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Capitolo 14

Canzoni per questo capitolo sono :

• Whatever It Takes - Immagine Dragons

• One more Light - Linkin Park

* Philipp's Pov*

Non credevo di poter mai provare un dolore simile. Non era paragonabile neanche lontanamente al dolore fisico.
Sento qualcosa dentro di me, che si spezza, lentamente, rendendo il dolore ancora più atroce.

Le donne portano guai e ti fottono. Avevo sentito dire da qualcuno, e quel qualcuno aveva ragione.

Non posso ridurmi ad una larva umana come l'ultima volta.

Io sono forte. Non sono un debole.

Era finita e lo dovevo accettare. Sarà dura tornare alle mie vecchie abitudini.
Per fortuna, l'unica cosa che, in questo periodo, mi rende felice: era Rudolf. Non vedo l'ora di entrare in casa e stringerlo fra le mie braccia. Sono cambiato. Lo sento. Miriam mi ha insegnato ad essere una persona migliore e a relazionarmi con gli altri.

Devo pensare a Rudolf, adesso. Solamente a lui.

Entro in casa e salgo le scale. Entro in camera e Hellen non c'era. Non mi soffermo, nel domandarmi dove sia. Nella culla, Rudolf era incantato a guardare il soffitto.
Sorrido e in momenti come questi, mi sento sereno.

« Ehy, campione. » gli mormoro.

Rudolf mi guarda meravigliato e si esprimeva in versi. Lo prendo in braccio. Il suo odore era qualcosa di unico. Profumava di buono. Aveva quell'odore che solo i neonati hanno. Non era il primo infante che stringevo a me.
Guardo il viso di mio figlio e per un attimo mi passano nella mente tutti gli sguardi dei bambini ebrei che avevo ucciso.

Ho un conato. Ora so come ci si sente. So cosa devono aver provato le madri, quando ho strappato fra le loro braccia i propri figlia a sangue freddo.
Ricordo le parole di Miriam:

E se fra di loro, ci fosse anche Rudolf?

Stringo forte i pugni. La rabbia mi pervade. Aveva ragione. Non oserei pensarci. Se mio figlio venisse mandato nelle camere a gas o peggio fucilato davanti a me.
E nella mia ignoranza, le avevo risposto:

Sono ebrei.

Rudolf non era ebreo. Non c'era nessun pericolo. Nessuno gli avrebbe fatto mai del male. Quella gioia che lui mi stava donando, in questo momento, mi fa sentire in pace con me stesso.

Lascio la stanza, con ancora Rudolf in braccio e vado a sedermi sul divano, in veranda. Era una bella giornata. Non volevo che rimanesse chiuso dentro casa. A volte penso: chissà se mio padre, quando anche io ero piccolo come Rudolf, mi prendeva fra le sue braccia.

Sussulto. Ne dubito. Mia madre mi disse che anche allora, era un soldato e aveva molti impegni. Ma io, trovo sempre un momento per mio figlio.
Rudolf mi guarda e istintivamente inzio a parlare con lui:

« Vorresti sapere perché sono triste? Sai, amavo una ragazza. Era molto carina, anzi, stupenda ed era diversa da me, in tutti i sensi. Mi sono innamorato di lei e alla fine lei mi ha lasciato. Perchè, siamo troppo diversi e il mondo ci è contro. » gli do un bacio sulla fronte. « Pensavo che saremo rimasti insieme per sempre. Tu, dovevi essere nostro figlio. Nostro. Solo mio e di lei. Ma, anche se non lo sei, questo non vuol dire che io non ti voglia bene. Sei la cosa più bella che mi sia mai capitata, Rudolf. Impazzirei se dovessero separarci. Sai, non vedo l'ora che tu cresca. Potrei insegnarti molte cose. Ma una cosa è sicura, deciderai tu il tuo futuro. E non sarà come il mio. »

In quel momento, sento la voce di Hellen. « Ah, sei tornato. Non ti ho sentito arrivare. » si avvicina a noi.

« Sono venuto per te e per Rudolf. » in parte, perché volevo fuggire e starmene per conto mio.

