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Capitolo 25

Canzone del capitolo:

• Get Out Alive - Tree days grace

• City - Hollywood Undead

Instagram page: @breathoflifeseries

*Philipp's Pov*

La mia felicità svanisce in un attimo, quando vedo mio padre entrare nel mio ufficio. Spero che la presenza di Miriam passi inosservata.
Mio padre era una persona che notava qualsiasi cosa. Cerco di capire che cosa ci fa qui. Non viene mai, se non è una cosa urgente

« Cosa ci fai qui? » gli chiedo, con tono provocatorio.

Mio padre fa finta di non sentirete mi dice, con tono abbastanza moderato:

« Tu sei andato a Berlino di tua spontanea volontà? »

« E allora? »

« E allora? » ripete. Si avvina verso di me, minacciosamente. Non avevo paura e non lo temo.

« Chi ti ha dato l'ordine?! » Ruggisce. « Sei un ufficiale. Io sono il tuo superiore! Qui non sei mio figlio! Vieni trattato alla pari come gli altri. Non puoi fare di testa tua, Philipp! » da un calcio alla sedia, facendola cadere.

« Sai perché sono andato a Berlino? » cerco di parlare con tutta calma. « Sono andato al funerale di mio figlio. Tanto a te, cosa te ne importa. Per te conta solamente: La patria, i tuoi superiori e questo campo! A te, di Rudolf non importava un cazzo! » sfogo la mia rabbia.

Mio padre rimane a fissarmi. Dubito che lo avessi colpito nell'animo. Ha un cuore di pietra. Io lo sapevo bene.

« Ad ogni modo, non è una giustificazione valida per disubbidire agli ordini. » rido sotto i baffi. Mi chiede, sempre, a che livello può arrivare la sua bastardaggine.

« Ho saputo anche di Gretel. Cristo santo! » esclama. Mio padre inizia a girare per la stanza. Quando è arrabbiato lo fa sempre. È un suo modo per non andare in escandescenza.

Mi avvicino a lui, finché la punta dei nostri nasi non sono a un centimetro nel toccarsi:

« Quello che succede tra me e quella sciroccata, non sono cazzi tuoi. Mi sono sposato, giusto? Era quello che volevi. Non intrometterti nella mia vita privata. »

Mio padre sfoggia un sorriso falso e mi sorpassa, andando fino alla finestra. Aveva le mani dietro la schiena e per un attimo, il suo sguardo era sereno.

« Come vuoi tu. »

Mi sta appoggiando?

« Sul serio? »

« Perché, no? Non mi intrometto nella tua vita, a meno che, questa non si riveli a mio svantaggio. »

Non capisco. Non aveva senso.

« Quindi, siccome la tua adorata mogliettina, sta chiamando, in continuazione, non solo me, ma anche suo padre. Io... che ho ben altro da fare, che stare a sentire le sue stupidaggini, e non voglio passare da stupido di fronte al mio amico, posso dire con certezza che questa volta sono affari miei. »

Maledetto bastardo. Lo sapevo. Gretel ti giuro che un giorno...

« Presumo che non ti servano due letti per dormire. » questa frase mi distrae dai miei pensieri. Mio padre fa una breve pausa, e poi il suo verdetto:

« Philipp, voglio le chiavi di questo ufficio. Infondo non ne hai bisogno. Ne hai già uno a casa tua. Perché avere anche questo. » sorride, beffardo.

Le mani tremano. Sento i crampi alle dita, per quanto le stringevo a mo di pugno. Dovevo spaccargli la faccia, l'altra volta.

« Non puoi farlo. »

« Sì che posso. Hai un ora di tempo, per prendere la tua roba e portarla a casa. E questo è un ordine. »

Mi da un occhiata sfuggente e riprende a camminare per la stanza, questa volta, però, va in camera.

Miriam... cazzo!

Lo seguo. Il mio passo rimane normale, senza destare sospetti. Mio padre osserva. Non mi preoccuperei se la camera è in stato di caos. Il letto disfatto e i vestiti a terra. Poi do un occhiata alla porta del bagno. Era chiusa. Miriam è lì dentro. Finché resterà chiusa. Non correrà nessun pericolo.

Non oso immaginare come reagirebbe mio padre. Odia gli ebrei con tutto se stesso. Sterminarli è diventata la sua ossessione. Lo diceva sempre. Non si darà pace finché non vedrà la razza ebraica estinta.

« Ti credevo più ordinato... » dice, più che altro, tra se e se. Poi rivolge il suo sguardo verso la finestra della

« Perché questa finestra è chiusa? » mi chiede.

« È sempre stata chiusa. Entra troppa luce, quando è mattino. » ma sapevo il perché. Miriam non poteva sopportare il paesaggio macabro che offriva.

Mio padre apre la persiana, e di seguito anche la finestra. Il fumo esce dai cammini più nero che mai. Sotto di noi, i nuovi  deportati sono ammassati, aspettando il loro cruciale destino. Il pianto dei neonati e le urla disperazione ti arrivano fin dentro le orecchie. Era anche questo uno dei motivi per cui non l'aprivo.

Non perché provassi dispiacere, solamente era difficile prendere sonno la notte.

« Dimmi, che cosa vedi? » mi chiede, contemplando il paesaggio.

Adesso non ne ero più tanto sicuro. Vedo quelle persone. Una volta provavo piacere nel vederle soffrire, ma ora.. che cosa è cambiato? I miei sentimenti di disprezzo per quella feccia, stavano svanendo poco a poco. Forse, pensando che la donna che amo più di ogni altra cosa al mondo era una di loro. Sarebbe una risposta più che ammissibile.

« Il futuro. » gli rispondo, senza batter ciglio.

