Capitolo 31
Canzoni del capitolo:
• Trading Yestarday - Love Song Requiem
• Sia - Alive
Dopo aver letto il capitolo; leggete le note d'autrice è importante ❤
Corro senza fermarmi mai. La mano mi brucia e mi accorgo che sto perdendo molto sangue. La cosa più giusta fare, in questo momento, era andare da Jacob, in infermeria.
Ma ho giurato che non ci avrei messo più piede. Posso benissimo pulire la ferita da sola.
Ma soprattutto voglio stare da sola.
Mi guardo intorno e vedo un ambiente familiare. Non mi sono resa conto di essere tornata nel Kanada.
Entro in uno dei tanti magazzini. Questo era pieno di valigie. Migliaia di valige.
Mi inoltro in questa giungla di cuoio fino a che non riesco più a vedere l'uscita.
Sembra che qui non ci metta piede nessuno ed era isolato.
È il posto che fa per me. Mi siedo comodamente fra le valigie.
Guardo la mia mano e scoppio in un pianto disperato. Tanto qui, non può sentirmi nessuno ed è l'unico modo che ho per sfogarmi.
Cerco di fermare la fuoriuscita del sangue, levando i piccoli frammenti di coccio che vi sono rimasti.
Strappo un pezzo di stoffa dalla mia tunica e la stringo, legandola saldamente intorno alla ferita.
Dopo aver sistemato la ferita, mi sdraio. Non riesco a smettere di piangere. Ne ho tanti di motivi.
Lui non aveva fatto niente. So che non poteva difendermi, ma poteva benissimo dirgli di smetterla. Invece non lo ha fatto.
Era rimasto li immobile. A fissarmi, mentre venivo umiliata, derisa e ferita.
Se non gli importava niente di me, io avrei fatto altrettanto.
Non mi va più di pensare a lui. Non merita neanche di far parte dei miei pensieri.
Guardo la ferita e penso che se ci fosse stato mio padre, mi avrebbe curata. Da piccola caddi da un ramo di un albero. Ero un maschiaccio all'epoca, e mi facevo spesso male.
Tornavo a casa con i vestiti sporchi e non mancavano di certo i tagli sulle gambe.
Così mio padre mi medicava, in segreto. La mamma si arrabbiava molto se mi vedeva in quelle condizioni e io, non facevo niente per collaborare, perché quando mio padre mi medicava, le ferite mi bruciavano e lui, per tranquillizzarmi, mi dava sempre un biscotto.
Sorrido.
Dio solo sa quanto mi manchi, papà.
Posso dire di aver amato solo un uomo, in tutta la mia vita, ed è stato il mio papà. Per lui c'è un posto speciale, nel mio cuore.
Mi immagino la mia famiglia riunita ed abbracciata, prima di sprofondare nel buio.
Mi sento tutta indolenzita. Non sento più l'odore di cuoio delle valigie. Sembra, invece, che abbia dormito sui sassi. Apro lentamente gli occhi e vedo le tavole di legno della parte superiore della cuccetta che c'è nella mia baracca.
Faccio fatica ad alzarmi. Mi sento strana. Calda, anzi bollente e sto sudando, come se fossi sotto al sole d'estate.
Non faccio in tempo a mettermi dritta che sento una voce e delle braccia stritolarmi in un caloroso abbraccio.
« Oh Mio Dio! Miriam! Grazie a dio, stai bene! » mi ci volle un po per capire che quella voce apparteneva a mia madre.
Bene. Non tanto.
« C-come ci s-ono f-inita qui? » chiedo, con un filo di voce.
« Sei sparita per tre giorni. Pensavamo che.... poi Lucie è entrata per caso nel magazzino e ti ha trovata li, con la mano tutta insanguinata. Ma cosa è successo? »
Tre giorni? Ero rimasta nel magazzino per tre giorni?
Ora ricordo: il servizio di porcellana in frantumi, l'ufficiale che mi aveva calpestato la mano e ... lui. Mi ero rifugiata nel magazzino per fuggire da tutto e tutti.
« Niente. Mi sono tagliata » sussurro.
