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Capitolo 19

Canzoni del capitolo:

- Here With Me - Mashmellow

- Don't call me Up - Mabel

Siamo tornati a Birkenau. Davanti a noi ci sono diverse baracche, ma prima di proseguire, lo vedo fermarsi. Dalla tasca prende un fazzoletto si gira verso di mee mi mette la benda intorno agli occhi, legandola ben stretta.

Tutto diventa buio. Respiro lentamente. Non so che cosa abbia in mente. Questo mi rende piuttosto nervosa.

« Vedi qualcosa? » mi domanda, per accettarsi che non veda niente.

In risposta, scuoto la testa.

« Bene. Spero per te che tu dica la verità, altrimenti... beh sai già cosa ti farò. »

Sento prendermi per il braccio, conducendomi verso non si sa dove. Sono totalmente nelle sue mani.

Cerco di stare al passo. Non posso vedere, ma non voglio essere la causa di un eventuale rallentamento. Improvvisamente, mi molla.

« Aspetta qui. »

Sento i suoi passi che si allontanano da me. Poi sento uno scricchiolio. Sta spostando sicuramente uno scaffale, o qualcosa che gli somigliasse. Poi a seguire, sento un suono metallico.

La mia mente è invasa da mille domande. Ho paura, ma eccitata allo stesso tempo. Di nuovo, la sua mano, prende la mia.

« Vieni.»  mi aiuta a scendere.

Capisco che questa, non era nient'altro che una botola.

Una botola. Com'è possibile?

I miei piedi toccano il pavimento, ed è liscio e viscido e nell'aria c'è un odore nauseante e sgradevole. Mi tappo il naso.

Sento di nuovo il suo metallico. Attraverso una stoffa vedo un bagliore di luce. Ha acceso una torcia.

« Dove siamo? » chiedo, intimorita.

So che non posso fare domande, ma è più forte di me. La dea della curiosità regna sovrana.

Inaspettatamente, lui mi risponde senza arrabbiarsi.

« Siamo in un condotto fognario. » rispose, cercando di far cadere la conversazione.

« Cosa, ma come... e dove conduce? Vuoi dire che sopra di noi c'è il campo e nessuno si è accorto che noi siamo qui giù? Ma come hai... »

« Ti avevo detto di non farmi domande o no?! » mi zittisce di colpo.

Sussulto e proseguo in silenzio.

Camminiamo per un tempo interminabile. Forse per mezz'ora oppure per un'ora o anche più. Mi iniziano a far male i piedi, ma non mi lamento neanche una volta.

La curiosità è tanta da farmi dimenticare la fatica. Poi penso al perché di tutto questo. Perché mi aveva portata qui? E se... mi vuole ucciderla...

A questo pensiero, mi sale un groppo alla gola. Ogni passo sarebbe stato fatale.

Vita o morte?

Se fosse accaduto, non avevo neanche avuto la possibilità di dire addio alla mamma, a mia sorella, alla zia o alle mie amiche....

È  buffo pensare come una persona può della tua sorte, per un capriccio, per noia o per divertimento, soltanto perché quella persona prova odio nei tuoi riguardi. Verso la tua gente.

Sospiro. Avrei scoperto il mio fato solo giungendo a destinazione.

L'odore si fa meno sgradevole e sento il calore del sole sulla sua pelle. Intuisco che siamo quasi vicini all'uscita. Non sento più, il pavimento liscio e vischioso, al suo posto sento... l'erba... Erba vera.

Non ricordo come era fatta. Non ricordo quasi più quei ciuffi morbidi e ruvidi, bagnati con la rugiada del mattino.Intorno a me, sento i rumori che non ricordo da tempo; il fruscio degli alberi, cui il vento coccola i rami e il cinguettio degli uccelli.Avevo dimenticato gli uccelli. Non ci sono  a Birkenau. Non ricordo più quel dolce suono melodioso. Muoio dalla voglia di vedere cosa ci sia intorno a me.

Stringo ancora il braccio dell'ufficiale.

