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19 | GUILT(Y)





<<Mi ha picchiato, Vittoria>> un mugugnino soffuso si diffonde dagli altoparlanti <<Mi ha picchiato!>> urla sull'orlo di un pianto isterico Jennifer Davidson, ferita, spaventata, mentre Vittoria tiene il telefono in viva voce e cerca, con le mani tremanti, di prenotare un Taxi.

I passanti si girano a guardarla, esterrefatti da quel grido di aiuto o forse preoccupati per lei, che deve proprio avere l'aspetto di qualcuno in procinto di cadere per terra.
Il cuore le batte nel petto così forte che quasi sembra un unico, lungo movimento.

<<Vittoria aiutami, ti prego>> mormora Jennifer con la voce rotta, il solito tono acuto rimpiazzato da qualcosa di più morbido, innocente, quasi come se a parlare fosse improvvisamente una bambina.

<<Ci sono, ci sono>> risponde Vittoria quasi gridando, mentre si riporta il telefono all'orecchio <<Stavo cercando un cazzo di Taxi>>

Lascia perdere però quella ricerca e comincia, piuttosto, a correre.

<<Che è successo? Come stai?>> chiede poi mentre tutto attorno a lei sembra sfumare, il Tamigi, le persone che scosta per attraversare il più in fretta possibile il marciapiede, l'asfalto sotto i piedi.

La sua mente, se possibile, corre ancora più in fretta di lei, su tre binari differenti.

Il primo, dove ridondante rimbomba la preghiera di Archie. Promettimi che non le crederai. Non le devi credere. La sua voce raschiata. L'idea dei suoi occhi tormentati.

Il secondo, che cerca di stare al passo con il racconto di Jennifer. Archie è passato da casa per prendere delle cose. Jennifer era in compagnia di un uomo. Hanno iniziato una brutta litigata. Prima ha colpito il muro, rompendolo. Poi le ha dato uno schiaffo. Le ha gridato cose brutte. Poi un altro schiaffo ancora. E' stato bloccato dal nuovo fidanzato della ragazza che nel frattempo ha chiamato la polizia.

Del terzo blocco di pensieri se ne vergogna, perchè è la parte più brutta e oscura di sè, ma anche la più vera. In quella parte del suo cervello, non riesce a fare a meno di sperare che sia tutto vero. E' nella violenza di Archie che si trova la sua redenzione per quell'unico errore nell'aver scelto la famiglia Davidson, per aver rovinato la vita di Nicholas facendo divorziare i suoi genitori, per star facendo passare ad Archie pene che aveva sempre pensato non meritasse. Se lui fosse stato davvero una persona del genere, allora ciò che gli avevano fatto avrebbe avuto un senso.

Sarebbe stato uno di quei casi con un perchè, uno di quelli salvifici.

Eppure mentre pensa, e corre, e Jennifer le parla nell'orecchio, e si vergogna per essere così egoista, non riesce a scrollarsi di dosso la sensazione che Archie abbia ragione. Che lei e Jennifer siano le arpie e lui, come sempre, uno degli ultimi buoni al mondo, rovinato da chi come loro vive di artifici e raggiri.

Il pianto di Mrs. Davidson, però, sembra tutto fuorché falso. Come potrebbe fingere qualcosa del genere? Con quale coraggio? Quanta pazzia ci vuole per rovinare la vita di una persona in questo modo?

Probabilmente, poco più della propria.

I dubbi mangiano Vittoria mentre in solitaria percorre la tratta in metro da Southwark a Kensington, tanto scossa da non riuscire a chiudere tutto dietro la sua solita faccia di cera. Una vecchia signora si azzarda persino a chiederle se avesse bisogno d'aiuto, ma no, non c'è nessuno che possa aggiustare la situazione, niente che potrà aiutarla a rimanere sana fino alla fine di quella giornata.

Quando riesce ad arrivare alla stazione di polizia e Jennifer le si getta tra le braccia davanti al portone d'ingresso una strana sensazione la assale, come un deja-vù, tanto forte da quasi farle perdere l'equilibrio già precario con il quale tiene sè stessa e Mrs. Davidson.

Non è la prima volta che la salva da una situazione del genere.

