16 | PORTE
Vittoria era consapevole che il ritorno alla normalità seguito al Grande Errore - così avevano cominciato a chiamare la notte del Discorso - non potesse durare a lungo. Non poteva essere altrimenti visto il giorno segnato in rosso sull'agenda che si avvicinava inesorabilmente: la prima udienza del divorzio Davidson.
Sapere con precisione quando esattamente avrebbe rivisto Archie, tuttavia, l'aveva aiutata a prepararsi al meglio all'evento. E comunque il fatto che lui non le avesse risposto a quell'ultimo messaggio le faceva sperare bene: Archie aveva afferrato il concetto.
Era stato tutto solo un errore.
Il Grande Errore.
Sia Vittoria che Clarice, però, di quella normalità ne avevano disperatamente bisogno e questo quasi aveva fatto volare i giorni con più fretta, tra un mercoledì principesse, la vincita di un caso importante al quale avevano collaborato e una lezione di danza a porte aperte per i genitori alla quale erano state ben felici di partecipare entrambe, finendo quasi ad essere più entusiaste loro di Emma.
Non è facile rinunciare all'atmosfera piuttosto tranquilla di quelle giornate, però la mattina dell'udienza arriva e porta con sè pioggia, pensieri e la strana voglia di replicare una vecchia tradizione. Una delle più antiche nel libro dei riti di Vittoria e Clarice.
<<Ricordami perché non lo facciamo più>> domanda quest'ultima con un tono rilassato.
E' stravaccata sulla poltrona del suo ufficio, i piedi sono sulla scrivania e tiene gli occhi chiusi. Vittoria siede sul tavolo con le gambe penzoloni e una tazza di caffè stretta tra le mani. Quando inspira forte, l'odore che sale lungo le sue narici sembra essersi mischiato all'elettrizzante aria della colonna sonora di Game of Thrones.
<<Perchè poi ti torna la fissa di parlare solo per citazioni di Cersei Lannister>> risponde la bionda, godendosi quegli intensi quattro minuti di canzone come fossero un'iniezione di adrenalina.
Fino a qualche anno prima la ascoltavano prima di ogni grande evento, poi si sono dette che era tempo di crescere, che non potevano rimanere ancorate a qualcosa di così stupido come una canzone porta fortuna. In quel momento, però, è tutto ciò di cui Vittoria ha bisogno: la familiarità di una tradizione, e il giusto mood in cui una sinfonia del genere non può che metterti.
A metà canzone non è già più la pensierosa versione di sè stessa che ha varcato l'ingresso di Hernest & Wayne quella mattina.
<<Ancora con questa storia?>> esclama una terza voce, intromettendosi in quell'intimo momento ma non riuscendo comunque a rovinare l'atmosfera.
Alex entra nell'ufficio e guarda sconsolato prima Clarice, poi Vittoria. Quest'ultima gli fa segno con la mano di lasciar perdere e rimanere in silenzio. Lui scuote la testa.
Si avvicina alle ragazze, si lascia andare sulla poltrona libera di fronte alla scrivania e si copre gli occhi con la mano, come imbarazzato.
<<Siete alla soglia dei trent'anni>> sussurra qualche attimo dopo.
<<Io sono ancora a ventotto>> lo corregge Vittoria, con uno sguardo che potrebbe incenerirlo, mentre Clarice lascia andare uno <<Shh>> piuttosto tagliente.
Quando la canzone finisce, Vittoria scende dalla scrivania e si aggiusta la giacca del completo, accompagnando il tutto con un grosso respiro. Clarice, per quanto sia tentata dal mettere daccapo la canzone, chiude la pagina sul computer e piuttosto prende un sorso di caffè.
<<Davvero? Game of Thrones?>> domanda loro Alex, ancora piuttosto sconvolto e divertito dall'averle beccate in quella situazione.
