Capitolo 40
Canzoni per il capitolo:
• Believer - Imagine Dragons
• Sometimes - Skillet
*Philipp's pov*
« Hai perso la scommessa. Questa sera paghi penitenza, Gustav. » gli dice, Hans ghignando.
« Non vale! Hans, hai barato. » replica, Gustav. Conoscendo Hans, so quale tipo di penitenza gli toccherà a Gustav. Fossi in lui mi farei rispettare.
« Non è colpa mia se non sai giocare a Black Jack.»
Arriviamo a casa. Stasera passiamo la serata da me, in quanto, al campo principale, nei salotti, dove ci vediamo di solito, c'era troppa confusione. Tra guardie, mogli degli ufficiali e così via.
« Mi spieghi perché non abbiamo invitato anche le ragazze? » mi chiede, Mark, con tono quasi scocciato.
« Perché è da un po' di tempo che non passiamo una serata solo tra uomini. » gli rispondo mentre apro il portone di casa. Stasera l'aria è piuttosto fredda e rigida. Come se non bastasse non aveva smesso un minuto di nevicare. Non vedo l'ora di sedermi sul divano davanti al fuoco.
« Già. Non tutti però. » si riferisce a Friedrich. Mark lo guarda, sogghignando.
« Smettila, Mark. » anche se non aveva cattive intenzioni, lo avviso di andarci piano.
Non appena siamo dentro casa, ci togliamo i capotti e li mettiamo sull'attaccapanni. Strano. Improvvisamente, nell'atmosfera non percepisco il solito calore.
« Philipp! Si gela qui dentro. » si lamenta, Gustav, tenendo le braccia conserte.
Entro in salotto e noto il cammino spento. La legna, però è bruciata. Quindi vuol dire che non è passato molto tempo da quando è stato acceso. Mi guardo intorno. La casa è silenziosa. Ho un brutto presentimento.
« Miriam? » inizio a chiamarla. Ma non ricevo risposta. « Miriam? » ma dov'è?
« Non credi che sia andata tua madre? » Mi chiede, Friedrich sedendosi sul divano, insieme agli altri.
« No. Mi avrebbe avvisato e poi c'è mio padre a casa. » inizio a chiamarla di nuovo. Nulla. « Miriam?! » vado in cucina e nulla. Anche gli altri iniziano a cercarla chiamandola. Ma anche loro non ricevono alcuna risposta. Vado a controllare in cantina, forse è lì. Scendo le scale. La luce è spenta.
« Miriam? Sei qui? » la cantina è vuota. Merda! Che sia andata veramente da mia madre? No. Oppure era lì e non ha fatto in tempo a tornare a casa per via del ritorno di mio padre. È plausibile.
« Philipp! Vieni qui. » la voce è quella di Gustav.
Corro immediatamente su di sopra. Entro in salotto e vedo lui e gli altri fuori, sulla veranda che da al giardino.
« Cosa? »
Gustav mi indica il giardino. È buio e non vedo nulla. « C'è qualcosa sotto la neve. »
Guardo meglio. Ha ragione. Mi avvicino cercando di capire cos'è. Ha una forma insolita come di...una persona.
Non dirmi..
Inizio a correre. Non può essere.. mi inginocchio e tolgo la neve da sopra quel corpo. Il corpo di Miriam.
« Miriam! Cazzo! » urlo fuori di me. Il suo corpo è gelido. La prendo in braccio e la porto immediatamente dentro casa.
« Miriam! No, ti prego! » la faccio stendere sul divano. Friedrich accede subito il cammino.
« Andate a prendere delle coperte! » sbraito. Trattengo le lacrime e cerco di non cadere nella disperazione e di rimanere con la mente lucida. Ha le labbra di un colore violaceo azzurrino e sembra quasi che non respiri più.
« Perché non respira?! »
Mark torna con la sua borsa da medico:
« Fammi dare un occhiata. » dalla borsa tira fuori lo stetoscopio e inizia a sentirle il battito.
Sono in uno stato di ansia. Non mi era mai capitato di sentirmi così, almeno fino ad oggi.
« Allora? »
« Il battito c'è ma è debole. Se non fossimo venuti in tempo.. »
Gustav torna con le coperte. Le prendo e la copro. L'abbraccio come per infonderle calore. Perché lo ha fatto?
« Ipotermia. » azzardo a dire.
