Capitolo 12
Canzoni del capitolo:
- Hurt - Johnny Cash
- Losing You - Aquilo.
Calata la sera, tornai al campo. Sono al settimo cielo.
Come aveva detto Gertrude, ci avevano dato un pasto sostanzioso. Peccato, che ho dovuto lasciare i vestiti lì. Ora ho addosso, di nuovo la tunica.
Così ho preso un bel po' di cibo, dando via due diamanti. Nel Kanada, si può barattare senza alcun problema. Perché puoi trovare facilmente le cose, anziché nel campo.
Entro dentro la baracca e vado subito da mia madre e le altre. Non appena mia madre mi vede, mi avvolge in un abbraccio.
« Miriam ero così preoccupata per te! Dove sei stata? » mi chiede, disperata e in lacrime.
Prima di risponderle, tiro fuori dalla tasca della tunica, due panini con la marmellata. Mia madre resta stupefatta, come se avesse appena visto un tesoro.
« Mamma, sveglia Sarah e la zia. Ho così tante cose da dirvi »
Mia mamma sveglia mia sorella e la zia, mentre, io spezzo i due panini a metà. Mentre mangiano, racconto loro del kanada e che posto era. Parlo del cibo che si poteva procurare scambiandolo con oggetti preziosi, delle docce e dei vestiti puliti.
« Oh Miriam, sei stata così fortunata. Sono molto felice per te » dice mia madre, con tono di gioia.
« Ma io no. Penso sempre a voi. Non è giusto. Io li a scucire dei vestiti e voi a trainare dei vagoncini pesantissimi » mormoro, tristemente.
Mia madre mi costringe a guardarla e mi mette un braccio attorno alla spalla.
« Miriam.. mi pequeña, non devi preoccuparti per noi. Ce la caveremo E sapere che tu, sei in un posto come quello... sono molto sollevata. » adoro mia madre, quando usa i termini in spagnolo.
Le abbraccio. Sono felice, ma nel profondo del suo cuore ho paura che capitasse a loro qualcosa di orribile.
« Vi procurerò qualcos'altro da mangiare. Ora so come fare. Non sarà un problema »
« Miriam, sono molto orgogliosa di te. Stai crescendo. » anche io lo sono.
Finito di mangiare, sprofondiamo tutte e quattro nel sonno.
***
La mattina dopo, Gertrude viene nella mia baracca a prendermi. Saluto mia madre e le altre e torno nel Kanada.
Svolgo la solita prassi prima di mettermi a lavoro. Oggi sono carica come non mai. Scucio vestiti su vestiti. Trovando quasi sempre dei soldi o dei gioielli. Ho sentito dire, anche, che, i detenuti che trasportano le valigie qui fuori, trafficano la merce che trovano nelle valigie dei nuovi arrivati, per poi portarle a Birkenau, dagli altri internati, che ne hanno più bisogno.
Spero che in mezzo a loro ci siano anche Simon e mio padre, ma non li ho mai intravisti. Sono immersa nei miei pensieri, quando sento una sensazione strana.
Mentre siamo indaffarate con il lavoro, non ci accorgiamo che nella stanza era appena entrato il responsabile del kanada: L' Untersturmführer Deutscher e non è da solo.
Con lui vedo un ragazzo. Anche lui è un ufficiale. Il suo viso... non mi è nuovo. Lo avevo già visto... poi un fulmine mi colpisce a ciel sereno. Ma certo!
È quell'ufficiale che era insieme al dottore, alla rampa, quando arrivai qui. Ora ricordo.
Continuo a guardarlo a tempi sfalsati. Non voglio che si accorga che lo sto guardando, o già che non lo abbia capito.
Lucie mi guarda non capendo il perché della mia agitazione. Scuoto, leggermente la testa, per poi dirle che sto bene.
Un attimo dopo,Deutscher se ne va e anche lui. Chissa chi è...
Immersa nei miei pensieri, non mi accorgo della Kapò, dietro alle mie spalle.
