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2: Ethan

Casa White era la più bella e la più vistosa del quartiere, e ovviamente il quartiere era uno dei più ricchi della città. Non era Hollywood o Beverly Hills, ma ci si avvicinava.

Si estendeva in due piani al centro di un grande giardino sempre perfettamente curato e in ordine, pieno di fiori profumati e bonsai di cattivo gusto. Ma non stava a Nate giudicare.

La porta, o portone, vista la grandezza, era collegato alla strada da un vialetto di ciottoli racchiuso da una staccionata e che concludeva con un cancello a chiusura automatica.

L'interno era ancora più grande di quanto sembrasse da fuori, tanto che la prima volta che Nate vi aveva messo piede, a dodici anni, lui e Mike avevano passato tutto il pomeriggio a esplorarla, nonostante Mike la conoscesse già più che bene, e a cercare qualche passaggio segreto che non avevano mai trovato.

L'arredamento però era piuttosto freddo, quasi totalmente di colori neutri come bianco e nero, e c'era un numero incredibilmente basso di foto, almeno in confronto alla sua di casa.

Tutti gli oggetti presenti erano terribilmente costosi: un'enorme TV a schermo piatto da ben ottantotto pollici, un camino automatico modernissimo e, nel garage, tre macchine che costavano praticamente quanto l'intera casa di Nate. Ciascuna.

I suoi amici lo invidiavano per tutto questo lusso, ma Mike diceva sempre che i genitori avevano comprato a lui e suo fratello tutte quelle cianfrusaglie costose solo per compensare la loro perenne assenza.

Nate si era sempre dispiaciuto tanto per la situazione familiare del suo migliore amico, ma doveva ammettere che guardare un film in una televisione che sembrava lo schermo di un cinema era piuttosto divertente.

"Dai no, così ti fai uccidere Naaaate!" si lamentò Mike, muovendo il joystick nonostante dovesse usare solo i tasti.

"Ma non corre questo idiota!"
Nate era piuttosto incapace a giocare ai videogiochi, nemmeno gli piaceva, ma gli piaceva vedere Mike arrabbiarsi con lui e prenderlo in giro per poi ridere per il suo essere completamente imbranato.

Si ripeteva spesso di essere un idiota pensando a ciò che faceva per delle piccole attenzioni come quelle, ma che poteva farci?

"Sei tu l'idiota che non sa giocare" sbraitò, continuando a premere febbrilmente i tasti.

Smise solo quando sullo schermo apparve la tragica scritta 'Game Over', che annunciava la loro sconfitta.

"Dio, la prossima volta giochiamo uno contro l'altro" si lamentò, buttandosi indietro sul divano e chiudendo gli occhi con aria sconsolata.

Nate si imbambolò a fissarlo. Aveva i capelli leggermente umidi per la doccia di poco prima, le guance arrossate per il nervoso e le labbra un po' gonfie per via dei morsi che si era dato mentre si arrabbiava con Nate.

Tutto ciò che riuscì a pensare era quanto fosse bello, cosa che pensava piuttosto spesso quando aveva Mike davanti dopotutto.

Il ragazzo sospirò.

"Che ore sono comunque?" Gli chiese aprendo gli occhi e guardandolo. Nate cercò di non dare a vedere di essere stato beccato a fissarlo e prese il telefono.

"Sono le sette, stiamo giocando da due ore" sbuffò il ragazzo. Aveva gli occhi secchi e stava cominciando a fargli male la testa. Ma comunque non si lamentava.

"I tuoi quando tornano?" Gli chiese Nate.

"Domani pomeriggio e ripartono venerdì mattina" disse.

I signori White, Albert ed Elizabeth, erano praticamente il contrario dei suoi genitori. Nate li aveva incontrati pochissime volte da quando i due ragazzi si conoscevano, quindi tutto ciò che sapeva su di loro lo aveva capito tramite ciò che gli Mike gli aveva raccontato.

Era chiaro che i due non fossero, e non fossero mai stati, molto presenti nella vita dei figli perché sempre in viaggio per lavoro, che tra l'altro Nate ancora non aveva capito di che tipo fosse.

Mike e suo fratello quindi erano cresciuti con le babysitter, non avendo altri parenti nei dintorni, e, adesso che erano abbastanza grandi, venivano spesso lasciati a casa da soli. E Mike lo odiava.

Odiava da morire il fatto che non avessero mai tempo per loro e non gli chiedessero mai più dello stretto necessario.

Erano molto più sofisticati dei suoi genitori, indossavano sempre vestiti eleganti o giacca e cravatta, anche quando non dovevano lavorare, ed emanavano un'aura altezzosa e di superiorità che Nate aveva percepito fin dalla prima volta che li aveva incontrati.

"Spero almeno che lui torni a casa" lo sentì borbottare. Si girò verso di lui e vide il suo viso corrucciato e la sua espressione preoccupata. Nate non aveva idea di cosa stesse parlando.

"Chi?" gli chiese, guardandolo confuso.

Il ragazzo alzò lo sguardo e ricambiò lo sguardo, ancora più crucciato. A Nate si spezzò il cuore nel vederlo così senza sapere nemmeno per cosa.

"Ethan, da quando ha fatto coming out passa più tempo in giro che qui" sbuffò, passandosi nervosamente una mano tra i capelli.

Nate perse la presa sul joystick, che gli cadde in grembo, e spalancò talmente tanto la bocca che la mandibola uscì fuori dai confini facciali dettati dalla biologia umana.

Ethan era il fratello minore di Mike, aveva sedici anni e Nate non lo vedeva molto spesso. Lo aveva incontrato qualche volta a casa loro, anche se Ethan era rimasto quasi sempre nella sua stanza, oppure lo aveva intravisto a scuola o alle partite quando era venuto a vedere il fratello. Comunque, le volte in cui ci aveva parlato si contavano sulle dita di una mano.

