Poso l'orecchio
sulla dolce superficie,
beandomi di ciò che non vede l'occhio:
sinfonia mietitrice;
risuona scostante,
mentre i pensieri affollano la testa,
del caos amante,
un'infinita tempesta funesta.
L'acqua sposta un corpo
indebolito dagli eventi,
poco antropomorfo,
assenti sentimenti.
Persa in un limbo
ove i fantasmi si accumulano.
C'è un bimbo
con immense paure che lo annientano.
E io, qui, galleggiando
in un oceano di pensieri sprofondando,
annegando,
un po' di lucidità aspettando.
Cosa mi separa
dalla terra ferma?
Giovinezza amara,
crescita acerba.
Voglia di scappare
da ogni luogo,
cercando di dimenticare:
ricordi al rogo.
Ma questa voglia di fuggire
rivelatasi distruttiva,
niente riesce ad intimorire
e nessun dubbio assopire.
Oscillo impercettibilmente,
l'acqua ancora scorre
mandandomi a valle velocemente,
non ci si può imporre.
Toccare la riva, bramo
posare un piede, equilibrio
un respiro, necessitiamo
un ti amo, ebrio.
Occhi chiusi
cuore infranto,
maltrattato da mille abusi,
oscuro incanto.
Cammino su rocce,
orme coprono il fango
sul viso eterne gocce,
sui miei pensieri rimango.
Passeggio a vita
in un luogo gelido
un'anima avvilita,
un corpo frigido
in memorie scostanti,
urla assillanti,
sguardi allarmanti,
non andrò più avanti.
Rimarò in questo giro
perdendo la testa,
non mi ritiro,
tempesta funesta.