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22: Quando le paure diventano realtà

"Ragazzi andiamo!" urlava il coach da ormai un'ora. "Collins, White, che diavolo vi prende?"

Quello era probabilmente l'allenamento peggiore che la squadra avesse mai fatto.

Nate era distratto, non prendeva palla e inciampava praticamente a ogni passo perché non riusciva a restare concentrato.

Mike cercava di stare il più lontano possibile da lui sul campo, come a voler evitare di dovergli rivolgere anche solo uno sguardo, e non gli aveva passato la palla nemmeno una volta.

Sembrava che l'incubo di Nate stesse diventando realtà, ma non credeva che sarebbe stato proprio Mike a renderlo tale. L'unica cosa che voleva fare in quel momento era buttarsi nel suo letto, nella sua stanza calma e silenziosa, e scoppiare a piangere.

Ovviamente, visto che erano due giocatori importantissimi, tutta la squadra ne aveva risentito. Non erano riusciti a fare un passaggio decente e, naturalmente, tutti si erano accorti che tra i due qualcosa non andava.

Dopo l'ennesima azione andata in fumo il fischio del coach interruppe il gioco.

"Adesso basta, l'allenamento finisce qui" sbraitò a tutti i ragazzi, che abbassarono la testa, imbarazzati.

"Non ha senso continuare così. Ma sarà meglio che mercoledì non capiti di nuovo, altrimenti vi faccio sfondare di flessioni, tanto da non riuscire neppure ad alzare un braccio per salutare" li minacciò. "Adesso tutti nello spogliatoio, subito!"

I ragazzi camminarono a testa bassa, e, nel sorpassare un rassegnato Nate, gli lanciarono degli sguardi irritati e infastiditi. Dopotutto era lui che non riusciva a giocare bene, loro non c'entravano niente.

Sospirò, affranto, e fece per raggiungere gli altri e farsi una doccia, ma fu richiamato dal coach.

"Non tu Collins" gli disse con voce autoritaria. "Devo parlarti di una cosa".

Già si immaginava cosa. Probabilmente gli avrebbe detto che sarebbe stato meglio per lui ricominciare a giocare come si deve, altrimenti si poteva anche scordare la borsa di studio per la USC.

Perciò, appena furono rimasti soli, decise di mettere subito le mani avanti. "Lo so coach, mi dispiace, è davvero una giornataccia. Prometto che non accadrà più" gli disse, stringendo il casco in una mano e il pugno nell'altra.

Il coach fece cadere lo sguardo severo e arrabbiato che gli stava rivolgendo, trasformandolo in uno più comprensivo.

"Tu e White dovete risolvere i vostri problemi, qualunque essi siano, ma non è di questo che volevo parlarti" iniziò. "Anche se penso di avere una vaga idea sul motivo di questo litigio".

Lo stava guardando con occhi seri, ma non duri, come se avesse capito appieno il periodo tremendo che stava passando e cercasse di aiutarlo. Nate lo sapeva che l'uomo ci teneva molto a lui, ma non lo aveva mai dimostrato in questo modo così esplicito.

"Io ti ho... ehm visto, sai... prima" gli disse, come se fosse un po' a disagio in quella situazione. Nate non capiva dove volesse arrivare, ma era chiaro che, qualunque cosa fosse, lo mettesse in imbarazzo.

Il ragazzo inarcò un sopracciglio e lo guardò, incitandolo a continuare a parlare.

"Sai tu e... l'altro White, quello biondo" borbottò.

La prima, folle reazione di Nate fu quella di scoppiare a ridere dentro la sua testa per il modo in cui aveva appena chiamato Ethan, perché il suo coach cercava sempre di essere così duro e inflessibile, fingendo di non conoscere i nomi di nessuno.

Poi rifletté seriamente su quelle parole e si rese conto che forse l'uomo stava parlando proprio di loro due, sulle scale, che si baciavano.

La sua bocca si socchiuse e gli occhi si spalancarono dal terrore, guardando il coach come se avesse scoperto che Nate aveva ucciso un uomo.

"C-cosa?" balbettò, in piena crisi di panico.

Doveva calmarsi, non poteva mostrare tutta questa ansia, magari nemmeno si riferiva a quello. Magari li aveva solo visti parlare nei corridoi e voleva dirgli qualcosa da riferirgli o cose simile.

Certo, questo non spiegava il suo disagio in quella situazione, ma potevano esserci altri mille motivi per quello.

Doveva avere speranza.

