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누구 ;; w h o

Scoprii che si chiamava Park Jinyoung.

Un nome e cognome del tutto ordinari per un ragazzo coreano, direi, al contrario della sua interessante personalità.

Infatti durante tutto il periodo che passammo insieme fu lui senza dubbio la prima persona in tutta la mia vita la cui compagnia era capace di trasmettermi completa spensieratezza. Oltre a nonna quando era ancora nel pieno delle sue forze, ovviamente.

Ma quel giorno io e quel ragazzo eravamo ancora alle prime fasi della conoscenza reciproca, quindi all'epoca non ne avevo idea.

«È un nome carino anche il tuo» constatai non appena ebbe finito di presentarsi, visto che non sapevo che altro dirgli.

«Tu dici? A me sembra così noioso. Ecco perché preferisco farmi chiamare Junior» mi rispose lui, con un sorriso.

Annuii, a testa bassa.

«Junior...» ripetei poi, fra me e me, soppesando questo soprannome. Non l'avrei mai detto, ma questo sì che mi sembrava veramente carino. Mi faceva tornare in mente i bei vecchi tempi della mia infanzia.

Lui rise, quasi sollevato.

«Se ti può interessare, è una delle dieci cose» disse poi, a testa bassa, arrossendo leggermente quasi si vergognasse.

«Cosa?» domandai, confusa.

«Riuscire a trovare qualcuno che non mi prenda in giro per il mio stupido soprannome» spiegò lui, continuando a guardare il mare increspato davanti a sé.

Restai a guardarlo senza dir niente, in attesa di un'ulteriore spiegazione.

«Sai, qualunque persona a cui dicessi di chiamarmi così mi rideva in faccia, sin dalle elementari. Per questo, diciamo che... col passare degli anni ho preferito tenere il mio soprannome segreto» ammise, tornando a guardarmi negli occhi.

Sembrava veramente convinto delle sue parole, tuttavia io non avevo ancora capito bene che cosa intendesse.

«Segreto? Ma che soprannome è mai se è segreto?» gli chiesi infatti.

«Beh, un po' di senso ce l'ha, non trovi? Quel nomignolo con cui ti identifichi non solo per quello che gli altri credono che tu sia, ma per quello che sei veramente. Quel nomignolo che ti fa capire la tua vera personalità» mi spiegò con pacatezza.

«Okay, forse sto cominciando a capire. Quindi tu saresti Junior perché hai una... una mentalità da bambino?» osservai, sperando con tutto il cuore di non offenderlo, dato che non era affatto mia intenzione.

Volevo soltanto capire. Capirlo.

Già, perché forse ci somigliavamo più di quanto pensassi, ma io non me n'ero ancora resa conto.

In tutta risposta Junior annuì sorridendo, mentre un filo di vento gli scompigliò leggermente i capelli color pece, facendolo apparire sotto un'altra luce ai miei occhi.

Continuai a fissarlo senza nemmeno accorgermene, fino a quando lui non parlò di nuovo.

«E tu? Non ce l'hai un nomignolo?»

«No... non ancora» mi affrettai a precisare, fermamente convinta a trovarne uno.

«Bene, allora se vuoi posso aiutarti. Hai definitivamente bisogno di un soprannome anche tu, Ji Eun-ah» si offrì Junior, facendomi momentaneamente sussultare, dal momento che mi aveva chiamato con un epiteto che solitamente si utilizza soltanto fra amici intimi.

Ma in fondo... prima o poi lo saremmo diventati, no?

«N-non ce n'è bisogno, davvero.» sussurrai, sperando che non avrebbe insistito.

«Piuttosto... ancora devi dirmi le altre nove cose» mi affrettai a cambiare argomento, visto che avevamo lasciato la questione in sospeso.

Junior parve cambiare improvvisamente espressione del volto, trasformandosi tutto ad un tratto in un vero bambino euforico. O almeno, così lo percepivo io.