« Tu e tu. Portate queste coperte in infermeria e tornate subito qui, o sarà peggio per voi. » dice a me e a Lucie. Ci da le coperte, e usciamo dall'edificio.
L'ospedale non è quello che sembrava. Da quello che ho sentito dire è tutta una montatura. Chi entra lì dentro, non ne esce più vivo. Non è stato fatto per curare gli ammalati, ma è solamente una sala d'attesa per la selezione. Cosi la chiamano, quando devono decidere se farti fuori o meno.
I dottori, iniettano, tramite iniezione, agli ammalati una buona dose di veleno. Io e Lucie entriamo nella baracca.
Dentro ci sono dei letti. Gli ammalati sono sdraiati su di essi, agonizzanti. In fondo alla stanza, c'e una porta. Entriamo e dentro la stanza ci sono quattro uomini con la maglia e i pantaloni a strisce con sopra un camice bianco. Sono dei dottori ebrei.
Hanno il compito di tenere d'occhio gli ammalati, ma non di curarli. E anche se fosse, con che cosa? Non avendo i medicinali. Lucie si avvicina a un di loro , abbracciandolo.
« Miriam, lui è Jacob. Jacob lei è Miriam »
« Molto piacere, Jacob » dico, stringendogli la mano.
« Sai, Miriam, anche Jacob è francese. »
Sorrido. Era bello poter fare delle conoscenze. È un modo per aiutarsi a vicenda, in caso di bisogno. Poi mi viene in mente una domanda, da fare a Jacob.
« Jacob, per caso hai conosciuto mio padre? Si chiama Joseph Solomon. » gli chiedo, piena di speranza.
« No, mi dispiace. »
Abbasso lo sguardo. Speravo con tutto il cuore, di poter riabbracciare mio padre. Lucie mi consola.
« Vedrai, tranquilla lo ritroverai. »
Mi asciugo il viso dalle lacrime e abbraccio Lucie.
« Miriam, se hai bisogno di qualcosa, qualunque cosa, io so qui » dice, premurosamente, Jacob.
« Grazie sei gentile. Ma ora dobbiamo andare o finiremo nei guai. »
« Miriam, tu vai. Io rimango qui altri due secondi »
« Ma... » Lucie mi interrompe.
« Tranquilla sono sempre arrivata puntuale. Tu, invece, sai come tornare, vero? »
Annuisco, silenziosamente. « È stato bello conoscerti, Jacob » Lui, mi rispose con un sorriso, vedendomi uscire dalla porta.
Mentre cammino, penso a mio padre Chissà dove sia in questo momento. Spero che non gli sia accaduto niente.
E Simon . David. Noah. Spero che, anche a loro, non sia successo qualcosa. È un incubo senza fine. Perché sono cosi crudeli? Che cosa avevano fatto per meritarsi tutto questo? Se qualcuno le avesse dato una risposta sensata... Ma non c'era niente di sensato in tutto questo.
Ricordo, che qualcuno mi parlò del nostro destino. " Il Destino Ebreo". Il mio popolo è perseguitato fin dai tempi antichi. Forse Dio ce l'ha con noi, per aver ucciso suo figlio. Gesù. E questa è la nostra punizione. Una vita per una vita. Dio ha un disegno per ciascuno di noi. E solo da lui, possiamo aspettarci la misericordia.
Anche se il mio popolo a commesso degli errori in passato. Dio ci aveva sempre protetti. Allora perché non reagisce, come fece al tempo di Mosé?
Quando ci liberò dalla schiavitù d'Egitto. Non siamo schiavi, adesso? Perché non manda le "Piaghe" verso la Germania ? Non capisco. Sono dei ragionamenti alla rinfusa.
Mi fa male la testa. Devo sbrigarmi a tornare, se non voglio finire nei guai. Alzo lo sguardo. Non ricordo di essere passata di qui. Mi guardo intorno. Niente mi è familiare. Mi sono persa.
No. Non è possibile.
