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Capitolo ventotto

«Ho sempre pensato che tu meritassi di meglio, sai?», dice Arnold mentre si infila in bocca un'oliva. «Ogni volta mi chiedevo cosa ci facesse in un posto simile una ragazza come te. Io sono qui per scelta, tu invece perché non avevi la possibilità di scegliere».

Annuisco mentre guardo le macchine che passano sotto il nostro sguardo. La luce dei pochi lampioni funzionanti si riflette sull'asfalto mentre la notte incombe sul quartiere, quasi inghiottendolo.

«Forse... Forse neanche adesso avrei la possibilità di scegliere, però-»

«Però stare con quel ragazzo è già una scelta, Kendra. La svolta che darai alla tua vita sarà così epica che ti scorderai di questo buco a breve», mi fa l'occhiolino e sorrido.

«Non è così facile... Non so se ho intenzione di trasferirmi a casa di Kenneth», ammetto con una punta di disagio nella voce.

«Perché no? Quel ragazzo ti cerca sempre e questo posto sembra un covo di rabbia, dolore e lacrime», allunga la confezione di plastica verso di me, offrendomi un'oliva.

L'afferro e la mando giù. «Non so cosa c'è in me che non va, Arnold».

«Lo so io», fa scontrare le nostre spalle in modo scherzoso e accenna un sorriso. Allunga la mano per sistemarmi meglio il plaid sulle spalle. «Perché non sei capace di accettare il fatto che qualcun altro, oltre a te, è in grado di prendersi cura di te e del tuo dolore. Ma non è respingendo le opportunità e le persone che starai meglio, sai? Devi correre il rischio e assaporare ciò che la vita ti offre. Devi abbandonarti e vedere dove ti porteranno le onde, Kendra. Non è sempre tutto bianco e nero. Non è sempre tutto rose e fiori. Non è sempre tutto dolore e felicità. Nel mezzo ci sono altri colori, altre emozioni, alcune erbacce tra quelle rose. Devi prestate attenzione e cercare di cogliere l'essenza delle cose, di immergerti in quel momento e basta, sentirlo sulla pelle, nel tuo cuore, ovunque. Se pensi che nel tuo bel giardino non spunterà mai nessuna erbaccia, allora ti sbagli».

«E se invece il mio giardino fosse fatto soltanto di erbacee?», gli chiedo con un filo di voce.

«Se pensi che in quel giardino pieno di erbacce non fiorirà alcun fiore, allora ti sbagli lo stesso», rettifica con un sorriso dolce. «I fiori sbocciano ovunque, anche dove non ci si prende cura della terra. Cogli quei fiori e prenditene cura, un giorno quel giardino diventerà colorato e profumato. Tempo al tempo», mi arruffa i capelli e trattengo un singhiozzo mentre mi lancio su di lui e lo abbraccio forte.

«Mi sarebbe piaciuto avere un padre così... Oppure una madre in grado di darmi supporto in questo modo. È terribile vivere in una famiglia senza colori ed è ancora più terribile quando il tempo passa e tu non sei più in grado di distinguerli quando ti danzano di nuovo davanti agli occhi.»

Arnold manda giù un'altra oliva e appoggia gli avambracci sul cornicione dell'edificio.

«Il mondo si spegne un'infinità di volte, Kendra. Spetta a noi donargli di nuovo un po' di luce.»

Appoggio la testa sulla sua spalla e sollevo gli occhi verso il cielo. I fiocchi di neve oscillano nell'aria sinuosamente e sorrido.

«Non dovresti essere qui, adesso», sospira profondamente.

«Kenneth lo sa», gli dico con gli occhi in lacrime. «Sa che a volte ho bisogno di sentirmi a casa, ovunque essa sia».

«Mi sarebbe piaciuto avere una figlia come te. Ma essere genitore non fa per me», ride sommessamente.

«Non importa. Tu avrai me e io avrò te», un fiocco di neve si posa sulla punta del mio naso.

«Dovresti chiamare il tuo ragazzo. Fa freddo e stai gelando».