«Ho un'idea: che ne dici se ne facciamo una al giorno a testa?»

Sollevai un sopracciglio. Alle volte le sue domande enigmatiche mi facevano sentire un po' stupida, cosa che - visti i miei risultati scolastici degli anni precedenti - non credevo di essere mai stata.

«In che senso?» chiesi poi, drizzando la schiena e la testa sull'attenti.

«Ogni giorno uno dei due dice all'altro una delle sue dieci cose; un giorno io e un giorno tu. Se ti fa piacere, possiamo cominciare da me»

Sorrisi. Non avevo tutti i torti, quindi. Già dalle sue bizzarre proposte capii che sì, sotto sotto era veramente un ragazzo con una mentalità da bambino. Beato lui...

Un attimo dopo, però, mi tornò alla mente tutta la verità.

Io non ero una malata di cancro come lui, non avevo mai fatto una lista delle dieci cose da fare prima di morire come lui, non avevo mai vissuto spensieratamente come lui, né tantomeno avrei trovato facile inventarmi tutta un'altra vita così di punto in bianco.

Sospirai, invasa da questi pensieri. Forse era meglio dirgli tutto subito, per evitare di illuderlo inutilmente.

Ma sarebbe stato veramente giusto farlo, sapendo che il povero ragazzo avrebbe così continuato a vivere solo, senza nessuno che comprendesse i suoi problemi?

Lasciarlo morire da solo, con la lista delle dieci cose rimasta lì a marcire, magari nella tasca dei pantaloni (o semplicemente in una nota del cellulare)... avrei veramente saputo farlo, essendo a conoscenza della sua misera situazione?

No, assolutamente no.

Ma non l'avrei fatto per me, nel caso in cui mi fossi sentita in colpa.

No, niente del genere. L'avrei fatto per lui... per garantire almeno a lui una vita felice nei suoi ultimi mesi, con qualcuno che l'ascoltasse, cercasse di comprenderlo, e magari, chissà, esaudisse anche qualcuno dei suoi dieci desideri.

«Certo! Mi sembra veramente un'ottima idea» mi decisi quindi a rispondergli fingendomi tutta pimpante, dopo circa una decina di secondi passati a riflettere.

***

Quel giorno tornai a casa molto agitata e turbata, ma allo stesso tempo anche emozionata.

Dopo aver preso carta e penna, mi sedetti alla scrivania di camera mia come non facevo da tempo, prendendomi la testa fra le mani, con la fioca luce del sole che filtrava attraverso le tende.

Dovevo trovare dieci cose. Dieci dannatissime cose da fare prima di morire.

Ma anche se ci avessi pensato seriamente, immedesimandomi in un vero malato di cancro, sarebbe stato tutt'altro che facile.

E se invece gli avessi subito detto la verità, precisando che io non avevo alcuna malattia? Malattia fisica, s'intende, perché forse di testa ero andata già da un pezzo, magari senza neanche saperlo.

No, no. Così non andava. Sarei andata contro i miei ideali fedelmente espressi poche ore prima, contraddicendo soltanto me stessa.

E io odiavo le contraddizioni.

Così mi rimboccai le maniche, impugnai la penna e cominciai, scrivendo di getto la prima cosa che mi passò per la testa.

Lista delle dieci cose da fare prima di morire di Lee Ji Eun:

1) Rendere felice qualcuno che si ricorderà di me

Guardai le poche parole appena scritte nel modo più ordinato che potessi, anche se ordine e Lee Ji Eun non erano mai andati d'accordo.

Lì per lì mi sembrò una cosa abbastanza ovvia e stavo dunque per cestinare il foglio, tuttavia poco dopo mi ritenni abbastanza soddisfatta.

Qualsiasi cosa avessi voluto scrivere, accettando di stilare questa lista avevo già compiuto il primo passo verso di lui, verso una nuova vita. E d'ora in avanti non mi sarei più potuta tirare indietro.

Non avrei mai voluto tirarmi indietro.

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