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29: Una conversazione rassicurante

"Voglio sapere chi ha iniziato e perché, adesso" gli disse il preside, con la sua solita voce contenuta e severa.

Nate era un po' nervoso. La rabbia del momento si era un po' affievolita, anche se non era ancora del tutto passata, ma adesso prevaleva la paura delle conseguenze.

Nell'ufficio del preside c'era l'uomo seduto di fronte a lui, con i gomiti sulla scrivania e le mani a reggere il mento, mentre guardava chi aveva davanti con il busto leggermente proteso verso di loro.

Accanto a Nate, seduto su una sedia uguale alla sua, c'era George Harris. Le due sedie erano state poste a distanza di sicurezza per evitare che riprendessero ad attaccarsi a vicenda.

Il suo occhio era diventato violaceo e doveva ancora tenersi della carta sul labbro, che non smetteva di sanguinare.

Dietro c'erano i genitori di entrambi. I suoi erano in piedi alle sue spalle e sembravano un misto tra profondamente delusi e arrabbiati, anche se i loro sguardi tradivano anche un po' di sorpresa. Dopotutto era la prima volta che Nate faceva a botte con un ragazzo, escludendo quella volta con Mike della quale non erano venuti a sapere niente.

I genitori di George invece erano in piedi dietro al figlio e sembravano essere sul punto di scoppiare per la rabbia. Nate pensò, con soddisfazione, che più tardi George avrebbe passato un brutto quarto d'ora.

Il signor Harris era un uomo alto e slanciato, sulla cinquantina, ma i capelli erano già quasi completamente bianchi. Per il resto era chiaro che il figlio avesse preso tutto da lui.

La signora Harris era invece una donna sicuramente più giovane del marito, con dei lunghi capelli biondo chiaro che le arrivavano fin sotto le spalle e che le conferivano un'aria delicata e graziosa, che chiaramente non aveva trasmesso al figlio, come Nate ben sapeva.

Il preside li aveva chiamati subito dopo la rissa, mentre i due ragazzi erano in infermeria a farsi controllare le ferite. Il naso di Nate, per fortuna, non era rotto e dopo un po' aveva smesso di sanguinare, ma gli era rimasto un enorme livido nella mandibola, che sembrava piuttosto doloroso, e le nocche delle mani erano un po' scorticate. Gli sarebbe potuto andare molto peggio.

Infatti al momento non stava affatto pensando al suo viso o a quello di George, il suo pensiero fisso erano le conseguenze che le sue azioni avrebbero portato.

Dopotutto era stato lui a tirare il primo pugno, e poi se avesse dovuto spiegare il motivo avrebbe dovuto confessare di essere gay ai suoi genitori, e non voleva assolutamente farlo.

In realtà però quella non era la sua unica preoccupazione. Non riusciva a smettere di pensare al fatto che molti altri ragazzi li avevano visti, e soprattutto sentiti, sicuramente la voce era già circolata e tutti sapevano tutto. Quindi tutti ormai sapevano che Nate era gay.

E tutto per colpa di George Harris. Se solo ci ripensava gli veniva voglia di alzarsi e continuare a prenderlo a pugni all'infinito.

Nate sospirò e si concentrò di nuovo sull'uomo di fronte a sé.

"Ho iniziato io" ammise alla fine.

Lo sguardo impassibile del preside vacillò per un secondo, tradendo un po' di sorpresa. Probabilmente non si aspettava che fosse stato lui ad aver iniziato tutto, visto che non aveva mai fatto niente del genere.

Non che George Harris facesse a botte con una persona al giorno, però non era la prima volta che combinava qualche guaio e di sicuro non era la prima volta che entrava in quell'ufficio.

Nate non si voltò, perché sicuramente i suoi genitori avevano la stessa espressione sorpresa, ma probabilmente anche più arrabbiata ora, e lui non voleva vederla.

"È la verità?" chiese il preside.

