35: La partita non è finita finché non è finita
"George Harris"
Il primo impulso fu quello di stringere il pugno e sbatterlo contro il muro. Ma in meno di un secondo si rese conto che sarebbe stato decisamente controproducente, e che c'era un'altra superficie molto più adatta contro cui farlo scontrare, e che gli avrebbe dato anche molta più soddisfazione.
Se prima non era sicuro di quale emozione prevalesse sulle altre, adesso ne era certo. Era così arrabbiato che avrebbe tranquillamente potuto staccare la testa a George Harris con una sola mano.
Non era sicuro del motivo per cui scoprire che fosse lui l'artefice di quello scherzo lo aveva fatto infuriare ancor più di prima, ma probabilmente aveva a che fare con i loro precedenti.
Era la seconda volta in appena una settimana che Harris si permetteva di sventolare ai quattro venti cose che non lo riguardavano affatto e che sarebbero dovuto restare segrete ancora per poco tempo, e Nate non poteva sopportarlo.
In più ora si aggiungeva un altro motivo per avercela a morte con lui: Lana. Non solo l'idea di quei due insieme lo faceva rabbrividire e gli faceva salire la bile in bocca, ma l'aveva anche fatta piangere a dirotto e presa in giro.
"George Harris?! Seriamente? Mi spieghi che diavolo ci hai visto in lui!"
"Nate" si sentì richiamare, ma con suo stupore non era la voce di sua sorella.
Si voltò e vide Mike correre verso di lui, il caschetto in mano e i capelli scombinati.
Dietro di lui c'erano Josh e Logan, e quando aguzzò un po' la vista vide tutta la squadra camminare verso di lui.
C'era però qualcosa di strano perché sembravano molti di più di quanto avrebbero dovuto. Che ci fosse anche qualcuno da pubblico?
Fu solo quando furono quasi davanti a lui che se ne accorse: anche la squadra avversaria aveva abbandonato il campo.
Nate si sarebbe sentito gratificato e felice se non fosse stato preso da qualcosa di maggiore importanza. E quel qualcosa, con suo enorme disgusto, sbucò da dietro le due squadre per piazzarsi di fronte a lui, con un ghigno arrogante sul volto.
La rabbia crebbe e divampò come fuoco dentro Nate, finché non fu più in grado di trattenerla.
"Tu!" esclamò puntandogli un dito contro. "Brutto pezzo di merda, io ti ammazzo!"
Fece per lanciarsi verso di lui e colpirlo, ma si sentì trattenere per le braccia.
"Nate fermati, non ne vale la pena" gli sussurrò Mike all'orecchio.
"Lasciami!" ordinò continuando a divincolarsi dalla presa del suo migliore amico, che dovette farsi aiutare dagli altri due per tenerlo fermo.
"Lasciatemi! Lo farò pentire, lasciatemi subito!"
Il ghigno di George si trasformò in una risata divertita.
"Farmi pentire? Un finocchio come te?" chiese ironico, facendolo solo alterare maggiormente e costringendo i tre ragazzi a stringerselo contro per non farlo sfuggire.
"Collins!" li interruppe il coach Morris, che li aveva appena raggiunti insieme all'allenatore della squadra avversaria.
"Che diavolo stai facendo? Torna subito in campo!" gli ordinò. Aveva la solita voce severa di sempre, ma c'era anche una nota di rimprovero nel suo tono.
"Non prima di aver staccato la testa a Harris" rispose, ma ormai aveva rinunciato a cercare di liberarsi dalla presa dei suoi amici.
"Harris?" chiese confuso, poi si accorse dell'unico ragazzo non in divisa presente là in mezzo e il suo sguardo si indurì.
"È opera tua questa? Dovevo immaginarlo".
"Ho solo fatto in modo che tutti sapessero la verità coach, non sono io quello che ha mentito a tutti qui" rispose calmo, come se fosse veramente sicuro di avere ragione.
E fu proprio questa sicurezza che aumentò la rabbia di Nate.
"Sei un pezzo di merda! Non avevi alcun diritto di farlo, come non ne avevi di prenderti gioco di mia sorella" lo accusò.
George rise indifferente, come se tutto ciò non lo toccasse direttamente, ma fosse solo una persona estranea ai fatti.
"Io non mi sono preso gioco di nessuno. Io e tua sorella ci siamo solo divertiti, non è colpa mia se lei ha voluto confidarmi certi segreti" si giustificò, e Nate poté sentire Lana emettere un gemito imbarazzato e ferito al suo fianco.
