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Capitolo 39

Canzoni del capitolo:

• Everybody Hurts - Avril Lavigne

• Happiness - Taylor Swift

*Miriam's Pov*

Guardo il calendario: 4 dicembre 1943. È quasi il tramonto. Fuori i pochi raggi del sole risplendono sulla neve facendola brillare. È passato ormai un mese da quando mi trovo qui a casa di Philipp. Il tempo scorre velocemente. Poche notizie dal mondo esterno a volte accendo la radio e riesco a sintonizzarmi su qualche radio inglese: gli alleati sono sbarcati nel sud dell'Italia. Mi fa sperare. Oltretutto il 13 ottobre: l'Italia ha dichiarato guerra alla Germania schierandosi dalla parte degli alleati e l'armata rossa avanza. Prego Dio. Giorno dopo giorno. Spero che il 1944 sarà l'anno decisivo della pace. Sono felice di queste notizie ma anche triste. Cosa ne sarà di Philipp se la Germania perdesse? Non voglio che gli accada nulla. Per ora sono solo supposizioni. La fine della guerra è ancora un miraggio. Tra meno di una settimana sarà Hannukka: la festa delle luci.

Leonard ha costruito una menorah di legno. Siamo in guerra ma non voglio trascurare le nostre festività. Se solo la mamma, papà e Sarah fossero qui. Mi mancano da morire. Non ho più loro notizie e ho un peso sullo stomaco. Per non pensarci cerco di ricordarmi qualche ricetta che la mamma faceva per Hannukka. La legna scoppietta nel cammino. Metto altri due ciocchi di legno e mi riscaldo le mani. Sono le cinque del pomeriggio. Stranamente, Leonard oggi non è venuto. Non è mai successo. Se Philipp fosse qui non oso immaginare cosa gli potesse accadere. Anche se sono contraria che lui usi ancora le punizioni corporali. Questo era anche un argomento dove tendevano a discutere ogni volta che lo affrontavamo.
Ma per sua fortuna non c'è. Non ho nulla da fare per casa così, prendo un libro dalla libreria e inizio a leggere mettendomi una coperta addosso.

Mi immergo totalmente nella lettura quando sento la porta di servizio aprirsi: Leonard è arrivato. Chiudo Il libro e vado in cucina.

« Leonard, finalmente sei qui! » esclamo, entusiasta. « Credevo che fossi... » non appena, entro in cucina, con mia sorpresa, non trovo Leonard bensì Simon. È meno umano dall'ultima volta che l'ho visto. Il viso asciutto, quasi scheletrico e sporco di fango. Addosso ha solamente la casacca a righe con il berretto e degli scarponi.

« Simon? » dico, con un filo di voce. Guardandolo mi riporta alla realtà. Stando dentro a questa casa, ormai avevo ripreso la vita quotidiana che facevo prima di arrivare qui. Come se non fossi mai stata ad Auschwitz.

« Miriam, ti trovo bene. Almeno tu lo sei. » A fatica viene verso di me. Non riesce più a camminare è troppo debole.

« Che ci fai qui? » gli dico, con sospetto e con un po' di preoccupazione.

Simon mi guarda con l'aria di un cane bastonato e sussurra:

« Ho fame. Ti prego... » mi supplica.

Questa richiesta mi lascia spiazzata, ma prevedibile. Non posso dargli tanto da mangiare. Il suo stomaco non è più abituato ad assimilare cibo. Gli preparo una zuppa calda. Mi ci vuole poco per prepararla e glie la verso dentro una scodella.

Non faccio in tempo a mettergliela davanti che inizia ingurgitarla direttamente dal piatto. Non aspetta neanche che gli dia il cucchiaio. Mi si stringe il cuore. Non voglio crederci che si sia ridotto così.

« Ancora. » mi passa il piatto. Glie ne verso un altro po'.

Lo guardo mentre ingerisce in un istante anche questa porzione.

« Simon non puoi rimanere qui. Hai messo in pericolo anche Leonard. »

« Già. Mi aveva detto che eri a casa della bestia. » si alza dal tavolo e inizia a girovagare per casa. Si sofferma su una della tante foto ritratto di Philipp, con la sua uniforme da SS. Prende la cornice in mano e la osserva in silenzio. Poi con uno sguardo di disprezzo, sputa addosso la foto.

