albercht.

« Mi piacerebbe. Ma sono molto stanco e voglio andare a dormire. » cerco una scusa. Albercht viene vicino a me e inizia a ridere.

« Philipp Hoffman che va già a dormire? È uno scherzo? E dai, cognatino ci divertiremo! » mi mette la mano sulla spalla. Resto calmo. Non sopporto questa sfrontatezza.

« Affatto. » gli tolgo la mano. « Quindi, se gentilmente vorreste uscire, ve ne sarei grato. »

« E dai, Hoffman non faremo tanto tardi. » insiste, Schulz. Sono irremovibile. Non rispondo, sperando di farglielo capire.

« E va bene. Se non vuoi venire, allora il party si trasferisce qui. »

Nel sentire questa frase, mi irrigidisco. No. Non possono rimanere qui... Miriam... se scoprono che c'è lei...

Serro i pugni. Questo fatto mi costringe ad accettare. Cerco di calmarmi e sorrido.

« Come volete signori, avete vinto voi. Datemi solo qualche minuto per sistemarmi. » comunico, salendo al piano di sopra.

« Non metterci troppo, cognatino! O ci perderemo tutto il divertimento. » esclama, Albercht da sotto.

Coglione.

Entro in camera e trovo Miriam nascosta in un angolo vicino all'armadio. È spaventata. Non la biasimo. « Sono andati via? » mi chiede, abbracciandomi.

« Purtroppo no. E quello che mi fa più incazzare è che devo andare con loro. » apro l'armadio per prendere l'uniforme pulita.

« Andare? Andare dove? »

« A un party al campo. »

« Oh... beh è una cosa bella. Credo che tu debba andare. Non voglio privarti di andare ad una festa. »

Entro in bagno per darmi una ripulita. Non le rispondo. Non voglio che sappia. Ma il mio silenzio, la insospettisce.

« È una normale festa... non è vero? » mormora, quasi sussurrando.

Devo dirglielo. « No. Non lo è. È da un po' che non partecipo a questo tipo di festa. Ma stasera non ho avuto scelta. Credimi. Avrei preferito rimanere qui con te. » mi abbottono la camicia. Sento Miriam sospirare e mi guarda con tormento. Ho un peso sullo stomaco.

« In cosa consiste? »

« Sul serio.. » ma i suoi occhi mi lanciano una frecciatina gelida. « Va bene. Noi siamo lì a bere e... ti prego, Miriam. » non ce la faccio. Non voglio farle, emotivamente, del male.

Annuisce, piangendo. « Lo so. » Mi abbraccia.« Lo so. Sarò qui domani mattina ad aspettarti. » conclude, dandomi un bacio.

« Hoffman! Ma quanto ci metti? Dai sennò ci perdiamo il meglio! » esclama, Albercht. Mi infilo la giubba e gli stivali. Prima di scendere bacio di nuovo Miriam.

« Buonanotte, amore mio. » le sussurro, vicino alle labbra. Metto il berretto e scendo al piano di sotto.

« Era ora. » Albercht è impaziente. Prendo la cintura con la fondina e la metto in vita.

« Scusate. » prendo i guanti di pelle e il capotto lungo. Seguo gli altri in macchina. Sono sicuro che Miriam mi sta guardando dalla finestra. Ma non ho il coraggio di guardare, per non sentirmi ancora più male.

***

Arriviamo al campo. Per fortuna, a smesso di nevicare. La festa si svolge in uno spiazzo recintato all'aperto. Sento la musica e canti. Ci sono dei tavoli e delle sedie. Siamo solamente ufficiali niente guardie. Siamo sotto una tettoia al riparo davanti a noi alcuni internati corrono in cerchio nudi in mezzo alla neve, incitati da alcuni ufficiali. Per farli correre di più, schioccano la frusta. L'altro gruppo di ebrei si trova vicino al filo spinato e sono in ginocchio.

Albercht mi offre un bicchiere di whisky. « Bevuta più spettacolo. Alla salute! Prosit! » facciamo scontrare i bicchieri e beviamo tutto d'un fiato.

Schulz si unisce agli altri. Giocano facendo scommesse su due ebrei, che hanno fatto uscire dalla fila. So già chi vincerà.

« Guarda qua. A volte la vita è ironica. Un attimo prima erano i padroni del mondo. Con i loro yacht, con le loro ville pieni di servitori, erano proprietari di fabbriche,banchieri e noi morivamo di fame. Ora guardali. Feccia schifosa! » esclama, pieno d'odio.

Bevo un altro sorso. Non ho voglia di rimanere qui. Spero solo che il tempo passi in fretta.

« Ehi ragazzi, venite a giocare si accettano scommesse! » esclama, un ufficiale di mezza età di cui, ora, non ricordo il nome.