« Devi andare subito in infermeria. Ti porteremo io e Sarah »
Non appena sento la parola "infermeria" scatto in piedi come una molla.
« No! Mamma ti prego. Non voglio andarci! Mamma ti prego, ti supplico! » imploro.
Sembra uno di quei momenti di quando ero piccola, dove pregavo a mia madre di non portarmi dal dentista. Facevo i capricci, e piangevo. In questo momento avrei preferito di più una visita dal dentista, piuttosto che entrare di nuovo lì dentro.
« Miriam... ma che dici? Hai una febbre da cavallo. Non dire stupidaggini. Devi andarci o... »
« No! » esclamo e mi giro su un fianco, per farle capire che la discussione è chiusa.
Preferisco morire in questo modo, piuttosto che con una ignizione.
Ho la testa che mi scoppia. Mi sento debole. Non voglio far altro
che dormire, dormire e non svegliarmi. Spero che la febbre passi in fretta o ci avrei lasciato veramente la pelle.
Forse con un po' di riposo, sarei riuscita a rimettermi in forze.
Solo il tempo poteva deciderlo.
Quando riapro gli occhi, era già notte fonda. La febbre ancora non mi è passata. Respiro a stento e sono pallida. Piango in silenzio per il dolore.
Mia madre non riesce a dormire, vedendomi in queste condizioni.
Sento alcune delle nostre compagnie, dire a mia madre:
Portala in infermeria, o peggiorera ancora di più.
« Miriam ti prego » mia madre cerca di nuovo di convincermi.
Ma io sono ferma sulla mia decisione.
Per fortuna la febbre mi fa di nuovo sprofondare nel sonno. Un sonno tormentato da incubi e pianti.
Silenzio.
Sono circondata da un silenzio inquietante. A svegliarmi ci pensano i raggi del sole.
Non c'è nessuno, oltre ad alcuni corpi delle mie compagnie perite durante la notte.
Sono cosa vuol dire, starsene qui nella baracca e non avere la forza di andare a lavorare. Non è positivo.
Avevo sentito che, le SS controllavano le baracche per vedere chiunque non sarebbe stato in grado di andare a lavorare.
Mi sento uno straccio. Non sono in grado di compiere neanche i movimenti più semplici. Questa febbre, non accennava ad abbassarsi!
Non voglio morire... non voglio morire....
Non so dove trovo ancora la forza per piangere, ma non dovevo cedere ora. Non voglio morire in questo posto. Voglio continuare a vivere, perché un giorno io possa avere la possibilità di realizzare i miei sogni.
Voglio continuare a studiare, voglio diventare una maestra, voglio avere una famiglia, voglio continuare a pattinare, voglio vivere in un mondo privo di sofferenze, guerre, in un mondo dove non esistono differenze, dove non puoi sentirti un escluso, per via della religione, del colore della pelle o per i tuoi ideali.
Devo... devo farcela....
Vengo distratta da alcuni rumori.
Sento la porta della baracca aprirsi e chiudersi.
E dei passi. Dal suono sembrano... stivali..
« Ecco. Questa qui è l'internata che le dicevo, Herr Hauptsturmführer. »
Apro di poco gli occhi. Di fronte a me vedo la figura sfocata della Kapò della nostra baracca e un medico delle SS.
So che non è venuto qui per curarmi.
Li sento parlare in tedesco, e anche se avessi saputo una sola parola di tedesco, non li avrei capiti comunque.
Mi sento come se mi trovassi in un limbo. Non sento più il mio corpo.
Il "dottore" ha in mano un bastone. Si direbbe un bastone da passeggio.
Con quest'ultimo mi solleva il braccio, dove si trova la mano fasciata. Non osava neanche toccarmi.
La fasciatura era consumata e impregnata di sangue secco. Quando me lo toglie, la mano aveva assunto un colore blu rossastro. Il medico prese il un taglierino per pulire la ferita e far uscire in fluidi all'interno. Lo vedo arricciare il naso, accompagnato da una espressione disgustata.
L'odore di sangue e pus era troppo forte.
