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2 | NORD & SUD







Mercoledì mattina Vittoria varca più presto del solito il portone di vetro del palazzo della City nel quale lavora. Si sfila i guanti di pelle e saluta affettuosamente Eric, il portiere, mentre passa i tornelli poggiandoci sopra il badge.
I quattro ascensori non sono troppo affollati, complice l'orario, e riesce ad infilarsi nel primo che arriva insieme a due tizi in abito che spesso incontra e che scenderanno al decimo piano, la segretaria degli uffici del terzo e Lenny, un suo collega. Quest'ultimo, un uomo sulla cinquantina alto e con delle mani eccessivamente grandi, l'aria prettamente inglese, le fa un cenno di saluto. Vittoria ringrazia che a separarli, almeno per il momento, ci siano i due uomini in abito.
Quelle mani le mettono ansia, almeno quanto lo sguardo che proviene dalle iridi chiare e spettrali del loro proprietario.

La compagnia li abbandona dopo dieci piani, come aveva previsto, e ne affrontano altrettanti immersi in un silenzio creato dal mancato coraggio di Lenny di dire qualcosa e dalle silenziose preghiere di Vittoria perché resti zitto. La vista della scritta Hernest & Wayne in rilievo sulla parete di marmo che si apre davanti agli ascensori dopo interminabili secondi non è mai stata così bella.

Lo studio è una colonna portante delle Law Firm della capitale, ma quella di Londra è solo una delle filiali sparse per l'Europa e non è stata la prima di Vittoria, che ha cominciato da quella di Barcellona. Gli uffici occupano il ventesimo, il ventunesimo e il ventitreesimo piano di quell'imponente palazzo di vetro nel quartiere dei colletti bianchi di Londra, un posto decisamente più serioso e imponente di Barcellona, ma dove Vittoria si è presto ambientata. Le è bastato affacciarsi per la prima volta dalle vetrate perimetrali del palazzo per convincersi che quello doveva essere il suo posto nel mondo.

<<Buona giornata>> dice educatamente all'uomo alle sue spalle che deve fare ancora un piano prima di lasciare l'ascensore, camminando poi frettolosamente verso l'interno dello studio.

<<Buongiorno Vittoria, Clarice ti vuole nel suo ufficio e ti ricordo dell'appuntamento delle 11 con la signora Perry e quello delle 12 con Wendy Bane e suo figlio per la deposizione>> la accoglie Rose, la bella segretaria dietro il desk nell'atrio. Rose non ha solo un bel faccino, è un angelo sceso in terra, con ali, aureola e tutto. È lei a mandare avanti tutto il piano ed è sempre solo grazie a lei che le vite di chiunque lì, per quanto frenetiche, rimangono sempre perfettamente organizzate.

<<Grazie Rose, ti adoro>> le risponde infatti Vittoria, procedendo verso sinistra anziché verso destra per raggiungere l'ufficio di Clarice.
Lo studio è un quadrato fatto di uffici che seguono il perimetro, mentre al centro ci sono l'area ristoro e due grandi sale conferenza. L'ufficio di Clarice e quello di Vittoria sono diametralmente opposti ma questo non le impedisce di passare comunque la maggior parte del tempo insieme, coprendo quella tratta almeno una decina di volte al giorno.

Mentre la ragazza percorre il corridoio, passando davanti a numerosi uffici e salutando con con cenno e un sorriso quelli che incrociano il suo sguardo, il suo telefono comincia a squillare.

Storce leggermente il naso quando legge il nome sullo schermo, chiedendosi cosa possa volere da lei Johnatan Harrison, il giocatore di basket del quale difendeva la moglie quando i due si sono separati, in un normale mercoledì mattina a più di un anno dalla chiusura del loro processo.

<<John, è inutile che ci provi, non puoi ritrattare il mantenimento>> parte subito Vittoria, portandosi il telefono contro l'orecchio e seguendo la svolta a destra del corridoio, passando davanti all'ufficio angolare di William Hernest - uno dei suoi capi - ancora vuoto.

Dall'altra parte sente la risata calorosa dello sportivo.

<<Frena avvocato, frena. Non potrei forse chiamarti per il piacere di sentirti?>> risponde John, divertito.