« Con Schulz? State scherzando? Si sa che vincerà lui.» Albercht fa subito capire che non aveva voglia.

« Cosa c'è Strauss? Hai paura? »

Una cosa che non sopporto è venir paragonato ad Albrecht. Io non sono un codardo. Mi alzo e vado verso il tavolo di Schulz e gli altri. Al centro del tavolo ci sono due dadi.

« Cosa scommettiamo? » chiedo.

« La morte di questo parassita ebreo. Se vinco io, morirà impiccato. » dice un ufficiale, sadicamente.

« Io un buco sulla fronte. » dice un altro, ridendo.

« No, meglio farlo sbranare dai cani. »

Rido sotto i baffi, scuotendo la testa. Schulz e gli altri mi guardano. « Lei, Hoffman ha un idea migliore? »

Prima di rispondere, bevo tutto d'un fiato. « Mancate d'inventiva, signori. » sbeffeggio.

« Allora, cosa propone di fare? »

I miei metodi nell'uccidere qualcuno, sono alquanto crudeli. Lo sanno tutti. So come uccidere qualcuno in modo brutale. Ma non voglio. Ho deciso di cambiare. Non voglio più essere quel mostro crudele che ero prima. Voglio cambiare per Miriam. Il suo amore verso di me, mi spinge a farlo. Ma se non lo facessi, sospetterebbero. Stringo i pugni. Mi sento come una mosca intrappolata nella ragnatela. Non ho via di scampo.

« Allora Hoffman, da quanto ho capito ci tiene sulle spine. » ghigna, Schulz.

« È una sorpresa. Sa che ci tengo. Ma è inutile che ve la dica. Non vincerò mai. »

Schulz mette i dadi, nel bicchiere. E lo scuote, passandolo a un ufficiale vicino a lui. « Mai dire Mai. Le regole sono queste chi fa sette vince. »

L'ufficiale, con un colpo rovescia il contenuto e tira su il bicchiere. Cinque. Si maledice e passa il bicchiere ad un altro. Tre. Un altro ancora. Quattro. Un altro ancora. Sei. Poi arriva il mio turno. Prendo il bicchiere e lo scuoto. Ho il cuore che batte forte. Devo perdere.

« Vedo una certa tensione, Hoffman. Si sente bene? » mi chiede Schulz con falso sorrisetto. Io non sono da meno.

« Sto bene. Non si preoccupi. » rovescio il bicchiere con una botta secca. Faccio un respiro profondo, alzandolo lentamente. Impallidisco nel vedere i dadi. Sette.

« Fortuna sfacciata, Hoffman. Vediamo se riesco a batterla. »

Spero con tutto me stesso che vinca lui. Schulz scuote il bicchiere, mi sembra che il tempo si sia fermato. Non devo preoccuparmi. È il campione in tutti i giochi d'azzardo. È impossibile che io lo batta. Schulz rovescia il bicchiere. È il momento del verdetto. Cinque.

Schulz mi guarda. Non solo lui. Ma anche gli altri. Bisbigliavano ma io potevo capire benissimo cosa stessero dicendo: "Ha battuto Shultz"  "Non ci credo" Non è mai successo"

Sculz mi guarda impietrito. Non ammetteva che qualcuno lo avesse battuto. Perfetto. Ora mi fa una sfuriata e gli cederò la vittoria. Vedo i muscoli del viso rilassarsi.

« Mi devo ricredere, Hoffman. Ha vinto. Mi ha battuto. Ogni tanto posso cedere gli onori a qualcun altro. A lei l'onore questa volta. » e si mette comodo sulla sedia.

Non è quello che mi aspettavo. Devo decidere come farlo morire. Ma so che vogliono uno spettacolo crudele e cruento.

« Allora, Hoffman. Cosa le serve? Una pistola? Un coltello? Una spranga? » mi chiede, Schulz accendendosi una sigaretta.

« Niente di tutto questo. Solo una bottiglia di Wisky e un pneumatico. Ma dubito che qui ce ne sia uno. Perciò vada per la pistola. »

« No, no al contrario. Portategli un pneumatico. » comunica agli altri rilassato.

In meno di un minuto, un ufficiale mi porge un pneumatico. Devo avere tanta forza di volontà. Come ho sempre fatto ed estraniare ogni emozione.

« Prego, Hoffman inizii. »

Mi avvicino all'ebreo. Lo guardo negli occhi. Non vedo più la voglia di vivere in lui. Meglio così. Gli lego i piedi. E infilo il pneumatico fino al busto in modo da bloccargli le braccia.

L'ebreo mi guarda. Ha le lacrime agli occhi. No... cazzo! Philipp, niente emozioni!