Mi metto a correre cercando di ritrovare la strada. Sono in ritardo e per di più mi sono persa. Corro. Corro senza mai fermarmi. Non sapendo dove sto andando. All'improvviso, vado addosso a qualcosa o qualcuno...
Di colpo mi ritrovo a terra, tutta dolorante. Sento una voce maschile... e parla tedesco.
Alzo lo sguardo e vedo tre ufficiali delle SS. Uno è un po' grassottello e l'altro è piuttosto robusto.non riesco a vedere l'ufficiale caduto a terra. Di colpo, mi si gela il sangue nelle vene. Sono spacciata. Nessuno di noi, osa parlare, guardare le SS, figuriamoci, poi, andargli addosso.
Ma si è trattato di un incidente. Ma non mi crederebbero mai. Li guardo di nuovo. Mi viene un colpo al cuore, quando riconosco l'ufficiale dai capelli mori che ho visto nel Kanada. È proprio lui. Quando lo vidi per la prima volta, non credevo che lo avrei rivisto, e adesso succede spesso.
Non è possibile.
Dal momento che sono distratti, posso sgattaiolare via, senza farmi notare. Mi metto a carponi e incomincio a gattonare , allontanandomi, piano piano. Ho il fiato corto. Non osavo guardare indietro. Sta andando tutto liscio come l'olio, finché, non sento qualcosa che mi blocca. Mi giro e noto, che uno di loro mi ha messo il piede sull'orlo dei pantaloni, in modo da bloccarmi. È la fine.
« Guarda... Guarda cosa abbiamo qui. » dice, con un sogghigno « Dove andavi cosi di corsa, Ebrea? »
Sono paralizzata dalla paura. Nono riesco a parlare. L'ufficiale che mi ha appena parlato, continua a fissarmi, ridendo.
« No. No. Non ci credo! Ma l'avete vista? » dice, rivolgendosi agli altri. « Adesso abbiamo anche un'ebrea negra »
A quelle parole, dentro di me, esplode una rabbia. Come si permettono? Ho le mani che tremano. Se avessi avuto l'opportunità, lo avrei conciato per le feste. L'ufficiale smette di ridere. Mi guarda con odio e mi alza da terra in modo brusco.
« Come hai osato venirci addosso, troia di un'ebrea! » ringhia, tra i denti.
« Uccidila » dice, quell'altro, vicino a lui.
L'ufficiale che ho davanti prende la sua pistola e me la punta in testa. Sta per premere il grilletto quando, venne interrotto dall'ufficiale dai capelli mori .
« Fermati. »
« Cosa?! » rispondono i due ufficiali, all'unisono.
Cosa?
« Andiamo via. Non ho voglia di perdere tempo con questo essere. Abbiamo cose molto più importanti da fare. » conclude.
Rimango sbalordita. Ma non riesco a pensare, in un momento come questo.
Quando l'ufficiale mi lascia andare corro via, allontanandomi il più velocemente possibile.
Riesco a tornare nel Kanada sana e salva. Ancora non ci credo. Mi hanno risparmiata, o per meglio dire... mi ha rispariata. Ma perché?
« Ma dove eri finita? » mi domanda , Lucie, sussurrando.
« Mi ero persa. E non ci crederai mai. Mi è capitata una cosa che ha dell'inverosimile » sussurro, cercando di parlare piano. Lucie è tutta orecchi. Si avvicina il più possibile.
Le racconto del mio incontro con gli ufficiali e di come, uno di loro, mi aveva risparmiata.
« È strano. Nessuno di loro, la fa passare liscia a qualcuno »
« Non so. Quel ragazzo. L'ho già visto, qui, nel Kanada. E anche il giorno del mio arrivo alla rampa. Era insieme all'ufficiale con il camice bianco. »
« Descrivimelo » Lucie è nel Kanada prima di me, forse lei sà chi è.
