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Capitolo 26

Canzone capitolo: What Makes You Beautiful - One Direction🔝

Mia piccola Judin.

Piccola Judin.

Mia.

Quelle parole mi rimbombano nella testa. Mi ha chiamata: " Piccola Judin".

Suona così strano e irreale detto da lui... per non parlare del modo con cui lo ha detto, è stato così dolce e passionale.

Mi butto sulla paglia della cuccetta e, ripensando a quella scena, sospirai. Se qualcuno mi avesse vista in quel momento, con un sorriso a tretadue denti, si sarebbe chiesto, sicuramente, che sono una pazza.

Pazza o semplicemente felice.

Per la prima volta, da quando mi trovo in questo posto, sono felice.

Sì, finalmente lo sono. Ed è tutto merito suo.

Mi ha dato anche un bacio. È stato un semplice bacio sulla fronte niente di più.

Ma, quando le sue labbra si sono posate su di me, ho sentito una scossa partire dalle dita dei piedi fino alla punta dei miei capelli.

Ogni singola cellula del mio corpo è come impazzita.

Non so' con certezza cosa mi sta succedendo, ma decido di non farmi castelli in aria. È stato gentile tutto qui. Anche poco gli si addice, data la sua indole di maniaco assassino.

Mi rigiro su un fianco. Sono stanca, sento gli occhi bruciarmi per la stanchezza che ho addosso. Prego di rivederlo l'indomani,anche solo per cinque secondi. Mi sarebbero bastati per rendermi felice, di nuovo.

Il cuore batteva forte. Spero che domani arrivi presto.

Chiusi gli occhi e mi addormentai sognando occhi azzurri e divise verdi.

Come ogni mattina, Le Kapò vennero a " svegliarci" se così si può definire.

Oltre alle loro urla, vengo svegliata da un dolore lancinante al basso ventre.

Non ho idea di cosa si tratta, finché non sento la voce stupita di Rachel.

« Miriam, hai del sangue sulla tunica! »

Cosa?!

Giro la veste per verificare ciò che ha appena detto. E quello che trovo mi lascia letteralmente scioccata.

Una macchia di sangue di medie dimensioni compare davanti ai miei occhi.

È come se mi avessero ferita, ma non ho tagli. Sento solo quel dolore insopportabile.

E in quel momento capisco.

Cazzo, il ciclo!

Com'è possibile? L'ultima volta che lo avevo avuto era stato prima di venire in questo posto.

Anche se non mi stupisco più di tanto, le mie mestruazioni sono sballate e certe volte mi saltano.

Le altre mi guardano e aspettano una mia spiegazione. Ma non c'è tempo, le kapò ci spingono tutte fuori per l'appello, per fortuna.

Arrivata sul piazzale, cambiai idea. Non mi sento più le gambe e il sole mi batte sulla testa creandomi un forte mal di testa da capogiro e incomincio a dondolarmi sul posto.

Desidero con tutta me stessa di accasciarmi a terra per riposare, ma se lo avrei fatto mi sarei subita, almeno venti frustrate o peggio.

Intanto, penso a cosa dire alle mie amiche, non è facile quando non sai che cosa dire. Ho avuto il tempo di pensarci per tutta la durata di quella tortura.

Finalmente, le Kapò ci lasciarono andare e tornammo nella baracca. Io dovetti sbrigarmi ad andare nel Kanada e le altre dovevano andare ai lavori forzati. Ma soprattutto, volevo evitare le mie amiche, che, per tutto il tempo dell'appello, non avevano fatto altro che guardarmi.

Sono pronta ad uscire, quando sento qualcuno che mi trascina di nuovo dentro.

Volto lo sguardo e vedo Rachel che mi sta portando dalle altre.

Oddio ecco ci siamo.

« Allora? Cos'è questa storia? Perché hai il ciclo? »

« Io non lo so. » balbetto. Ed è la verità.

« Balle. Noi non abbiamo il ciclo da quando abbiamo messo piede in questo posto. Mai. Neanche una volta. E tu sì. »

« Credimi, Rachel non so' il perché. » le spiego. « Ora devo proprio andare. Ci vediamo questa sera. » dico salutandole. Volevo dar loro una spiegazione plausibile, ma non ce l'ho e, d'altronde

se sarei arrivata in ritardo, avrei passato dei guai e io volevo evitarli.

Arrivata nel Kanada, vengo raggiunta subito da Gertrude che mi prende per un braccio portandomi verso le docce.

Oggi è diventato uno sport prendermi per il braccio e strattonandomi di qua e di là.

« Perché ci hai messo tanto, giudea? » mi rimprovera con tono autoritario.

« Mi scusi, ma l'appello è durato più del previsto. »

« Sì,sì. Ora muoviti a lavarti o sarà peggio per te! » esclama.

Il suo carattere mi lascia sempre alquanto stupita. A volte era comprensiva e altre si comportava da stronza, come tutte le altre. Come biasimarla. Purtroppo deve trattarmi così, anche se non è nelle sue intenzioni.

Faccio per levarmi la tunica e vado verso sotto la doccia, ma lei mi ferma.

