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13 | NONLUOGHI




<<E' davvero il suo avvocato?>> domanda uno dei due poliziotti, un signore tarchiato la cui divisa va parecchio stretta, rivolgendosi a Vittoria con uno sguardo incredulo. La ragazza legge nel suo sguardo qualcosa come "ti meriteresti di meglio", e per fortuna lo sa e non è neanche il suo avvocato.

<<A quanto pare>> risponde però lei, gettando gli occhi al cielo prima di caricarsi Emma tra le braccia ed entrare definitivamente in scena. La bambina fondamentalmente è per far intenerire i due, qualora il suo carisma non dovesse bastare. <<Allora, che succede?>>

<<Il pilota qui davanti>> comincia l'altro, più snello ma altrettanto basso. Fanno un po' ridere insieme in effetti. <<Ha superato il limite di velocità di ben venti chilometri orari e ha preso un semaforo rosso>>

Vittoria quasi non gli scoppia a ridere in faccia e, per ritrovare la giusta concentrazione, distoglie l'attenzione dai due per tornare a guardare male Archie. Il ragazzo alza le mani.

<<Erano a malapena cinque chilometri orari>> li corregge <<e il semaforo era arancione>>

<<Se il semaforo era arancione e il signor Davidson aveva già impiegato l'incrocio, ha fatto bene a sgomberarlo>> si accoda subito Vittoria, la voce calma.

Per qualche motivo Emma, tra le sue braccia, ridacchia.

<<Anche solo per la violazione del limite di velocità c'è una multa e una decurtazione dei punti sulla patente>> afferma però il poliziotto tarchiato, sfilando dalla tasca un blocchetto di fogli pronti da compilare.

<<Andiamo, non ho fatto niente. Avete solo visto una bella macchina e avete pensato a fare un po' di soldi facili per le casse dello stato. Come se non pagassi abbastanza tasse>> controbatte Archie, potando una mano ad accarezzare la linea sinuosa della Mercedes <<E comunque non ho problemi a darvi soldi, solo non toglietemi i punti. Ve ne do anche il doppio. Ora>>

La testa di Vittoria scatta verso il ragazzo e con gli occhi spalancati gli intima di smetterla, l'unica cosa che gli manca è una bella denuncia per corruzione di pubblico ufficiale. Per evitare che possa fare altri danni e cominciando ad annoiarsi, decide di arrivare dritta al punto avvicinandosi ancora di più ai due uomini.

<<Ma voi lo sapete chi è quest'uomo?>> comincia mettendo su un bel sorriso e mantenendo un tono di voce basso e pacato. Un poliziotto annuisce, quello più smilzo sembra doverci pensare un po' però poi mormora un si.

<<La tua palla al piede>> le sussurra non così piano Emma nel suo orecchio. Vittoria annuisce. 

<<Bene. Il Signor Davidson è solo per me una palla al piede, per il resto della nazione è un eroe, forse uno dei pochi che vi sono rimasti e in questo momento è un po' rintronato dal Jet Leg. Sono sicura che non avrebbe mai attraversato con il rosso e che non l'abbia fatto apposta ad andare poco sopra il limite di velocità. E comunque credo ci si possa fidare di lui alla guida, no?>> dice lei, poco prima di azzardarsi anche ad allungare una mano per poggiarla sulla spalla del poliziotto tarchiato. Quest'ultimo non si tira indietro. <<Detto questo, vogliamo davvero togliere dei punti al signor Davidson? Vogliamo trattare così un'icona del Regno Unito? Un campione?>>

Vittoria sorride, sbatte un po' le ciglia e mentre parla non fa altro che pensare a quanto rimpiangerà quelle parole. E' più forte di lei però. Un discorso è un discorso, anche se per difendere Archie.

<<Io non glie li toglierei>> mormora Emma subito dopo e Vittoria ha la riprova che lei e Clarice la stanno crescendo nel modo giusto. Dolce e furba.