<<Per il piacere di essere preso a calci nel sedere forse>> controbatte Vittoria, con un tono più pungente di quella che è in realtà la sua espressione in quel momento. Johnatan Harrison è stata una delle controparti più simpatiche che abbia mai conosciuto e per quanto la sua chiamata le sembri improbabile è quasi contenta di risentirlo. Non si sorprende che sia stato difficile, per Clarice, lasciarlo andare.

<<Nessuno sa prendere a calci la gente come te, Avvocato Sperti>> la sviolinata del ragazzo le fa alzare gli occhi al cielo, ma prima che possa avere qualcosa da ridire John continua la frase <<Non chiamo per questo però. Ho un amico che ha combinato un casino e gli serve un avvocato, posso mandartelo? Almeno posso dare a lui un destino migliore del mio quanto a divorzi>>

Vittoria, giunta alla meta, si trattiene davanti alla porta dell'ufficio di Clarice guardandosi attorno con fare pensieroso.

<<E' da tanto che non difendo un uomo>> dice, parlando più a sè stessa che al ragazzo al telefono. Anche quando non si procura clienti con l'aiuto di Clarice e Alessandro, di solito si trova sempre al fianco di donne. Potrebbe essere divertente cambiare un po'.

<<E non sai neanche di chi sto parlando>> aggiunge Johnatan <<E' famoso, è affascinante, e sta divorziando. Hai tutto da guadagnare>>

<<Johnatan Harrison, stai per caso cercando di combinarmi un appuntamento?>> domanda Vittoria, scoppiando a ridere. Nonostante sia ora chiaro l'intento della chiamata, le sembra comunque qualcosa di paradossale. Si porta una mano davanti alle labbra per coprire il suo sorriso e nel frattempo incrocia lo sguardo di Clarice oltre la vetrata della porta che dal suo ufficio dà sul corridoio. La mora ha sopracciglia alzate, l'espressione interrogativa.

Aspetta, mima Vittoria.

<<Oh no, non con lui. Al massimo con me, venerdì sera alle 20?>> propone Johnatan, e cala il silenzio.

No, Vittoria non potrebbe mai.

Ma non ha neanche mai imparato a rifiutare con delicatezza un invito che in realtà la lusinga parecchio, così rimane in silenzio.

<<Sto scherzando, avvocato. Al massimo passo a portarti un caffè uno di questi giorni, per ringraziarti del favore>> se ne esce poi lui, con il suo solito tono brioso. La ragazza è troppo sollevata dal suo passo indietro per rendersi subito conto di cosa implichi quella frase.

<<Ehi, non ho detto di si per il belloccio col cuore infranto>> controbatte quando dà un senso alle sue parole.

<<Peccato, è già per strada. Sapevo che non avresti detto di no. Grazie Vittoria, a presto, mi ringrazierai a tempo debito>>

L'attimo dopo la ragazza si ritrova con un telefono tra le mani che non rimanda più la voce dello sportivo e la bocca aperta, scombussolata da quella inattesa quanto strana conversazione. Non che le dispiaccia l'idea che le sue controparti le procaccino nuovi clienti, ma non era mai successo. Filtrando il tutto, deve ammettere che è una sensazione abbastanza piacevole.

Sistema il cellulare nella tasca della giacca blu del tailleur mentre con la spalla spinge la porta vetrata sulla quale sono attaccate, in bianco, le scritte Verga e Paralegal. L'ufficio di Clarice è un controsenso, come lei. La scrivania perfettamente ordinata, studiata centimetro per centimetro, mentre tutto attorno è un casino, un accumulo di fascicoli, cartelline e libri sparpagliate su mensole e librerie, e persino per terra. Le pareti, di un giallo "sole toscano" - le uniche in tutti i tre piani di studio, ma probabilmente anche in tutta Londra - danno alla stanzetta una luminosità unica, creando una piccola aura felice che però spesso cozza con il ballerino umore della sua inquilina.

Clarice, con i capelli castani raccolti in una crocchia scomposta e la camicetta bon ton dalle maniche a sbuffo, le sorride facendo un mezzo giro sulla poltrona dietro la scrivania. E non è sola.