"Brutta razza di-"
"Adesso basta!" li interruppe nuovamente l'allenatore.
"Non siamo qui per assistere a drammi adolescenziali, e le persone con cui se la fa Collins sono affari suoi e del suo culo, è chiaro a tutti?" disse, rivolgendosi non solo a George, ma a tutta la squadra.
Solo a quel punto Nate si guardò intorno per analizzare le reazioni dei suoi compagni, e con sua enorme meraviglia e sorpresa nessuno di loro sembrava disgustato, e nemmeno lontanamente infastidito. Che si fosse sempre fatto mille paranoie per nulla?
Alcuni risero leggermente, divertiti dalla strana battuta del coach, mentre i suoi amici, Josh in particolare, continuavano a guardare George con sguardo truce, ma senza smettere di trattenere Nate per le braccia.
"Non appena entrerai a scuola lunedì filerai dritto dal preside Harris, e lui deciderà cosa farne di te" continuò, stavolta rivolgendosi esclusivamente a George.
Aveva un'insolita aria severa, non sembrava il solito uomo allegro, un po' rozzo, che si fingeva sempre arrabbiato senza mai esserlo veramente. Stavolta lo era sul serio, e la postura dritta e l'espressione seria lo rendevano molto più autoritario.
Perfino George sembrava vagamente intimidito da quel suo lato della personalità perché non aveva più proferito parola, ma quel ghigno arrogante non aveva ancora abbandonato il suo volto.
Ma sparì pochi attimi dopo, quando Morris riprese a parlare.
"Nel frattempo sei fuori dalla squadra. Per sempre".
Tra tutti i presenti si levò un coro di bisbigli, e anche Nate guardò l'uomo con espressione sorpresa. George era uno dei migliori giocatori della squadra, non credeva certo che sarebbe arrivato a buttarlo fuori. Non che gli dispiacesse ovviamente.
"Che cosa?!" esclamò il ragazzo in questione. Anche lui aveva la bocca aperta dalla sorpresa, ma lo sguardo era indignato, offeso, anche un po' ferito forse.
Nate sapeva quanto il football rappresentasse per tutti loro, e se fosse stato lui a dover mollare la squadra sarebbe stato malissimo. Ma lui non era George, si disse, George se lo meritava, se l'era cercata.
"Mi hai sentito Harris. Questa è una squadra e in una squadra ci si aiuta a vicenda, non si cerca di diffamare i compagni, e soprattutto non si insultano per quello che sono".
Nate era basito. Non credeva veramente che il coach fosse quel tipo di persona, dopotutto era stato lui a dirgli che fosse meglio non far sapere a nessuno della sua omosessualità fino alla partita.
"E poi" continuò l'uomo, rivolgendosi agli altri compagni "io non voglio omofobi nella mia squadra, è chiaro per tutti? Se qualcuno di voi ha un problema con Collins se ne vada subito o taccia per sempre".
Morris li guardò tutti, uno a uno, e Nate fece lo stesso, con un groppo enorme in gola. Si aspettava di sentire qualcuno protestare, qualcuno andarsene senza dire niente o almeno qualche sbuffo infastidito, ma niente.
Tra i presenti, compresi quelli della squadra avversaria, nessuno fiatò. Alcuni gli rivolsero un sorriso di rassicurazione, altri guardavano impassibili l'allenatore, altri, come i suoi amici, continuarono a guardare George con aria truce. Jimmy Moore gli rivolse un sorriso smagliante, mostrando tutta la fila di denti bianchissimi e alzando il pollice in su, facendolo ridacchiare.
Tutto ciò lo aveva fatto notevolmente calmare, la rabbia di prima era ormai quasi del tutto sparita, ed era stata rimpiazzata dalla sorpresa.
Nessuno aveva veramente niente da ridire? Nessuno a prenderlo in giro, ridere lui, sbuffare infastidito? Come era possibile?
Fu in quel momento che Nate si rese conto che aveva passato tutta la vita a nascondersi per niente. Tutta quella paura causata dalle prese in giro di quando era bambino non aveva più senso.
Aveva sperato che ciò accadesse da quando gli avevano detto che si sarebbe trasferito a Los Angeles. Aveva sognato di poter essere sé stesso senza timori lì, e quando era arrivato non era riuscito a trovare il coraggio.
Poi crescendo aveva conosciuto le persone peggiori che potesse conoscere, aveva sentito l'opinione dei suoi genitori, e aveva creduto che niente fosse cambiato da quando viveva in quel piccolo paesino del Texas.