Cinque minuti dopo non solo i poliziotti spariscono senza fare mezza multa, ma se ne vanno anche con un paio di foto a testa con l'icona del Regno Unito.

<<Allora sei davvero brava come dicono>> è la prima cosa che si azzarda a dirle Archie non appena rimangono soli. Vittoria prende un grosso respiro e lascia tornare Emma con i piedi per terra, il cui sguardo non molla neanche per un attimo il viso di Archie <<Mi sentivo più sicuro quando tenevi la bambina in braccio però>> commenta poi lui.

La bambina in questione fa ciao con la mano.

<<Questa non è la prova che sono brava, è la prova che sono carina e ci so fare e che gli uomini sono tutti idioti>> controbatte Vittoria, incrociando le braccia al petto e cominciando a pensare a come farla pagare ad Archie per quella scenetta. Prima di tutto, però, si toglie un dubbio. <<Che diavolo ci fa qui Archie? Non dovresti essere in Cina? O nel Principato? o a Kensington?>>

<<In realtà stavo venendo sotto casa tua>> esclama il ragazzo, non guardando Vittoria ma rispondendo allo sguardo della bambina con un bel sorriso. A Vittoria quasi non crolla la mascella. Odia - odia da morire - il modo leggero in cui Archie dice le cose. Che significa che stava andando sotto casa sua? Sopratutto, perchè la fa sembrare una cosa così normale? <<Sono tornato dalla Cina qualche ora fa e mi fermerò a Londra per un po' prima di tornare a Monaco. Anche se, beh, certo non passeró da casa mia>>

<<E da me che stavi venendo a fare?>> controbatte lei, particolarmente interessata a quel punto.

<<Festeggisre le nostre vittorie>> si spiega Archie, gettando le mani nelle tasche larghe dei jeans e scrollando le spalle <<Se ti avessi proposto di fare qualcosa non avresti neanche risposto, così mi sono presentato direttamente. A proposito, ringrazia Rose del tuo ufficio. E' stata davvero carina a dirmi a darmi indicazioni>>

Vittoria è così piena di rabbia che rimane a guardarlo in silenzio, con i pugni stretti e in testa la voglia di ferirlo. Violentemente. Potranno anche essere simili dal punto di vista del successo, ma ci sono un sacco di cose che Vittoria non condivide del suo carattere. Dare per scontato che la gente lo voglia nella propria vita è certamente la peggiore di queste.

Il ragazzo sfrutta quel momento di silenzio per lasciar perdere Vittoria e concentrarsi su Emma, allungandole una mano.

<<Ciao Emma, io sono Archie>> si presenta, sul viso quel sorriso innocente che fa intravedere lo spazietto tra i denti <<Tu sai dirmi perchè tua zia mi odia?>>

Emma non si trattiene dal camminare verso di lui fino a stringergli la mano e mentre se la lascia scuotere sembra pensare ad una risposta.

<<Forse perché non sei la Bestia>> se ne esce la piccola, aggrottando e sopracciglia. Vittoria non riesce a trattenere la mano che si porta sulla fronte e con la quale si copre gli occhi, imbarazzata.

<<Quindi non le piaccio perché non sono una bestia?>> cerca di capire Archie, la cui voce suona visibilmente confusa e un pizzico divertita.

<<Noo>> esclama Emma, come se avesse appena detto qualcosa di molto brutto <<Perché non sei La Bestia, quella del cartone preferito di Zia Vi. La bella e la bestia>>

<<Sei stata preziosissima Emma, grazie>> afferma il ragazzo e come Vittoria immaginava non appena si scopre gli occhi trova lo sguardo di Archie già su di lei e sul suo viso l'espressione più spassosa che gli abbia mai visto. <<Quindi così non vado bene. Dovrei essere grosso e peloso>>

Emma annuisce convinta e cerca l'approvazione della ragazza che in risposta mette su un bel sorriso forzato. Archie non glie l'avrebbe mai fatta dimenticare quella storia.

