Capitolo 1
Avvertenze: La storia contiene scene spinte, violente, cruente e linguaggio volgare.
Ho anche scritto un sacco di storia dal mio telefono, potreste trovare degli errori è difficile poter scrivere al cellulare. Scusate anche per gli errori ortografici, alcuni sono errori, anche di distrazine) ancora e Buona lettura
PS: è il mio primo libro spero che vi piaccia ❤ lasciate un commentino e votate per farmi sapere il vostro parere :)
A tutte quelle che lo faranno Un megabacione ❤❤
All'inizio la storia può sembrare cliché, ma se vi fermate a guidare i primi capitoli, capirete che non lo è affatto.
PSS: I nomi degli 1D non appaiono nella storia, per il semplice fatto che i protagonisti sono tedeschi e non erano fattibili se mettevo i loro nomi inglesi :)
"Ama, ama follemente, ama più che puoi
e se ti dicono che è peccato ama il tuo peccato e sarai innocente."
William Shakespeare
Sono ancora assopita nel mio letto, quando sento la porta della nostra camera aprirsi. La luce del corridoio mi colpisce la faccia. Porto le mani sugli occhi per levarmi di addosso quel fastidio.
Metto la testa sotto le coperte, ma è inutile. Ormai non sarei riuscita più ad addormentarmi. Poi sento la voce di mia madre:
« Miriam, Sarah svegliatevi. E' ora di andare a scuola. »
« Adesso ci alziamo. » borbotto.
Faccio un piccolo sforzo per alzarmi dal letto. In fin dei conti oggi è l'ultimo giorno di scuola.
Che bello! Questo significa: niente più compiti, niente professori, ma solo tanto divertimento. Questi sono dei validi motivi per alzarmi con molta più energia.
Aspetto questo giorno da un anno, ormai e in quest'ultima settimana non ho fatto altro che pianificare su cosa avrei fatto questa estate.
Sono alquanto su di giri e non mi capita spesso di esserlo, non solo perché domani sarà il primo giorno di vacanza, ma anche perché domani avrei compiuto sedici anni.
Sedici anni sono un passo molto importate per un adolescente come me. Mi sento già un'adulta e non più una bambina. Sotto molti aspetti a partire dal mio corpo.
Sono sorpresa nel vedere come sono cambiata nel giro di un anno. Il mio petto è cresciuto notevolmente e le mie forme sono nel giusto.
Ma i miei capelli sono sempre gli stessi: mossi, voluminosi e ricci. E li odiavo.
Ogni mattina, per cercare di pettinarli e dargli un "senso"è una battaglia.
Non capisco come le ragazze a scuola mi invidiano, non solo per il mio aspetto, ma anche perché i ragazzi a scuola mi corrono dietro . Forse è la mia pelle mulatta a dare un ritocco a tutto.
Ma io non mi sento di essere tutta questa bellezza.
Anche mia sorella: Sarah è uguale a me. Anche lei ha la pelle mulatta, i capelli ricci e di statura bassa. Tutte e due abbiamo ereditato il nostro aspetto dalla mamma.
Mia madre è spagnola di origini cubane che si trasferì in Francia in cerca di fortuna. E qui incontrò mio padre. Un venditore di giocattoli. Tra di loro era stato amore a prima vista. Dopo le nozze si trasferirono nella famosa " Ville Lumiere" precisamente nel quartiere della Monparnasse. Dove viviamo tutt'ora. Due anni dopo, nacque Sarah e a seguire, tre anni dopo, Io la loro secondo secondogenita.
Io e Sarah, a parte l'aspetto, siamo molto diverse.
Sarah ha un carattere forte rispetto a me. Io, invece, sono la classica dolce, sensibile, altruista, romantica,sognatrice e tenace. Lei è realista e giudiziosa.
Questo non significa che non la sopporto, ma Sarah, come il resto della famiglia mi considera ancora una bambina. E questo non lo sopporto. Ma domani avrei compiuto sedici anni e nessuno può dirmi di essere, ancora, una bambina.
Sono seduta sul letto, quando sento la porta del bagno aprirsi.