Senza nessun indugio, glie la sfilo tra le mani. « Ma si può sapere che ti prende? » prendo una pezza e pulisco il vetro della foto.

« Sei tu, quella a cui devo chiederlo. Come al solito sei sparita. Io e le altre eravamo preoccupati per te. Ma poi quando Leonard mi ha detto che eri qui, abbiamo fatto lo scambio. » si volta verso di me e mi guarda dritto negli occhi. « Perché sei qui? A casa sua. A guardarti bene non ti picchia nemmeno. Sei vestita come una signora altolocata. Sei pulita e profumi. Non sei neanche più pelle e ossa. »

Non gli rispondo. Una signora altolocata. Solamente perché indosso: una camicetta con sopra un golfino, una gonna con delle calze.

« Non mi interessa che tu non mi risponda oppure no. Ma devi tornare al campo. Tua madre è molto preoccupata. Ed è anche in infermeria. » mi informa, mentre prende dei cioccolatini dentro una ciotola a di vetro.

Mi prende un colpo e cerco di non andare nel panico: « Sta bene? »

« Sì. Se non fosse per Jacob. Sai dorme con dei pezzi di pane sotto il cuscino. Sono i pezzi di pane che Jacob le da ogni giorno. Lui cerca di dirle che ormai è raffermo e non è più buono. Ma lei non ne vuole saperne. Dice che lo sta mettendo da parte per te, quando tornerai. Pensa che idiota. »

Sento gli occhi pizzicarmi e sono umidi. « Sei venuto qui per farmi sentire in colpa? »

« Sono venuto qui, per farti tornare. Ti ho detto di spiarlo e di sapere qualche informazione che ci aiuterebbe a scappare. Non ti ho detto di trasferirti da lui. Ma che hai nel cervello? » Simon inizia a spazientirsi. Non rispondo a volte non rispondere è la cosa migliore.

Lui cambia di nuovo stanza. Lo seguo e vedi che è entrato in libreria. Sulla poltrona avevo lasciato un libro che stavo finendo di leggere. Lo prende in mano e legge il titolo:

« Orgoglio e pregiudizio. È uno dei tuoi preferiti. » mormora.

Se lo era ricordato. Vorrei dirgli la verità. Simon non voglio tornare al campo. Voglio stare qui insieme a Philipp e vivere, per quello che possiamo, una vita normale. Ma poi penso alla mamma, al papà e a Sarah. Sono un egoista. Se rimango io vivrò. Loro ancora per quanto? 
L'occhio mi va sull'orologio e vedo l'ora.

« Simon è stato bello rivederti, ma devi andare via. Lui potrebbe tornare da un momento all'altro e se ti trovasse qui... non lo conosci non sai di cosa è capace. » voglio fargli capire che sono veramente preoccupata per lui.

« Ah non lo so? Credi che non sappia di cosa è capace. Non a caso nel campo lo hanno soprannominato "La bestia" o "il macellaio" credi che sia buono? Tu lo hai mai visto mentre lega uno di noi a un tavolino e gli taglia le dita uno a uno? O aprirgli il torace mentre è ancora vivo? Picchiare una Persona e farlo morire di percosse come fanno le guardie o i Kapo non è nulla in confronto a questo. »

Piango in silenzio. Non so se credergli o meno. Ma Philipp non farebbe mai una cosa del genere. Aveva ucciso a colpi di pistola. In questo modo: aveva ucciso anche dei neonati. Picchiava come lo aveva fatto con me. Questo però non lo giustifica. Ma arrivare a una tale brutalità...

Simon rimane a fissare la finestra. Sta nevicando. Sento molto freddo, nonostante il cammino sia acceso.

« Miriam, non dirmi che ti sei affezionata a lui. » questa affermazione mi lascia senza parole. « Perché se è così, se veramente stanno così le cose, sei una stupida. »

« C-come puoi dire una cosa del genere? » ho la voce rotta dal pianto.

« Lo vedo. Anche se non dici nulla, lo capisco. O credi che io sia uno stupido? » si avvicina a me. Il cuore mi batte forte. Mi conosce bene è inutile mentire.