<<O magari perché mia mamma ha una tua foto in camera>> pensa bene di aggiungere Emma.

Vittoria sente la terra tremare improvvisamente sotto i suoi piedi.

<<E noi ora dobbiamo correre dalla mamma>> esclama la ragazza, allungando una mano per afferrare quella di Emma e cominciando a tirarla via <<Ciao Archie è stato un piacere>>

<<Quindi la tua coinquilina è una mia fan?>> risponde lui, che con i riflessi pronti però le afferra il braccio libero e la trattiene.

Ovviamente il modo in cui Clarice è sua fan non ha niente a che fare con i suoi meriti sportivi e non ha niente a che vedere con ciò che Archie immagina, visto che Vittoria è convinta che Emma abbia visto la foto di Archie in uno dei fascicoli di Alex. E non è proprio come avere un poster.

<<Non è una tua fan, Emma si è sbagliata>> gli risponde Vittoria, alzando gli occhi al cielo e battendo un piede per terra con fare scocciato. Ha il cuore che le batte nel petto quasi fino a farle male. Con Archie arriva sempre ad un passo dal far saltare tutto all'aria <<Davvero Archie, Clarice ci sta aspettando. Festeggeremo un'altra volta>>

<<Invitami a cena, la tua amica sarà felice di conoscermi>> propone lui, scrollando le spalle. La sua mano non ha ancora lasciato il polso di Vittoria così lei lo tira via di scatto.

Si lascia andare in una risata nervosa. La sola idea di Archie a cena da loro le fa venire il voltastomaco, o forse è il modo in cui lui è quasi divertito da quella scena a farle male. Quante cose che non sa Archie, quanta bontà che vede in Vittoria senza poter immaginare cosa ci sia dietro.

<<Andiamo Vittoria, sono atterrato dalla Cina e sono venuto direttamente qui, non posso mettere piede in casa mia o mia moglie comincia a gridare, domani dovrò andare in giro a cercare la mia casa da scapolo e nel frattempo dormirò solo in albergo e l'unica cosa che voglio è parlare un po' con te>> esclama poi lui, le braccia leggermente aperte, gli occhi scuri spalancati e sinceri. <<E anche tu ne hai voglia o non mi avresti scritto>>

La ragazza lo fulmina immediatamente con lo sguardo, tant'è che lui è costretto ad alzare le mani con fare innocente.

<<Mi correggo, sono solo io che ne ho voglia>> mormora, fingendosi serio ma non riuscendo a trattenere un sorriso sghembo .

Non è quel sorriso però a farle quasi venire voglia di dire si, per quanto sia un bel sorriso. No, è sapere che Archie non dormirà a casa sta notte, senza sua moglie, e alla fine di tutto è a causa sua. Così rimane a guardarlo in silenzio, cercando da un lato di placare la vocina che le dice di dargliela vinta e dall'altro di tenere a bada i sensi di colpa. Passare del tempo con Archie non porta a niente di buono, rende sempre più difficile doverlo scacciare la volta successiva. Per lui, ma anche per lei.

<<Dieci minuti>> mormora però Vittoria ed è una scelta che farà incazzare qualcuno e della quale si pentirà, ma dieci minuti del suo tempo glie li deve. Gli deve una vita.

Non guarda la reazione di Archie perché subito dopo aver parlato gli dà le spalle e comincia a camminare sul marciapiede verso casa, Emma cammina al suo fianco continuando però a guardarsi indietro.

<<Hai fatto bene zia>> mormora dopo un po' lei, a voce bassa, quasi fosse un segreto. Vittoria la guarda e accenna un piccolo sorriso.