Sposto lo sguardo sulla Mercedes nera ferma in strada. «Non se n'è mai andato».

«È rimasto qui ad aspettarti?», chiede inarcando un sopracciglio.

«Già», sorrido, sentendo le mie guance calde.

«Spero che questo sia un nuovo inizio per te. Ma tra poco scoccherà la mezzanotte e lui dovrebbe essere qui con te. Chiamalo».

Annuisco e senza alcuna remora afferro il cellulare e gli mando un messaggio, dicendogli di raggiungermi quassù.
Lo vedo uscire dalla macchina, chiudere la portiera e dirigersi verso il cancello.

«Nessuna esitazione da parte sua», dice Arnold con aria sorpresa. «È completamente perso».

Mi stringo il plaid addosso, immaginando un abbraccio caldo.
Kenneth ci raggiunge sul tetto, adesso sembra riluttante. Si schiarisce la voce e mi giro verso di lui.
«Ehi», la sua voce calma mi riscalda il cuore.

«Non ti mangio, puoi avvicinarti», mormora Arnold, facendomi ridere.

«Non saprei, l'ultima volta le sue intenzioni erano abbastanza palesi».

«Quali intenzioni? E dammi del tu», Arnold si gira verso di lui e incrocia le braccia al petto.

«Avevo l'impressione che volessi spaccarmi la faccia». Kenneth si avvicina cautamente a me.

«Bene, hai recepito il messaggio anche tu», afferma Arnold con aria soddisfatta.

«Anche io?», chiede Kenneth avvolgendo le braccia intorno a me.

«Ha minacciato il mio ex».

La sua bocca sfiora la mia tempia. «Meraviglioso, allora».

«Lo rifarei».

«Non ho alcun dubbio a riguardo», ribatte Kenneth. «E non mi dispiacerebbe affatto.»

«Prenditi cura di lei», Arnold lo fulmina con lo sguardo. «Non voglio saperla in lacrime. Anche se non potrà più dare due colpetti nel muro, adesso avrà un altro modo per farmelo capire».

Kenneth mi stringe ancora di più, facendo premere la mia schiena contro il suo petto. «Ovvero?»

«Due squilli», diciamo io e Arnold all'unisono.

«Il vostro rapporto è particolare», Kenneth sorride contro la mia guancia e mi lascia un bacio.

Arnold sospira e allunga la confezione di olive verso di lui.

Kenneth mi guarda con aria confusa.
«È il suo modo di accettarti. Mangia», gli dico dandogli una gomitata nelle costole.

Afferra un'oliva e la manda giù con un'espressione ancora scettica.
Trattengo un sorriso e poi all'improvviso un'esplosione di colori nel cielo attira la nostra attenzione.

Mezzanotte.

Nuovo anno.

«Siamo qui sul tetto di un edificio che sta per cadere a pezzi, a mangiare olive in compagnia mentre tutti gli altri festeggiano e bevono lo spumante, e scommetto che il ragazzo qui presente, se non fosse stato per te, sarebbe in qualche villa, circondato da amici e dal lusso a fare la stessa cosa. Ma è qui con te e questo mi fa sorridere, perché so che, in qualche modo, asseconderà la tua follia e in essa nascerà ogni giorno un nuovo inizio. Buon anno», mi abbraccia forte e dà una pacca sulla schiena a Kenneth.

Lui ricambia e poi la sua mano raggiunge la mia.

«Ha ragione. Oltre a quel dolore, che in qualche modo estirperemo, so che dentro di te nascondi un uragano di energia e follia. E io avevo bisogno di questo nella mia vita. Avevo bisogno di te. Io ho bisogno di te».

Le sue labbra scivolano dolcemente sulle mie e mi abbandono al suo tocco. Afferra il plaid e lo allarga, coprendo entrambi.

«Ti amo, Kendra. Ti amo come amo il mio mondo fatto di libri: sei in ogni pagina, in ogni parola, su ogni copertina.»

