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Capitolo 34

Canzoni del capitolo :

•  Ellis Goulding - Army

• Ed Sheeran - All Of The Stars

Mi sveglio con un senso di vuoto addosso.
Apro gli occhi, avendo ancora la vista un po offuscata, mi accorgo che Philipp non è più accanto a me.
Forse mi sono immaginata tutto. Era ridicolo, che avesse passato la notte insieme a me.
Mi radrizzo su con la schiena. Il sole era già alto. Non potevo aver dormito così tanto.
Faccio fatica ad alzarmi, ma devo ammettere che sto molto meglio.
Ho bisogno di svegliarmi.  Una bella doccia, mi avrebbe fatto più che bene, ma non potevo. Perché qui non c'è una doccia, già tanto che avessi un lavandino.
Così mi sciacquo il viso.
L'acqua fredda mi risveglia del tutto.

È stato solo un sogno.

Ma com'è possibile, sembrava così reale. Mi ricordo la sua espressione totalmente rilassata. Sembrava un'altra persona. Non aveva quei lineamenti da duro. Quell'esperessione fredda, cupa e grigia. Mi pento di non essere rimasta sveglia per ammirarlo. Chissà quando lo avrei rivisto così...
Il mio stomaco grugnisce. Ho una fame tremenda. Solo ora mia accorgo che sento un profumo. Sembra... pasta frolla.
Sul tavolino vedo dei cornetti caldi. Non ci penso due a prenderne uno. Era caldo e soffice. Era la fame che mi sta distruggendo. Sono talmente presa a mangiare che non mi accorgo di Philipp.

« Buongiorno, Jüdin » la sua voce è dolce e calda.

« Quando sei entrato? » chiedo, imbarazzata.

« Proprio adesso. Vedo che hai apprezzato i cornetti che ti ho portato. Mi sono svegliato presto questa mattina. Sono piuttosto mattiniero. Così mi sono preso la briga di portarti la colazione. »

Allora aveva dormito qui. Non mi sono immaginata tutto.

« Grazie » addento un altro pezzetto di cornetto.

« Com'è stato dormire sulla sedia? » gli domando, so che a dormito vicino a me, sul letto, ma fai finta di niente.

« Credimi ho provato di peggio » senza farmi vedere, Sorrido per quella bugia. « Quando ero al fronte, in Francia,  nel '41, io e il mio battaglione dormivamo anche per terra all'aperto. »

« Tu hai partecipato all'invasione della Francia? »

« Certo »  poi indica la croce di ferro che ha sull'uniforme « Questa non me l'hanno data così per caso. Ho partecipato anche all'invasione dell'Olanda,  della Polonia, del Belgio, della Norvegia e della Danimarca. È così mi sono guadagnato il grado di Hauptsturmführer. Me la sono sudata questa uniforme. »

Sì, con il sangue degli innocenti.

« Allora devo dirti grazie, per avermi sbattuto fuori casa » faccio del sarcasmo. « Sai che, per avere quell'uniforme hai massacrato degli innocenti?  »

« Credi che non lo sappia? Ogni notte, rivedo le faccie delle persone che ho ucciso. Donne, uomini e bambini. Non sai com'è poter vivere con questo peso sulle spalle. »

« E allora perché lo fai? »

« Jüdin te l'ho già detto. Io sono un soldato. È il mio dovere. »

« E dimmi hai sempre desiderato essserlo?  » Domando. Non mi faccio scrupoli a fargli le domande, anzi era quello che volevo fin dall'inizio. 

Philipp si siede sul letto e anche io. Siamo uno di fianco all'altra. Non mi sono mai sentita più vicina a lui, che in questo momento.

« Jüdin, ho come l'impressione che tu voglia psicanalizzarmi » Sono imbarazzata per il fatto di essere stata scoperta. « Perché devo dirti che hai sbagliato persona » e si alza andando davanti alla finestra.

« Non voglio psicanalizzarti.  Voglio solo conoscerti » 

Non posso credere di averlo detto.

« Perché?  »

« È così che fanno gli amici. Se hai qualcosa che non riesci a dire io... »

Lo sento sghignazzare. « Scusa. È più forte di me. Questa situazione tra me e te... »

« Sì, è strana... »

« Se lo sapessero gli altri.... » fa una breve pausa « mi ritroverei davanti a  un plotone di eseguzione... dovrei essere impazzito per rischiare così tanto »

« Siamo pazzi tutti e due » Sorrido e lui con me.

« Non te l'ho ancora chiesto.. oggi come ti senti? »

« Bene »

« Sicura? » Sono un po confusa.

« Sì » 

« Allora, preparati. Oggi non resterai chiusa qui dentro. Te lo ricordi quel posto, dove ti portai prima che arrivasse l'inverno? »

Certo che me lo ricordo, la radura.

« Sì... »

« Ecco oggi andiamo lì. Sul tavolino troverai una busta con degli abiti pesanti, vestiti »

Neanche mi da il tempo di rispondere, che era sparito.