Nessuno di noi due parlava. Il silenzio ci divide. Ho timore di porgli delle domande. È stato chiarissimo. Questa specie di tortura termina quando lo sento fermarsi.

« Siamo arrivati, Jüdin. Puoi anche lasciarmi il braccio, adesso. Me lo stai stritolando. »

Lo lascio andare. Sento la sua presenza dietro di me e le sue mani si posano sulle mie spalle.

« Vedrai, Jüdin. Questa sorpresa ti lascerà senza parole. » mi sussura.

« Dove ci troviamo? » gli chiedo, impaurita.

Sento il respiro caldo dietro l'orecchio. Questo mi rabbrividisce.

Tutto questo mistero è frustrante.

Le sue dita mi accarezzano le labbra.

Il cuore mi batteva forte. Il respiro si fa sempre più lento e la gola mi si stringe. È la prima volta che provo queste sensazioni.

Forse è dovuta dall'ansia? La paura? Il pensiero di essere uccisa di li a poco mi terrorizza. Non ho mai avuto così paura, come in questo momento.

Finalmente mi toglie la benda. Continuo a tenere gli occhi chiusi, ma solo per un breve attimo.

Quando li apro il paesaggio che mi si prospetta davanti mi fa rimanere senza fiato

Non credo a ciò che vedo.

Non è possibile.

È un sogno o realtà?

Ci troviamo in una piccola radura, con un laghetto circondato da alberi. Le acque cristalline risplendo alla luce del sole.

Mi porto le mani davanti alla bocca per via dello stupore. Ho gli occhi lucidi. Ma questa volta non è per la tristezza.

Faccio un passo avanti. È la prima volta, da quando ho lasciato Parigi, che sento il cuore stracolmo di gioia.

Poi torno alla realtà.

Ancora continuo a chiedermi il perché mi abbia portata qui. Cosa c'è sotto?

Mi giro per guardarlo. Ha un'aria serena. Con grande disorientamento, gli domando:« Perché mi hai portato qui? Volevi farmi respirare l'aria di libertà prima di uccidermi? »

Lui accenna un sorriso.

« Te l'ho detto, ebrea. L'ho fatto per ricompensarti. Hai agito bene, prima. Potrei anche portarti qui per una seconda volta, ma te lo dovrai guadagnare come hai fatto oggi. »

Mi volto ad osservare il laghetto. Sospiro. È strano. Questo posto non è molto lontano dal campo. È un piccolo angolo di paradiso. C'è tranquillità, pace e quiete, ma soprattutto, non c'è l'ododre di morte che si respira a Birkenau.

Chiudo gli occhi e respiro a pieni polmoni. Voglio godermi quest'aria così fresca e pulita. Il profumo dei fiori, dell'erba fresca... il profumo della libertà.

Se lo raccontassi alle altre.... se raccontassi loro cosa mi sta capitando. Non mi crederebbero.

Se avessero saputo... Ma non posso raccontarlo a nessuno, se non voglio morire.

Mi avvicino alle sponde del laghetto. Con i polpastrelli inizio  a giocare con l'acqua, sfiorando quello specchio limpido.

Un pensiero mi trapassa la mente, come un fulmine. Non vedo la mia immagine da molto tempo.

In cosa sono cambiata?

Come sono diventata in questo lasso di tempo? Da quando mi trovo in questo posto, non sapevo più che aspetto ho.

Mi chino, mandando avanti la testa.

Vido la mia immagine riflessa nell'acqua e rimango scioccata nel vedere, che, in quello specchio. c'è una ragazza che mi somiglia. Ma non posso essere lei. io non sono così.

Non sono così magra, né tanto meno ho quei capelli. Quella ragazza nel riflesso dell'acqua, sembra il riflesso della tristezza che la circonda.

Dov'è la ragazza con i capelli ricci? Quella che ha lasciato Parigi? Quella che credeva nella vita?

Vedendo come si sono ridotta, capisco che quella ragazza non esiste più. Vive dentro di me.

Una lacrima cade in acqua formando delle piccole increspature.

È orribile.