« Proprio cosi. Ogni singolo pezzo, è parte di una macchina. Tanti piccolini ingranaggi, che lavorano insieme. Se ogni singolo ingranaggio si ferma, tutto andrà perduto. Il nostro lavoro è farsi che non succeda. Ogni giorno, questi parassiti, arrivano qui. Decine di migliaia. Non credevo che l'Europa fosse così infetta. Alcuni trasporti, non ne portano neanche la metà. Quegli idioti della Gestapo e dei collaborazionisti non riescono a trovarli. Si nascondo persino nelle fogne, lo so. Dobbiamo sterminarli tutti. Uno per uno. Nessun ebreo escluso. Non mi darò pace, finché ogni singolo ebreo non verrà sterminato. » lo dice con pura cattiveria.

No. Non tutti. Non Miriam. Pensando a questo il sangue mi bolle. Nessuno doveva torcerle un capello.

« Sono d'accordo. » rispondo, con altrettanta perfidia.

« Mi è giunta voce, che alcuni dei nostri uomini, vanno a letto con quella feccia. È deplorevole e inaccettabile. »

« Ho sentito queste voci, mi viene il voltastomaco. Chi sono gli idioti che provano piacere nel portarsi a letto le donne ebree? »

Poi si volta, per guardarmi:

« Non solo le guardie, ma anche gli ufficiali. Questo ribalta tutto il sistema. È inaccettabile. Se le voci arrivassero a Berlino... Per fortuna, fra meno di un mese aprirà il bordello. È tutto sarà risolto. »

Gli faccio una domanda, alla quale spero che non mi dia una risposta:

« Sai, il nome degli ufficiali? »

« No. Se saranno colti in fragranti ci saranno delle conseguenze. Questa Azione è peggio della diserzione. Rischiamo di ribaltare il nostro credo fondamentale. È un insulto per tutto ciò che abbiamo costruito. Ed è un insulto verso il Führer. »

Annuisco senza dire nulla. Pessima idea. Mio padre mi fissa ancora. Il cuore accelera e inizio a sudare freddo.

« Perché questa domanda? Philipp... non mi dirai che tu... no... » le sue mani tremano e i muscoli del collo erano tesi. Il colore delle guance assumevano un rosso pallido.

Gli rispondo, prima che possa esplodere:

« Cosa? No. Io... come puoi solo pensarlo. Io...» mi interrompe.

« Beh lo spero per te. » vedo che estrae la pistola dalla fondina e la punta verso una donna che aspettava il suo turno per la doccia. Poi, preme il grilletto. Il suo dello sparo è veloce quanto il colpo.
La donna cade senza vita sul suolo.

« Sì... » commento. Sorrido sadicamente.

Faccio lo stesso. Estraggo la pistola dalla mia fondina e la punto verso un uomo sparandogli. Ma non mi fermo. Sparo ad un altro uomo. Poi una donna ed infine un altro uomo. Poi rivolgo lo sguardo verso mio padre che, a sua volta, mi guarda con aria soddisfatta.

« Nessun ebreo. »

Mio padre, senza dire nulla, se ne va. Non posso crederci che è stata l'unica conversazione, in cui ho temuto il peggio.
Ma, quando lo vedo soffermarsi davanti alla porta del bagno, comprendo che il peggio ancora non sia passato.

Afferra la maniglia. Il mio cuore accelera.

« No! »

Senza pensarci scatto in avanti e mi metto davanti alla porta.

« No, cosa? Philipp che cosa nascondi? »

« Nulla. » ma so che non abbastava.

« Togliti. »

Non gli do ascolto. Nel mentre cerco di pensare, come reagirà quando vedrà Miriam. Avrei dovuto colpirlo. Prendere Miriam e fuggire. Non c'era altra soluzione. Ed ero pronto.

« Togliti! È un ordine! » sbraita.

Mi sposto. Mio padre tira giù la maniglia. È giunto il momento. Prendo di nuovo la pistola. E aspetto il momento giusto per colpire.

Ma quando, apre la porta, scopriamo che dentro non c'è nessuno. Com'è possibile? Cerco di riprendermi dall' adrenalina che fino a poco fa sentivo in ogni parte del mio corpo.

Mio padre entra e osserva ogni centimetro del bagno. Lo seguo.

« Visto? Non c'è nessuno. »

La vasca era semivuota e l'acqua era tiepida. Sono sollevato in parte.

« E allora che cosa sono questi? »

Prende vicino al cestino, dove io e Miriam appoggiavamo i vestiti. Fra le sue mani vedo il vestito e le mutande di Miriam.

Merda.

« Adesso capisco, il perché non torni a casa. Hai di nuovo invitato una delle tue tante puttane. » Poi si guarda intorno. « e dov'è adesso? » inizia a cercare per tutto l'ufficio.

Me lo chiedo anche io.

Non può essersi volatilizzata. Ma ci penserò più tardi. L'unica cosa che conta è che mio padre non l'abbia vista.

« Non importa. » guarda il suo orologio da polso. « È tardi. Ora devo andare. » e si dirige verso la porta, ma prima mi rivolge le ultime parole.

« Philipp ricordati. Tra un ora voglio le chiavi sulla mia scrivania. E fa che ci siano. » si mette il berretto ed esce.

Quando, finalmente, sono da solo, do un calcio alla parete. Volevo colpire qualsiasi cosa. E lo voglio fare. A iniziare dalla lampada. La prendo e la frantumo. Ed era solamente il primo oggetto a subire la mia ira.

Note D'autrice:

Eccomi qui💕
Questo mi è piaciuto di piu🥰
Spero anche a voi, scrivetemelo nei commenti 💕
Ringrazio chi vota, commenta o semplicemente legge.
Vi adoro. Aggiornerò al più presto.
Un megabacione
Noemi

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