Ma a quanto pare si era sbagliato.
La seconda realizzazione fu che adesso tutti sapevano tutto. E con tutti si riferiva specialmente ai suoi genitori in realtà.
Quel pensiero ebbe appena il tempo di prendere forma nella sua testa, prima che qualcuno iniziasse nuovamente a parlare.
"E tu Collins" lo richiamò l'allenatore "voglio che torni subito in campo e giochi come si deve quello che rimane di questa partita" gli ordinò, facendolo deglutire.
Nate non poteva farlo, sapeva di essere troppo distratto per giocare bene e dopo la figuraccia fatta nel primo tempo aveva perso l'occasione di far colpo sull'osservatore.
Quella fu la terza realizzazione che lo colpì, e fece molto più male delle altre.
La sua carriera era finita ancor prima di cominciare, non avrebbe mai giocato in una grande università e non sarebbe mai finito in National Football League.
Il suo sogno di una vita era appena stato infranto, e a Nate veniva da piangere.
Riuscì a trattenersi solo per via di tutte i ragazzi che aveva davanti, ma non poté evitare di far crescere quel groppo che aveva in gola e di iniziare a sentire di nuovo il mal di pancia.
"Che senso ha? Ormai è finita, non mi accetteranno mai a nessuna università dopo oggi" sospirò sconfitto, mentre i suoi amici gli lasciavano le braccia, certi che ormai non avrebbe più attaccato nessuno, e posavano invece le mani sulle sue spalle, stringendo con fare consolatorio.
"Non essere sciocco Collins, la partita non è finita finché non è finita. Sbrigati, tra cinque minuti voglio vederti in campo" rispose senza ammettere repliche, poi si allontanò, seguito dalla maggior parte dei ragazzi delle due squadre.
Rimasero con lui solo Mike, Logan, Josh, Lana e, sorprendentemente, il quarterback della squadra avversaria.
Tutti e cinque lo guardavano in silenzio, senza sapere bene cosa dire, ma alla fine a parlare fu proprio la persona da cui se l'aspettava di meno.
"Il tuo allenatore ha ragione sai? Dovresti tornare in campo" gli disse il ragazzo di cui ancora non sapeva il nome, avvicinandosi cautamente a lui.
Nate lo guardò sorpreso per un secondo, poi scosse la testa, senza dire una parola.
"Mi dispiacerebbe se tu non lo facessi. Ho sentito un sacco parlare di te dagli altri licei sai?" continuò, sorprendendolo ancora.
"Mi hanno tutti detto che sei il miglior giocatore contro cui abbiano mai giocato e che è veramente uno spettacolo vederti in campo. Ti sembrerò masochista, ma non vedevo l'ora che accadesse, volevo giocare contro un futuro campione e vedere come sarei riuscito a cavarmela, e volevo anche vedere quanto veramente fosse bello vederti giocare. E poi non mi piace l'idea di vincere a tavolino, e nemmeno ai miei compagni di squadra" concluse quel monologo, regalandogli un sorriso sincero.
Nate sentì le gote un po' più calde del normale e seppe di star arrossendo a causa dei complimenti ricevuti dal ragazzo. Non disse niente, non ancora del tutto convinto di voler tornare in campo, e furono gli altri a prendere parola.
"È la verità Nate. Poi tu non sei una persona che si arrende facilmente, non farlo nemmeno adesso, non per colpa mia. Ti prego".
Nate si voltò verso sua sorella, che fino a quel momento era rimasta in silenzio.
Non era sicuro di quali emozioni provasse nei suoi confronti in quel momento. Sorprendentemente non era più arrabbiato con lei, perché sapeva che tutto ciò che aveva fatto non era stato per cattiveria, aveva solo buone intenzioni.
Forse era un po' deluso da lei, per essersi fatta abbindolare così facilmente da quell'idiota, ma non poteva arrabbiarsi per quello.
"Non ce la faccio" rispose però, perché era così. Come poteva dopo che tutti avevano visto una foto di lui e Ethan che si baciavano, e soprattutto dopo averlo visto giocare così male durante il primo tempo?
"Sì che ce la fai, Nate" rispose prontamente Josh.
"Non fare il cretino amico, non è successo niente di così grave" insistette Logan.
"Nate, ascoltami" Mike lo prese per le spalle e lo fece voltare, portandolo faccia a faccia con lui.