Mark annuisce e dice: « Ora sarà meglio che stia al caldo. Andrò al campo per prendere delle medicine. Ho paura che abbia anche la febbre. » prima di andare si volta verso di me: « Philipp cerca di non starle troppo vicino. La cosa da non fare a un individuo in stato di ip-»
Non lo lascio finire. In me, esplode una rabbia da far rabbrividire chiunque:
« Fa silenzio! Miriam ha bisogno di me. Non la lascerò morire! »
Tutto intorno a me svanisce. Non sento più i suoni o le voci. C'è solo lei. Miriam. Poso le mie labbra sulle sue e la bacio. Con la lingua cerco di scaldarle.
Per lo meno, ora hanno ripreso il loro colore naturale.
Le sue mani sono ancora gelide. Non le lascio neanche per un secondo.
« Vedrai che starà meglio. » Friedrich si siede vicino a me.
« Non capisci? Ci è mancato poco che morisse! Avrei potuto perderla per sempre. »
« Hai qualche spiegazione del perché lo abbia fatto? »
« Nessuna. Io non capisco. » Ho tante domande nella testa. Ma ora non voglio pensarci.
« È come se avesse tentato di suicidarsi. » Hans torna dalla cucina, mangiando un panino con il prosciutto. Cerco di rimanere in me. In fondo la sua delicatezza, non è niente paragonata alla mia. Quindi non posso dirgli nulla e lascio correre.
« Come sarebbe a dire? Perché avrebbe dovuto farlo? »
« Non lo so. Diglielo quando si sveglia. Sai Philipp, sono ebrei. Va a capire cosa gli passa per la testa. » sentenzia, mandando giù un altro boccone.
« Hans non farmi incazzare. Non ho bisogno di sentire certe stronzate! La conosco benissimo. Non aveva alcun motivo per fare una pazzia del genere. » Come potrebbe. Qui è al sicuro. A me. Sopratutto me.
« Non ti pare strano che si trovasse da sola? Non c'è sempre quell'altro ebreo con lei. » mi fa notare Friedrich.
Giusto. L'amico di Miriam. Come si chiama? Sì. Leonard. Non ci ho fatto caso. Come mai non c'è?
Miriam inizia a tossire. Le accarezzo le guance. Sta meglio, ma ancora non prende conoscenza. È ancora presto. Mark, sbrigati.
« M- m- mi dispiace.. » alzo la testa. Miriam sussurra delle parole incomprensibili. Sembra tedesco misto all'ebraico. Sta parlando nel sonno e.. piange.
« Che lingua è? Che sta dicendo? »
« Zitto, Gustav. » mormora, Friedrich.
« Sembra tedesco. » ipotizza, Hans.
« È Yiddish. » confermo i loro dubbi.
« E tu che ne sai? » Hans si volta verso di me. Senza timore gli rispondo:
« È una lingua che gli ebrei parlano qui in Europa. Me lo ha detto Miriam, un po' di tempo fa. » vorrei sapere anche io cosa stia dicendo.
« E bravo Philipp. Stai diventando un ebreo provetto. » prendo Gustav per il coletto dell'uniforme. Questa è stata l'ultima goccia. « Vuoi crepare?! Perché ci metto meno di cinque secondi. »
Miriam continua a mormorare nel sonno. Lascio perdere quell' idiota di Gustav e mi concentro su di lei. Questa volta parla francese:
« Mamma, Papà... mi dispiace. » e torna a dormire. Questo è tutto. Le bacio la fronte.
« E adesso? Che si fa? » Chiede, Hans, confuso.
Non ho altra scelta. Mi alzo e prendo il capotto.
« Dove vai? » Friedrich è abbastanza preoccupato. Per me. Non mi ha mai visto in questo stato. Lo capisco. Senza che dica nulla, lui ha già capito.
« Lo so che vuoi vederci chiaro. Ma servirà a qualcosa? »
« Lo spero. Friedrich tu e gli altri restate qui. Prendetevi cura di Miriam, mentre sono via. Se arriva Mark, digli di guarire Miriam. »
Friedrich sorride. « Va bene. »
Esco e salgo in macchina. Voglio delle spiegazioni e le voglio ora! Per cominciare andrò dall'amico di Miriam.
Leonard.
***
Sono in piedi vicino a una finestra. Fumo tranquillamente una sigaretta prima di iniziare l'interrogatorio. La porta si apre e la guardia spinge a terra Leonard che trema come una foglia.