<<Il potere è potere, Alex>> risponde subito Clarice, facendo scoppiare a ridere Vittoria che riconosce al volo la citazione dalla storica serie televisiva.
<<Ed ecco il motivo per cui abbiamo smesso con questo rito>> puntualizza lei, indicando con un cenno l'amica ed allungandosi verso il trench poggiato sulla sedia <<Io vado a conquistare Approdo del Re>> esclama poi infilandoselo.
<<Scegli la violenza>> continua la bruna, con entusiasmo <<O forse no, meglio evitare, che ne sai magari ad Archie piace>>
Vittoria le lancia un'occhiataccia, ma non può fare a meno poi di scoppiare a ridere. In quel momento neanche il nome di Archie riesce ad infastidirla.
Anche perché ben presto dovrà sopportare la sua vista, oltre che sentire il suo nome, perché anticipare lo strazio?
<<Ci vediamo per pranzo>> afferma, mandando un bacio a Clarice e lasciandone uno sulla guancia di Alex. Attraversa la stanza dalle pareti giallo toscano e si lascia alle spalle i due ragazzi, diretta verso l'ultimo posto al mondo nel quale vorrebbe trovarsi quel giorno.
L'udienza che la attende in realtà è una mera audizione preliminare, non è quello che la impensierisce. Anzi, qualcosa con un po' più d'azione forse sarebbe stato meglio, avrebbe avuto di più su cui concentrarsi piuttosto che sull'idea di lei e Archie Davidson, dei loro baci, delle loro mani.
Eppure è convinta che riuscirà ad uscirne alla grande anche questa volta. Archie non è altro che un ostacolo, un errore, qualcosa di cui doversi liberare, e per questo tipo di affari il protocollo è sempre lo stesso: espressione piatta, spalle dritte, e un bel completo. Non a caso quel giorno indossa il migliore della sua collezione.
Mentre svolta l'angolo della strada che porta alla County Court del quartiere sa di avere tutte e tre le cose, e in testa i problemi sembrano essere stati rimpiazzati dal motivetto che ascoltavano prima in ufficio.
Poi però comincia a salire la scalinata del tribunale in stile vittoriano e a metà di questa si rende conto dello sguardo fisso su di lei di un bambino. È lì in cima, nello spiazzo davanti al palazzo, accanto ad una panchina sulla quale è seduta una bella signora sorridente.
Il ragazzino le fa un segno con la mano dopo qualche altro scalino.
Le ci vuole ancora qualche attimo per capire, ma nel momento in cui la chiama per nome le è chiaro, come è chiaro che il protocollo, davanti ad Archie Davidson, sarebbe riuscita a mantenerlo. Davanti al piccolo Nicholas no.
<<Ciao>> la richiama lui, entusiasta, non appena arriva anche lei su quello spiazzo rialzato.
Nick, con un impermeabile rosso e un bel sorriso, sembra davvero contento di vederla.
<<Ciao Niky>> esclama la ragazza, sforzandosi di sembrare contenta e per niente a disagio <<Come stai?>>
<<Ho chiesto a papà di farmi i tuoi toast, però non c'è riuscito>> risponde lui. La signora sulla panchina si lascia sfuggire una risata ma Vittoria non la guarda, impegnata piuttosto a cercare tracce della presenza di Jennifer e trovando, piuttosto, Archie intento a finire la scalinata.
<<Nick! Mi avevi detto che erano buoni!>> esclama quest'ultimo con un tono estremamente ferito <<Mi sa che questo gelato allora se lo magia Vittoria>>
Sentire il suo nome pronunciato da quelle labbra le fa salire un brivido lungo la schiena ma ha poco tempo per processare il suo arrivo, tant'è che l'attimo dopo si ritrova un cono gelato tra le mani e Archie accanto, come se nulla fosse.
<<Vittoria non mangerebbe il mio gelato>> afferma Nick, facendo una boccaccia verso il padre e passando poi a guardare la ragazza con fare speranzoso.