« No. Mettiti direttamente i vestiti. Ti laverai lì. »

" Lì? " Cosa intende dire per lì.

Obbedisco e prendo i miei soliti vestiti e li indosso. Mentre ci andiamo in magazzino, Gertrude, mi dice di levarmi il maglione e di rimanere con la canottiera.

Bene avrei dovuto lavarmi qui fuori in mezzo alla neve. Dio... il freddo è insopportabile. Ecco cosa succede a chi arriva in ritardo.

La kapò riempie una caraffa piena d'acqua e me la versa addosso.

Sussulto. Prendo il sapone e passo le dita fra i capelli, cercando di non pensare al freddo che mi sta' letteralmente uccidendo.

Per distrarmi guardo dentro al magazzino. Lucie era già al lavoro. Quando mi vede mi accenna un sorriso. Lo ricambio.

Non vedevo l'ora di rivestirmi e di entrare. Gertrude mi getta di nuovo l'acqua addosso.

"Basta di prego"

Purtroppo l'igiene è fondamentale se vuoi restare nel Kanada. Qui siamo tutte pulite e prive di malattie, in confronto alle altre ai lavori forzati. La cosa non mi dispiace affatto.

Ad un tratto ho come l'impressione che qualcuno mi stesse osservando. Non so' perché ma, nel dubbio, sollevo il mio sguardo e guardo la finestra dell'ufficio del responsabile del Kanada: Hans Deutscher.

Le tende si sono mosse, come se qualcuno le avesse appena toccate. Peccato, non ho fatto in tempo a vedere chi mi stesse osservando. In quel momento il mio cuore incomincia a battere forte. E se...

" Miriam, adesso non essere ridicola. "

Sorrido ironicamente. Questo è ridicolo. Mi scrollo dalla mente quei pensieri, adesso ho tutt'altro a cui pensare: La mia famiglia.

Prego tutti i giorni Dio. Prego che, un giorno, possa rivedere mio padre. Anche solo sapere se lui stava bene, che sia vivo; allieta le mie sofferenze.

Gertrude mi da' un asciugamano. Finalmente ho finito. Mi asciugo e mi vesto velocemente.

Entro con passo spedito nel magazzino e vado a sedermi vicino a Lucie. Prendo un capotto e iniziai subito a lavorare incominciando a scucirlo.

« Buongiorno. Come mai sei arrivata in ritardo? » domanda senza alzare lo sguardo dalla camicia che stava esaminando.

«Buongiorno anche a te. Quel maledetto appello è durato un'eternità questa mattina. Non so se non mi sento più le gambe per via del freddo o perché sono stata ore e ore in piedi » mormoro esasperata.

Dopo mesi che mi trovo qui, ancora non ci ho fatto l'abitudine. L'appello mattutino era la cosa che più odiavo, tra le altre cose di questo posto schifoso.

« E poi, appena mi sono alzata, mi è successa una cosa » aggiungo e vedo Lucie che mi guarda alzando il sopraciglio.

« M-mi... mi sono... venute le mestruazioni. » sussurro imbarazzata.

Osservo il volto della mia amica. Dalla sua espressione non mi sembra affatto stupita come credevo, anzi tutt'altro. Con mia sorpresa la vedo sorride e riprende il suo lavoro. La guardo con occhi spalancati.

« Miriam, tranquilla è normale. E sai una cosa? Anche io le ho. »

Eh?

« Qui nel Kanada abbiamo tutte il ciclo. »

« Ma... com'è possibile? » chiedo, stupida.

« Be' da quando non mangiamo più quella porcheria che danno nel campo è più che comprensibile »

« Oh » dico,semplicemente. Adesso è tutto chiaro. Infondo non mi dispiace, a parte il dolore, lo posso sopportare.

« Tu invece, dovresti darmi delle spiegazioni. Dove sei stata ieri sera? Gertrude ti ha presa e non sei più tornata»

Ho una voglia matta di raccontarle cosa mi era successo, purtroppo non posso dirlo a nessuno. Io e lui avremmo passato dei guai se si fosse scoperto che mi aveva offerto una cena da re, per giunta ad un'ebrea, la quale, di norma, doveva morire di fame. Ma, soprattutto lui avrebbe passato dei guai. E io non voglio.

Mi sarei tenuta questo segreto nel mio cuore. Noi donne, teniamo i nostri piccoli segreti in quel piccolo scrigno, a cui le altre persone non hanno modo di accedervi.

E lui, fra gli altri, è il mio segreto più bello.

« Ho capito non vuoi dirmelo. » dice, vedendomi che non avevo, ancora risposto.

« Mi- mi dispiace » tartaglio.

« Miriam, io non so' cosa tu stia combinando. Da quando sei qui ti comporti in modo strano. Vai , vieni sparisci e non torni più e non l'ho notato solo io. Qui, alcune dicono che ti prostituisci per avere un po' di cibo. Non dico che le altre siano delle sante. Tutte qui si concedono per un pezzo di pane. Infatti siamo il loro bersaglio. Le SS preferiscono portarsi a letto un'ebrea del Kanada piuttosto che un'ebrea che si trova ai lavori forzati. » allude, guardandomi preoccupata.