<<Buongiorno, gente mattutina>> li saluta Vittoria, sfilandosi velocemente il cappotto e gettandolo insieme alla borsa sulla sedia libera accanto ad Alex, che nel frattempo si alza per salutarla con un veloce abbraccio <<Ti sei deciso a venirci a trovare>> gli dice mentre accarezza la schiena fasciata dalla felpa del ragazzo.

<<Il fatto che voi lavoriate nella City ed io in un misero sottoscala non significa che debba sempre essere io a venire da voi>> puntualizza quest'ultimo, aggiustandosi gli occhiali da vista squadrati sul naso. Quella mattina sembra più il nerd - che è - rispetto alla star dell'indie - che vorrebbe essere -.

In quel sottoscala Alex fa il web content specialist, cosa che in realtà gli frutta molto più di ciò che dà a vedere, solo che spende metà dei suoi guadagni registrando EP che poi non ascolta mai nessuno.
Cos'è un web content specialist? Né Clarice, né Vittoria l'hanno ancora capito, ma forse non lo sa neanche lui, come non sa come ci si è trovato a farlo. Però a quanto pare è bravo, ed è una mano fondamentale per loro. Sicuramente lo apprezzano più per il suo lavoro dietro il telefono che per la sua musica.

<<Stai zitto, che vieni qua solo per rubare le focaccine che Mr. Wayne si fa spedire dalla Liguria>> lo prende in giro Clary, mentre Alex le fa il verso.

<<Niente di più vero>> le dà man forte Vittoria, poggiandosi sul bordo della scrivania ma tenendo la schiena girata così da potersi godere al meglio i soliti battibecchi dei suoi migliori amici.

<<Sai che la focaccia ligure non mi piace!>> controbatte il ragazzo, che poveretto ogni volta che si ritrova a litigare con loro soccombe malamente. Però ci prova sempre con fervore ad avere la meglio, e questo è apprezzabile. <<Certo, se fosse la pinsa romana...>>

<<Beccato, è la pinsa che si fa spedire mister Wayne, non la focaccia ligure>> afferma Clarice, alzando un sopracciglio e spallandosi sulla poltrona con fare vittorioso. <<Ed ecco spiegato perchè sei tu a venire sempre da noi>>

<<Sono dieci anni che ti fai fregare così, non ti abbiamo insegnato niente?>> infierisce la bionda, scuotendo la testa con finta disapprovazione, ma è sempre lei a cambiare subito dopo discorso dando tregua al povero Alex <<Sei uscita prestissimo sta mattina, non ho neanche sentito la porta>> afferma, guardando Clarice.

<<Emma ha perso lo scuolabus e ho dovuto correre ad accompagnarla>> spiega la ragazza, scrollando le spalle <<Ti ha chiamato la signora Davidson?>>

<<Non ancora, dirò a Rose di fissare un appuntamento>> risponde Vittoria, prendendo la palla al balzo per arrivare al punto di quella mini riunione <<Mi spiegate perchè non sapevo niente dei Davidson?>>

Clarice e Alex si scambiano uno sguardo, come decidendo silenziosamente chi debba cominciare a parlare. Il ragazzo, che era in realtà contrario all'operazione Davidson, alza un sopracciglio con segno di sfida. Vittoria assiste alla scena insospettendosi, se possibile, ancora di più.

Alla fine, i due finiscono per sovrapporsi.

<<Io non avevo dato l'ok>> grida Alex, sottolineando subito la sua innocenza quasi per paura della reazione delle due ragazze.

<<Era nei file di Alex!>> mette invece le mani avanti Clarice, un po' sperando che la sua voce venga coperta da quella dell'altro. Cosa che invece non succede.

Vittoria non ha neanche bisogno di parlare, le basta uno sguardo e la bruna capisce di aver fatto una grande cazzata. Lo sapeva anche prima in realtà, ma il fatto che Vittoria le abbia fatto quello sguardo rende tutto più reale.

<<Stavo sfogliando i file di Alex qualche settimana fa, poi sono uscita con le altre dello studio ed in un bar ho incontrato questo ragazzo che mi ricordava qualcuno. Quando ho capito di averlo visto in quei file ho pensato di unire l'utile al dilettevole... quando è uscito dal locale l'ho seguito, ho messo la mia bella parrucca rossa e ho forzato un po' la mano del destino. Non giudicarmi, tu non l'hai mai visto. È irresistibile. Ed è anche durata troppo poco per i miei gusti>> cerca di spiegare la bruna, sbattendo le lunghe ciglia con quella faccia che fa ogni volta che combina qualcosa che sa essere sbagliato sin da subito. Clarice è così. Prende tutte le scelte sbagliate, e poi ne piange le conseguenze.