<<Vero. E comunque i miei toast sono irreplicabili>> afferma Vittoria, con così tanta spontaneità da domandarsi che fine abbia fatto il famoso protocollo. Almeno non guarda Archie mentre parla ma il piccolo Nick, al quale l'attimo dopo passa il cono gelato.
Segue un momento di totale silenzio, durante il quale persino i rumori di sottofondo della città sembrano ritirarsi. Per quella frazione di tempo Vittoria è perfettamente consapevole dello spazio che la circonda, di tutte le molecole d'aria che separano il suo braccio da quello di Archie Davidson, e di quanto sarebbe elettrizzante anche solo sfiorare la sua pelle. Basterebbe solo quello a riaccendere il suo corpo come lo era stato giorni prima, in balia delle sue mani?
Probabilmente si.
In quel momento di silenzio, però, trova anche tutto il tempo necessario per spegnersi. Così, quando Archie gira il volto e comincia a guardarla, lei è pronta a rispondere a quello sguardo con indifferenza.
<<Ciao>> mormora lui. Nel suo tono, Vittoria sembra ritrovare un compromesso tra il peso di ció che hanno condiviso e la leggerezza del suo carattere. Archie, nella sua sincerità, sembra riuscire a gestire la situazione molto meglio di lei.
<<Posso parlarti?>> risponde velocemente lei, piatta.
Lui stringe le labbra e annuisce, allungando un braccio per indicare la via e intimando a Nick di restare con la donna sulla panchina.
<<Non c'era bisogno che lo portassi con te>> dice Vittoria dopo aver messo qualche passo tra loro e il bambino. Archie è appena dietro di lei e cammina silenzioso, le mani affondate nelle tasche.
Quando lo guarda, Vittoria non riesce a fare a meno di pensare a quel viso accoccolato tra le federe del cuscino, con la luce della prima mattina. Pensa anche però alla parte di lei che ha messo a tacere quella notte, alla vergogna, al rimpianto, e questo non fa altro che alimentare una costante lotta dentro di sè. Un turbinio di emozioni contrastanti che non sembrano riflettersi negli occhi scuri di lui, nei quali trova solo una sfumatura che le mette una certa malinconia.
<<Se pensavi di intenerirmi...>> aggiunge Vittoria per combattere il silenzio. Archie però alza subito una mano, come chiedendole di tacere.
<<Vittoria>> la richiama, perentorio <<E' arrivato sta mattina e siamo venuti qui dall'aeroporto, poi andrà via con sua madre. C'è anche la babysitter così non dovrà entrare in aula. Non è una mossa né qualche stupido giochino, ho afferrato il concetto del tuo messaggio>>
La ragazza rimane a guardalo, immobile, accusando il colpo. Tutti i pensieri che con cura aveva stipato da quale parte del suo cervello sembrano tornare a galla mentre, come dipendesse da un altro organo, la sua bocca pronuncia <<Meglio così>>
<<Vedo che avete cominciato a scaldare l'atmosfera>> esclama la famigliare voce di George Reyes da qualche parte alle sue spalle. Archie rimane ancora per un attimo con gli occhi puntati in quelli di lei, poi fa un passo di lato e va incontro al suo avvocato. Se possibile, quella mattina, George sembra avere un'espressione ancora più spocchiosa del solito.
<<George>> lo saluta lei, incrociando le braccia sul petto e osservando i due uomini mentre si stringono la mano.
<<Sperti>> ricambia lui con un cenno. Si passa una mano tra i capelli scuri, guardandosi intono finchè con un cenno non indica la strada sottostante. <<Vedo che siamo tutti>>
In quel momento, dai sedili posteriori di una macchina, vien fuori Jennifer Davidson in tutta la sua bellezza. Archie è l'unico probabilmente nel raggio di due isolati a non guardarla, pensando piuttosto a digitare qualcosa sul telefono mente la moglie sale la scalinata con eleganza.