« Guardati. » continua. « Non hai percosse. Quindi non ti picchia. Sei vestita decentemente e sei anche truccata e emani un profumo di vaniglia. » mi prende violentemente il braccio e lo stringe fino a farmi male. La sua reazione mi lascia traumatizzata. Cerco di liberarmi, ma inutilmente. « Non sei qui per fare la domestica. Ti prego, Miriam dimmi che quello che sto pensando, non sia quello... »

Non ce la faccio più a stare zitta: « Ti prego, lasciami! Mi stai facendo male. »

« Miriam, dimmi che non sei la sua puttana.» Simon mi lascia il braccio e lancia contro una parete il mio libro. « Cazzo, Miriam! Devi dirmelo. Dimmi che non è vero! »

Le lacrime ormai hanno preso il sopravvento. Non rispondo. Mi è difficile parlare, tra i singhiozzi e le lacrime.

Simon si siede sulla poltrona e fissa scioccato il pavimento. « Non è possibile... come puoi provare affetto per un mostro, un assassino? » si alza e mi viene incontro. Mi prende le mani e le accarezza. « Miriam, ascoltami. Molto attentamente. Devi scappare da qui. Non ci vorrà molto che lui si stufi di te. L'ho visto fare altre volte, purtroppo. Ragazze al campo che vengono prese dalle SS per i loro scopi sessuali. Oltre a quello, le danno dei pasti decenti, vestiti puliti. Le fanno sentire delle regine, e poi il giorno dopo vengono mandate a morire nelle camere a gas. Ed è la cosa peggiore, perché danno loro una speranza su cui aggrapparsi. Miriam non è amore quello che prova per te. È un ossessione.»

La testa inizia a farmi male. Mi asciugo le lacrime. Stringo le mani di Simon e lo guardò dritto negli occhi dicendogli con un sorriso:

« Non devi preoccuparti per me. Philipp non è come gli altri. Lui è buono e gentile. Me lo ha dimostrato più volte e mi ha salvato dalle camere. Come può essere... » non mi lascia finire. Si alza di scatto e inizia a urlare a squarcia gola, facendomi indietreggiare.

« Santo Dio, Miriam! Non lo capisci? Le SS non provano amore. Non verso di noi. Sono dei mostri. Uccidono senza pietà e lo fanno con il gusto e il piacere di farlo! E il tuo ufficiale è il peggiore di tutti. » riprende fiato. Non lo avevo mai visto così arrabbiato. « Sai cosa ti dico? Goditi questi ultimi istanti di felicità. » Simon torna in cucina e io lo seguo. Non volevo che andasse a finire cosi.
« Miriam, mi dispiace. Io ci ho provato. Sai dovresti sceglierti un vestito decente, quando andrai nella camera a gas. Se fossi in te io mi toglierei la vita da solo almeno così non avrà la soddisfazione di averti tolto di mezzo personalmente. Si sta facendo buio. Io torno al campo. » apre la porta di servizio e prima di uscire mi rivolge le ultime parole:
« Dirò ai tuoi che sei morta. Soffriranno. Ma almeno non sapranno la verità. E per la cronaca, sei morta anche per me. »

Non appena la porta di chiudo scoppio a piangere. Mi appoggio alla parete. Quello che mi fa più male, e che aveva ragione. Sono stata un egoista a innamorarmi di Philipp. Ma non voglio credere a tutto quello che Simon mi ha detto. Ora non voglio pensare a nulla.
Fuori, ormai, è buio e fa molto freddo. Esco fuori in giardino senza mettermi nulla addosso. Cammino un pochino per distrarmi, ma la temperatura sta diventano insostenibile. Le mani sono ormai congelate, come i piedi. Così mi voleva morta.. volere la felicità è una cosa sbagliata? Ovviamente sì. Mi inginocchio e tocco la neve. È morbida e soffice come un letto di piume. Guardo il cielo. È privo di nuvole. Pieno di stelle. Questo significa che farà molto freddo. Dio, se puoi perdonami. Perdonami se ho sognato la felicità. Ha ragione Simon. Mi sdraio e continuo ad osservare il cielo. Ora mi sento libera e in pace.

Note d'autrice:
Auguri di buon natale a tutti ❤️
lo avete desiderato ed eccolo qui!
Mi sono lasciata trasportare e ho scritto quasi 2000 mila parole 😂 avevo altre cose da scrivere ma avrei allungato tanto. Come vi è sembrato?
Mi è piaciuto tanto il ritorno di Simon. Oddio un po' stronzo pero ci sta.
Ringrazio chi legge commenta o semplicemente legge ❤️
Un megabacione
Noemi.

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