Ero così emozionata all'idea di poterci ritornare. Presi la busta.
Dentro c'erano: un paio di calzettoni, due maglioni, un maglietta, un paio di calze pesanti, un paio di pantaloni, due scarponi e, infine, una giacca grigia.

Ci misi due minuti per prepararmi. Vado a chiamare Philipp. Rientra in camera e mi squadra dalla testa ai piedi.

« Come sto? »

« Bene. Sembri uno spaccalegna. » ghigna

« Cretino » dico dandogli un pugno sul braccio. Mi vergognano del mio aspetto e avendo già i capelli cortissimi non mi era di grande conforto.

« Però non dai nell'occhio »

« Questo è vero »

« Se sei pronta possiamo anche andare »

« Sono pronta » prendo il fazzoletto per coprirmi i  capelli e mi infilo i guanti e usciamo.

****

Il cielo è di un colore grigio perla.
Il paesaggio è tutto coperto di neve. Sui rami degli alberi ci sono delle piccole goccie d'acqua, solidificate in ghiaccio. Sembrano dei piccoli cristalli. Il laghetto è ghiacciato. La radura ha quel tocco incantato. La natura era addormentata.
Vedendo questa meraviglia attorno a me, non posso pensare a come avrei trascorso questo inverno. Penso che, se non mi fossero successe queste disgrazie, mi sarei immaginata in una casetta di legno, con il mio pigiama caldo e soffice, su una poltrona davanti al focolare, leggendo un libro a bere della cioccolata calda.

« Ti va di camminare? » in effetti stando qui ferma mi sto congelando.

Gli faccio si con la testa.

È meraviglioso che io sia di nuovo qui, con lui. Fra di noi si era creata una certa sintonia. Prima... o dio non voglio pensarci. Ripensare a quei momenti mi viene il volta stomaco. Sono sbalordita dei progressi che abbiamo fatto. Adesso, lui non mi picchiava più. Forse in cuor suo, anche lui si vergognera, ma so che non lo ammetterai mai.
I nostri piedi si inabbissano nella neve. Mi è sempre piaciuto quel suono, che fa la neve quando la calpesti.

Scrush, Scrush, Scrush.

Guardo il laghetto ghiacciato. Ho nostalgia del pattinaggio. Chissà come staranno le mie compagnie. Be meglio di me, questo è certo. Sono sicura che Violet avrà vinto la gara alle regionali. Alla fine quell'oca giuliva aveva ottenuto ciò che voleva.
Ma dico la verità, mi mancavano i nostri battibecchi. Non credevo di averlo mai detto.
Philipp è silenzioso, più del solito. Lo guardo. Guarda dritto davanti a sé,  come se stesse indossando un para occhi. Quindi, decido di rompere il ghiaccio.

« A cosa pensi? »

Finalmente si volta guardarmi, ma non smettiamo di camminare.

« Se te lo dicessi, dovrei ucciderti  »

« Spiritoso. Intanto non hai risposto alla mia domanda  »

« Quale? »  mi dice dubbioso.

« Del perché ti sei arruolato  »

« Dio, Jüdin. Voi ebrei siete così curiosi. »

« Sai il detto: la curiosità è femmina  »

Sussulta « Si dice anche che: la curiosità uccide »

« Non capisco perché non vuoi aprirti »

« Perché non l'ho mai fatto con nessuno e speri che io adesso possa farlo con te? » Ci guardiamo dritti negli occhi. Gli prendo la mano e la accarezzo. Gli sorrido. Lui mi tocca la guancia.

« Puoi fidarti di me »

« Chi dice il contrario? È solo che, tutto questo è... » Lo interrompo.

« Smettila di dire che sia sbagliato. Non stiamo facendo del male a nessuno »

« Lo stiamo facendo a noi stessi. Ma non è quello il punto. Non voglio essere giudicato come un debole. » 

« Non sei un debole. Parlare alle volte fa bene. » aveva paura di essere giudicato. Macche razza di persone erano questi nazisti?

« E va bene, Jüdin mi hai convinto. »  Sorrido. Ci fermiamo e ci sediamo su un tronco a pochi passi dalla riva.

Philipp fa un lungo respiro prima di iniziare seguito da un silenzio che duro mezzo secondo.

« All'inizio mio padre desiderava che intraprendessi questa strada. Sai per un ragazzino di 8 anni, vedere suo padre ogni giorno combattere per il proprio paese, lo faceva sembrare un eroe. E per me lo era. Così a undici anni andai alla NaPola e da li incominciò tutto. »

« Oh. Quindi è stato tuo padre a costringerti »

« Non mi ha costretto. Volevo diventare come lui e ci sono riuscito. Fine della storia. » conclude con un tono alterato.

«  E ne sei fiero? »

« Certo. Che domande. »

« Philipp tu non sei come loro. Mi hai risparmiato la vita, mi hai salvata più di una volta. Tu... non sei cattivo »

« No. Ma con voi ebrei lo sono. Tranne che con te. Tu mi vedi così, ma non sai cosa ho fatto mentre ti trovavi in infermeria. »

Ho paura di chiedergli che cosa aveva fatto, ma lo immaginavo.

