Chào các bạn! Vì nhiều lý do từ nay Truyen2U chính thức đổi tên là Truyen247.Pro. Mong các bạn tiếp tục ủng hộ truy cập tên miền mới này nhé! Mãi yêu... ♥

Prologo


Los Angeles.

La città delle star, della libertà, delle luci. La città in cui puoi essere te stesso. Certo, non è perfetta, ha i suoi difetti, i suoi brutti quartieri e i suoi criminali. Eppure tutti sognano di andarci a vivere. Per i VIP forse? Per il clima o per il mare?

Ovviamente, tutte cose che non dispiacevano a Nate, ma c'erano altri motivi per cui era così emozionato di trasferirsi lì. Non era nemmeno preoccupato di lasciare i suoi amici, visto che non ne aveva. Non veri amici comunque. "Nessuno mi capisce" diceva quando era bambino.

Nate era un ragazzino incredibilmente intelligente, brillante e di buon cuore. E gli piacevano le bambole. Forse era questo il problema, ma Nate era troppo ingenuo e ottimista per credere che tutti i bambini di sei anni potessero essere così chiusi e pieni di pregiudizi da giudicare un bambino perché non gli piacevano i giochi da maschi.

In alcuni casi, Nate lo sapeva, erano i genitori a non volere che i loro figli giocassero con lui. E anche le bambine si rifiutarono di lasciargli vestire le bambole con loro, forse perché influenzate dagli amici.

Crescendo aveva capito che le persone amano la normalità, le cose che sono come dovrebbero essere, non le eccezioni. "Ma chi è che decide cosa è normale e cosa no?" si era ritrovato a chiedersi.

Perlomeno aveva sua sorella Lana con cui giocare con le bambole, e lei non lo aveva mai considerato strano. Lana aveva solo due anni meno di lui, ma era anche lei molto intelligente per la sua età, a differenza dei suoi coetanei.

Nessuno dei suoi compagni lo aveva mai invitato a giocare a football, perché davano per scontato che non gli piacesse, visto che gli piacevano i giochi da femmina. In realtà Nate amava il football, gli piaceva molto guardarlo e giocarci insieme al padre, e da grande sognava di diventare un giocatore professionista della National Football League.

Forse anche per questo i suoi genitori non si erano mai preoccupati di vederlo giocare con le bambole. Sapevano che gli piaceva il football, che consideravano uno sport da maschi, quindi pensavano che quella fosse solo una fase, un modo di approcciarsi con le ragazze o per passare il tempo con la sorellina. E Nate aveva deciso di lasciarglielo credere.

Le persone del suo paese erano quasi tutte convinte che la diversità fosse strana, anormale forse, e assolutamente da evitare. Per questo quando, a nove anni, si era ritrovato a pensare a lui e al suo compagno di banco mano nella mano aveva deciso di non dirlo a nessuno. Aveva già capito che quello fosse molto simile alla storia delle bambole, perché ai bambini piacevano le bambine, non gli altri bambini.

Si era sentito strano quando aveva realizzato questa cosa. Ancora non sapeva di aver appena compreso il suo orientamento sessuale, questo l'avrebbe capito solo due anni più tardi, guardando un film in cui un ragazzo si innamorava del suo migliore amico e andava incontro alla discriminazione dei familiari e degli amici per stare insieme a lui.

Questo lo colpì da una parte in senso positivo, perché almeno sapeva di non essere l'unico, che c'erano tante altre persone come lui nel mondo. Dall'altra in negativo, perché aveva realizzato ciò che avrebbe affrontato in futuro.

Ora aveva dodici anni, nessun amico e un trasferimento alle porte. E ne era entusiasta. Era abbastanza intelligente da capire che in una grande città come Los Angeles le cose sarebbero state diverse. Avrebbe incontrato persone come lui e persone a cui non sarebbe importato niente del suo orientamento sessuale. Inoltre era pur sempre un ragazzino che doveva lasciare il suo piccolo paesino nel sud del Texas per andare in una grande città piena di vita, e non poteva non esserne entusiasta.

Perciò infilò la sua rivista di football nello zainetto che i genitori gli avevano detto di prepararsi per affrontare il viaggio in aereo e lo chiuse. Poi spinse la valigia fuori dalla porta della sua cameretta e la guardò per l'ultima volta nella sua vita. Gli sarebbe mancata, un po', ma non troppo. Era piccola, buia e aveva le pareti rovinate a causa dei poster che aveva attaccato. Sapeva che la sua stanza a Los Angeles sarebbe stata più grande perché il padre aveva ottenuto un'importante promozione al lavoro e avrebbe guadagnato molto di più d'ora in avanti.

Sarebbe andato tutto bene.

***

Il primo giorno nella nuova scuola lo faceva sentire ansioso. Era deciso a farsi degli amici questa volta, e sperava con tutto sé stesso che ci sarebbe riuscito.

Quando entrò nell'aula di Matematica,  la prima ora della giornata, si mise seduto nell'unico banco libero. Era accanto a un ragazzino moro e con due grandi occhi marroni che gli sorrideva. Fece per tirare fuori il quaderno dallo zainetto, ma il ragazzino gli porse la mano.

"Ciao, io mi chiamo Mike" si presentò.

In un primo momento Nate rimase incantato da quel sorriso, da quegli enormi occhi brillanti che lo guardavano curiosi e furbi e soprattutto dal suo accento che non era abituato a sentire. Poi allungò la mano e gliela strinse. "Piacere, io sono Nate".

Per un momento Nate pensò che sarebbero potuti essere amici, ma c'era ancora una cosa da valutare. "Da bambino giocavo con le bambole" confessò, fissandolo dritto nelle pupille, come a volerlo sfidare a prendersi gioco di lui.

Ma con sua enorme sorpresa il ragazzino scrollò le spalle e rispose:
"Anche io".

E Nate parve scoppiare dalla felicità. Pensò che quel bambino potesse essere come lui, perché ai bambini a cui piacciono le bambole devono piacere anche gli altri bambini, doveva essere per forza così. Era arrivato a scuola da neanche un giorno e si era già fatto un amico.

Non poteva esserne più felice.  

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro