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34: Il misterioso fidanzato di Lana

Non aveva idea di come fosse riuscito a giocare il primo tempo senza darsela a gambe.

Aveva giocato malissimo, probabilmente le peggiori azioni della sua vita. Non si ricordava nemmeno uno schema, non riusciva a concentrarsi e non faceva in tempo a schivare gli avversari prima che lo placcassero.

Aveva anche rischiato di rompersi qualche osso parecchie volte solo in quei quindici minuti, e questo gli fece capire che avrebbe dovuto smetterla.

In più si sentiva gli occhi di tutti puntati addosso, non che non fosse normale durante una partita di football, ma non lo guardavano nel modo in cui avrebbe voluto.

O almeno questo era quello che pensava, visto che non aveva quasi mai osato alzare lo sguardo verso gli spalti.

Aveva paura di vedere il posto nel quale erano seduti i genitori vuoto. Era sicuro di non riuscire a reggere un abbandono del genere.

Lo stesso valeva per il selezionatore: dopo tutto l'impegno e gli anni di allenamento per arrivare a quel punto, come avrebbe retto il peso di un fallimento del genere?

Non che la foto proiettata sul tabellone fosse colpa sua comunque, ma gli errori che stava facendo durante la partita lo erano eccome, eppure non aveva idea di come evitarli.

Per questo alla fine del primo tempo fece cadere il caschetto a terra e corse fuori dal campo, senza guardarsi intorno nemmeno per un secondo.

Adesso Nate era seduto a terra, dietro gli spalti dove nessuno poteva vederlo, e si sentiva precipitare.

Il cuore gli batteva velocissimo, stava sudando e non riusciva a tenere le mani ferme. Si sarebbe chiesto se non stesse per avere un infarto se non avesse saputo la causa di tutto ciò.

Non riusciva nemmeno a capire quale emozione prevalesse sulle altre, se la rabbia, la sorpresa o la vergogna.

Qualcuno avrebbe potuto dirgli che vergognarsi del proprio ragazzo non fosse proprio il miglior modo per portare avanti una relazione, ma non era così per Nate. Lui non si vergognava di Ethan, non aveva più nemmeno tutta quella paura che gli altri sapessero di loro due.

Aspettava solo di sapere se sarebbe stato ammesso all'università o meno per smetterla di nascondersi, e poi avrebbe vissuto alla luce del sole, senza vergogna.

Ma il pensiero che tutti avessero visto una foto di loro due baciarsi, proiettata in un maxi schermo durante una partita di football con il selezionatore di una delle migliori università d'America e con persino i suoi genitori tra il pubblico non era proprio la stessa cosa.

Nate si sarebbe imbarazzato anche se fosse stata una ragazza, anche se sicuramente non avrebbe avuto la stessa reazione. Ma avevano appena esposto una parte così delicata di lui a tutta la scuola, la squadra avversaria e i suoi genitori... qualcuno poteva biasimarlo?

Per quanto riguardava la sorpresa, Nate si rese conto solo tempo dopo che non avrebbe dovuto esserlo affatto, sapeva di cosa certa gente fosse capace per vendicarsi, e se ci avesse pensato un momento avrebbe anche capito all'istante di chi fosse la colpa, visto che lo aveva letteralmente colto sul fatto.

Poi c'era la rabbia, e probabilmente era proprio questa a prevalere. Gli faceva tremare le mani e sbattere i piedi a terra, respirare pesantemente e stringere i pugni fin quasi a ferirsi i palmi delle mani con le unghie.

Non riusciva a credere che, ancora una volta, qualcuno si fosse preso il diritto di farsi gli affari suoi, di rendere pubblica, stavolta definitivamente, una cosa della quale spettava a lui decidere, a lui e nessun altro.

E come se non bastasse aveva scelto di farlo proprio quella sera, durante la partita che avrebbe deciso il suo futuro, il cui esito gli avrebbe cambiato la vita.

Inoltre si sentiva in qualche modo violato. Quello era un momento solo loro, di Nate e Ethan, lo considerava in qualche modo intimo, anche se si stavano solo baciando delicatamente, perché riguardava loro due.