Spengo la sigaretta facendo un sorriso inquietante. Prendo la sedia e la volto alla rovescia e mi siedo, appoggiandomi sullo schienale.
« Di solito non rivolgo la parola alla feccia, ma ho bisogno delle risposte. Quindi ti chiedo di collaborare, altrimenti giuro che non vedrai spuntare l'alba. » mormoro, tra i denti.
L'ebreo rimane fisso con la faccia rivolta verso il pavimento e non parla. Sto perdendo la pazienza. Questo mi riporta alle parole di Miriam: "Con la violenza non si risolve nulla"
Quindi cosa vuoi che faccia? Essere gentile?
Stringo forte il pugno. Va contro i miei principi. A quest'ora se un ebreo come lui, non mi avesse ancora risposto lo starei pestando a sangue. Decido di cambiare tattica.
Miriam lo faccio per te.
Mi alzo e mi avvicino all'ebreo. Con tutta la volontà, cerco di rivolgermi a lui con un tono gentile:
« Ascoltami. Devi dirmi perché oggi non eri a casa. Tu devi dirmelo. Giuro che non ti farò nulla. » Niente. Rimane lì a tremare come una foglia. Faccio un respiro profondo e ci riprovo: « Dimmelo, per favore. Miriam oggi ha rischiato di morire e non so il motivo. Ha tentato di suicidarsi. »
L'ebreo cambia atteggiamento. Solleva la testa e mi guarda preoccupato:
« M-Miriam? Com'è possibile. Perché? »
« Per questo lo sto chiedendo a te. Se tu fossi stato lí con lei... perché non c'eri? »
L'ebreo ha una faccia disperata e piagnucola.
« Allora? Non ho tutta la notte! »
« Non sono venuto perché mi hanno mandato a spalare il carbone nella miniera. Gli avevo detto che dovevo andare a casa di Herr Kommandant. Ma non mi hanno dato retta. » continua a piagnucolare.
« Ah allora è questo il motivo per cui non sei venuto? » annuisce.
« Capisco. »
Rimango serio per qualche secondo. « Lo so che non è questa la motivazione. » sogghigno. « Mi stai prendendo per il culo, vero? Mi hai preso per uno stupido?! » Torno serio e questa volta mi avvicino a lui minacciosamente: « Giuro sul tuo Dio, che se non mi dici la verità... non vuoi che uso le maniere forti? E non mi riferisco al pestaggio o semplicemente ucciderti con un colpo di pistola. Lo sai per cosa sono famoso in questo campo. »
Credo di averlo convinto. Non smette di piagnucolare e inizia a pregare: « Signore ti supplico perdonami per quello che sto per fare. Ti scongiuro! » lo guardo con una faccia annoiata.
« Quindi ti sei deciso? »
« Un ragazzo mi ha chiesto di fare a scambio con lui. »
« Un ragazzo? E chi era? » rimango sul tono autoritario.
« Non lo so! Diceva di essere un amico di Miriam. » risponde, disperato. « La supplico, Herr Kommandant. Non mi uccida! La prego! » si avvinghia alla mia gamba.
Un amico di Miriam? « Dimmi il suo nome. »
« Non lo so. Io non me lo ricordo! » lo prendo per il colletto e lo sollevo da terra, senza il minimo sforzo.
« Lurido ebreo! Hai due secondi per dirmi il suo nome. Sto perdendo la pazienza! » Continua a piagnucolare. Sto per scaraventarlo a terra, quando finalmente mi da la risposta:
« Simon! Si chiama Simon. Simon! » lo lascio andare.
Simon. Questo nome non mi è nuovo. Ma certo! È l'amico di Miriam. Quel verme che vidi abbracciato a lei tempo fa. Stringo i denti e i pugni. La rabbia si impadronisce di me, al punto da non ragionare più.
Cosa ci faceva quell'essere a casa mia? Cosa ci faceva Miriam insieme a lui?
Do un occhiata all'orologio che ho al polso. Sono quasi le 4 del mattino. Fra non molto inizierà l'appello mattutino. Devo sbrigarmi.
« Dimmi dove si trova la sua baracca? » Quel lerciume ha le ore contate.
Note d'autrice:
Ciao e buona befana.
Finalmente ho deciso di aggiornare più spesso. Questo capitolo mi è piaciuto e ho voluto lasciarvi nella suspense 😂
Vi ringrazio ancora: chi legge, chi commenta e chi vota ❤️
Un megabacione
Noemi
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