<<E' durato poco solo perchè io sono professionale e nonostante non avessi dato l'ok, ho seguito il protocollo e ho fatto in modo che la moglie li trovasse insieme. Fosse stato per Clary...>> si intromette Alex, passandosi una mano tra i capelli mossi e rubando la faccia da saputella che solitamente è di Clarice.

<<Se sono io a fare il lavoro sporco, almeno dovrei essere io a decidere quanto divertirmi con qualcuno. Anche perché...>> lascia la frase in sospeso per spostare l'attenzione su Vittoria <<Potrò rivedere Archie?>> le domanda.

<<Ovviamente no>> afferma Vittoria, imperativa. Hanno delle regole ferree per quello che fanno, e se non sono ancora stati scoperti forse è anche grazie a questo.

<<Vedi!>> esclama allora Clarice, tornando a guardare Alex <<Archie mi piaceva, avresti potuto lasciarmi divertire con lui ancora per un po' prima di farci beccare. Ora addio gran sesso>>

<<L'ho fatto per te, scema. Per non farti affezionare. Ci ricordiamo tutti quanto è stata dura quando non hai più potuto vedere...>>

Alex viene interrotto da un leggero bussare, e quando Clarice lancia uno sguardo verso la porta e vede Rose con il pugno ancora alzato le fa cenno di entrare.
La minuta segretaria introduce solo la testa nell'ufficio, cercando come sempre di dare il meno fastidio possibile.

<<Vittoria, c'è un ragazzo per te. Dice che lo manda Johnatan Harrison>> mormora, la voce sottile ma decisa.

<<Incredibile, esattamente l'uomo di cui stavo parlando>> esclama Alex, con fare sorpreso ma senza abbandonare il suo solito cipiglio sarcastico.

<<Fallo accomodare nel mio studio, arrivo>> risponde la bionda, fulminando subito dopo Alex con lo sguardo.

Rose sparisce dopo un piccolo cenno di assenso, lasciando i tre nella stanza ognuno con un'espressione diversa in volto.

<<C'è John? Devo nascondermi?>> chiede Clarice, quasi in un sussurro. Vittoria lascia andare un grosso respiro mentre scuote leggermente il capo, rispondendo con fare comprensivo allo sguardo dell'amica.

<<No, mi ha mandato un nuovo cliente>> risponde, staccandosi dalla scrivania e afferrando dalla sedia il cappotto e la borsa <<Clary, lo sai che il processo è finito e se vuoi puoi tornare da John, ricorda però che non potresti mai essere Calarice con lui ma Bea, non potrebbe mai entrare nella tua quotidianità. E forse, con Archie, Alex ha fatto bene ad intervenire>>

La mora abbassa la testa, conscia che ciò che Vittoria ha appena detto è solo la cruda verità. È sempre stata consapevole di ciò a cui andava incontro, e ne ha accettato le conseguenze. Il fatto di non poter tornare tra le braccia di John, nè tanto meno tra quelle di Archie, è solo un effetto collaterale di qualcosa alla quale però tiene, e che condivide con le persone che ama di più al mondo. Vittoria e Alex.

<<Mi fate trovare il fascicolo sui Davidson pronto per sta sera, per favore?>> domanda la bionda, guardando gli amici con uno sguardo apprensivo.

<<Se c'è qualche problema, ricorda che la colpa è di Clary!>> esclama Alex, riportando la conversazione su un tono scherzoso ma beccandosi in risposta un blocco di post-it in pieno viso.

Vittoria lì lascia così, a stuzzicarsi, mentre torna in corridoio e riprende a circumnavigare il palazzo per arrivare al suo studio. Lungo il percorso si ferma un attimo in caffetteria per riempirsi una tazza di caffè, poi si affaccia nella seconda stanza angolare che incontra, quella dell'altro boss, Michael Wayne, per dirgli che passerà più tardi a parlargli della nuova cliente. E chissà, pensa, magari anche del cliente mandato da John.