Aveva quasi rimosso dalla sua mente quel venerdì sera, quando la andò a prelevare dal bagno del locale nel quale lei e Archie avevano avuto una brutta lite. Ha gli stessi occhi spaventati di quella sera, lo stesso tremolio alle mani, l'aria di chi è in procinto di spezzarsi definitivamente. Anche quella volta a Vittoria era sorto il dubbio che Jennifer stesse esagerando, però l'aveva sorretta, aveva preso le sue parti perchè era giusto farlo, perchè era sua cliente, perchè Jennifer si era affidata a lei, perchè era in difficoltà.

Lì, davanti alla centrale, non è tanto diverso dal bagno di quel locale.

Forse è cambiata un po' lei, è più coinvolta ora, ha provato cosa volesse dire avere le mani di Archie sul proprio corpo, ha anche pensato che lì, tra le sue braccia, potesse essere al sicuro.

Si aggrappa però alla debolezza di Jennifer per ritrovare la forza di sostenere entrambe e, mentre quest'ultima singhiozza con il viso sulla sua spalla e le braccia strette attorno a lei in un abbraccio quasi disperato, decide anche di crederle.

Il che, però, comporta il peso di accettare l'idea che Archie sia esattamente l'opposto di ciò che ha sempre immaginato. Non dovrebbe neanche restarne troppo sorpresa. A lei, infondo, i bravi ragazzi hanno sempre stancato subito, mentre Archie infesta le sue notti da fin troppo tempo. Forse proprio per questo avrebbe dovuto immaginarlo, che dietro quel suo dire sempre ciò che pensa e quel sorriso buono, si nascondeva qualcosa di più oscuro che certo non rientrava nel prototipo di persona che fingeva di essere. Il ragazzo di chiesa, il padre di famiglia, il campione da prendere ad esempio.

<<Ci penso io, ok?>> mormora Vittoria prima di allontanare leggermente Jennifer dalle sue braccia <<Ti chiamo un bravo avvocato e per il resto me la vedo io, andrà tutto bene>>

La ragazza si passa un dito sulla guancia, asciugando una delle tante lacrime versate.

<<Io non me lo meritavo>> sussurra, non riuscendo neanche a finire la frase senza essere interrotta da un singhiozzo <<L'ho amato tantissimo. Ci amavamo tantissimo>>

Vittoria la guarda con un groppo in gola, passandole una mano carezzevole sulla testa e sentendosi stranamente vuota. Non ha parole di conforto e improvvisamente non ha neanche più pensieri, le rimane solo la voglia di scappare di lì a gambe levate.

<<Voglio parlare con lui>> esclama però, consapevole del bisogno di vedere Archie almeno per un attimo, di trovare la colpevolezza nei suoi occhi <<Se per te va bene>> aggiunge poi, rendendosi conto solo allora del trabocchetto in quella richiesta, forse perchè il suo inconscio ancora cerca di scagionare Archie. Si dice che se Jennifer le chiederà di non andare a parlarci, allora forse sta mentendo.

<<Va' pure>> le risponde però, inaspettatamente <<E per favore, digli che non voglio vederlo mai più>>

Jennifer si porta una mano contro la bocca e ricomincia a piangere, ma Vittoria non l'abbraccia più.

<<Reagisci>> le dice piuttosto, afferrandole le spalle e scuotendola leggermente. Gli occhi lucidi di Jennifer si fissano nei suoi, sono spenti, tristi <<Io mi occupo di Archie, ma tu, ho bisogno che tu reagisca Jen, ora o non ne uscirai più>> afferma con autorità.

Vittoria sa che non tutti possono essere freddi e distaccati come lei e Jennifer probabilmente neanche sa come reagire senza l'aiuto di qualcuno, ma è il momento di imparare e insegnarglielo forse è il regalo più grande che Vittoria potrebbe mai farle.

Per questo lascia cadere le braccia e si allontana da lei, lasciandola sola davanti alla stazione di polizia, a malapena capace di reggersi in piedi. E come Jennifer ha la sua personale battaglia da combattere, Vittoria cammina a testa alta verso la propria. Sono nella stessa guerra, dallo stesso lato, ma i sentimenti in ballo sono diversi, così come le armi a propria disposizione. Jennifer ha la pietà e le lacrime, Vittoria uno sguardo che spera Archie non dimentichi mai per tutta la vita.