Beh, le sue speranze furono infrante appena l'uomo rispose.

"Sì insomma... diavolo Collins lo sai che mi imbarazza parlare di certe cose!" lo rimproverò, sbuffando.

"Vi ho visti sulle scale antincendio che... che vi... insomma lo sai... baciavate" pronunciò l'ultima parola sottovoce, come se fosse una bestemmia o una grave insinuazione nei suoi confronti.

"Oh" fu tutto ciò che Nate riuscì a dire.

In meno di dieci secondi gli passarono per la testa migliaia di scenari.

E se fosse stato omofobo e lo avesse cacciato dalla squadra?

Se lo avesse detto a qualcuno?

Se non gli avesse più permesso di usare lo stesso spogliatoio degli altri per paura che ci potesse provare con loro?

O peggio ancora, se si fosse lasciato scappare qualcosa con i suoi genitori?

Dio, non poteva permetterglielo.

A interrompere quel flusso di pensieri fu però l'uomo.

"Non ti preoccupare Collins, non dirò al preside che sei uscito dalla scuola durante l'orario scolastico" gli disse, come se pensasse che quelle parole lo avrebbero rassicurato.

In realtà Nate era talmente tanto concentrato sul suo segreto a rischio, da non pensare nemmeno per un secondo al fatto che un insegnante lo avesse visto infrangere le regole della scuola.

Questo la diceva lunga sul livello di accettazione che aveva nei confronti della sua sessualità.

"M-ma... non lo dirà a nessuno, vero? Non mi butterà fuori dalla squadra, giusto?" chiese, più preoccupato che mai.

In quel momento di panico totale Nate non si rendeva nemmeno conto di quanto assurde potessero essere quelle parole, perché, per quanto burbero e tradizionalista poteva essere, il coach Morris non aveva mai dato segno di avere qualcosa contro le minoranze, di qualsiasi tipo esse fossero. Ma dopotutto i traumi infantili non si superano da un giorno all'altro, o meglio, da un decennio all'altro, nel suo caso.

Poi però si sentì un po' idiota quando l'insegnante lo guardò quasi indignato da quelle parole.

"Ma sei scemo per caso?! Secondo te butto fuori il mio miglior giocatore solo perché se la fa con i ragazzi? Finché mi fai vincere le partite puoi anche andare a letto con i cani, per quel che mi riguarda!" esclamò.

Nate rilasciò un tremante sospiro di sollievo.

Poi all'improvviso gli venne un'illuminazione. Doveva essere lui il rumore che aveva sentito mentre si baciavano.

"Non ci ha scattato una foto, vero?" chiese.

Il coach lo guardò come se gli fosse spuntato un terzo occhio sulla fronte.

"Che vai blaterando Collins? Perché mai avrei dovuto fotografarvi?"

Nate scrollò le spalle. Forse aveva solo corso troppo con la fantasia e si era immaginato il rumore di uno scatto per pura paranoia. Non sarebbe stata la prima volta.

Ora, a mente più lucida, la storia non gli sembrava però avere senso.

Se non gli interessava che fosse gay perché era venuto a dirglielo?

Non poteva semplicemente fare finta di niente?

Il coach sembrò quasi leggergli nel pensiero perché, poco dopo, riprese a parlare.

Aveva un cipiglio leggermente dispiaciuto ora e sembrava ancora indeciso sulle parole da usare. Ciò non fece altro che far salire di nuovo l'ansia a Nate, perché non doveva essere nulla di buono se aveva quell'espressione in viso.

"Senti io... sia chiaro, non ho niente contro i gay e non mi importa se te la fai con il fratello di White, però... avrei un consiglio da darti" gli disse, abbassando notevolmente il tono della voce sulle ultime parole.

"Forse... sarebbe meglio se non si sapesse in giro finché non avrai la risposta dall'università" suggerì.

Nate deglutì. Non aveva intenzione di rivelarlo al mondo nell'immediato futuro, ma per la risposta dalla USC non aveva idea di quanto tempo ci sarebbe voluto. Sarebbero potuti passare mesi.

"Insomma, alcuni sono un po' ehm... diciamo prevenuti verso... quelli come te" cercò di spiegargli. Era chiaramente nervoso e non sapeva che parole scegliere per fargli capire ciò che voleva dire, ma Nate aveva già capito.

"Non sto dicendo che i gay non possano giocare a football, o che ciò possa compromettere la tua carriera, ma magari... qualcuno potrebbe pensarla diversamente. Poi, una volta che ti avranno preso, non gli importerà più chi ti porti a letto, fintanto che il culo non ti farà troppo male per giocare. Insomma sai come sono le persone." cercò di sdrammatizzare alla fine.