<<Meglio questo di farlo salire per cena>> risponde proprio davanti al portone della loro piccola palazzina. Suona il citofono e aspetta che Clarice apra, dopo di che scosta la porta per Emma e la lascia passare nell'androne con le scale. <<Emma, racconta cosa è successo e dì a mamma che torno tra un po'. Dille che le voglio bene. Se dovesse sembrare arrabbiata tu aggiungi che secondo te ho fatto bene>>

Emma annuisce e gira su sè stessa, correndo verso le scale. Quando sente la porta di casa aprirsi, Vittoria fa un passo indietro e torna sul marciapiede. Prende un grosso respiro, tenendo gli occhi chiusi per qualche attimo, poi raggiunge Archie intento a sistemare la macchina lì dove l'aveva lasciato.

<<Hai dieci minuti, non sprecarli>> esclama la ragazza una volta davanti allo sportello nero opaco. Non che da Archie Davidson ci si potesse aspettare qualcosa di più sobrio. Anzi Vittoria è sorpresa dal vederlo vestito con una semplice maglia nera a maniche lunghe e un paio di jeans non troppo baggy. Sono progressi.

Il ragazzo in questione scende dalla macchina bassa con un sorriso e la chiude senza guardarla, sistemandosi un cappellino con la visiera da baseball sulla testa.

<<È Londra e c'è il tramonto, dovrei essere davvero un idiota per giocarmela male>> risponde, guardandola di sfuggita prima di cominciare a fare strada sul marciapiede. Direzione sponda del Tamigi.

<<Tu lo sai vero, che non puoi piombare così all'improvviso nella mia vita>> decide di approfittarne lei, sperando di chiarire il concetto una volta per tutte ma consapevole di essere fin troppo ottimista.

Archie infatti, in tutta risposta, ride

<<Peró ti piace. Ti fa sentire apprezzata>> controbatte in tutta serenità.

<<Mi fa sentire perseguitata>> lo corregge, facendo un mezzo saltello per evitare una mattonella dissestata. Un po' è anche felice per essersene uscita con quella risposta.

Archie alza gli occhi al cielo.

<<Parlare con te è come correre una di quelle gare dove hai avuto problemi in qualifica, piove, non riesci a mandare in temperatura le gomme e ad ogni curva rischi di andare fuori>> commenta lui, con fare serioso <<Peccato che siano le mie gare preferite>>

<<E ti pareva>> non riesce a trattenersi Vittoria, facendo sfuggire dalle sue labbra la frase in Italiano.

Archie le lancia uno sguardo buffo da sotto la visiera del cappellino mentre tiene la testa bassa per non farsi notare dalla gente che affolla la piccola piazzetta nella quale sbucano. Uno come lui non può godersi un posto del genere in libertà e accelera il passo, cercando di raggiungere al più presto una zona più tranquilla. Si ferma però ad aspettare Vittoria quando si accorge che lei è invece rimasta indietro, intenta a godersi uno dei suoi posti preferiti al mondo. Il motivo per cui ha preso casa a Southwark quando si è trasferita.

Il cielo sopra le loro teste è arancione pastello, fili di lucine passano da un palazzo all'altro, sembrando stelle incredibilmente vicine e la porta aperta di un pub poco distante crea un sottofondo familiare, fatto di risate, bicchieri sbattuti e lo strimpellare di qualche nota alla chitarra. È un piccolo posto pieno di magia.

Archie non solo la aspetta però, ma la guarda in un modo che a Vittoria fa venire la pelle d'oca. È la sensazione di avere una persona che in mezzo ad una piazza affollata ha occhi solo per te e tu, in quel momento, sei te stesso ma sei anche qualcos'altro. Sei il punto di fuga di qualcuno in uno scenario che ne contiene altri cento, e dove altrettante persone hanno il proprio, o lo stanno cercando.

Vittoria non se lo merita di essere quello di Archie.

Non quella Vittoria, magari un'altra in un universo parallelo che non gli ha fatto ciò che gli ha fatto lei. A quell'altra Vittoria piacerebbe essere il centro delle sue attenzioni. Quell'altra Vittoria forse una chance ad Archie glie la darebbe.

Quella di questo universo, però, non può.

