할머니 ;; g r a n d m a
A quindici anni cominciai finalmente la scuola superiore.
Naturalmente mi accordai con nonna affinché mi potessi iscrivere ad una scuola che fosse riconosciuta in tutta Busan per la sua fama di ospitare studenti seri e volonterosi, così che avrei potuto anche trovarmi bene in un ipotetico futuro all'università.
All'epoca non avevo ancora un sogno nel cassetto come la maggior parte dei miei coetanei, anzi... A causa delle brutte esperienze vissute alle medie, a malapena conoscevo me stessa, figuriamoci le mie aspirazioni future.
Tuttavia, nonostante questo, passai il mio primo anno di scuola superiore con dei voti rasenti l'eccellenza e - fortunatamente - con dei compagni di classe molto seri ed educati, che non prendevano quasi mai in giro nessuno.
Fra essi, Chen non c'era.
E io.. Io ero felice. Non l'avrei mai più rivisto, non mi sarei mai più rabbuiata nè depressa nel contemplare quella sua espressione così fiera, così strafottente. Idem per quanto riguardava tutta la gente stronza con cui avevo avuto similmente a che fare.
Strano detto da una come me, ma mi feci pure due o tre amici. Non di quegli amici intimi a cui confidavo vita, morte e miracoli di me, anzi - forse più conoscenti che amici - ma pur sempre persone abbastanza gentili da potercisi aiutare a vicenda con lo studio e i compiti, e a tirarsi su di morale per un compito andato male o un'interrogazione inaspettata.
E la cosa bella era il fatto che non fossi stata io ad inserirmi nel loro gruppetto, ma che fossero stati loro - incuriositi forse dalla mia tremenda timidezza e asocialità - a rompere il ghiaccio con una come me.
Gli devo ancora tanto, a quei tre scemi, per avermi migliorato la vita scolastica anche solo di poco che, se solo potessi, li incontrerei qui e ora per ringraziarli.
Insomma, grazie ad uno di loro in particolare, Hoseok, mi tornò pure la voglia di vivere la mia vita attivamente, che fino ad allora era stata ormai abbandonata da me in qualche ingiallito libro delle medie accantonato nei polverosi scaffali della scuola.
E poi, come dimenticare Binnie, l'eterna scansafatiche - costretta dal padre a frequentare quella scuola - e per cui di certo Hoseok aveva una palese cotta chissà da quanti anni; e il mitico Jimin, che mi strizzava l'occhio ogni qual volta Hoseok si trovasse in un momento difficile con la sua bella.
Loro tre, pur non avendo fra di noi approfondito il rapporto quanto bastasse a definirci migliori amici, per il primo anno del liceo mi cambiarono la vita.
Ed è stato grazie a lore se tutto sommato mi sentivo sollevata, finalmente alleviata di un peso che alle medie aveva gravato sulle mie spalle per troppo tempo.
Ma il peggio doveva ancora venire.
E, senza lasciarmi nemmeno un anno di pace e tranquillità, in una gelida notte di febbraio, una delle più terribili disgrazie che potessero mai essermi capitate tornò ad abbattersi su di me peggio di prima.
***
«La signora Kwan ha contratto un grave tumore al seno» mi dissero quel giorno - o meglio, quella notte - quando io ero ancora troppo assonnata per metabolizzare il fatto.
«C-che cosa? U-un tumore?» balbettai io, spaventata dalle mie stesse parole.
Il medico annuì, mantenendo lo sguardo basso.
Tumore. Non mi piaceva quella parola, mi dava troppo l'idea di morte. Quella morte che aveva improvvisamente colto i miei genitori quando io ero piccola e che non mi aveva lasciato un attimo in pace con quei terribili incubi.
«N-non c'è possibilita di sottoporla a delle cure?» chiesi, stringendo con forza i pugni.
«Signorina, il tumore di sua nonna ormai è ad uno stadio molto avanzato, e poterci anche solo provare comporterebbe inoltre a cospicue spese in denaro»
Sbiancai. Iniziarono a cogliermi degli inaspettati tremiti e palpitazioni, e quasi svenni dal terrore. Non potevo crederci.
Per l'ennesima volta in vita mia, avevo paura. Paura di perdere anche la sola ed unica persona importante nella mia misera vita.
Ma avrei fatto di tutto pur di combattere contro quella carogna del destino. Un destino che mi voleva male, che a mio giudizio godeva nel farmi soffrire più di ogni altra persona a questo mondo, non avendomi mai lasciato in pace. Nè con gli altri, nè con me stessa.
«Pagherò tutto» affermai senza pensare, gli occhi che minacciavano di cominciare a lacrimare e le labbra tremolanti.
«Ma signorina, i costi ammontano a cifre veramente molto alte, e-»
Pensavo di aver afferrato tutto dopo gli avvertimenti del dottore, anche se in realtà mi rendo conto solo ora di quanto fossi stata stupida, testarda e impulsiva.
«Qualsiasi sia la cifra, io la pagherò» lo rassicurai, con una tale fermezza nella voce che non mi ero mai sentita.
Anche se in realtà ero preoccupata, anzi, terrorizzata da ciò in cui mi stavo buttando a braccia aperte.
I medici mi mostrarono il foglio di autorizzazione, e, sebbene l'espressione del mio viso era rimasta inalterata, in quel preciso istante mi sentii morire dentro.
12 milioni di won* (*10mila euro circa)
Un costo assurdo. E pochissimo tempo a disposizione.
Avrei dovuto lasciare la scuola, trovarmi un lavoro dallo stipendio altissimo e sopportare fame e stenti per non so quanto... per poter soltanto provare a salvare nonna da sola.
Non sono mai stata nella mia vita una persona sicura di sè, ma il mio coraggio e la mia intraprendenza nascosti emersero di colpo tutti in una volta in occasione di quella disperata situazione.
Cominciai a credere di più in me stessa e fu così che, presa dal fervore di mantenere in vita nonna, ovvero la mia stessa vita, poco prima di compiere 16 anni, decisi di cimentarmi nella dura realtà del mondo del lavoro.
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