<<Ciao tesoro>> esclama la donna, quasi saltando gli ultimi due scalini per correre ad abbracciare il figlio <<Quanto mi sei mancato>>
Nicholas si lascia stritolare tra le braccia sottili di Jennifer e, non riuscendo a vederne l'espressione, Vittoria non può che domandarsi se il piccolo sia contento di stare con sua madre. Non riesce a non pensare a quando, con tanta tranquillità, l'aveva definita pazza. Non è certo il primo aggettivo che viene in mente ad un bambino di sei anni quando deve parlare della propria mamma.
Forse avrebbe dovuto indagare più a fondo sulla questione, o ancora meglio avrebbe preferito non saperlo. Sarebbe stato più facile pensare all'affetto di quell'abbraccio mentre combatte per la custodia piuttosto che pensare che quel bambino, con sua madre, probabilmente non vuole starci affatto.
<<Andiamo?>> propone l'avvocato Reyes, muovendo il primo passo verso il portone aperto del tribunale. Vittoria alza gli occhi al cielo e raggiunge la sua cliente, salutandola e suggerendole di prendersi tutto il tempo che vuole.
Jennifer scioglie l'abbraccio e passa una mano tra i capelli ricci di Nicholas.
<<Quanto ci vorrà?>> domanda la donna, sorridendo a Vittoria.
<<Un'oretta, probabilmente meno>> risponde quest'ultima.
Nel frattempo, George e Archie si scambiano qualche parola accanto all'ingresso.
<<Tra un'oretta torno da te e andiamo a casa>> dice Jennifer al bambino <<Liz ti porta a fare una passeggiata ora>>
Liz, la donna seduta sulla panchina, si mette in piedi e allunga una mano verso Nicholas.
<<Liz, c'è una maestra che ti assomiglia tanto a scuola sai?>> comincia a raccontare lui.
Vittoria e Jennifer li guardano andar via per qualche attimo prima che quest'ultima prenda l'altra sotto braccio e comincino a muoversi verso il portone del palazzo. I due uomini le aspettano lì e con fare da gentiluomo George Reyes le lasca passare, lasciando a Vittoria il compito di fare strada all'interno del tribunale.
Il palazzo è antico, anche se le aule hanno subìto un grosso restauro e si è preferito renderle moderne e tecnologiche piuttosto che aggrapparsi alla vecchia bellezza dello stile vittoriano. L'ingresso è movimentato e il suono di tacchi sul pavimento di marmo e un vociare sommesso rimbombano fra le pareti. Tra le tante persone che affollano i corridoi molti si girano a guardarli, ma non è uno di quei posti in cui qualcuno si azzarderebbe a fare qualcosa come chiedere un autografo.
Attraversano il piano terra fino ad una scalinata che salgono per raggiungere la sezione di famiglia, il tutto in religioso silenzio.
Jennifer rimane attaccata a Vittoria per tutto il tempo e mai, neanche per un attimo, i suoi occhi e quelli di Archie si incontrano. Ed è qualcosa alla quale Vittoria cerca di prestare più attenzione possibile.
Dopo tanti anni a vedere coppie lasciarsi ha cominciato a collezionare i loro ultimi sguardi, tante cose si celano nel silenzio di quei momenti. Non sono i primi però a non guardarsi neanche in faccia, eppure nonostante tutte le volte in cui si è trovata in quella situazione non è mai riuscita a capire cosa sia meglio, cosa faccia meno male. Continuare a guardarsi fino all'ultimo momento come quando ci si amava, o rinunciare a cercarsi da subito, forse perchè già non ci si cercava da tempo.
A volte probabilmente non fa neanche male.
E mentre Jennifer non cerca affatto Archie, Vittoria sembra non riuscire a farne a meno. Sarebbe pronta a negarlo e il modo in cui lo fa è rapido e scaltro, ma alla fine il suo sguardo finisce sempre a poggiarsi sul viso concentrato del ragazzo, sulla sua pelle scura, sul tatuaggio con la croce che quasi timidamente spunta dal colletto della camicia.