« Era ora, finalmente » mormoro a Sarah.
Da lei ricevo una smorfia, la ignoro e entro il bagno.
Riempio la vasca d'acqua calda e mi immergo. È così piacevole. Adoro farmi il bagno. Perché è un luogo dove posso stare in santa pace e meditare in tranquillità. Se fosse per me, ci sarei rimasta più del dovuto, ma il tempo era scarso e dovevo sbrigarmi o avrei fatto tardi.
Esco dalla vasca e mi asciugo i capelli. Prendo le ciocche una a una e incomincio a modellarle intrecciandole tra le dita. Adesso sì che hanno un aspetto normale.
Finiti di sistemarli, vado in camera a prepararmi. Prendo dalla sedia i vestiti che ho preparato la sera precedete: una camicia color pesca e una gonna a righe.
La camicia era una delle mie preferite. L'avevo comprata l'anno scorso in un negozio e avevo insistito tanto per averla. È perfetta, ma c'è solo un piccolo particolare a rovinarla.
Osservo quella stella gialla con i contorni neri e con al centro la scritta " Juif" che si trova cucita sulla destra della mia camicia.
Dopo l'invasione della Francia, da parte dei tedeschi, noi ebrei siamo costretti a indossarla. È un modo per distinguerci dalle altre persone considerate normali.
Io non mi sento diversa.
Cosa abbiamo, poi, di diverso?
Questa domanda me la pongo ogni volta che guardo quella cosa che ho cucita addosso. È impossibile pensare a cosa passa nella mente di certe persone.
Non possiamo uscire di casa che la gente ci guarda male, se vedevano la stella, ovviamente.
Ormai io ci sono abituata e non mi importa cosa pensano gli altri. Io ho la coscienza pulita. E sono una brava persona, come il resto della mia famiglia.
Sono molto orgogliosa di loro e loro di me. E sono felice di essere quello che sono.
« Miriam, vieni è pronta la colazione! » sento la voce di mia madre chiamarmi dalla cucina.
Mi affretto a lasciare la mia stanza. Entro in cucina e vedo i miei seduti a tavola.
Mi siedo vicino a mio padre e prendo un croissant con la marmellata che si trova sul piattino.
« Sbrigati a mangiare o faremo tardi » dice Sarah, alzandosi dalla sedia.
« Non è colpa mia se ti sei rinchiusa nel bagno, uscendo dopo un quarto d'ora »
Di ogni cosa, è sempre colpa mia. Non la sopporto. Non so come faccio a sopportarla. Mi dovrebbero dare una medaglia per la pazienza che ho.
Si sa tra sorelle non si va mai d'accordo. È un dato di fatto.
« Miriam, oggi è l'ultimo giorno di scuola, giusto? Quindi non combinare guai. E oggi torna a casa presto, devi darmi una mano a cucinare. » esordisce mia madre.
Mia madre era tale e uguale a Sarah. Non bastava che ci fosse mia sorella a complicarmi la vita, ma lo fa anche lei.
Annuisco sbuffando e noto mia madre guardarmi con aria torva.
Se le avrei risposto, in mal modo, dato che il umore questa mattina è pessimo, avremo litigato sicuramente.
Per fortuna c'è mio padre. È l'unico che mi capisce davvero.
Con lui litigo poco e mi difende dagli attacchi della mamma quando vede che ho ragione.
« Sei pronta? » Sarah era tornata e aveva la borsa in mano.
« Sì. Ho finito » dico.
Mi alzo dalla sedia e do un bacio sulla guancia a papà e mamma, e raggiunsi mia sorella sull'uscio della porta.
« Ciao ragazze. Ci vediamo dopo e fate attenzione! »
« Sì, papà» rispondemmo, in coro, io e Sarah.
Uscite dal palazzo , prendiamo le nostre biciclette, che si trovano parcheggiate nel cortile.
La strada da casa a scuola è piuttosto lunga e ogni mattina siamo costrette a prendere le bici.
Sono emozionatissima. La giornata stava per incominciare e ho tutte i buoni propositi per affrontarla al meglio.
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