"Io lo so che ti senti in imbarazzo e non vuoi tornare là, ma devi farlo. Così farai solo il suo gioco, invece devi dimostrare a tutti che tu sei sempre lo stesso, sei sempre bravissimo a giocare a football, sempre quello che non si arrende mai difronte a niente, sei sempre quel bambino che non smetteva di giocare con quella dannata palla anche dopo essere caduto e con il naso sanguinate" disse, e quell'aneddoto di quando erano bambini lo fece sorridere.
"Non importa se non ti accetteranno alla USC, ci sono centinaia di buone università in tutta l'America, ne troveremo un'altra. E più tardi risolveremo anche con i tuoi genitori, e andrà tutto bene alla fine. Ma intanto devi tornare là, far vedere a quel selezionatore cosa si perderebbe non accettandoti e possibilmente anche farci vincere il campionato" disse, pronunciando l'ultima frase con un accenno di risata.
"E poi ci saremo noi lì con te, non giocherai da solo" proseguì, e gli altri tre compagni annuirono, totalmente d'accordo con le parole dell'amico. "Abbiamo fatto una promessa ricordi?" gli chiese, porgendogli il mignolo, e senza un minimo di imbarazzo Nate lo fece incrociare con il suo, sorridendo.
Dopo tutto il tempo che avevano passato a non parlarsi Nate si era quasi dimenticato di che amico fantastico Mike potesse essere, ma gli tornò in mente immediatamente.
Era un totale idiota tutto il resto del tempo, ma quando Nate era in difficoltà riusciva sempre a trovare le parole adatte a farlo stare meglio, e quelle parole erano state " troveremo" e "risolveremo".
Il fatto che avesse usato la prima persona plurale lo aveva fatto sentire meglio in un secondo, perché gli aveva fatto capire che avrebbero sistemato tutto insieme. Tutti e quattro insieme, come avevano sempre fatto.
Nate annuì, con un rinnovato sorriso che gli attraversava tutto il viso, occhi compresi.
Stava per incamminarsi verso il campo, seguito dagli altri quattro mentre la sorella tornava sugli spalti, quando si accorse di una chioma bionda correre verso di loro.
"Nate!" lo richiamò Ethan quando gli fu più vicino. "Scusami sono stato placcato da un branco di ragazze che mi chiedevano se veramente io stessi insieme a Nate Collins" si giustificò subito, poi prese un profondo respiro, facendogli capire che stesse per iniziare uno dei suoi lunghissimi monologhi.
"Devi tonare in campo, lo so che sei sconvolto e tutto il resto ma giuro che se non vai subito ti prendo a pugni, Nate, perché non puoi farti sfuggire un'occasione del genere e dev-"
"Ethan" lo interruppe con un sorrisino divertito, facendolo zittire. Era incredibilmente tenero il modo in cui non aveva quasi preso fiato per dirgli tutte quelle cose, e quelle quattro parole, quelle che aveva confessato a Mike due sere prima a casa sua, gli rimasero incastrate in gola, pronte a venir fuori.
Ma si costrinse a ingoiarle perché non era quello il momento né tanto meno il luogo.
"Sto andando a giocare, rilassati".
Ethan lo osservò sospettoso per alcuni secondi, come a voler valutare la veridicità della sue parole, e alla fine sospirò di sollievo.
Nel frattempo i tre presenti li guardavano divertiti, mentre Mike alzava gli occhi al cielo. "Come fai a stare con uno così logorroico? Io ho cercato di strangolarlo due giorni dopo che aveva imparato a parlare" disse, facendo ridere i presenti, tranne Ethan, che gli lanciò uno sguardo truce.
"Fottiti Mike".
"Sarà meglio che andiamo" si intromise il quarterback avversario "non so per quanto altro tempo possono prolungare l'intervallo".
"Buona fortuna Nate" Ethan gli si avvicinò e, con sua sorpresa, gli lasciò un veloce bacio sulle labbra, che, probabilmente perché non erano da soli, lo fece arrossire.
"A tuo fratello non la auguri buona fortuna?" chiese Mike, fintamente offeso.
"Fottiti Mike".
"Sono le sue parole preferite" bisbigliò mentre si allontanavano dal biondo, facendo di nuovo ridere gli altri quattro.
Note
Ciaoo! Alla fine Nate si è convinto a tornare in campo, secondo voi otterrà la borsa di studio? Fatemelo sapere nei commenti e ci rileggiamo venerdì. 💫
- 2 capitoli alla fine!
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