Hellen prende in braccio Rudolf. « Non dovresti portarlo fuori. È ancora piccolo. » mi rimprovera e torna dentro.

Mi alzo e la seguo. Certe volte è insopportabile. « E dai Hellen. Non voglio che stia rinchiuso tutto il giorno dentro casa. E poi volevo stare un po da solo con lui. »

« E così non sei venuto anche per me? »

Che imbecille. Cerco di rimediare. « Certo. Ma volevo vedere prima come stava e quando sono entrato non ti ho vista, perciò... » mi avvicino a lei e la bacio. « Possiamo rimediare. »

Ci vuole poco per incantare una donna. Infatti una. Miriam non sarebbe stata così ingenua. Lei avrebbe indagato più affondo. Le braccia conserte. Sguardo fulmineo. Mi avrebbe fatto una ramanzina. Dentro di me, rido divertito. Ricordo il suo sguardo, quando si arrabbiava.

Cazzo! Devo smetterla!

« Sei uno stronzo, lo sai? » mi sorride e mi bacia di nuovo.

Hellen si scopre il seno e da da mangiare a Rudolf. Non mi scomodo a non guardare. Non mi fa ne caldo ne freddo.

« Sai stavo pensando... ora che avrò molti impegni al campo, potrei portare Rudolf con me. »

« Con te? Nel campo? » Ride di gusto. « Scordatelo. È fuori discussione. »

« Perchè no? Non avrò modo di tornare a casa. Neanche quando avrò un attimo di tempo. Per favore, Hellen. Lo terrò nella camera da letto, nell'ufficio. Mi prenderò cura di lui. Potrai venire a riprenderlo quando vorrai. Almeno così, avrai un po di tempo per te stessa. »

« Philipp il campo non è un posto per bambini. Lo sai meglio di me. » Hellen è inrimovibile. Capisco che si senta in dovere di essere protettiva. Ma cazzo, era anche mio figlio! Anche io, avevo il diritto di passare del tempo con lui.

« Lo so. Ma starà in ufficio, non lo porterò in giro. Ma che ti salta in mente?! »

« Saresti in grado di badare a lui? »

« Ma che razza di domande. Certo! »

O almeno spero. È la prima volta che mi occupo di un bambino. Hellen non si scomoda a ricordarmi nel dirmi " le regole del buon genitore".

« E sentiamo saresti in grado di: Dargli da mangiare, cambiargli il pannolino, fargli il bagnetto, stare in sua compagnia e farlo dormire? Mentre tu starai occupato con gli altri ufficiali? E se andrai alla rampa, o alla selezione? »

« A quello ci sto pensando. Ma sì. Sarò in grado di occuparmi di lui. » sono determinato più che mai. « Hellen devi darmi fiducia. »

Non mi risponde subito. Il suo sguardo è pensieroso. Rudolf è ancora attaccato a lei e mangiava di gusto.

« Philipp ho paura che potrebbe accadergli qualcosa... » mi dice, con voce tremolante. Come se di li a poco, iniziasse a piangere. « Non mi separo mai da lui. »

Mi inginocchio di fronte a lei. Accarezzo la testa di nostro figlio e le parlo fiducioso. « Non permettero che gli accada nulla. Con me starà benissimo. Devi solo darmi una possibilità. Voglio essere un padre presente. Se non lo sarò da ora, come farò in futuro? »

Annuisce. « D'accordo. Ma ad una condizione. »

Questa cosa mi lascia piuttosto perplesso. Mi siedo e ascolto in silenzio. Anche se già immagino cosa.

« Niente donne. So che porterai delle ragazze nel tuo ufficio per svagarti. Lo hai sempre fatto. Quindi niente donne e non voglio assolutamente, che i tuoi amici vengano nel tuo ufficio per divertirsi. »

Sfoggio un sorriso sarcastico. « Hellen, sono già due le cose. La prima posso anche accettarla, ma la seconda. Dai, i miei amici non daranno alcun fastidio. »

« Se vuoi tuo figlio nel tuo ufficio, queste sono le condizioni. » mi fulmina.

Odio quando qualcuno mi nega il divertimento. Le regole vanno rispettate. Sono d'accordo, ma sta esagerando.

« Friedrich e gli altri... »

« Appunto. Mi preoccupa, Friedrich. Chissà cosa potrà fargli. » Hellen si alza e mette Rudolf nella carrozzina. « O peggio lo può contagiare. »

La sua ultima affermazione non mi è piaciuta per niente. Che cosa intende dire?
La guardo molto seriamente.

« Che cosa intendi dire? » Assumo un tono di voce freddo. Friedrich era il mio migliore amico. Era come un fratello per me. Se qualcuno, osava anche soltanto torcergli un capello, se la sarebbe vista con me.

Hellen alla mia domanda, cerca di ritirare quello che ha detto. È piuttosto nervosa. Ma ormai il dado era tratto e volevo sapere.

« Ma no... no.. » si affretta a dire. Io mi avvicino di più a lei e la guardo faccia a faccia. Ora inzia a tremare. Era piuttosto normale. Sono visibilmente arrabbiato e quando lo sono incute timore e paura.

Distoglie lo sguardo e io con prepotenza le prendo il mento e la obbligo a guardarmi:

« Che cosa? » le dico, insistentemente.

Hellen tra un respiro e un altro mi risponde:

« Philipp sono solo voci... »

« Parla! » sbraito.

Rudolf inizia a piangere. Hellen lo prende di nuovo in braccio e cerca di calmarlo. Non era mia intenzione farlo mettere a piangere. Ma sono incazzato nero e non posso farci nulla.

« Ecco ho sentito dire che Friedrich... prova attrazione verso gli uomini. »

« Che cosa? » Rimango senza parole. Friedrich era un omosessuale? Inzio a ridere di gusto.

« Questo è impossibile. Friedrich omosessuale. È ridicolo. Posso assicurarti che non è così. Io e lui ci siamo sempre divertiti insieme. L'ho sempre portato con me quando volevo divertirmi con una donna e ti assicuro che a Friedrich piacciono le donne. »

« Non lo metto in dubbio. Io ti ho detto solo quello che ho sentito. »

« Da chi? » torno serio.

« Da tutti. »

« Da tutti, chi? »

« Nel campo. Tutto il campo. Dalle guardie, ma anche dagli ufficiali. Shulz, Mengele, Albrecht, Kerstin, Holga, anche il resto dei tuoi amici: Gustav, Mark e Hans. La voce si è sparsa nel giro di poche ore. È arrivata persino alle orecchie di tuo padre. Non mi dire che tu non sapevi nulla. Non si fa altro che parlare di questo. »

No. Non ne sapevo nulla. Ero troppo preso dalla mia rottura con Miriam, per potermi accorgere che il mio migliore amico era finito nei guai. Mi metto la testa fra le mani.

Chi può aver sparso in giro la voce?

« Io non ci credo. Perchè Friedrich non mi ha detto nulla? »

« Forse perché, non sa. Oppure non voleva che tu ti preoccupassi. »

Mi alzo e prendo le chiavi della macchina. So esattamente dove andare. Hellen mi segue fino al portone.

« E adesso dove vai? »

« Da mio padre e poi vado a cercare Friedrich. »

Volevo vederci chiaro, in tutta questa faccenda. Salgo in macchina e metto in moto. Corro, talmente forte da provocare una nube di polvere.
Se penso che tutti al campo... questo mi fa crescere di più la rabbia. Stringo forte il volante, per contenermi.
Con il pensiero vorrei gia essere da mio padre.

***

Arrivato al campo, mi dirigo verso il Kommando, dove c'era l'ufficio di mio padre. Per quanto sono di fretta non saluto neanche le guardie e gli ufficiali che incontro lungo la strada.
Salgo le scale, fino ad arrivare davanti alla porta del suo ufficio. La sua segretaria alza lo sguardo.

« Herr Hauptsturmführer, non può entrare! Suo padre è in riunione. » mi avverte.

Non l'ascolto e apro la porta con violenza. Mio padre era al suo solito posto davanti a lui c'erano due ufficiali. Credo che vengano da Berlino, ma questo poco mi importa. Mio padre smette di parlare e alza il suo sguardo verso di me come gli altri due.

« Devo parlarti. »

Mio padre non era sconvolto come gli altri due, che non capivano chi fossi e come osavo rivolgermi al Comandante con una simile sfrontatezza.

« Non ora. Sono impegnato. » con le sue parole, mi aveva fatto capire che dovevo andarmene. Ma io non sono della stessa opinione.

« No, adesso. » lo dico, stringendo i denti.

Mio padre era accecato dalla collera. Non lo davo a vedere, ma questo mi divertiva.

« Esci, immediatamente! »

« Agli ordini, Herr Kommandant. » faccio il saluto alzando la mano destra, ma invece di girarmi e uscire vado a sedermi sul divano.

« Fa con comodo ho tutta la giornata a mia disposizione. » gli dico, rilassandomi.

Mio padre stringe i pugni e io sorrido divertito. Uno dei due ufficiali, si rivolge a mio padre.

« Non si preoccupi, Herr Hoffmann. Potremo procedere come stabilito. Noi, possiamo passare più tardi, se cioè che vedo mi è chiaro... » mi guarda. « La cosa deve essere piuttosto urgente. »

« Certamente. Intanto, farò preparare i nuovi piani dei forni crematori. »

« Perfetto. » salutano mio padre e escono. Non appena chiude la porta, mio padre, si scatena. Non l'ho mai visto così incazzato.

« Ti rendi conto?! Mi hai fatto fare la figura dello stupido! Come osi presantarti in quel modo? Sei mio figlio, questo non ti da il diritto di mancarmi di rispetto! Per giunta verso i miei superiori. » urla.

« Non mi interessa se hai fatto la figura dello stupido. » le sue parole non mi scalfiscono. « Sono qui solo per una ragione. Altrimenti non mi sarei scomodato più di tanto per venire da te. » gli dico, con tono strafottente.

« Che cosa vuoi? »

« Tu sai che girano delle voci. »

« Voci? Quali voci? »

« Sul conto di Friedrich. E non dirmi che non lo sai. »

Mio padre si siede. Non c'era mai stata così tanta complicità da parte sua. Credevo che non mi avrebbe dato retta.

« Sì. Le ho sentite. »

« E? »

Rimane in silenzio. « Non dirmi che non farai nulla! » ruggisco.

« Che cosa ti aspetti che faccia?! »

« Merda! Sei il comandante! Dovresti smentire queste voci. Tu, lo sai! Conosco Friedrich da quando eravamo bambini. Lui non è omosessuale. L'unica cosa che ti chiedo, è di far smentire queste voci. »

« Io non posso fare niente. Philipp, mi è stato dato l'ordine di sorvegliarlo. È inconcepibile che una SS sia imperfetto. Credimi sono deluso quasi quanto te. Il tuo amico è un buon soldato. E mi dispiace, ma se effettivamente le voci che girano sono vere. Dovrò estraniarlo e tolglierlo dai suoi incarichi, e verrà ... esonerato dalle SS. »

Volevo dirgli di non farlo, ma mio padre era uno dei tanti che eseguiva gli ordini. Anche se qualcuno avesse ordinato di uccidermi... lo avrebbe fatto.

« Non lo farai, perché non è vero. »

« Spero per lui, che non lo sia. »

Prima di andarmene, mi rivolgo di nuovo a lui:

« Almeno, puoi far smentire questa cosa. Non dico di non eseguire gli ordini. »

E mio padre, con tutta risposta mi da un colpo sulla stomaco. « Perchè dovrei mentire, su una cosa che può essere vera? »

Chiudo gli occhi e contengo la rabbia. Era inutile. Prima che potessi dirgli qualche altra cosa me ne vado sbattendo la porta.

Note d'autrice :
Eccomi con il nuovo capitolo
Spero che vi piaccia :) ditemelo scrivendo un commento 💓
Ringrazio chi : vota, commenta o legge
Aggiornerò il più presto possibile.
Un megabacione
Noemi 💜

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