Così lo raggiunge con quella consapevolezza che le fa abbassare la testa, evitando lo sguardo di lui che come sempre cerca di dirle qualcosa. Riprendono a camminare in silenzio, lei con troppi pensieri che comunque non potrebbe rivelargli, lui pieno di parole che lei non vorrebbe sentirsi dire.

Una volta sul lungo Tamigi però, Archie devia la loro camminata per raggiungere il muretto che costeggia la sponda del fiume e sedercisi sopra, poi batte la mano lì accanto, come facendole segno di raggiungerlo. Vittoria ha la sensazione che si sia ricordato di quel loro discorso a Cannes, quello sui muretti e il tramonto e il mare. O almeno, lei non riesce a smetterci di pensarci.

<<Raccontami della tua vittoria di oggi>> esclama Archie quando lei si poggia con il busto contro il muretto, accanto a dove finiscono le gambe incrociate di lui.

<<Così poi sarai giustificato a raccontarmi della tua?>> domanda Vittoria, ritrovando il solito gusto che prova nel punzecchiarlo. Con le spalle al sole che tramonta Archie si lascia andare in una bella risata.

<<La mia vittoria è piena di cose pericolose, imprevisti dell'ultimo minuto e cartelloni in cinese con il mio nome sopra>> risponde lui <<La tua?>>

Vittoria alza le sopracciglia con fare esageratamente sorpreso.

<<Sotterfugi, carisma e un po' di cattiveria>> elenca lei, guadagnando in risposta uno sguardo interessato. Certamente lo sarebbe ancora di più se sapesse che lui fa parte di quei sotterfugi, ma quella è una storia che difficilmente verrà mai a sapere. Piuttosto gli parla della sua grande conquista e, alla fine, dopo averlo sfottuto un po', resta anche ad ascoltare quella di lui.

Trascorrono così più dei dieci minuti che gli aveva concesso ma non è comunque ancora del tutto buio quando lei lo costringe a cominciare a tornare, minacciando di lasciarlo lì da solo a parlare al vento. Non che la camminata verso casa gli impedisca di parlare di sè ora che c'ha preso gusto.

<<Non mi convincerai con quattro chiacchiere di essere meno noioso di quello che sei>> lo riprende Vittoria, guardandolo con fare innocente.

<<E' il prezzo da pagare per essere un vincente>> controbatte Archie, stranamente non pensando a contestare il fatto di essere noioso <<Quando vuoi vincere davvero qualcosa devi essere pronto a perdere tutto il resto>>

La ragazza guarda per un attimo davanti a sè, pesando ogni parola di quella frase e pensando a quanto in realtà, per una volta, vorrebbe dargli ragione. Archie conosce davvero il peso di una corona e Vittoria è lungi al pensare che sia una cosa facile.

Quando però cerca il suo sguardo si rende conto che il ragazzo non è più al suo fianco ma è fermo pochi passi dietro di lei sullo stretto marciapiede di quella strada, gli occhi puntati sui palazzi di fronte. Aggrottando le sopracciglia lo raggiunge ma Archie sembra essersi dimenticato della sua presenza e attraversa velocemente la strada.

<<Non ricordavo che fosse qui>> mormora l'attimo dopo, osservando con attenzione il portone di legno pesante davanti al quale si ferma. Sembra essere l'entrata di una chiesa, una chiesa molto, molto piccola.

Archie prova a scostare il portone e quando si rende conto essere aperto allunga una mano per afferrare quella di Vittoria e trascinarla con sè all'interno. La ragazza lo lascia fare, incuriosita, e si sporge leggermente oltre la spalla di lui per guardare meglio. Dopo un ingressino stretto e un'altra porta di legno i due si ritrovano in un'angusto spazio rettangolare dalle pareti in pietra, la cui principale fonte di luce è una imponente finestra mosaico appena dietro l'altare.

I piccoli pezzetti di vetro colorato, illuminati dagli ultimi raggi del tramonto, riempiono le mura di pennellate di vita.

<<E' bellissimo>> esclama Vittoria, guardandosi intorno esterrefatta.