La domanda che silenziosamente si pone è come può Jennifer, che con lui ha condiviso così tanto, comportarsi come se non neanche esistesse, mentre lei che con Archie ha vissuto pochi ma intensi momenti quasi non riesce a scollargli gli occhi di dosso. E' interessata alle sue reazioni, ai movimenti impercettibili del suo viso, alla piega dura che hanno le sue labbra quella mattina. O sarà che preferisce concentrarsi su di lui piuttosto che lasciarsi innervosire dalla parlata di George Reyes.
L'udienza è una mera discussione, un controllo sui documenti depositati e delle prove raccolte, ma George è uno di quelli a cui piace prendere la scena anche quando non è necessario e se non si obbligasse a rimanere seduta e con le mani artigliate alla sedia probabilmente Vittoria arriverebbe a spaccargliela in testa.
Il giudice sembra dargli retta però lo lascia fare, sta blaterando di cose inutili sulla dichiarazione dei redditi, compensi che sostiene Jennifer abbia ricevuto da campagne pubblicitarie e la sua relativa capacità lavorativa. Vittoria vorrebbe poter ricordargli di quando durante le negoziazioni aveva insinuato che Jennifer non avrebbe più trovato lavoro come modella per colpa dei chili in più che la maternità le aveva lasciato. Non lo fa però.
Rimane zitta.
Gli fa solo notare le peculiarità del lavoro di Jennifer e non esclude che la donna si impegnerà per trovare un'occupazione, visto che dopo ciò che le ha fatto Archie non ha più una famiglia da tenere unita e un marito di cui occuparsi.
Il giudice dispone già un assegno di mantenimento provvisorio in favore di Jennifer, da corrispondere fino a quando non verranno prese misure definitive. L'affido di Nick rimane condiviso e se ne discuterà prossimamente.
Così finisce quel primo tassello del divorzio Davidson. È tutto facile quando di mezzo c'è un milionario che ha tradito la moglie, sopratutto nelle fasi iniziali.
Lasciano l'aula senza fare commenti, mentre solitamente Vittoria si sarebbe lasciata sfuggire un sorriso questa volta cammina guardando dritta davanti a sè. Si concede solo un attimo per cercare di catturare lo stato d'animo di Archie, non diverso da com'era quando sono arrivati. Sa che finché si parla di soldi non è un problema.
L'unica cosa che importa ad Archie è Nick.
Il bambino li aspetta all'ingresso dell'antico palazzo, intento a ridere con Liz di qualcosa che arrivano troppo tardi per afferrare. Ai loro piedi ci sono impronte bagnate, segno che la giornata non ha smesso di essere grigia e piovosa.
<<Brutto tempo?>> domanda Archie, notando i due accanto al portone ora chiuso.
<<Anche>> gli risponde Liz, sistemandosi i capelli raccolti in una coda alta e leggermente umidi <<Più che altro sono arrivati i giornalisti>>
Il ragazzo lascia andare un suono che assomiglia ad un grugnito mentre Jennifer si porta una mano a coprire la bocca, spalancata dalla sorpresa.
C'era da aspettarselo in realtà, anzi secondo Vittoria avevano avuto fin troppa tranquillità sino a quel momento.
<<Jen, c'è l'autista ad aspettarti?>> chiede subito Archie, la cui attenzione viene rivolta per la prima volta in quella giornata alla moglie.
Quest'ultima annuisce.
<<Ok, allora vado avanti io e ti lascio Nick in macchina>> esclama lui, raggiungendo il figlio e facendogli un sorriso. Gli allunga persino una mano che Nick afferra con forza.