Sì, Nate lo sapeva eccome com'erano le persone. Lo sapeva da quando aveva otto anni e i compagni di classe non volevano farlo giocare con loro.

Ma Nate accennò appena un sorriso. A Ethan non sarebbe piaciuto per niente. Sapeva che era stanco di doverlo trascinare nei bagni, nello sgabuzzino o nei posti più disparati della scuola per poterlo baciare.

Sapeva che era stanco di non poterlo tenere per mano o portarlo a cena fuori.

Forse avrebbe lasciato correre per un po', visto il risultato del coming out con Mike, ma non fino a fine anno.

Alla fine annuì. Era triste, desolato e vedeva litigi in arrivo, ma accettò. Il football era il suo sogno da quando era un bambino, era l'unica cosa che lo aveva fatto sentire bene con sé stesso da sempre, e non poteva rinunciarci. Doveva fare qualsiasi cosa per farcela. E poi aveva tenuto il segreto per diciotto anni, avrebbe potuto farlo per ancora un paio di mesi.

"Mi dispiace ragazzo" il coach gli posò una mano sulla spalla, cercando di confortalo, poi lo lasciò a riflettere.

Non era affatto sorpreso dallo scoprire che il suo orientamento sessuale potesse interferire con il football, era da sempre la sua paura più grande, eppure adesso si sentiva uno schifo.

Come poteva essere preso se tutti pensavano che un gay non sapesse giocare a football?

Gli sembrava di essere tornato a quando era un bambino. Voleva piangere, urlare, rompere qualcosa, perché chi era che decideva che c'erano cose adatte a certe persone piuttosto che ad altre?

Perché nessuno capiva che potevano piacergli i ragazzi e il football contemporaneamente?

Ora, qualcuno avrebbe potuto dirgli che stesse facendo delle scenate stupide perché lui già sapeva tutto ciò che il coach gli aveva detto, quindi cosa gli era cambiato?

La verità era che ritrovarselo sbattuto in faccia da qualcun altro lo rendeva molto più reale, molto più concreta. Non era più solo una stupida paura, una paranoia, ma la realtà. Era un limite che gli veniva imposto nuovamente da degli sconosciuti.

E Nate odiava i limiti. Odiava che qualcuno lo etichettasse in un certo modo e in base a ciò gli dicesse cosa poter fare o meno.

Odiava il fatto che qualcuno lo facesse sentire inadatto a giocare a football. Lui era bravissimo, il migliore della squadra, e probabilmente sarebbe diventato uno dei migliori in assoluto, ma così com'era, sé stesso, non andava bene.

Lui era nato per giocare in quel campo, si era allenato da tutta la vita, era il suo futuro e lo sapevano tutti, eppure qualcuno si permetteva di decidere che no, i gay non possono essere bravi a football.

Non era giusto.

Lanciò il casco che teneva in mano e lo fece arrivare quasi dall'altra parte del campo. Non si curò nemmeno di andare a riprenderlo, di controllare che non si fosse rotto, voleva solo andare a casa e prendere a pugni il letto finché non sarebbe più stato capace di muovere un muscolo.

Quando tornò nello spogliatoio, ormai vuoto, recuperò il telefono e notò un messaggio da sua sorella. Lo aprì e vide una foto di lui e Ethan, sulle scalette antincendio sul retro della scuola, che si baciavano. 

Un tenero sorriso insieme a un grande senso di sollievo seguirono quella vista, rassicurato dal fatto che fosse stata solo sua sorella a fotografarlo quella mattina. 

Il primo pensiero di Nate fu quello di mettere quella foto come sfondo di qualsiasi cosa: schermata di blocco, homepage del cellulare, profilo Instagram...

Ci mise un secondo di troppo per rendersi conto di non poterlo fare, e questo lo fece di nuovo infuriare. 

La giornata non poteva andare peggio. Il suo migliore amico non gli parlava più e il suo coach gli aveva appena detto che essere sé stesso gli avrebbe creato problemi.

Beh, Nate non lo sapeva, ma pochi giorni dopo avrebbe scoperto che no,  non c'era mai fine al peggio. 

Note

Ehilà, vi è piaciuto il capitolo? Secondo voi cosa potrà mai succedergli di peggio? Scrivetemi le vostre ipotesi nei commenti e ci rileggiamo mercoledì. 💫

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