Archie annuisce prima di sfilarsi il cappello e incastrarlo tra le dita, per poi agganciarle dietro la schiena alla mano che già stringe quella di Vittoria. Camminano così lungo la navata, il ragazzo davanti e lei che si lascia trasportare. Al centro, le loro mani unite in quello strano modo.

<<Avevo una casa da queste parti tanti anni fa, la prima che ho pagato interamente con i miei soldi>> le racconta lui con un tono basso e rispettoso, diverso da qualsiasi altro modo in cui l'abbia sentito parlare <<Venivo qui tutte le domeniche, il parroco faceva sempre un'omelia bellissima e le suore mi adoravano. Non pensavo che ci sarei mai tornato>>

Si ferma solo quando sono a pochi passi dagli scalini che portano all'altare e guarda in alto, verso il crocifisso tenuto per aria da spessi fili e poi oltre, sul mosaico colorato. Vittoria osserva il suo viso per un attimo, trovandolo completamente assorto dalla contemplazione di quel posto.

<<A me le chiese fanno venir voglia di piangere>> mormora lei, presa da quel momento a cuore aperto. Poi si morde la lingua.

Archie ride piano.

<<Perchè?>> le domanda.

Anche Vittoria in realtà vorrebbe chiedersi perchè gli ha detto una cosa del genere, perchè tra tutte le persone con le quali avrebbe potuto parlarne aveva scelto di farlo proprio con Archie Davidson, perchè in quel momento.

<<Non so, è una cosa stupida>> cerca comunque di rispondere <<Non ho mai capito sei sia perchè è qualcosa di bello o qualcosa con la quale temo di interfacciarmi>>

E' la prima volta in realtà che formula quel pensiero, che si trova davanti a quel bivio. Non ne aveva mai parlato con nessuno.

<<Vorrei sapere tutto di te>> mormora Archie, respirando piano <<Tutte queste stupide cose>>

Vittoria comincia a trovare quel momento troppo intimo.
Non in un modo brutto, ma in un modo che li avvicina molto più di quello che avrebbe dovuto lasciargli fare.

<<Mi stai davvero tenendo per mano?>> domanda quindi cambiando registro, con il suo solito modo di fare distaccato e un po' canzonatorio.

<<Si>> risponde lui, senza guardarla <<Ma ho smesso di stringere da quando siamo entrati. Sei tu che non vuoi lasciarmi andare>>

Vittoria spalanca la bocca, cercando immediatamente di sfilare la presa e di nascondere l'improvviso imbarazzo. Se era stata davvero lei a stringerlo in risposta, non se n'era accorta. Questa volta però è lui, senza dubbio, a non mollare la presa.

Sentendola lottare per riappropriarsi della libertà della propria mano, Archie distoglie lo sguardo che ha tenuto fino ad allora fisso da davanti a sè e lo lascia cadere su di lei, accompagnato da un sorrisino sghembo. I tasselli colorati si riflettono anche sul suo viso, colorandogli le guance e la linea fine del naso di rosso e giallo e dandogli un'aria improvvisamente pura e bella, qualcosa che solo Vittoria avrebbe avuto il privilegio di vedere.

Ma lei, davanti a quella scena, non vuole far altro che scappare.

Scappare per salvare sè stessa e Archie da uno sguardo di troppo, dalle loro mani strette per un momento di troppo, da un battito di troppo, che costerebbe loro tutto.

Tira via le dita con uno strattone e lo guarda quasi con rimorso, sentendo la linea delle proprie labbra acuirsi verso il basso. Poi gli dà le spalle e lascia la chiesa camminando in fretta. Non è la prima volta che corre via da lui, ma per la prima volta doverlo fare la ferisce.

Alla fine Archie la raggiunge e riprendono in silenzio la passeggiata verso casa, non troppo lontana ma neanche vicina quanto Vittoria vorrebbe. Tengono entrambi le mani affondate nelle tasche, lei in quelle del trench e lui in quelle dei jeans, come se lasciarle libere fosse improvvisamente diventato qualcosa di pericoloso.