Non era uno di quei baci che si possono dare davanti agli amici o in mezzo al pubblico, era una cosa che doveva rimanere privata, non perché fosse particolarmente spinto, ma solo perché se lo erano scambiati in un momento di intimità, mentre erano da soli, e così sarebbe dovuto rimanere.

E poi non capiva come fosse potuto succedere. Quella foto era al sicuro nel suo cellulare, che nessuno, a parte il suo ragazzo e i suoi amici, aveva mai usato, quindi come era potuta finire lì? 

L'unica altra persona ad avercela era sua sorella, ma non pensò nemmeno per un momento che la colpa potesse essere la sua, quindi si chiese se qualcuno non gli avesse rubato il telefono, magari durante gli allenamenti, quando lo lasciava all'interno della sua borsa con i vestiti di ricambio. 

Oppure qualcun altro era passato di lì in quel momento e ne aveva scattata un'altra, ma sembrava piuttosto improbabile. 

A Nate sembrò di essere rimasto seduto a terra, con le braccia che circondavano le gambe, per ore, ma in realtà passarono solo pochi minuti prima che qualcuno lo raggiungesse.

"Nate!" sentì la voce di sua sorella, affannata e disperata mentre correva verso di lui.

Alzò gli occhi un po' lucidi e arrossati per le lacrime, che non si era nemmeno reso conto di aver lasciato cadere, per guardarla quando lo raggiunse, lanciandogli uno sguardo sconfitto.

Ma divenne presto uno sguardo sorpreso e confuso quando si accorse che anche lei aveva le guance rigate dalle lacrime ed era sul punto di scoppiare a piangere. Nate non capiva, si aspettava di sentirsi dire di alzarsi e tornare a giocare perché non era successo niente di così grave, e invece lei sembrava addirittura più sconvolta di lui.

"Mi dispiace tantissimo Nate, io non volevo... non credevo... non..." iniziò a singhiozzare e a balbettare frasi senza senso, rendendo il fratello sempre più confuso.

"M-mi dispiace tanto, è stata colpa mia, sc-scusami tantissimo".

Quelle parole per Nate non avevano alcuna logica. Sua sorella stava dicendo che era stata colpa sua, ma com'era possibile?

Gli venne in mente la litigata del giorno precedente, ma scosse la testa come a voler scacciare quel pensiero.

Non poteva credere che Lana gli avesse fatto una cosa del genere solo per vendicarsi di qualcosa che Nate nemmeno sapeva di aver fatto, non era un'idea nemmeno concepibile.

Lei lo aveva sempre aiutato, lo aveva sempre sostenuto con i genitori e in ogni altra cosa, e sapeva quanto fosse importante tutto quello per lui, non poteva essere vero.

Eppure una parte di lui continuava a pensare che lei era l'unica altra persona ad avere quella foto, perché l'aveva scattata lei, e sembrava l'unica spiegazione logica. 

"Lana, che stai dicendo?". La domanda gli uscì in un soffio disperato, perché non riusciva a esprimere quel pensiero ad alta voce e sperava con tutto il cuore che lei gli dicesse di star solo scherzando.

Ma la ragazza continuò a singhiozzare e si buttò su di lui, gettandogli le braccia al collo e piangendo sulla sua maglietta. "Scusami" continuava a balbettare.

"Ma come hai potuto? Perché mi hai fatto una cosa del genere?" soffiò, non avendo il cuore di allontanarla perché, nonostante gli avesse praticamente rovinato la vita, era sempre sua sorella e stava piangendo disperata tra le sue braccia. Ma nemmeno ricambiò l'abbraccio.

"I-io... sono stata così sciocca, Nate! Credevo che potesse funzionare, invece è solo uno stronzo!"

A quel punto Nate fu nuovamente confuso. Di chi stava parlando? Non era stata lei quindi ad aver fatto mettere quella foto sul tabellone? Non ci stava capendo più niente.

"Lana!"

Fu costretto ad allontanarla per guardarla negli occhi, mettendogli le mani sulle braccia per tenerla davanti a sé. Non voleva guardarla con quello sguardo duro e arrabbiato, ma non poteva fare a meno di pensare che lo avesse appena tradito come mai si sarebbe aspettato da lei. 

La ragazza si prese alcuni secondi per smettere di piangere, facendo respiri profondi che ogni tanto erano comunque interrotti da singhiozzi residui, finché non si decise a parlare.

