Capitolo 29
Canzoni del capitolo:
• Out Of My System - Youngr
• You'll be Okay - A Great Big Word
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*Philipp's Pov*
Raggiungo mia madre in cucina. Le cameriere non ci sono. Avendo il giorno libero, tocca a mia madre cucinare.
È anche una brava cuoca. A pensarci bene, mi manca quando era lei a cucinare. Quando ero bambino c'era lei ai fornelli, e non le cameriere. Perché non potevano permettercela.
Quando mio padre non era ancora iscritto al partito ed entrasse nelle SS.
« Cucino il tuo piatto preferito. » dice, con sorriso.
Prende il cavolo e inizia a tagliarlo. La osservo. È bellissima. I capelli e le mani curati e il viso leggermente truccato. Mia madre è una donna semplice. La sua semplicità, la rende unica.
Mio padre non la guarda più come un tempo. Troppo preso dai suoi impegni. Per fortuna che ci sono io.
La abbraccio da dietro e le do un bacio sulla guancia. L'odore del suo profumo mi inebria la mente.
« Te l'ho mai detto, che sei una donna stupenda? » sussurrò, vicino al suo orecchio.
« Ok, Philipp. Cosa c'è sotto? » domanda, sospirando, prendendo uno strofinaccio. per asciugarsi le mani.
Chiaramente non si fida. Che donna malfidata, mia madre.
« Perché? »
« È raro che tu mi dica queste cose. Quindi suppongo che ci sia un secondo fine. »
« Nessun secondo fine. Volevo solo fartelo notare. » le faccio notare. « So di essermi comportato come uno stronzo, in questi ultimi anni. Sopratutto con te. Mi dispiace. »
« Notevole. Non dovrei, ma sono tua madre. Sei mio figlio. Ti vorrò sempre bene. Sempre. Sono felice che tu stia cambiando, davvero. » sono contento, di averla fatta sorridere. Questo rende felice anche me.
« Il mio bambino. » mi scompiglia i capelli. Ok. Non me lo sarei aspettato e muoio dentro dalla vergogna. Per fortuna non c'è nessuno che ci guarda.
« Madre! » disapprovo.
« Potrai anche essere un ufficiale delle SS, ma sarai sempre il mio bambino. »
Brontolo. Tolgo la giubba dell'uniforme e apro il rubinetto per lavarmi le mani. Prendo un coltello e inizio a pelare le patate.
Mia madre mi guarda soddisfatta. Da piccolo cucinavo spesso insieme a lei. Si può dire, che me la so cavare in cucina. Ed è raro che io lo faccia.
Quando torno a casa, non mi passa neanche per la testa di mettermi a cucinare. Per fortuna avevo le cameriere. Adesso che c'è Gretel, la situazione non è cambiata. Lei stessa mi ha detto di non saper cucinare. E non aveva intenzione di far le pulizie.
Scuoto la testa, al solo pensiero. E questo mi riporta a pensare, per fortuna, ci sono le cameriere.
Poi ricordo cosa mi aveva detto mio padre, riguardo a Franz. E voglio sapere se anche lei ne è al corrente:
« Sapevi che tuo marito, vuole spedire Franz alla Napola, quando avrà undici anni? »
« Sì. Lo sapevo. » risponde, senza alzare lo sguardo.
Come pensavo.
« E cosa ne pensi? » ovviamente so cosa pensa. Lei è contraria. « Sai meglio di me, che Franz è un bambino gentile e buono. La Napola lo cambierà . » Proprio come è successo a me.
« Non posso farci nulla. Questo mi distrugge. Ma io non conto niente. Anche se fossi contraria, tuo padre lo farebbe lo stesso. Ho già perso un figlio, non voglio perdere anche Franz. » mi accarezza la guancia.
No, madre. Non mi hai perso.
Io e mia madre finiamo di preparare il pranzo. Ho un senso di soddisfazione nel guardare i piatti che avevamo cucinato. Nel frattempo, abbiamo anche preparato la tavola.
Quando iniziamo a portare i piatti in sala da pranzo, l' istruttore con i miei fratelli, escono dal salotto.
Mia madre va a salutarlo.
Dopo pochi minuti i miei fratelli, sono seduti a tavola. Mia madre li rimprovera e ricorda, a loro, di andare a lavare prima le mani.
Dopo pochi minuti siamo tutti seduti a tavola. Devo dire che le pietanze non sono affatto male. Sono proprio bravo.
In questo momento, vorrei che ci fosse anche Miriam. I miei pensieri, sono rivolti a lei. Mi immagino la sua espressione, se le dicessi che so cucinare. Non ci crederebbe mai.
Mi guardo intorno. Si sentono solo il rumore delle posate. A casa nostra è sempre così. Nessuno parlava. Questo non mi da fastidio, anzi. Così ho sempre modo di passare un pranzo o una cena in tranquillità.
« Allora, che cosa avete imparato oggi? » esordisce, mia madre rivolta ai miei fratelli.
Già. In tranquillità.
« Ehm... l'importanza sulla razza ariana. » dice, Franz.
Dentro di me, rido. Un educatore nazionalsocialista. Tipico di mio padre.
Emma spiega orgogliosa di cosa si trattasse. Mia madre le sorride. So che non poteva dirsi contraria.
« Io non la penso così. » dice, Franz. « Secondo me non esiste una razza superiore. Io non mi sento superiore. L'educatore ci ha parlato anche degli ebrei. » poi si rivolge a mio padre.