« Beh... È alto, capelli mori, ha un viso scolpito nel marmo e i suoi occhi... sono come il ghiaccio. Turchesi. Freddi e tendenti al grigio. » Quando finisco la mia descrizione, Lucie mi guarda con sguardo preoccupato e noto il suo viso. È diventata pallidissima.
« So chi è... e credimi è meglio stargli alla larga » mi avverte.
« Che vuoi dire? » chiedo, preoccupata.
« Dico, che è uno pericoloso. Ho sentito dire che abbia fatto delle cose davvero orribili. Infatti mi sembra, alquanto strano che te l'abbia fatta passare liscia. » poi aggiunge « Jacob mi ha detto una cosa. Dice di fare attenzione. All'interno del kanada, vogliono effettuare... una sterilizzazione ad ogn'una di noi. »
« Cosa? » spero di aver capito male. Non può essere vero... una sterilizzazione... non è possibile. Un giorno, vorrei dei figli. Non possono farlo.
« Perciò dobbiamo fare molta attenzione. Ovviamente non dovremmo sapere nulla. E faranno di tutto per farci andare in infermeria, non dicendoci nulla, naturalmente. Io starò alla larga da lì per un bel po'. Ti consiglio di fare lo stesso.
Annuisco. Continuo a lavorare pensando a quello che le aveva appena detto Lucie. È terribile. Non voglio immaginarlo. Non voglio pensare a niente, adesso. Neanche all'ufficiale.
Continuo a prendere i vestiti e scucirli.
Passa un quarto d'ora, fino ad ora avevo trovato solo due anelli, un mazzo di banconote e una spilla d'oro. Penso anche a mia madre e alle altre, dopo avrei dovuto procurar loro da mangiare.
« Tu. » Mi giro . La Kapò è dietro di me. Faccio un resoconto veloce. Che cosa ho fatto?
« Seguimi. »
Mi alzo senza proferire parola. La seguo in silenzio. La Kapò cammina dritta a passo spedito. Non la guardo neanche per un secondo. Mi conduce dentro a uno dei magazzini, ma quest'ultimo è isolato dagli altri. Ragion per cui non c'è nessuno. Saliamo su delle scale che conducono ad una porta.
La Kapò l'apre. La guardo, di nuovo, con sguardo interrogativo.
Perché mi ha condotta qui? Ci guardiamo per un secondo. Alla fine, entro, ma sono certa di aver sentito la Kapò bisbigliare un "Che il cielo ti aiuti".
Noto che la stanza è spoglia e fredda. Le pareti sono di un colore grigio e c'è una finestra. Al centro solo una scrivania.. Incomincio ad avere paura. Mi affaccio alla finestra, quando, nel riflesso, vedo una figura, dietro di me, infondo alla stanza, appoggiata al muro.
Inizio a tremare . Per via del buio, non vedo molto bene, finché, la figura non si avvicina piano piano verso di me. Rimango immobile. Ho un groppo alla gola. Non oso girarmi.
Quando la figura, nel riflesso, si fa più chiara, riconosco la persona. Guardo i suoi occhi, di nuovo. È come se li guardassi come la prima volta. Sento il terrore che cresce piano piano.
« Hai paura? » sussurra, vicino al mio orecchio « Fai bene ad averne. »
Mi volto di scatto. Lui è qui. Vicino a me. La sua voce è melodiosa, ma al tempo stesso fredda e tagliente. Come lui del resto.
Mi gira intorno come un avvoltoio, in attesa del momento per attaccare. Rimango in mobile. Ogni parte del mio corpo è paralizzata.
« Tu sei l'ebrea che mi è venuta addosso prima, giusto? » chiede, accendendosi una sigaretta.
Purtroppo, quando la paura si impossessa di me, mi è molto difficile parlare. Spero che sia solo un brutto sogno. L'ufficiale si ferma davanti a me guardandomi. Le sue irridi azzurre, sprigionano cattiveria.
« Ti ostini ancora a non parlare... » espira il fumo. « Se così stanno le cose, è inutile girarci intorno. Me lo hai servito su un piatto d'argento. Io odio parlare. Mi piacciono di più i fatti. Non posso sorvolare sul fatto che una lurida ebrea come te mi sia venuta addosso. Quindi dovrò darti una lezione. »
Prima che io possa realizzare, cado per terra. Sento la guancia bruciare. Non faccio in tempo ad alzarmi, che mi sferra un calcio sulla pancia. Urlo dal dolore. Mi porto la mano sull'addome. Mi manca il respiro.
Mi prende per i capelli, anche se ne avevo pochi, mi scaraventa contro il muro, dandomi ancora gli schiaffi. Uno, dopo, l'altro sempre più forti. Tento, in qualche modo, di difendermi. Ma lui è più forte di me.
Mi scaraventa di nuovo a terra. Ho il labbro spaccato. Sento il sapore del sangue e gli zigomi mi bruciano.
Ho le lacrime agli occhi, ma non oso emettere un fiato.
L'ufficiale si avvicina, guardandomi con innata perfidia:
« Lurida ebrea! Mi da il volta stomaco, pensare, che una come te, abbia osato, anche solo sfiorarmi.» mi da un calcio.
Lo guardo con odio e con disprezzo. Sorride, facendomi capire che ha notato il mio cambiamento.
Mi prende per il colletto sollevandomi da terra. Cerco con le poche forze rimaste di liberarmi. Mando la gamba in avanti, in modo da poterlo colpire.
« Che cosa credevi di fare, troia?! » ringhia, tra i denti, prendendomi la gamba.
Ormai sono allo stremo. Il mio corpo non risponde più. Non riesco a credere che mi stia succedendo questo. L'ufficiale, mi molla facendomi cadere a terra. Sento qualcosa di freddo sulla guancia. È il suo stivale.
« Non ci provare mai più! » minaccia.
Sento gli zigomi bruciare, come la lava incandescente. È la fine.
« Tu, ebrea, non meriti neanche di esistere. Sei solamente un essere inferiore! Meriti di morire con atroci sofferenze! » esclama, premendo di più lo stivale contro la mia guancia. Il dolore va alle stelle.
Questa volta lo guardo, implorando pietà. Anche se so perfettamente che è tutto inutile. Piango in silenzio.
Lo sento sogghignare compiaciuto. Finalmente, allenta la presa.
Si dirige verso la porta, ma prima di aprirla mi rivolge le ultime parole con estrema soddisfazione:
« Devi ritenerti fortunata, ebrea. Sei la prima a cui lascio il consenso di vivere. Spero che tu abbia imparato la lezione. Altrimenti dovrò passare ad altri metodi e credimi, non ti piaceranno affatto. » conclude, con una risata sguaiata, chiudendosi la porta alle spalle.
Sono distesa a terra. Non riesco a muovermi. Provo a parlare, tentare di chiedere aiuto, ma non mi esce una singola sillaba. È giunta la mia fine. Dentro di me, nasce un odio profondo verso di lui. Lo odio più degli altri.
Non voglio morire. Penso a mia madre, a Sarah, e alla zia. Non posso lasciarle. Respiro a malapena. Non riesco a tenere gli occhi aperti. Nessuno sa che sono qui. È finita.
Mamma, papà, Sarah... aiutatemi...
Chiudo gli occhi e perdo conoscenza.
Nota Dell'autrice:
Capitolo modificato.
Ecco la mia prima nota :)
Spero che la storia vi stia piacendo. Lo so che non è come le altre che si vedono qui su wattpad. Ed è ambientata anche un periodo della storia bruttissimo. Ma, non è come crediate che sia. Mi sto impegnando seriamente per scriverla il meno pesante possibile. Anche perché è rivolta ad un target giovanile. E poi ci sarà tanta azione, intrighi, gelosie e anche un antagonista.
Ringrazio:
♥ Chi recensisce.
♥ Chi legge la mia storia.
♥ Chi la mette nella libreria. ♥ Chi la vota
Grazie ancora, alla prossima.
Bacioni, Noemi
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