"Sì, lui mi ha tirato un pugno senza motivo e io ho dovuto difendermi" rispose subito il ragazzo al suo fianco. Nate avrebbe voluto tirargliene un altro, visto che adesso stava anche cercando di fare la vittima della situazione.

"Senza motivo? Sei tu che mi hai provocato" ribatté.

"E noi ti abbiamo insegnato a rispondere alle provocazione con le mani, Nate?" si sentì chiedere dalla voce delusa di suo padre.

"Lo sai che devi farti scivolare addosso queste cose" continuò la madre.

Il ragazzo strinse i pugni e assottigliò gli occhi. Loro non sapevano ciò che George gli aveva detto e nessuno sapeva che peso avevano avuto quelle parole su di lui.

Non voleva essere giustificato per ciò che era successo, voleva solo essere capito.

"Che tipo di provocazioni?" chiese invece il preside Monroe.

Nate serrò la mascella e distolse lo sguardo, ma incontrò il ghigno soddisfatto di George, che lo fece alterare ancora di più.

"Allora che dobbiamo fare qui?" chiese infine il signor Harris. "È chiaro che questo ragazzo ha aggredito nostro figlio senza alcun motivo e lui si è solo difeso, quindi lo punisca e facciamola finita" disse, poggiando le mani sulle spalle del figlio.

Il preside non lo ascoltò minimamente, ma continuò a tenere gli occhi puntati su Nate. Il ragazzo si agitò un po' sulla sedia perché sembrava che l'uomo volesse leggergli il pensiero, e questo lo metteva disagio.

"Voglio parlare un attimo da solo con te, Collins, se non ti dispiace" disse infine, invitando gli altri, con uno sguardo, a uscire dalla stanza.

I suoi genitori obbedirono subito, mentre George lo fece sbuffando e i signori Harris cercarono di protestare per qualche secondo, ma alla fine dovettero lasciare l'ufficio anche loro.

Quando i due furono soli l'atmosfera nella stanza sembrò cambiare. L'uomo rilassò visibilmente le spalle e Nate, quasi per riflesso, fece lo stesso. Il suo sguardo passò all'istante da severo e impassibile a sereno e quasi rassicurante.

Nate si chiese se quel cambiamento non servisse proprio a rendere più rilassato anche lui, oppure se veramente il preside si sentisse così, ma a Nate non importava perché l'uomo autoritario e intimidatorio che era abituato a vedere in giro per i corridoi era sparito, lasciando il posto a uno più empatico e che ispirava decisamente più fiducia.

Monroe sospirò, si sporse di nuovo verso Nate, poggiando i gomiti sulla scrivania del suo ufficio, e incrociò lo sguardo del ragazzo.

"Allora Nate... mi vuoi parlare di queste provocazioni?" gli chiese, con voce calma e pacata, ma comunque ferma e sicura come sempre. La prima cosa che gli saltò in mente, prima ancora di pensare a cosa gli avesse chiesto, fu che, per la prima volta, lo stava chiamando per nome, e non Collins.

Ma Nate non era così ingenuo da pensare che quello fosse un gesto spontaneo e naturale, sapeva che l'uomo cercava di metterlo a suo agio e di trasmettergli fiducia in modo da farsi dire esattamente ciò che voleva sapere.

Dopodiché pensò alla sua domanda, e il ragazzo si sentì piuttosto combattuto. Raccontare a un quasi estraneo, un adulto in particolare, della sua omosessualità non lo entusiasmava nemmeno un po', soprattutto se pensava che avrebbe potuto riferirlo ai suoi genitori in qualsiasi momento.

Però c'era anche il fatto che il preside non avrebbe avuto nessun buon motivo per dire una cosa del genere ai genitori di Nate. Inoltre quegli occhi marroni un po' acquosi gli trasmettevano non solo una certa e inaspettata fiducia, ma anche un qualche tipo di rassicurazione, che gli faceva pensare che, se glielo avesse detto, il preside sarebbe intervenuto.