La stazione di polizia di Kensington è elegante e signorile come tutto il quartiere, con una sala d'aspetto quasi vuota e un paio di poliziotti intenti a parlottare fittamente con un filo di voce, accucciati dietro il banco informazioni. La ragazza li punta e cammina verso di loro frettolosamente, fingendo una certa confidenza con il luogo.

<<Vorrei vedere Archie Davidson>> mormora davanti ai due poliziotti imitando il loro tono di voce, con le mani poggiate sul bancone e il busto sporto verso di loro. I due, giovani ed in divisa, sobbalzano. Quasi sicuramente era proprio di lui che stavano parlottando <<Sono il suo avvocato>>

Del resto era stato proprio lui a nominarla tale, una volta, in quella che quasi sembra una vita precedente.

<<Ha il mandato?>> domanda uno dei due, schiarendosi leggermente la voce.

<<No, mi ha chiamato dalla centrale>> risponde lei <<Avvocato Sperti>>

<<Vado a chiedere conferma>> esclama lo stesso prima di lanciare uno sguardo all'altro poliziotto e poi sparire dietro una porta. Vittoria fissa insistentemente il ragazzo rimasto che, imbarazzato, abbozza un sorriso.

<<Che fortuna conoscere Archie Davidson>> le dice con un filo di entusiasmo, prima di aggrottare le sopracciglia e cominciare a blaterare <<Cioè...>> <<Nel senso, per i suoi meriti sportivi. Quello che ha fatto alla moglie però...certo, sempre se l'ha fatto...>> rischia quasi di cadere dalla sedia girevole, consapevole di essere incappato in una conversazione dalla quale non saprebbe come uscire.

<<Restiamo in silenzio, va bene?>> gli propone Vittoria, senza nessuna voglia di parlare né di sorridergli cordialmente.

Il ragazzo annuisce, se possibile più imbarazzato di prima.

Nel frattempo Vittoria scrive un frettoloso messaggio ad un collega che si occupa di Criminal Law chiedendogli di raggiungerla e occuparsi di Mrs. Davidson. Per fortuna la risposta arriva appena prima del ritorno nel suo campo visivo dell'altro poliziotto che le fa segno di raggiungerlo.

<<La sta aspettando>> le dice quest'ultimo, lasciandola passare per prima oltre la porta seguita dal metal detector <<So che contro il mio interesse dirlo, ma insomma, è Archie Davidson. Vedrà che il giudice sarà indulgente. Sempre se lo incrimineranno, anche il procuratore è un suo grande fan, quando gli abbiamo trasmesso gli atti dell'arresto quasi non ci credeva>>

Il poliziotto si azzarda a farle un sorriso che, accompagnato da quelle parole, la fa rabbrividire. Sa che se le sta dicendo quelle cose è perchè pensa che lei sia dalla parte di Archie ma, anche se lo fosse, quel discorso basterebbe probabilmente a farle cambiare idea. Un uomo è appena stato arrestato perchè ha picchiato sua moglie e a nessuno importa. Non solo, probabilmente nessuno vorrebbe neanche incriminarlo. E' Archie Davidson. A chi importa che possa essere un violento? A chi importa di sua moglie? Che potrebbe essere pericoloso per suo figlio? A nessuno. Ciò che conta è che possa scendere in pista come al solito, vincere come al solito, essere il solito eroe nazionale di sempre.

Vittoria è consapevole di essere la prima ad utilizzare la giustizia a suo piacimento, in modi che forse di giusto hanno ben poco. Lì però sono in una stazione di polizia, si parla di reati, di maltrattamenti, e proprio lì dove la giustizia è tutto a malapena c'è equità, imparzialità.