Si rivolge di nuovo alla Kapò e se ne va.
« Ti starai chiedendo che cosa mi ha detto? » dice, con un sorriso cinico.
La osservo. I miei occhi sprigionavano fuoco. Maledetta. Immaginavo che cosa gli avesse detto, ma ero troppo ingenua per accettare la verità.
« Ti do una dritta: fra non molto incontrerai le persone care che hai perso. » e con una risata se ne va anche lei.
Piango in silenzio. Non è possibile. Non posso crederci che il mio tempo sia giunto al termine. Per una stupida ferita.
Non posso lasciare la mamma, Sarah, mia zia e le altre. Non posso.
Maledico tutti! Se non fossi andata in quel maledetto ufficio, se mi fossi ribellata e non avrei accettato l'incarico adesso non sarei qui.
Chiudo nuovamente gli occhi.
A quante persone è mai capitato di trovarsi in situazioni schifose e, poi, pensare di trovarsi in un'altro posto?
In questo momento vorrei trovarmi in un'altro posto: A casa mia, a Parigi, in campagna con le mie amiche, nella radura.
Mi fa sentire bene, in pace.
Improvvisamente sento il vento accarezzarmi le guance. E un odore strano. Adesso avevo caldo. Provo a riaprire gli occhi e vedo un edificio con un cammino, da cui fuoriusce un fumo nero come il carbone. Vicino a me ci sono corpi di persone scheletriche e mal ridotte. Sono finita in mezzo ai mussulmani. Quelle persone, se almeno così si possono definire, che hanno perso la loro voglia di vivere. Che non avevano più voglia di lottare. Vedo i loro sguardo spenti, non c'era più luce. Non c'era niente.
Sento i sonderkommando dire che saremo andate direttamente nei forni, senza passare nella camera a gas. Ci avrebbero bruciate vive. Per i mussulmani non valeva la pena di sprecare lo zyklon B. Ad una ad una, ci portarono dentro. La fonte di calore si fa sempre più forte.
Adesso aspetto il mio turno.
Voglio pensare ad ultima cosa. Qualcosa che mi avesse reso felice.
Un ricordo felice.
Poi la mia mente mi riporta a lui. Pensare che non lo avrei rivisto, mi procura un senso di tristezza e anche di rammarico.
Non avrei rivisto i suoi occhi azzurri, i suoi capelli mori perfettamente pettinati, il suo modo di parlare, di farmi arrabbiare... di farmi ridere...
Non pensavo di dispiacermi per uno che ha quasi tentato alla mia vita, ma che ha fatto di tutto per salvarmi. E per questo gli sarò grata per sempre.
È stato bello, finché è durato.
Ringrazio Dio, per avermi fatto vivere così a lungo. Per avermi portato a lui.
Adesso sono pronta ad accettare il mio destino, per quanto crudele sia.
Nota dell'autrice:
Ok eccoci qui.
Prima di inziare, alle persone che l'altra volta hanno letto il capitolo, vorrei dir loro che mi sono sbagliata a pubblicarlo. Non era completo. Quindi rileggerlo XD
Ho creato la pagina officiale della storia su instangram:
Sì chiama @ breathoflifeseries. Dove posterò le foto dei personaggi; le citazione, e perché no anche le vostre fanarts :)
Spero che la seguiate in molte ❤ci tengo veramente tanto.
Ora veniamo a noi.
Lo ammetto questo capitolo non è stato facile da scrivere. Per niente. Spero di avervi trasmesso delle emozioni, le stesse che ho provato io.
So che in alcuni capitoli ci metto un pizzico di drammaticità incondizionata da tagliarsi le vene, ma questo passaggio è fondamentale per gli avvenimenti che accadranno dopo ;)
Ringrazio ancora le persone che :
Leggono
Commentano
E votano
Non vi ringrazio mai abbastanza se continuo ancora a scrivere è solamente grazie a voi ❤
Scusate se vi ho intrattenuto :P
Ci vediamo al prossimo capitolo 😘
Vi adoro. Un megabacione a tutte ❤
Noemi
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