Quando arriva davanti al proprio ufficio mette una mano sulla porta vetrata e getta subito lo sguardo sui divanetti bianchi accanto all'ingresso, trovandoli stranamente vuoti.

Aggrotta le sopracciglia, aspettandosi di trovare il famoso amico di John, che vede  invece in piedi, di spalle, intento ad osservare la sua libreria.

<<Buongiorno>> esclama Vittoria, lasciando la porta richiudersi alle sue spalle e appendendo il cappotto all'attaccapanni prima di raggiungere la scrivania per poggiarci la tazza di caffè e la borsa.

L'ospite, in tutto ciò, non accenna a muoversi, assorto dalla contemplazione di una delle mensole in legno.

Il suo giubbotto è poggiato su uno dei divanetti ed indossa un maglione pesante, color panna, dal collo alto, jeans scuri col cavallo sceso, sneakers dall'aria costosa.

Ha la pelle scura, una barba rada, i capelli neri raccolti in delle sottili treccine attaccate al cranio e che finiscono dove comincia il collo del maglione.

E sembra anche aver perso il dono della parola.

Prima che Vittoria, già pronta con le braccia conserte e lo sguardo affilato, possa dire qualcosa, il ragazzo gira il volto verso di lei e sorride.

<<Ha una splendida collezione di bussole, avvocato>> dice, con una voce che suona più melodiosa di come si sarebbe aspettata. Il sorriso gli fa spuntare delle piccole rughe d'espressione sotto gli occhi mentre le iridi scure rimangono solo per poco poggiate su di lei, tornando piuttosto a guardare le bussole che Vittoria ha accuratamente disposto sulla mensola della libreria.

Rimane interdetta, perdendo lei per questa volta il dono della parola.

Non sapeva cosa aspettarsi da un amico di Johnatan Harrison, ma per qualche motivo non si aspettava questo. E per "questo", non sapeva neanche cosa intendere.

Il ragazzo, nel frattempo, allunga una mano verso la libreria e Vittoria gli si avvicina camminando piano sulle décolleté, posizionandosi al suo fianco per vedere quale avesse catturato la sua attenzione. E' piuttosto l'attenzione di lei, però, ad essere attratta dal grosso tatuaggio sulla mano che sta accarezzando il legno antico della bussola più importante che ha. Anche lui deve essere un appassionato, visto che sul dorso ha impresso un cerchio stilizzato con otto punte al centro, N, S, O ed W segnate su quelle principali. Sotto, quasi coperte dalla manica del maglione, delle coordinate.

<<Questa me l'ha regalata mio padre il giorno della laurea>> dice lei, riferendosi all'oggetto che lui continua ad osservare e che è, effettivamente, la più bella tra le dieci altrettanto splendide bussole <<Apparteneva ad un vecchio veliero>>

<<Passione di famiglia?>> domanda quindi lui, facendo passare le dita sul vetrino con il viso assorto e totalmente affascinato. Nessuno aveva mai toccato la collezione di Vittoria e credeva che se mai qualcuno l'avesse l'atto le avrebbe dato fastidio, invece non dice niente, rimanendo lì accanto al ragazzo di poco più alto di lei, a guardare quel cubicolo come non le capitava da tanto.

<<Qualcosa del genere>> risponde, sorridendo leggermente <<La prima volta che mi hanno messo su una barca a vela avevo cinque anni. Piangevo, non mi piaceva, la trovavo noiosa. Poi ad un certo punto non ho più saputo farne a meno>>

Vittoria non si accorge che l'attenzione del ragazzo si è spostata su di lei finchè, girando il viso, non incontra i suoi occhi neri. Fa un passo indietro pensando che quello non è proprio un approccio giusto con un nuovo cliente e con nonchalance va a poggiarsi sul bordo della scrivania mentre lui, fermo, segue i suoi movimenti con lo sguardo.

Lei gli fa segno di accomodarsi su una delle due poltrone che le stanno davanti, ma lui piuttosto rimane in piedi, poggiando giusto il palmo delle mani sullo schienale in pelle della sedia.

<<Piacciono anche a lei le bussole, vedo>> dice la ragazza, lo suo sguardo che cade nuovamente sul bel tatuaggio a vista.