Così la ragazza continua a camminare per i corridoi illuminati della centrale, seguendo il ragazzo che ora ha smesso di sorriderle e sentendo crescere dentro di sè una rabbia che va ben oltre Archie Davidson. E' lui però che si ritrova davanti qualche attimo dopo, quando il poliziotto le fa segno di entrare in una stanza sulla sinistra, e su di lui è pronta a riversarla, nonostante la morsa al cuore che la prende quando alla vista di lei Archie salta dalla sedia e con una mano sul petto mormora <<Non ho fatto niente>>

Vittoria sobbalza al rumore della porta che si chiude alle sue spalle, segno del poliziotto che li ha lasciati soli. Sente un dolore all'altezza del petto e non sa dargli un nome, come non riesce a distogliere lo sguardo dal tatuaggio con la bussola disegnato sul dorso della mano di Archie, lì in bella vista a contrasto con la maglietta bianca. Di tutte le direzioni che avrebbe potuto prendere il loro rapporto e di tutte quelle che aveva preso da quando si sono conosciuti, certo questa è la peggiore. Loro due, una denuncia per violenza domestica e un'asettica sala da interrogatorio. Gli occhi di Archie, speranzosi di trovare supporto in lei. La linea dritta e severa delle labbra di Vittoria, ben lontana dal lenire il suo bisogno di pace.

<<Vittoria>> mormora Archie, facendo un passo verso di lei. Toglie la mano dal petto e la porta a mezz'aria, tendendola verso di lei. Vittoria vorrebbe indietreggiare ma rimane ferma, seguendo con lo sguardo il percorso delle sue dita fino a farsi coraggio e ricambiare il suo sguardo <<Ti prego, credimi, non ho fatto niente>> ripete lui piano, scandendo le parole, ma con un che di disperato nella voce.

Eppure dietro le palpebre Vittoria non riesce a non immaginare il momento in cui la mano di Archie ha colpito il volto di sua moglie, ed è un'immagine così vivida da spaventarla.

<<Quindi, alla fine, sei un bugiardo anche tu>> afferma.

Gli aveva creduto quando le aveva detto che era uno di quelli che dice sempre quello che pensa. Come, non lo sa neanche lei. Eppure l'aveva fatto. Quante sciocchezze.

<<Jennifer è pazza>> esclama il ragazzo portando entrambe le mani ad accarezzarsi la testa, angosciato, e facendo un mezzo giro su sè stesso <<Ho bisogno che tu mi creda Vittoria, almeno tu>>

<<Almeno io? Lì fuori è pieno di uomini che ti credono>> sbotta Vittoria, facendo una smorfia. Attraversa la stanza fino a raggiungere una sedia d'acciaio che sfila da sotto il tavolo, poi ci si siede sopra e poggia i gomiti sulla superficie liscia e riflettente,  resistendo però alla tentazione di nascondere il viso tra le mani.

<<Perchè tu no? Perchè non mi puoi credere>> domanda lui con quel suo solito modo di fare che Vittoria riteneva sincero, quasi coraggioso. Perchè ce ne vuole, di coraggio, ad esprimersi sempre come il cuore comanda.

Eppure ora non riesce più a vederlo quel coraggio, davanti a lei c'è solo la faccia tosta di un bugiardo. Infondo questo è proprio ciò di cui aveva bisogno: incontrare i suoi occhi e non trovarci più l'Archie che ha sempre conosciuto, per prendere definitivamente le parti di Jennifer che nel suo personaggio costruito è invece sempre stata sé stessa.

<<Perchè ho visto Jen>> è la risposta di Vittoria, affilata e infilzata nel petto di Archie con la stessa lentezza con la quale sbatte le palpebre mentre lo guarda <<E' distrutta, l'hai distrutta>>

<<Io non l'ho toccata>> grida ora Archie, quasi digrignando i denti. Deve pentirsene subito perchè l'attimo dopo lo sguardo che rivolge alla ragazza è colmo di esasperazione. Sa che qualsiasi cosa dica o faccia nella testa di Vittoria sarà un segno della sua colpevolezza, come sa che Vittoria ha già deciso da che parte stare.

Anche se quello sguardo un po' la scuote.

<<Sono convinta che se dovessi andare a casa vostra troverei davvero un buco nel muro fatto da un tuo pugno>> cerca di rimanere seria la ragazza, intrecciando le dita sul tavolo per tenerle ferme. Il freddo del metallo è fastidioso, ma è niente in confronto al gelo che sente nelle ossa.