"Mi scusi ma c'è ehm... una specie di segreto professionale? Come con gli psicologi?" gli chiese dubbioso, come a voler essere rassicurato sul fatto che l'uomo non avrebbe parlato di ciò che stava, o non stava, doveva ancora decidere, per dirgli a nessuno.

L'uomo gli concesse un sorriso appena accennato prima di rispondere.

"Non esattamente, ma se c'è qualcosa di cui vuoi parlarmi e che non vuoi che io riferisca, puoi stare tranquillo, non succederà".

Nate gli lanciò uno sguardo sospettoso.

"Quindi se io stessi per dirle che, tanto per fare un esempio ovviamente, faccio uso di droghe, lei non lo direbbe ai miei genitori?" chiese scettico, più perché voleva rimandare la sua confessione il più possibile che per altro. Si rendeva conto che si stava comportando un po' da bambino, perché essere gay decisamente non era come drogarsi, ma non era sicuro di essere pronto a parlare di questa cosa a un adulto.

Anche se, ripensandoci, c'era già un adulto che sapeva tutto, il suo coach, ma era diverso perché lui lo aveva scoperto da solo, non era stato Nate a dover trovare il coraggio di uscire allo scoperto.

Stavolta il sorriso dell'uomo si allargò.

"Io starei più attento a ciò che dico, se fossi in te. Potrei veramente sospettare che fai uso di droghe se il professor Morris non ti elogiasse continuamente per le tue prestazioni atletiche, che non potresti raggiungere se così fosse" gli disse, facendolo ridacchiare in risposta.

"Comunque mi riferivo a qualcosa che non nuoce alla tua salute né a quella dei tuoi compagni ovviamente" precisò poco dopo.

Nate storse la bocca perché non era proprio vero che il suo essere gay non nuocesse a sé stesso, visto che George gli aveva quasi spaccato la faccia per quel motivo, ma decise di lasciar perdere.

Dopotutto se gli avesse detto la verità forse il preside avrebbe capito che la colpa non era  esclusivamente sua e la punizione sarebbe stata meno severa. Forse.

"E va bene, glielo dico" si arrese alla fine.

Monroe gli rivolse un sorriso sincero e rassicurante, ma c'era anche un po' di compiacimento per essere riuscito a farlo parlare. Era evidente quanto amasse il suo lavoro.

Nate prese un profondo respiro e distolse lo sguardo dal suo. "Mi ha preso in giro" decise di iniziare a piccoli passi. "E ha insultato Ethan".

Il preside lo guardò con un sopracciglio alzato e un'espressione curiosa in volto.

"Ethan?" chiese incerto.

Si sentì un po' idiota perché dovevano esserci decine di Ethan in quella scuola e non poteva pretendere che l'uomo sapesse di quale di quelli stesse parlando.

"Ethan White" rispose a disagio, consapevole di essere sempre più vicino al punto della situazione.

"Quindi lo hai attaccato perché ha insultato Ethan White" ripeté, pensieroso.

"No!" esclamò subito Nate, allarmato, perché era possibile che avesse già capito tutto senza che glielo accennasse?

"Cioè sì, per quello e per ciò che ha detto a me".

"E cosa vi ha detto quindi?" gli chiese ancora. Il suo sguardo non sembrava alterato o irritato da quel continuo divagare di Nate, solo comprensivo e vagamente curioso, nonostante sapesse già, Nate ne era convinto, come sarebbe finita quella storia.

Nate deglutì e puntò lo sguardo su un foglio di carta sopra la scrivania, senza nessuna intenzione di voler guardare qualcos'altro.

Stava veramente per dire al suo preside di essere gay? Ma perché finiva sempre nella posizione di dover confessare qualcosa, come se essere gay fosse una stranezza da dover dire solo arrivati a un certo punto della vita e come se dovesse sperare nell'essere accettato? La gente non poteva farsi i fatti suoi e basta?