Si guardano per la prima volta solo quando sono ormai davanti al portone di casa di lei, in un modo imbarazzato e durante il quale entrambi cercano qualcosa da dire. Archie ondeggia leggermente sui talloni, Vittoria cerca le chiavi nella borsetta a tracolla.

<<Un giorno smetterai di scappare>> se ne esce all'ultimo lui, appena prima che la ragazza infili le chiavi nella toppa.

Vittoria, di spalle, ride e silenziosamente lo fa anche Archie.

<<Fai prima a lasciar perdere>> esclama la ragazza. Scuote la testa e nel frattempo apre la porta, mettendo un piede nell'androne.

<<Non sono mai stato bravo ad arrendermi>> risponde, scrollando le spalle con un modo di fare per un attimo quasi bambinesco.

<<Dovrai, questa volta>> dice Vittoria.

Alla fine l'avrà vinta lei, alla fine Archie si scoccerà e la lascerà perdere. Dovrà essere più brava del solito però perchè davanti ha un campione, e perchè potrebbe non essere quello che vuole davvero.

Gli fa un'ultimo sorriso quasi di circostanza e poi chiude il portone, salendo a piedi le scale fino al terzo piano. Approfitta di quel momento da sola per chiudere quei momenti in uno scomparto isolato della propria testa, ritrovandosi però senza forze e assolutamente senza voglia di festeggiare.

E non è l'unica a quanto pare, visto che una volta a casa trova la tavola apparecchiata ma senza nessuno attorno. C'è una padella con degli spaghetti all'interno poggiata lì al centro, una bottiglia di vino già aperta e un calice in meno. Un bigliettino con su scritto fiera di te è poggiato al solito posto di Vittoria.

La ragazza si porta due dita alla radice del naso, chiude gli occhi e prende un grosso respiro, cercando di capire come uscire da quella situazione. L'ultima cosa che vuole è ferire Clarice, sopratutto per qualcosa che non potrà mai esistere. La sua migliore amica però sembra non vedere i suoi sforzi e la fa sentire comunque dannatamente in colpa e ha sicuramente le sue ragioni per farlo.
Poco importa il fatto che Clarice abbia un carattere particolare, che sia capace di rimanerci male persino per le cose più piccole se per lei sono importanti.

Poco importa Archie Davidson e quello che hanno fatto a lui.

Vittoria avrebbe dovuto troncare ogni rapporto tempo fa, senza rimorsi.

Alla fine la ragazza si riempie il calice di vino e va alla ricerca di una penna, per poi scrivere sul retro del bigliettino che l'altra le aveva lasciato Mi dispiace. Portando con sè il bicchiere attraversa l'appartamento fino ad arrivare alla porta della camera di Clarice - trovandola chiusa come altre, pochissime volte - e lì accanto si siede per terra, facendo scivolare il bigliettino nella fessura tra la porta e il pavimento.

Una risposta non tarda ad arrivare, sempre consegnata da sotto la porta.

Lo so.

Mi passerà.

Vittoria resta a guardare il bigliettino per qualche minuto, osservando la grafia ordinata e tondeggiante di Clarice così diversa dalla sua, storta e quasi infantile.

Sono qui fuori quando vuoi, lo rimanda indietro e poggia la testa contro il muro, bevendo un sorso di vino e chiudendo gli occhi, perdendosi nella frivole fantasia che per una volta le cose fossero facili.

E' un pensiero però insostenibile per lei che, tirando le somme, quella situazione se l'è cercata. Per lei che le cose facili le ha sempre evitate.

Per lei che però non si è mai resa conto di quanto la propria, complicata, vita finisse per influenzare quella delle persone vicine, che magari dalla vita non volevano altro che fosse semplice.






🌸🌸

quel modo strano in cui Archie la tiene per mano 🌸

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E state pronti per il prossimo capitolo lunedì !

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