"Sono stata così stupida" ripeté con la voce ancora tremolante, ma molto meno rispetto a prima. Nate iniziò a innervosirsi sempre di più, e temeva che avrebbe potuto fare qualcosa di cui si sarebbe pentito se non fosse arrivata subito al punto. 

"Me la sono perfino presa con te quando non c'entravi assolutamente niente, era solo colpa sua. Mi dispiace per ieri, ero solo così arrabbiata e ferita" continuò, ma Nate continuava a non capire a cosa, e soprattutto a chi si riferisse.

La confusione non fece che aumentare la sua ira. "Lana, basta, dimmi subito cosa è successo" sbottò, cercando di non urlare. 

Lei riprese a singhiozzare e i suoi occhi si riempirono di nuovo di lacrime, ma Nate non riusciva a sentirsi in colpa. Voleva solo che arrivasse al punto. 

La ragazza rilasciò un sospiro tremante e riprese a parlare. "Ero convinta che alla fine sarei riuscita a farvi andare d'accordo, dovevo solo farvi capire che non eravate poi così diversi. Mi sbagliavo alla grande Nate, non c'è nessuno di più diverso da te, tu sei mille volte meglio".

Nate smise di cercare di indovinare di chi stesse parlando, perciò si limitò ad ascoltare la sua enigmatica spiegazione fino a che non sarebbe saltato fuori un nome.

"Gliel'ho detto io Nate. Di te e Ethan. E gli ho fatto vedere la foto" confessò, abbassando lo sguardo colmo di vergogna.

Nate sgranò gli occhi e la guardò con aria profondamente ferita.

"Lo hai detto a chi? Perché?"

"Mi dispiace" singhiozzò di nuovo. "Sono stata una stupida. Solo che lui era così carino con me, credevo veramente di potermi fidare di lui. E voleva sapere perché mamma e papà pensassero che io stessi con Ethan, era geloso".

"Parli del tuo misterioso ragazzo? È a lui che hai detto di me e Ethan? È stato lui a mettere la foto?"

Lei annuì soltanto.

"Chi diavolo è?" chiese, ma sembrava più ordine che una domanda. Non riusciva a non far trasparire la rabbia verso di lei dal suo tono di voce.

Sapeva quanto fosse importante per lui aspettare la risposta dall'università prima di uscire allo scoperto, come aveva potuto fargli una cosa del genere? A quel punto la voglia di non farla soffrire sparì, voleva che piangesse e stesse male almeno la metà di lui, per quello che aveva fatto.  

Era un pensiero irrazionale, alimentato solo dalla rabbia, ma era reale nella sua testa, e in futuro si sarebbe sentito crudele ripensandoci. 

"Mi dispiace, non credevo che l'avrebbe presa, io non-"

"Dimmi chi è, Lana" ripeté più duramente. 

"L'ha presa a mia insaputa, io non glielo avrei mai permesso. Non potevo immag-"

"Ti ho detto di dirmi chi è!" sbottò, facendola deglutire. 

Dal suo sguardo e da tutta quella riluttanza nel dirgli chi fosse il suo ragazzo Nate aveva già intuito che la risposta non gli sarebbe piaciuta, ma non avrebbe mai potuto nemmeno immaginare, nemmeno nei suoi più reconditi sogni, o meglio incubi, che si trattasse proprio di lui.

Tutto quello non aveva senso, si sentiva svenire, voleva solo accasciarsi a terra e chiudere gli occhi, sperando di risvegliarsi a casa sua, al sicuro nel suo letto. 

Non riusciva a capire come fosse possibile, sua sorella era una brava ragazza, come era potuta finire con una persona del genere? 

Era terribile, la persona peggiore che potesse scegliersi.

La stessa persona che gli aveva già più volte messo i bastoni tra le ruote.

La stessa dalla quale avrebbe dovuto aspettarsi una vendetta.

"George Harris". 

Note

E così ecco il misterioso ragazzo. Molti di voi lo avevano intuito nel capitolo precedente, che ne pensate? Nate avrebbe potuto capirlo prima? E come reagirà a questa scoperta? Se siete curiosi ci aggiorniamo mercoledì e non dimenticatevi le stelline! 💫

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