Sento quelle parole uscire dalla sua bocca e non credo alle mie orecchie.

« Io non mi prostituisco. » marco con un tono di disapprovazione e arrabbiato.

Non sono una che fa certe cose. Che schifo! Piuttosto sarei morta di fame.

Ma come si permettevano!

« L'unica ragione per cui mi assento è perché mi dicono di fare dei lavoretti: manutenzione, pulizie e cose del genere. Non posso crederci che anche tu lo abbia pensato »

« Scusami, Miriam. Io non l'ho mai pensato. È buffo che una ragazza dolce e gentile come te si conceda a quella feccia»

Mi sale la rabbia. Un po' perché le altre credono che io sia una puttana e dall'altra perché Lucie li ha definiti "feccia", quindi era compreso anche lui. Una volta sarei stata d'accordo con lei. Sarei stata la prima a insultarli.

Ma da quando l'ho conosciuto, niente è più lo stesso. Ora che ci penso mi manca.

Guardo verso l'entrata, diverse volte, ma lui non si è fatto vivo, come al solito.

Mi sento triste. Non posso crederci, ma ho bisogno di lui.

Ma lui ha bisogno di me?

Mi sento ridicola. Sembro una disperata. Mi devo riprendere per non cadere nel ridicolo.

Finisco di scucire gli abiti e vado a prendere la cesta con all'interno le foto dei nuovi arrivati e uscita dal magazzino li dovetti bruciare. Ricordi persi nel vento. Come la maggior parte delle persone che sono su quelle immagini, i loro corpi a quest'ora avranno fatto la stessa identica fine delle loro foto.

Mi si gela il sangue.

Tornò dentro il magazzino, ma prima di sedermi, Lucie mi ferma e mi da' una cesta di panni, tutti messi alla rinfusa.

« Aspetta. Porta questi vestiti in lavanderia. Dovevo andarci io ma come vedi non riesco a scucire questo vestito. E se ci metto troppo tempo, non la prenderanno bene. Non ti dispiace, vero?»

Scuoto la testa e vado nella lavanderia. Adoro quel posto.

Per diversi aspetti: Fa' caldo, il che, essendo in inverno è il paradiso in terra, e poi perché non ci sono molte persone e posso stare tranquilla, almeno per un po'.

Prendo la cesta e infilo i vestiti dentro la vasca piena d'acqua e incomincio a lavarli.

Non è il mio compito. Spetta alle ragazze addette, fare questa operazione.

Ma non ho voglia di tornare subito nel magazzino. La paura non lascia mai il mio corpo perché se mi avessero beccato sarei finita nei guai. Quindi avrei fatto il più velocemente possibile.

Sfrego con forza le maniche della camicia e la rimetto in acqua, risciacquandola diverse volte.

Così faccio anche con gli altri capi. è una sensazione piacevole. È buffo ma fare il bucato mi riporta indietro nel tempo. Quando io e Sarah, per la festa della mamma, facevamo le pulizie per aiutare la mamma.

Ricordo il sorriso di mamma. Mi manca da morire e vederla di nuovo felice è il mio più grande desiderio. Adesso se la vedo è una persona spenta. Senza alcuna emozione. Come se la sua luce interiore si fosse spenta. E a pensarci ho paura, perché so' cosa significa quando una persona abbandona ogni speranza.

Finito di lavare i vestiti, svuoto la vasca e vado a metterli nell'asciugatrice. Una vento caldo mi accarezza il viso. Chiudo gli occhi con un'espressione rilassata. Sono al settimo cielo. Sospiro. Mi rilasso in quel momento di pace e quiete finché una voce, alquanto arrabbiata non rompe il mio attimo di tranquillità.

« Cosa ci fai qui, ebrea?! » è una voce maschile. Ho paura a girarmi sento il mio corpo che inizia a tremare.

Ci mancava solo questa.

« I-io... Non volevo... Ora torno subito nel magazzino. Ma la prego non mi faccia del male »

Quando mi volto per tornare indietro. I miei occhi incontrano i suoi e mi perdo in quel cielo azzurro, privo di nuvole.

Nota dell'autrice:

Salve a tutte ^^ YEEEEEEE finalmente ce l'abbiamo fatta ahahaha XD Non ce la facevo ad aspettare fino a stasera :P Come avrete visto ho cambiato i tempi verbali, dal passato sono passata al presente, così farò anche con i capitoli precedenti. :) Ho postato un messaggio prima ma ripeto: Ho pubblicato e modificato il primo capitolo e ho aggiunto anche un prologo, invito ai nuovi e vecchi lettori di andarlo a rileggere ;)

Detto questo spero che vi sia piaciuto. Ditemi se fa schifo o va bene, sapete che ci tengo a sapere una vostra opinione :3 Ps: Se molti di voi non lo sanno, per sapere quando posterò il capitolo basta che aggiungiate la storia alla vostra biblioteca e vi arriverà la notifica di aggiornamento ;)

Un megabacione e alla prossima <3

Noemi

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