Ci mise qualche secondo a scegliere le parole adatte, perché dire ad alta voce "sono gay" sembrava così strano davanti a un semisconosciuto, anche se non sarebbe dovuto essere così.

In certi casi, quasi tutti in realtà, avrebbe voluto essere un po' più come Ethan. Lui era così estroverso e non si vergognava mai di mostrare ciò che era, anche quando i suoi genitori avevano cercato di impedirglielo. Era così fiero di essere sé stesso e la trovava una combinazione perfetta. Non solo Ethan era, almeno per gli occhi decisamente poco oggettivi di Nate, praticamente perfetto, ma era così sicuro di sé stesso che sembrava ancora più splendente.

Decise comunque che quello non era il momento di pensarci, perché il preside Monroe era ancora seduto davanti a lui e lo guardava con fare incoraggiante, quindi scosse la testa, come a voler allontanare quei pensieri, e deglutì di nuovo, prima di parlare.

"Insulti omofobi" disse. Dopodiché decise che non poteva fingere di trovare quel pezzo di carta così interessante ancora a lungo, quindi alzò gli occhi e incrociò quelli non del tutto sorpresi del preside.

L'uomo annuì, e Nate riuscì a leggere nei suoi occhi una comprensione che non si era minimamente aspettato, come se sapesse esattamente cosa stesse passando. Fece per dire qualcosa, ma un Nate improvvisamente agitato lo interruppe.

"Non lo dirà a nessuno, vero? I miei genitori non lo sanno e non voglio che lo sappiano per ora, e nemmeno gli altri ragazzi della scuola, anche se probabilmente dopo aver sentito George lo sanno già" disse, pronunciando le ultime parole con un'amarezza che non era da lui.

"Non lo dirò a nessuno se è questo che vuoi" lo rassicurò. "Per quanto riguarda i tuoi compagni, se qualcuno di loro dovesse prendere di mira te o il tuo amico, voglio che tu venga a dirmelo. Non tollero insulti del genere in questa scuola" continuò, stavolta leggermente più serio di qualche minuto prima.

Nate lo guardò con espressione interrogativa, e aprì la bocca prima che il suo cervello potesse fermarlo.

"Il mio amico?"

"Oh".
Un secondo realizzò ciò che aveva detto e arrossì all'istante: aveva appena fatto capire che lui e Ethan non fossero solo amici. Nate Discrezione Collins, lo chiamavano.

Il preside gli sorrise, leggermente divertito dalla sua espressione imbarazzata. "Il tuo ragazzo" si corresse. 

A quel punto Nate capì che la conversazione stesse per giungere al termine e finalmente si alzò dalla sedia su cui era seduto.

Ma prima di farlo uscire ovviamente  gli comunicò la sua punizione.

"Sia tu che Harris verrete a scuola questo sabato a riordinare i libri della biblioteca" gli disse. 

Nate annuì e fece per uscire, senza nemmeno osare protestare sul fatto che quel sabato ci fosse una partita importante, perché aveva veramente creduto che gli sarebbe toccato molto di peggio. L'uomo doveva avere una certa simpatia nei suoi confronti, non c'erano altre spiegazioni.

Mentre stava per uscire però, fu nuovamente fermato. "Nate, è già la seconda volta che rimani coinvolto in una rissa. Se succede di nuovo sarò costretto a farti cacciare dalla squadra di football, e non voglio farlo" gli disse, facendolo deglutire.

"Non lasciare che l'ignoranza di altri ti rovini la vita, ricordatelo sempre".

Note

Ehilà, che ve ne pare del capitolo? Non c'è molta "azione" in effetti, ma era necessario. Cosa succederà secondo voi durante questa punizione? Fatemelo sapere nei commenti e a venerdì per il prossimo capitolo! 💫

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