L'ebreo inizia a sussurrarmi qualcosa. Non voglio sentire.

« L-la prego... mi dica dov'è mia moglie... la prego... » piagnucola, disperato.

Faccio finta di non sentirlo. Anche se lo avessi saputo, non glie lo avrei detto. Probabilmente sarà morta anche lei. Mi estraneo da tutto ciò che mi circonda. Come ho sempre fatto. Prendo la bottiglia dì whisky e lo verso su di lui. Dalla tasca tiro fuori l'accendino. Faccio un respiro profondo. Lancio l'accendino addosso a lui. In meno di un secondo inizia a prendere fuoco.

L'ebreo urla agonizzante la gomma si fonde con la sua carne. Il fumo è nero come la pece. Il fuoco divampa e e le fiamme hanno un colore acceso che è come se fosse diventato giorno.

Vado a sedermi di nuovo. Sento gli altri ridere e dire cosa orripilanti. Le urla dell'ebreo non cessano. La puzza di carne e gomma bruciata è nauseante.

« Bravo, Hoffman! Originale davvero! Se avessi saputo, prendevo gli occhi da sole! » ride a crepapelle Schulz.

Il mio sguardo è rivolto a terra e non esprimo alcuna emozione. « E bravo cognatino! » Albrecht viene vicino a me e mi elogia. « Sei un genio! » prende un sasso e lo lancia verso L'ebreo che sta ancora bruciando e urlando. « Muori bastardo ebreo! Muori! » esclama con cattiveria.

« È ancora vivo il figlio di puttana. » ci fa notare un ufficiale. « Quanto ne avrà ancora Hoffman? »

« La morte sopraggiunge dopo circa venti minuti. È per via della gomma. Venti minuti di agonia la vittima non muore subito. Mentre brucia subisce ustioni tremende che, poco per volta, ne distruggono il corpo tramutandolo in un ammasso di carne carbonizzata e gomma fusa. » bevo ancora un sorso per smaltire la tensione. L'ufficiale ghigna sadico.

« Devo ammetterlo Hoffman. Una morte così cruenta non l'avevo mai vista. Persino noi non siamo così sadici. Le devo fare i miei complimenti è di ispirazione a tutti noi. » Schulz si congratula con me, prima di tornare a giocare.

Voglio stare da solo. Mi alzo e cerco di passare inosservato prima di andarmene. Prima di varcare il cancello, vedo un ufficiale ubriaco farsi pulire gli stivali da un ebreo. Quello che mi impedisce di continuare a camminare, è il volto dell'ebreo. Ma certo! Lo conosco. È il padre di Miriam. Mi volto verso i miei compagni. Ancora bevono e giocano. Non può restare qui.

Mi avvicino all'ufficiale è così ubriaco che si sente l'odore di alcool persino da qui. Si volta verso di me e ride.

« Bello spettacolo prima, Hoffman. » biascica. « Vuoi farti pulire anche tu gli stivali da questo parassita? » gli versa il liquore addosso. Il padre di Miriam tiene sempre il volto verso il basso. Non osa. Fa bene. Non è uno sprovveduto. Devo salvarlo.

« Non mi faccio toccare dalla faccia. Pero perché no? Se puoi cedermelo vorrei ancora divertirmi. Lo spettacolo di prima era solo l'inizio. » ghigno.

L'ufficiale ride e mette il piede in faccia al padre di Miriam. « Hai sentito nullità? Sei solo un ammasso di escremento. » ride per poi accasciarsi a terra. Patetico.

È talmente ubriaco da non accorgersi di nulla. Meglio così. Afferro il braccio del padre di Miriam e lo trascino fuori.

« Cammina e dimmi dov'è la tua baracca.»

« È... è più avanti... signore. » non osa fare domande. Ha troppa paura. Non lo biasimo.
Quando arriviamo davanti alla sua baracca lo lascio.

« Siamo arrivati. Prega il tuo Dio se sei qui. È lui che ti ha salvato. E... » devo dirglielo. « E non preoccuparti per Miriam. È al sicuro. » sentendo il nome di sua figlia, scoppia a piangere.

« Miriam... Miriam dov'è? dimmi.. dov'è?» dice, tra singhiozzo e l'altro.

« È al sicuro. » mi giro per andarmene ma lui mi  ferma con una semplice domanda:

« Perché? »

Non gli rispondo. Senza voltarmi a guardarlo, riprendo a camminare in silenzio.

Note d'autrice:

Questo capitolo, nel scriverlo, mi ha fatto sentir male. Quindi spero che vi piaccia è un po' cruento.
Grazie per la pazienza ❤️ ringrazio chi vota chi commenta e chi legge
Un megabacione
Al prossimo capitolo
Noemi

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