<<E' vero, abbiamo litigato. Ha un nuovo fidanzato lo sai? Questo weekend voleva presentarlo a Nicky, io non ero d'accordo. Ci siamo gridati tante cose brutte, entrambi. Mi ha fatto così incazzare che ho sfondato il muro con un pugno. Il muro, Vittoria. Non lei. Non le farei mai niente del male, né a lei né a chiunque altro>> si spiega Archie, facendosi prendere così tanto dal discorso che dopo aver fatto avanti e indietro per la stanza sul finale si piazza davanti a Vittoria e ci si inginocchia davanti, quasi chiedendole, pregandola, di guardarlo davvero negli occhi, da vicino, e credere che quella sia la verità.

Una parte di lei vorrebbe farlo. L'altra, ormai, è già convinta che qualsiasi cosa esca da quelle labbra sia menzogna e che cascare in tutte quelle bugie le farebbe solo un gran male che non è sicura saprebbe gestire. Tutto ciò che riguarda Archie è tremendamente difficile da gestire.

<<Non ti credo>> risponde quindi, con il viso del ragazzo ad un palmo dal naso. Le sue belle labbra, la linea dolce del naso, la pelle scura, gli occhi neri, dettagli che la tormentano da quando si sono visti per la prima volta e che ora quasi rigetta. Non c'è niente che Vittoria tolleri meno della violenza ingiustificata sulle persone più deboli, il che rende automaticamente Archie l'ultima persona che vorrebbe ritrovarsi davanti in quel momento. <<E ti prometto che Jennifer avrà la giustizia che merita>>

Detto ciò tira indietro la sedia quanto basta per potersi alzare senza incespicare in lui ed entrambi si rimettono in piedi.

<<Anche io non volevo crederci quando mi sono svegliato ed eri andata via, o quando mi hai detto di non scriverti, di non cercarti, ma a volte bisogna accettare la verità. Pensavo che ci fosse qualcosa tra noi e invece ero solo io a vederti in un certo modo, e in qualsiasi cosa tu facessi credevo di trovare un segno, qualcosa che mi facesse sperare che anche per te fosse lo stesso. Avevo bisogno di questo, e non so perchè tu senta il bisogno di vedermi come un uomo cattivo, ma dovrai accettare anche tu che la verità è ben diversa. Io non ho fatto niente e Jennifer è pazza>> dice Archie, le cui mani si avvicinano a Vittoria per poi essere malamente scansate da quest'ultima. La ragazza tutto si aspettava fuorché sentir parlare di loro così rimane leggermente spiazzata, sopratutto nel leggere negli occhi di Archie quello stesso bisogno di cui parla così apertamente.

Si concede di chiedersi se magari abbia ragione, se stia vedendo la storia con il para occhi per la necessità di un capro espiatorio, di una redenzione. E anche se se lo chiede, non si risponde.

Piuttosto si aggiusta la giacca, si sposta di lato, verso la porta, e fa per uscire.

<<Se non mi credi>> la blocca però la voce di Archie <<se non mi credi, falle fare una perizia psichiatrica>>

Vittoria fa una smorfia.

<<Tempo perso, tua moglie non è pazza>> dice, battendo un piede per terra con fare scocciato <<E se fosse pazza davvero mi staresti regalando la chance di ottenere tutto ciò che vuole in sede di divorzio>>

<<Se mi incrimineranno per violenze la richiederò comunque>>

<<Ma non sai se lo faranno>>

<<Non mi importa. Che abbia tutto ciò che vuole>> risponde il ragazzo, spalancando le braccia <<Falle avere tutto, prova i suoi disturbi mentali. Fa quello che ti serve per credermi, ma ti prego, credimi>>

Vittoria si prende un ultimo momento per guardarlo, una mano sulla maniglia della porta, pronta a scappare a gambe levate se mai dovesse pensare di credergli davvero. L'attimo dopo è fuori e si lascia Archie Davidson alle spalle.

Sente i suoi occhi sulla schiena e la trafiggono come stalattiti di ghiaccio.

