Capitolo 2
Will you stay by my side
Will you promise me
If I let go of your hand, you'll fly away and break
I'm scared scared scared of that
🎵 Butterfly, BTS
«Mirea, non correre! Attenta!»
Sentivo i miei genitori strillare, ma correre mi piaceva così tanto. Adoravo sentire il vento nei capelli, le risate cercando di acchiappare le farfalle e poi le gambe molli a fine corsa, quando ruzzolavo sull'erba perché troppo stanca.
Il problema è che ero troppo sbadata, non guardavo mai dove mettevo i piedi, troppo presa dai colori sgargianti delle farfalle che inseguivo, così un pomeriggio inciampai e caddi, ma ad accogliermi fu qualcosa di morbido, qualcosa che si muoveva veloce su e giù e da cui riverberò una risata divertita.
«Oh... ehm... s-scusami.»
Due occhi scuri e intensi si posarono nei miei, divertiti, allegri, pieni di vita.
«Non scusarti, non è successo nulla.»
Il bambino, poco più grande di me, mi aiutò a rimettermi in piedi e poi mi chiese: «Ti piace di più quella arancione o quella blu?»
Lo fissai senza capire e lui mi indicò le farfalle che poco prima stavo inseguendo e che ora si erano posate sui piedi.
«Il blu è il mio colore preferito» rivelai, mentre lui si avvicinava per osservarle meglio.
«Allora, adesso quando vedrai una farfalla blu, penserai a me.»
Come se non lo avessi pensato anche solo guardando una farfalla arancione o una di un altro colore.
Sapevo che con quell'affernazione mi stava dicendo che lui sarebbe stato come la farfalla blu per quella arancione, sempre presente. Un compagno di giochi e di vita ineguagliabile.
Non sapevo, all'epoca, che farfalla è simbolo di metamorfosi, di cambiamento, altrimenti avrei potuto immaginare la piega che avrebbe preso la mia vita da quel momento in poi. Sarebbe stata più bella, più ricca, più vera.
Sorrisi e annuii, ricominciando a correre, questa volta con lui.
×××
Mi svegliai sul divano, esattamente dove poco prima ci eravamo seduti nell'attesa che la lasagna cuocesse.
Accanto a me, Jonghyun e Min-so dormivano abbracciati, anche loro crollati nel mondo di Morfeo.
Erano belli insieme, lo erano sempre stati.
Jonghyun era una persona stupenda, si curava sempre degli altri e faceva in modo che la vita delle persone che amava fosse sempre quella che desideravano, spesso annullando se stesso. Per la sorella non faceva eccezioni, anzi. Lei era la prima persona della sua vita. Era era giusto così.
Mi alzai, spostandomi in punta di piedi verso la cucina.
Sfornai la lasagna e la poggiai sul ripiano, iniziando a tagliarla per poterla servire.
Ero così concentrata sul profumino che emanava da non rendermi conto di Jonghyun dietro di me, fino a quando non mi strinse, posando il viso sulla mia spalla.
«Mi mancava vederti cucinare, sai?»
Sorrisi, senza smettere di tagliare la pasta.
A me mancavi tu, avrei voluto dirgli.
Mi girai verso di lui, posando le posate sul ripiano e guardandolo negli occhi.
«Ora potrai vedermi farlo più spesso.»
Lui premette la lingua sulla guancia, creando una piccola protuberanza, e inclinò la testa di lato, come faceva sempre quando era sovrappensiero o non capiva cosa gli stesse accadendo intorno.
«Min-so non ti ha detto nulla?»
Lui incrociò le braccia al petto, sollevando di nuovo la testa, mentre i capelli si spostavano di qua e di là mozzandomi il fiato.
Ripensai alle farfalle, al sogno che avevo fatto e che mi aveva ricordato quel giorno di così tanti anni prima.
Lui da piccolo bruchetto era diventato una farfalla meravigliosa, colorata, piena di vita, con tanti sogni nel cassetto realizzati e tanti altri ancora da raggiungere.
«Riguardo cosa?»
Mi appoggiai al bancone dietro di me, stringendolo tra le mani.
«Resterò più del solito a Seoul.»
I suoi occhi si fecero enormi, le labbra si schiusero per la sorpresa e le braccia ricaddero lungo il corpo.
«Intendi... fino a Natale?»
Io scossi la testa.
«Di più. A dire il vero, credo di restare per sempre.»
I suoi occhi si spalancarono ancora di più, fissandomi attoniti. Poi me lo ritrovai addosso, il suo corpo premuto contro il mio e le sue braccia a stringermi forte, come se fossi il cibo di cui nutrirsi.
Vedete, gli abbracci richiudono tante cose.
Gli abbracci possono essere dati quando si è felici o quando si è tristi, quando si ha bisogno di aggrapparsi a qualcuno o di fare del bene all'altro. E quando abbracci una persona, potrai fare soltanto due cose: spezzarle il cuore in mille pezzi, oppure orendere quei mille pezziem e ricucirli insieme.
Jonghyun era un maestro nel rimettere insieme i miei pezzi. Sapeva come toccarmi, cosa dirmi, quando e come dirmelo. E forse era il pregio del fatto che vi conoscessimo da una vita.
«Dici davvero? Guarda che gli scherzi di questo tipo non mi piacciono, lo sai.»
Sollevai la testa, poggiando il mento al suo petto per permettermi di guardarlo meglio negli occhi che sapevano così tanto di casa.
«Non ti sto prendendo in giro, oppa.»
Lui spostò una mano sui miei capelli, accarezzandoli dolcemente. Poi mi baciò la fronte e io, seppur con riluttanza, mi costrinsi a spostarmi per impiattare la lasagna prima che si freddasse troppo.
«Vai a svegliare Min-so? E a chiamare i miei genitori, per favore?»
Lui annuì e uscì dalla cucina, lasciandomi sola con una lasagna e un vuoto troppo pesante da poter portare sulle spalle.
×××
«Ragazzi, sono davvero felice che siate qui. Mirea parla sempre di voi.»
Mia madre era la regina del mettermi in difficoltà davanti agli ospiti. Lo faceva sempre e ammonirla era inutile, avrebbe comunque continuato a farlo. Era più forte di lei.
«Il piacere è nostro, signora» si intromise Junghyun. «Mirea ci ha dato una notizia bellissima oggi.»
«Riguardo il trasferimento? Eravamo titubanti, ma sapete, con il lavoro di mio marito e il suo trasferimento qui, restare in Italia sarebbe stato difficile.»
Infilzai l'ultimo pezzo di lasagna.
«Per fortuna Mirea non ha mai avuto problemi con Seoul, anzi...» mio padre prese le redini del discorso.
«A Seoul mi sento a casa» diedi voce ai miei pensieri per la prima volta, durante quella cena. «Qui ci sono i miei amici» indicai i due ragazzi seduti con noi. «Ci sono le mie origini. Non che io rinneghi quelle italiane, ma Seoul... non lo so, Seoul ha qualcosa di speciale.»
Mio padre si pulì la bocca con il fazzolettino, per poi ripiegarlo perfettamente sul tavolo.
«Sono davvero orgoglioso di sentirti dire queste cose.»
Min-so mi guardò, sorrideva come non le vedevo fare da tempo.
Jonghyun, di riflesso alle parole di nio padre, posò una mano sulla mia gamba.
E capii, con quel solo gesto, che per quanti anni potessero passare distanti, io e lui saremmo sempre stati a un millimetro di cuore.
Anche lui era orgoglioso di me.
E io, come potevo io non esserlo di una farfalla così bella?
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