<<Puoi andare veloce quanto vuoi, ma se non sai dove stai andando hai già perso>> mormora lui, guardandosi il dorso della mano e quasi recitando la frase, come fosse un mantra. Poi alza nuovamente lo sguardo su di lei, questa volta solo accennando un sorriso. Vittoria capisce ora cosa intendeva Johnatan con affascinante, anche se ha la leggera impressione che quella spiccata personalità sia studiata a tavolino.

<<Sono specializzata in diritto di famiglia, quanto alle multe per eccesso di velocità deve parlare con il reparto amministrativo>> scherza Vittoria sentendo l'improvviso bisogno di tornare al motivo per cui quel ragazzo è nel suo studio.

<<Guardi, anche la fine del mio matrimonio meriterebbe una multa per eccesso di velocità. Sei anni non sono un po' pochi secondo lei?>> domanda, con un che di amaro nel tono.

Non sembra troppo felice di divorziare, non fa parte di quelli che esultano e invocano la libertà imminente - insopportabili, secondo Vittoria-. Al tempo stesso, però, dalla chiamata di John aveva capito fosse stato lui a creare problemi nella coppia. Che sia divorato dal rimorso?

<<Ho visto matrimoni durare anche sei mesi, non si meravigli di questi meccanismi. Ci si giura amore eterno, ma l'amore non ha niente a che fare col matrimonio>> risponde la ragazza, scrollando le spalle. Lancia un'occhiata all'orologio sulla scrivania. Deve fare un sacco di cose quella mattina, ed anche se il suo non programmato incontro sta risultando piuttosto piacevole, deve passare al nocciolo della questione. Sotto lo sguardo attento di lui fa il giro della scrivania e va ad accomodarsi sulla sua poltrona, bevendo un veloce sorso di caffè ormai tiepido ed allungandosi ad afferrare penna e bloc notes. <<Vuole raccontarmi cosa è successo, signor...>>

<<Scusi, non mi sono presentato perchè pensavo mi conoscesse>> afferma lui, avvicinandosi alla scrivania con la mano tesa <<Sono Archie, Archie Davidson>>

La penna cade dalle dita di Vittoria e la mano di lui resta sospesa in aria mentre con occhi spalancati lei alza lo sguardo per incontrare i suoi, improvvisamente confusi.

<<Pensavo foste abituati a trattare con gente famosa, qui>> esclama Archie, con un tono leggermente sarcastico. Vittoria scosta la sua sedia e si alza in piedi, senza distogliere neanche per un attimo lo sguardo da lui. Deglutisce silenziosamente, cercando la miglior risposta da dargli.

Una parte di lei pensa al rischio che hanno appena corso, con Clarice dall'altra parte dello studio, ma si costringe a restare calma. Non è successo niente.

<<Non è questo il problema, signor Davidson>> risponde, passando al modo di fare più formale che conosce. Quello che usa di solito con tutti i nuovi clienti, e che si maledice di non aver usato anche con lui sin da subito <<Anche perchè io la conosco, ma non per quello che fa. La conosco perchè sono l'avvocato di sua moglie>>

Lì anche l'espressione quasi divertita di Archie crolla, mentre ritrae la mano ancora sospesa  nel vuoto per infilarla nella tasca dei jeans e dischiude le labbra evidentemente senza parole.

<<Mi dispiace per questo inconveniente, ma deve uscire immediatamente da qui. Sarò io a contattarla quando avrò bisogno di una deposizione>> dice Vittoria, irremovibile <<Anzi la accompagno fuori>> si corregge subito, pensando che averlo a piede libero per lo studio potrebbe creare non pochi problemi.

Archie non sembra troppo d'accordo e rimangono così, a fissarsi, con la scrivania a dividerli finchè lui non si decide a voltarle le spalle e recuperare il giubbotto dal divanetto. Solo in quel momento Vittoria riprende a respirare.

Aspetta che infili l'indumento e con il cuore accelerato mette la mano sulla maniglia della sua porta vetrata, venendo però preceduta dal ragazzo che con fare educato porta la propria pochi millimetri più in su della sua e la apre al suo posto, facendole segno di passare.

Troppo in ansia per poter dire qualsiasi cosa, Vittoria fa strada lungo il corridoio che porta agli ascensori pregando che Clarice si sia trattenuta nel suo ufficio con Alessandro, o che sia nel bel mezzo dello studio di qualche caso che la tenga incollata alla sedia per i prossimi minuti. Non è mai stata così contenta che i loro uffici fossero così distanti.