<<Sperti>> si sente chiamare da una voce familiare mentre impegna il corridoio. Vittoria tiene la testa bassa, intenzionata ad uscire di lì il prima possibile e senza scambiare neanche una parola con George Reyes, consapevole che sarebbe la goccia che farebbe traboccare il vaso. <<Che ci fai qui? Non puoi starci>>

<<Il signor Davidson mi ha detto di farla entrare>> esclama il giovane poliziotto accanto all'avvocato <<Pensavo collaboraste al caso>>

<<Non accetto il caso>> controbatte frettolosamente Vittoria <<L'avvocato Reyes avrà sicuramente qualcuno di altrettanto losco da presentare al Signor Davidson per gestire il tutto>>

<<Sempre se lo incrimineranno>> replica George Reyes, che deve aver già capito l'aria che tira attorno al caso Davidson.

La ragazza fa una smorfia ma non si spreca in altre parole, superando i due uomini e quasi correndo fuori dalla stazione di polizia. Jennifer non è più lì ma controllando il cellulare Vittoria scopre che è nelle mani del suo collega, e probabilmente la staranno interrogando in questo momento. Forse dovrebbe restare, farsi trovare lì per quando avrà finito, ma l'avvocato che ha chiamato è davvero una brava persona e la ragazza starà bene tra le sue mani. Quanto a Vittoria, non sa quanto potrebbe essere d'aiuto nelle condizioni in cui verte in quel momento.

Così torna a casa.

E' un percorso lungo e silenzioso, ma i pensieri nella sua testa sono così assordanti da non farla concentrare sulla realtà. Come un automa scende le scale della metro, si siede nel treno e aspetta la sua fermata. Fuori è buio e fa improvvisamente freddo, o forse è lei che non riesce a smettere di tremare.

A casa Clarice ed Emma la aspettano sul divano, ma la sua amica quasi non fa un salto quando la vede arrivare.

<<Che è successo?>> le domanda, preoccupata.

<<Non ho la forza di raccontartelo, ma sto bene>> risponde Vittoria, facendole segno però con la mano di stare calma, di darle tempo. Va a sedersi sul divano e Clarice la imita, senza però toglierle per un attimo gli occhi di dosso.

<<Zia Vi>> la richiama la vocina di Emma.

Vittoria si stende lentamente sui cuscini, fino a poggiare la testa sulle gambe della sua amica, chiedendo silenziosamente affetto. Subito dopo la mano di Clarice si poggia sui suoi capelli, calda, amorevole.

<<Zia Vi è triste>> risponde alla bambina, che quindi scende dalla sua parte del divano e va a stendersi davanti alla ragazza, poggiandosi anche lei sulla coscia della mamma ed incastrandosi contro il petto di Vittoria.

<<Vediamo la Bella e la bestia?>> chiede Emma, probabilmente pensando di poter risolvere tutto con il cartone animato preferito della ragazza. Il che però le ricorda soltanto di quando lo disse ad Archie in un'improbabile incontro.

Vittoria scuote la testa.

Quel giorno, di principi che si trasformano in bestie, ne ha avuti abbastanza.





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So che è passata una vita dall'ultimo aggiornamento e so di aver mollato proprio sul più "bello", ma l'ultimo periodo è stato un casino e ora, essendo in tesi, mi ritrovo a scrivere per tutto il tempo e se prima invece scrivevo anche come momento di relax, ora lo trovo difficile.

Però sono qui, ho intenzione di portare a termine questa storia anche perchè sta diventando qualcosa di molto più impegnato di ciò che avevo immaginato e ne sono felice, felice di poter affrontare certi temi più seri, cose che sicuramente mi tolgono tanto tempo per parlarne ma che mi lasciano con una certa soddisfazione.

Cosa ne pensate? Voi credete ad Archie? O siete anche voi con Jennifer?

E sopratutto, siete ancora qui con me per leggere questa storia? Mai come ora ho bisogno di un confronto con voi, è diventata una storia troppo pesante? Vi state annoiando?

Aspetto davvero con ansia il vostro punto di vista e vi ringrazio per la pazienza, davvero.

Per qualsiasi cosa sono qui, o come sapete mi trovate su Instagram su donna_wattpad.

Passate una bella giornata e ci rivediamo presto, un bacio <3

Vostra, Donna.

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