Franz, ti prego. Sta zitto.
« Papà, perché gli ebrei sono diversi da noi? »
Osservo mio padre. Spero che non dica qualcosa che possa rovinare questa rimpatriata in famiglia.
« Franz, è molto semplice. Perché non sono essere umani. Ecco perché ci stiamo occupando di loro. Perché tu, un giorno, possa avere un futuro. »
« Ma sono uguali a noi. E poi non credo siano tutti cattivi. I bambini come me... »
Mio padre interviene: « Franz, tutti gli ebrei sono cattivi. Anche i bambini. Non sono uguali a noi, non lo capisci? » Sta iniziando ad alterarsi. Resto sulla difensiva se le cose dovrebbero andare male.
« Non voglio più sentirti dire certe cose. Mi hai capito bene? Chi ti ha messo in testa queste idee? »
Franz non risponde. Abbassa lo sguardo. Rimango in silenzio, per quanto posso. Prendo il mio calice di vino. Poi guardo mia madre, e non so perché è così nervosa.
« Avanti, rispondi! » ruggisce.
Finisco di bere il vino. Adesso basta.
« Che importanza ha? » oso dire.
« Tu non intrometterti. In questa casa, nessuno deve permettersi di pensarla in questo modo. Nessuno! Se si venisse a sapere che un membro di questa famiglia, ha questi pensieri riguardo a quella feccia. Siamo rovinati. »
Io, invece, mi sono innamorato di un'ebrea. Oh, sì, padre. E la amo più della mi stessa vita. Quanto vorrei dirglielo.
Mio padre, non molla e torna a interrogare Franz:
« Allora, Franz? Chi è stato? »
Le mani di mio fratello tremano. Aveva paura. Lo so. Mio padre sta perdendo la pazienza, quando Franz, decide di parlare.
« La mamma. »
Mio padre rimane scioccato. La moglie del comandante che pensa che i nostri nemici non siano dei mostri, è inaccettabile.
« Ralph... » mia madre con voce commossa, non riesce a parlare.
« Davvero? Mi prendi per il culo?! Cosa stai insegnando ai nostri figli? Eh? Cosa?! » sbraita.
« Ralph.. ti prego... »
È ora di intervenire. Pranzo tranquillo. Andato in fumo. Ma quando hai uno stronzo come padre, è inevitabile.
« Herr Kommandat, non credo che sia il momento opportuno per discuterne. » almeno non davanti ai miei fratelli, cazzo!
« Tu la difendi? » sentenzia.
« È inaccettabile. Ma sono sicuro che ci sia una spiegazione. » guardo mia madre. Il suo sguardo è come un colpo allo stomaco. Si vergogna di me.
Perdonami, madre. Ma devo mentire. Anche se vorrei dire la verità. Sono stufo di mentire. Ma come potrei?
« Ralph, sono i miei figli. Come posso educarli in questa maniera? Ti ho lasciato Philipp, ora non puoi prenderti anche loro! » Scoppia in lacrime. Poi si rivolge a me. « Philipp, tu sei cambiato. Dì a tuo padre che tutto questo è sbagliato! »
Adesso ho gli occhi di tutti puntati addosso. Merda! Ma come ho fatto a cacciarmi in questa situazione?
« Philipp di cosa sta parlando? »
Merda.
« Non lo so. » vigliacco.
Mio padre guarda sia me che mia madre. Finisce il suo pasto e si alza.
« È meglio se la chiudiamo qui. Non voglio più sentire alcuna parola al riguardo. Franz, tutto quello che dice tua madre è il falso. Vedrai, diventerai un buon soldato e imparerai come combattere la feccia. » dice, alquanto soddisfatto e se ne va.
Anche io mi alzo. Questa situazione mi stringe fino a farmi soffocare. Mia madre si alza e mi raggiunge.
« Perché gli hai dato ragione? »
« Perché su questo ha ragione. » è dura per me dire una cosa del genere.
« Come puoi dire questo? Non è così che ti ho educato. »
« Madre, quella spazzatura, come puoi difenderla?! E smettila. Sono cambiato e lo sai anche tu. Ad essere buoni non si va da nessuna parte! » le urlo in faccia.
All'improvviso sento cinque dita stampate in faccia. Me lo merito. Le prendo le mani, in modo violento. Mia madre è spaventata. Mi avvicino al suo orecchio in modo da non farmi sentire:
« Vorrei poterti raccontare ogni cosa. E lo farò. Domenica, lui non ci sarà a casa. Quindi verrò a trovarti, ma non sarò da solo. » sussurrò.
Mia madre non capisce il senso di quelle parole. « Philipp... »
« Sono cambiato madre, e scoprirai come. Grazie per l'invito. »
Esco da quella casa. Per oggi è troppo. Sono costretto a tornare a casa mia. D'altronde non ho più un ufficio. Quando arrivo a casa, Gretel è lì pronta ad accogliermi, ma la ignoro. Voglio solo andare in camera mia. Così le dico di non disturbarmi. Mi spoglio e mi rilasso sul letto. Ho un gran mal di testa. Chiudo gli occhi. E mi perdo nel buio.
Note d'autrice:
Eccomi con il nuovo capitolo 💙
Spero che vi piaccia. Ringrazio tutti e cercherò di postare il prima possibile il prossimo capitolo 💙
Un megabacione
Noemi.
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