Mike però ne parlava spesso, e ogni volta Nate riusciva a cogliere la nota di affetto che traspariva dalle sue parole, e forse anche questo aveva contribuito a far crescere la sua cotta. Dopotutto, vista l'assenza dei genitori, i due fratelli erano cresciuti insieme.

Si ricordava che Mike gli aveva detto che il fratello si comportava in modo strano ultimamente, ma non aveva mai indagato più a fondo. E ora dal nulla scopriva questo.

"Ha fatto coming out? Cioè è gay?" chiese incredulo. Come poteva non avergli detto una cosa del genere? Proprio a lui?

Ovviamente Mike non sapeva della sua omosessualità e magari non voleva sventolare ai quattro venti quella del fratello, ma Nate era sicuro che fosse una regola non scritta nel libro dell'amicizia dirsi cose come quella.

"Sì, non te l'avevo detto?" chiese, sinceramente stupefatto.

Il ragazzo scosse la testa.

"Scusa, deve essermi passato di mente" scrollò le spalle.

"E i tuoi come l'hanno presa?"

"Abbastanza bene, da quello che sembra" rispose.
"Però da quando ce l'ha detto esce sempre, torna la sera tardi oppure non torna affatto".

"Magari è ancora confuso o non si accetta, forse dovresti dargli un po' di tempo" rispose distrattamente.

In quel momento stava pensando a un'altra cosa. Forse poteva parlare con Ethan, farsi dare qualche consiglio su come affrontare l'argomento con i genitori o con gli amici. Magari avrebbe potuto aiutarlo a superare il suo trauma infantile.

"Sì, può essere" scrollò le spalle con poca convinzione.

Nessuno dei due disse niente per un po', entrambi immersi nei propri pensieri, tutti riguardanti la stessa persona.

Poteva veramente essere una buona idea, Nate non aveva mai conosciuto un altro ragazzo gay ed era ancora terrorizzato dalla sua sessualità, quindi una persona che era riuscita a dirlo ai genitori forse avrebbe veramente potuto dargli qualche dritta.

Proprio quando Nate stava per dire qualcosa per interrompere quel silenzio imbarazzante, un rumore sordo fece sobbalzare entrambi. Si voltarono verso la porta e rimasero allibiti da ciò che videro.

Due ragazzi, uno biondo e abbastanza minuto che Nate riconobbe come Ethan e un altro moro ma sconosciuto ai due amici, entrarono in casa.

Anche se "entrarono" non era proprio il termine più adatto.

Ethan era stato sbattuto contro la porta dall'altro ragazzo che ora lo stava baciando come se avesse voluto succhiargli via le labbra dal viso. Si sentivano chiaramente gli sciocchi e i mugolii di entrambi.

La cosa più sconvolgente di quel momento però era che Nate non riusciva a distogliere lo sguardo da quella scena.

Adesso il ragazzo sconosciuto lo stava baciando nel collo e Ethan teneva gli occhi chiusi e la bocca semiaperta in una smorfia di piacere, mentre leggeri ansimi uscivano dalla sua bocca.

E Nate trovava quella scena terribilmente eccitante. Sentiva il sangue affluirgli verso il basso e concentrarsi su un punto preciso in mezzo alle gambe.

Vedere il fratello del suo migliore amico ansimare in quel modo mentre un altro ragazzo gli succhiava la pelle del collo e i loro bacini si scontravano era come guardare un porno. Solo dal vivo.

Fu Mike a interrompere il momento dopo qualche secondo di troppo, probabilmente aveva avuto bisogno di un po' per elaborare ciò che stava vedendo. Dopotutto era sempre suo fratello, che fino a poco tempo prima credeva etero, che stava oscenamente pomiciando con un altro ragazzo nel loro salotto.

Fece un colpo di tosse e Ethan aprì gli occhi di scatto. Persino dal divano Nate riusciva a vedere come fossero lucidi, quindi arrivò alla conclusione che dovesse aver bevuto parecchio. E ci arrivò anche Mike probabilmente.

"Oh Mickey, non pensavo che fossi a casa" biascicò con voce roca dovuta all'eccitazione e all'alcool, che non aiutò affatto la situazione nelle parti basse di Nate.

Il ragazzo sconosciuto si staccò solo per un secondo e guardò verso il divano, poi, come se niente fosse, riprese ad attaccare il collo del biondo.

"Chi è questo?" chiese Mike con tono alterato, alzandosi dal divano.

"Questo è uhm... il mio amico James" rispose poco convinto mentre passava una mano tra i capelli dell'altro.

"Jamie" biascicò il ragazzo in questione, correggendolo, per poi tornare a lasciargli baci sul collo.

"Giusto Jamie, noi andiamo in camera mia" si rivolse frettolosamente a Mike per poi prenderlo per mano e trascinarlo verso le scale.

"Cosa? No, Ethan torna qui!" lo richiamò il fratello con tono severo.

Nate non poteva certo biasimarlo, anche lui sarebbe stato a dir poco infastidito se avesse visto sua sorella pomiciare con un ragazzo di fronte a lui e poi portarselo in camera a fare chissà cosa.

Ma Ethan sembrò non averlo nemmeno sentito, salì quasi di corsa le scale ed entrò nella sua stanza insieme al suddetto Jamie, sbattendo la porta per la foga.

Mike si girò verso Nate con la bocca spalancata e un'espressione incredula e un po' alterata in viso.

"Beh, direi che l'ha accettata in fretta la sua omosessualità" fu l'unica cosa che Nate riuscì a dire, per poi scoppiare a ridere sotto lo sguardo scocciato del suo migliore amico.

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