<<Esco per primo>> si propone George Reyes, dicendo forse la prima cosa da quando Vittoria lo conosce che ha la sua approvazione. <<Me la vedo io>>
Quando l'avvocato spalanca il portone, la situazione si rivela in realtà non troppo tragica. Un gruppo contenuto di giornalisti appartenenti a testate scandalistiche attende nello spiazzo antistante il palazzo, con le telecamere accese ed i microfoni pronti.
George Reyes si dà in pasto a loro, mentre accanto a lui sfilano Liz, Archie e Nicholas. Le telecamere si girano verso questi ultimi, qualcuno prova a porre direttamente ad Archie qualche domanda, i tre però procedono a testa bassa e cominciano a scendere la scalinata.
<<Vado a domare George>> dice Vittoria, guardando Jennifer con una certa fretta. L'altra annuisci vigorosamente, stringendole un braccio tra le mani ossute e piene di anelli. <<Ti chiamo io, ok? Ora corri>>
<<Grazie Vittoria>> le risponde prima che le loro strade si separino.
L'attimo dopo, Jennifer si lancia nella stessa direzione di Archie e gli altri. Vittoria, invece, raggiunge il suo collega davanti alle telecamere e si assicura che non dica niente di compromettente.
La sua attenzione però viene presto catturata da un particolare che le fa sentire una stretta all'altezza del petto.
Vede la schiena di Archie, larga e dritta, mentre corre per gli ultimi gradini della scalinata, e Nick che sembra così piccolo al suo fianco. Il papà gli tiene la mano e la stringe nello stesso strano modo in cui aveva stretto anche la sua, quel pomeriggio in chiesa.
È un'immagine che non riesce a togliersi da davanti agli occhi, anche mentre parla davanti alle telecamere chiedendo di rispettare la privacy della coppia, anche mentre cammina lungo le strade della City per raggiungere Alex ed Emma per pranzo.
Non dimenticherà mai la sensazione e la naturalezza di quel momento in cui si sono semplicemente tenuti per mano, in silenzio, ed era convinta che neanche Archie se ne sarebbe liberato tanto facilmente. Eppure quel giorno è andato via persino senza salutare, comportandosi esattamente come avrebbe dovuto, ma non come Vittoria si sarebbe aspettata.
Sopratutto, non come lei avrebbe voluto.
Perché a volte, quando si chiude qualcosa, si spera che dall'altra parte ci sia qualcuno che abbia il coraggio di provarci un'ultima volta, poi un'ultima volta ancora.
Vittoria era convinta che Archie avrebbe avuto quel coraggio, e che anche se sarebbe stata costretta a rifiutarlo, lui avrebbe provato a fare qualcosa per non lasciarla andare.
Invece non ha lasciato la porta socchiusa, l'ha chiusa anche lui.
Per qualche assurdo motivo questo sembra rendere il tutto più difficile da processare.
<<Datemi qualcosa con cui impegnare la mente>> esordisce Vittoria entrando nel bistrot vicino lo studio dove Alex e Clarice la aspettano, seduti ad un tavolino e intenti a bisticciare. Tra loro, poggiato sulle tovagliette, riconosce anche un raccoglitore familiare.
<<Scegliamo il prossimo caso?>> suggerisce Alex, indicando con un gesto il librone nero.
<<Come è andata l'udienza?>> si premura però di domandare Clarice mentre Vittoria prende posto sulla sedia accanto al ragazzo.
<<Tutto come doveva andare>> risponde la bionda, mettendo su un sorriso.
<<Ottimo>> esclama l'altra, annuendo convinta <<Perché al gioco del trono o si vince o si muore>>
Alex alza gli occhi al cielo borbottando un "tu sei fuori di testa" e Vittoria scoppia a ridere, dovendosi persino portare una mano a coprirsi la bocca per cercare di contenersi. Metà del locale si gira a guardarli e questa volta non è per colpa di qualche superstar, ma per le loro risate.
Tirando le somme, l'unica porta che Vittoria spera rimanga sempre aperta è la loro.
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