Mi asciugo le guance. Non voglio farmi vedere da lui in questo stato, ma quando se ne accorge era troppo tardi. Lui, con tono abbastanza strafottente, mi dice:

« Oi, oi, Jüdin. Non credevo che ti saresti commossa. Stai piangendo per me, Jüdin? Se così fosse, ne sarei onorato. » concluse con una risata.

« Non sto piangendo per te. » replico, fulminandolo con lo sguardo, mentre con una mano stringeva dei ciuffi d'erba. « Non piangerei mai per uno come te! »

« Qualunque sia la ragione, non mi interessa. » disse, sdraiandosi. « Purché tu la smetta all'istante. Non voglio che mi rovini il mio momento di relax. »

Mi giro. Se fosse stato per me, lo avrei affogato nell'acqua.

Non lo sopporto. È un arrogante, presuntuoso ed egoista. Mi fa venire i nervi.

Alla fine, mi ha condotta qui, in fin dei conti.

« Che posto è questo? »

« Ci vengo quando ho voglia di rimanere da solo. »

« E ti capita spesso? »

« A volte. » dice, rimanendo sdraiato con il volto rivolto verso l'alto.

Vorrei saperne di più e continuo imperterrita, dimenticandomi che lui sia una SS. Per un momento lo tratto come una persona qualsiasi.

« E perché mai uno come te dovrebbe isolarsi dal resto del mondo? Non sembri quel genere di persona. A prima vista sembri uno che sappia il fatto suo. Non credevo che anche voi tedeschi aveste i vostri momenti di intimità. Ma d'altronde chi non ne ha? Anche io qualche volta vorrei rimanere sola per pensare e riflettere. »

Sussulto quando lo vedo alzarsi di scatto.

« Che intenzioni hai?! Stai cercando di fare conversazione?! Beh, ti dico una cosa. Io non voglio fare conversazione con te! Ti ho portata qui, solamente per premiarti! Quindi chiudi quella bocca e sta' zitta! O ti faccio tacere io! Ma questa volta per sempre! » conclude, girandosi su un fianco.

Rimango senza parole.

Che lurido bastardo!

Che nervi! Ho i nervi a fior di pelle!

Cosa si può aspettare da uno come lui? Niente, ovviamente.

Mi alzo, lasciando lì, da solo ad oziare. Potrei approfittarne per perlustrare la zona.  Mi allontano lentamente, quando la sua voce mi costringe a fermarmi.

« Ah, ebrea, dimenticavo di dirti di non allontanarti troppo. Ti tengo d'occhio anche quando sono dormiveglia. E sai cosa succede, se mi disobbedisci » dice, mettendo una mano sulla fondina che ha attaccata sulla cintura.

Proseguo, annuendo. Non ho scelta. In tutta la mia vita, non ho mai incontrato una persona più detestabile di lui.  Inizio a scalciare, spazzando via le foglie secche. Ormai l'autunno sta per finire. È  solo questione tempo. La neve ricoprirà ogni cosa. Voglio godermi questi ultimi istanti.

Prendo un mucchio di foglie e le lancio. Dopo pochi istanti, mi cadono addosso.

Sorpresa, le lancio di nuovo questa volta, giro su me stessa ridendo. Mi sto divertendo come una bambina.

Non ricordo quando sia stata l'ultima volta in cui mi sono divertita così tanto. Rido e giro sempre più forte fino a che non mi viene il capogiro e atterro sul  letto di foglie.

Lo vedo avvicinarsi, domandandomi cosa vuole.

« È ora di andare,  Jüdin »

Una profonda tristezza mi colpisce. Non voglio tornare in quell'inferno. Lui si accorge del mio stato d'animo e con un tono tranquillo e inaspettato mi dice:

« Te l'ho detto, Jüdin. Potrai tornarci, ma dovrai guadagnartelo. Te lo prometto. E io mantengo sempre le mie promesse. »

Rassegnata, lo seguo.

Prima che lui mi metta la benda, do un ultimo sguardo il paesaggio della raduna. Spero, in futuro, di poterla vedere di nuovo.


Note D'autrice:

Capitolo modificato

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