« Io uccido le persone. Ogni stramaledetto giorno. A sangue freddo. Devo restare a mente lucida, non farmi prendere dalle emozioni. È frustrante. Ma sono stato addestrato per questo. Non posso sbagliare. Tutti si aspettano molto da me. I miei compagni mi venerano neanche fossi il Führer in persona. Sono un esempio, per loro »

Il suo resoconto mi lascia senza parole.

« A volte vorrei solo una vita normale. Come i ragazzi della mia età. » 

Gli prendo la mano. Gli sorrido. « Forse non è stato un caso che noi due ci siamo incontrati »

« Lo penso anche io »

« Sai ti capisco, anche io mi sento così con le mie compagne. Sono l'unica che dentro la baracca tiene alto il morale »

« Sì, immagino. Con la tua parlantina è difficile non darti retta. » ghigna.

Gli do una botta sul braccio.

« Jüdin, non ti facevo così manesca. E poi sono io quello violento »

« Infatti. Si vede che ho imparato dal maestro »

Stare qui a parlare con lui, mi ha fatto dimenticare di tutto, il resto. È come se fossimo estraniati dal mondo che ci circonda. Come se la guerra non ci avesse toccato in particolar modo. Philipp mi guarda in un modo in cui nessuno mi ha mai guardata prima.
Forse è una mia impressione. Per la prima volta, lo vedo sereno. Peccato che non averlo conosciuto in un'altro momento, in altre circostanze.

« Sai, Jüdin. Se non ci fosse stata la guerra io e te non ci saremo mai conosciuti »

« Allora da una parte è un bene. Ma da l'altra vorrei che finisca presto »

« Finirà. Non tutto dura per sempre » mi passa un braccio intorno alle spalle. Ne approfitto del momento.

Sto incominciando a sentire freddo. Mi metto a braccia conserte. Anche se so che non serve a niente. L'inverno qui in Polonia è rigido. È molto diverso da quello francese.
D'un tratto mi sento al calduccio, non tanto ma non sento più così freddo e capisco il perchè.

Philipp si era tolto il suo capotto e me lo aveva messo sulle spalle. Restando solo con l'uniforme.

« Oh no ti prego... »

« Jüdin non preoccuparti »

« Ma così congelerai »

« Ti preoccupi per me? »  mi mordo la lingua, imbarazzata.

Sorride  « Sai, una cosa. Non sento poi cosi freddo. E poi ci sono abituato. »

« Come? »

« Quando andavo alla NaPola, avevamo un insegnante di fisica e sai la nostra non era attività normale. Una volta, in pieno inverno, ci fece spogliare rimanendo solo in biancheria intima e con le scarpe ai piedi e ci fece correre in mezzo alla neve. »

« Oh.. oh è orribile... »  sussurro.

« No, al contrario. È stato un bene. Da allora non mi sono più ammalato. Dovresti provare anche tu. Anzi, ieri sono stato al campo maschile. Abbiamo preso alcuni ebrei, e li abbiamo fatti correre in mezzo alla neve, nudi come vermi. Dovevi vedere le loro facce. Supplicavano di farci smettere. Patetici, per un po di freddo. »

Lo ascoltai. Come poteva parlare così.. provo a cacciare via le lacrime. E se penso che fra di loro ci fosse stato mio padre...

Non lo sento più sghignazzare. « Jüdin.. io mi dispiace. A volte mi dimentico che... »

« No, tranquillo sto bene »

« Sono un coglione, perdonami »

« Sto bene »

« Se vuoi possiamo rimanere ancora un po. » mi sorride, prendendomi la mano, cercando di farsi perdonare.

« No. »  poi ci penso un po su « Be in effetti, in fondo, un po lo sei  » prendo un po di neve e glie la lancio addosso. Mi alzo e incomincio a correre.

« Ehi! Questo è stato un colpo basso! » 

Rido. Vado a nascondermi in mezzo agli alberi facendo rifornimento di neve.

« Non mi prendi! »

« Aspetta che ti prendo! Poi vedrai » esclama, ma sapevo che era al gioco anche lui.

Mi giro e vedo un palla di neve che mi viene addosso colpendomi il braccio.

« Presa! Wooo! » esulta.

« No così non vale! Adesso ti faccio vedere io! » replico lanciandogli un'altra palla di neve. 

Ridiamo e scherziamo per tutto il tempo, finché non ci buttiamo sulla neve. Siamo stremati, ma felici. È stato un bel momento. Il più bello che avessi mai vissuto.

Note dell'autrice:

Ecco a voi il capitolo 33. Wow questo capitolo l'ho scritto tutto d'un fiato. Sarò sincera l'ho iniziato ieri XD e l'ho finito oggi. Tempo record.
Vi ringrazio ancora a tutti voi che state seguendo la storia. Lettori silenziosi e non :)
Spero che vi piaccia :)
Significa molto per me.
Un megabacione
Al prossimo capitolo
Noemi

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