<<Avvocato>> la richiama Archie, facendola sussultare, non appena si ritrovano davanti agli ascensori.

Vittoria sente lo sguardo indagatore di Rose addosso, da dietro il desk informazioni, ma si concentra piuttosto sugli occhi scuri del ragazzo che la guarda senza sapere ancora cosa dire.

<<Scarichi mia moglie>> mormora dopo attimi di silenzio, facendo un passo verso di lei <<Difenda me, credo che potremmo andare molto d'accordo>>

La ragazza si rende subito conto dell'insulso tentativo di provare a portarla dalla sua parte facendo ciò che probabilmente gli riesce meglio: flirtare. Lei però non ci casca, non potrebbe mai preferire qualcosa del genere alla dedizione verso il suo lavoro e, per quanto Archie Davidson possa essere un bel ragazzo, ha un cartello Off Limits sulla testa da molto prima che Mrs. Davidson diventasse sue cliente.

<<Mi dispiace, Mr. Davidson, non butto via i rapporti pregressi per delle nuove avventure. Non sono certo come lei>> afferma Vittoria, facendogli un sorriso a labbra strette prima di girarsi verso gli ascensori e premere il pulsante di chiamata. L'attimo dopo, il suo polso è stretto nella morsa della mano di Archie.

La stessa mano con la quale, con delicatezza, accarezzava le bussole solo pochi minuti prima.

Vittoria lo guarda con sfida, come chiedendogli con lo sguardo quale fosse la sua prossima, inutile, mossa.

<<Non sono uno abituato a ricevere dei no>> le dice, accompagnato dal suono dell'ascensore che arriva al piano. Aspetta un attimo prima di infilarsi nello spazio affollato oltre le porte specchiate, lasciandosi andare in un'espressione altezzosa <<Se sapessi chi sono, sapresti anche che io non perdo mai>>

<<Ma dalla parte del mio no c'è la legge>> controbatte Vittoria, alzando una manina a mo' di saluto quando il ragazzo si unisce alle persone in ascensore.

<<A presto, avvocato>> risponde lui mentre le porte si chiudono.

Quando è ormai andato Vittoria si porta una mano sul petto e prende un grosso respiro, sentendosi quasi svenire per il calo di adrenalina e il pensiero di ciò che sarebbe potuto succedere, del modo in cui il loro mondo rischia da quel momento di crollare al primo passo falso.

<<Tutto bene, Vittoria?>> le domanda Rose, da dietro la scrivania di legno. Vittoria si limita a guardarla e a farle un cenno, prima di mettersi quasi a correre verso lo studio della sua migliore amica.

Trafelata apre la porta, Alex è ancora lì ed entrambi la guardano interrogativi, chiedendosi cosa mai fosse potuto accadere per ridurre la tutta d'un pezzo Vittoria Sperti in quel modo.

<<Archie Davidson era qui>> esclama, con affanno <<Ed è amico di John>>

<<Siamo nella merda>> risponde Clarice, riassumendo i sentimenti comuni del trio.







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Non sono solita scrivere spazi autore, ma in questo nuovo mondo credo sia d'obbligo presentarmi.

Prima di tutto, buongiorno a tutte! I miei amici mi chiamano Donna, quindi sentitevi liberi di farlo anche voi 😂 se non scrivo note autore è perché faccio già lunghi monologhi su Instagram, quindi se vi va seguitemi lì @donna_wattpad, rompo le scatole su inutili retroscena e contenuti speciali.

BREAKER è una storia particolare, che ho in mente da anni e che comunque continuo a non avere idea di come sviluppare se non per il filone principale, quindi ne so quasi quanto voi di cosa succederà nei prossimi capitoli! Ottimo, eh?

Il giorno di pubblicazione del capitolo è il LUNEDÌ. Dovrei riuscire a farne uscire uno a settimana, altrimenti sarà ogni due 🙏🏻

E niente, grazie a chi mi sta dando fiducia e si sta imbarcando in questa storia. Proverò a fare di tutto per non deludervi!

Ci sentiamo nei commenti, o su IG.
Alla prossima !

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