«Ti amo anche io, Kenneth», mi asciugo una lacrima e lo abbraccio forte. «Ma ti amo ancora di più quando il mio mondo grigio non ti fa paura. Dopo ciò che ho fatto, non pensavo che mi avresti voluta ancora...».

«Hai soltanto riportato in superficie una notizia per nulla nuova. Stavo scappando dal passato, Kendra, e l'ho capito grazie a te. Mi ha fatto più male il ricordo che la notizia in sé. E come ho già detto, ti ho dato mille motivi per dubitare di me e mandarmi al diavolo, quindi non ti giudico. So quello che hai passato e so cosa ti ha spinto a compiere quel gesto. Puoi fidarti di me, Kendra. Non ti farò male. Non sarò come Cole o qualsiasi altro imbecille che hai avuto nella tua vita», mi prende il viso tra le mani e mi sorride. «Tu mi piaci davvero, Collins».

Qualcuno si schiarisce la gola. «Sono ancora qui. Però mi fa piacere sapere che lui ti darà l'amore che non hai mai ricevuto», dice Arnold dirigendosi verso l'uscita.

Che non hai mai ricevuto.

Questa frase mi arriva come un colpo nello stomaco.

«Ci rivedremo», sollevo una mano per salutare Arnold.

«Vorrei farti conoscere mio padre», dice all'improvviso Kenneth, facendomi mancare il respiro.

Se lui è così... Non voglio immaginare come sarà incontrare suo padre. Provo timore al solo pensiero.

«È un tipo un po' rigido, ma so che gli farà piacere conoscere la ragazza che ha fatto breccia nel mio cuore», mi prende per mano.

«E io vorrei farti conoscere mio fratello», dico mordendomi il labbro. «Vorrebbe ringraziarti per i libri e...»

«Gli regalerei un'intera libreria», mi bacia la fronte. «Perché so quanto è importante per te. Ti brillano gli occhi quando parli di lui».

«Vorrei dargli la vita che io non ho avuto», alzo gli occhi al cielo, trattenendo le lacrime.

«La avrà. Ci riuscirai, Kendra.»
Scendiamo le scale e attraversiamo il piccolo cortile mano nella mano.

«Portalo qui», dice all'improvviso, cogliendomi di sorpresa.

«Come?»

«Porta tuo fratello qui. Voglio conoscerlo e voglio che lui sia con te. Ne hai bisogno e scommetto che a lui farebbe piacere».

«È complicato... Mia madre-»

Sospira. «Stai con me adesso. Niente sarà complicato», mi fa l'occhiolino.

«No, Kenneth. Non capisci. Mia madre non è in grado di prendersi cura di lui. Lo rovinerebbe», scuoto la testa e intensifico la stretta sulla sua mano.

«A maggior ragione dovrebbe essere qui con te. Sei maggiorenne, hai un lavoro stabile e hai me», mi sposta i capelli dietro l'orecchio. «Permettimi di aiutarti».

«E se un giorno io non avrò più te?», gli chiedo dando voce alle mie paranoie.

«Non sarà così. Quando voglio una cosa, faccio di tutto per averla e tenerla con me il più a lungo possibile. E se non ci credi, te lo dimostrerò. Lo capirei con il tempo, ma io da qui non mi muovo».

Saliamo in macchina e metto la cintura di sicurezza. Appoggio la testa al finestrino, la sua mano si posa sulla mia coscia.
«Ti fidi di me?», mi chiede e annuisco.
«Bene.»



Non pensavo che appena avrei rimesso piede nel mio ufficio avrei incontrato suo padre. Dovrebbe essere il mio vero capo? Non lo so. Non ne ho idea. Ci sono le iniziali di Kenneth sull'edificio, quindi tecnicamente questo posto gli appartiene.

Ma so che è stato suo padre ad averlo aiutato ad innalzarsi.

E Dio, il modo in cui mi sta guardando non promette per niente bene.

Ha lo sguardo di un serial killer che sta per tagliarmi in due per poi vedere i miei organi al mercato nero.

E no, non sto scherzando.

L'unica cosa a smorzare la tensione è forse la tuta sportiva che sta indossando.

Inaspettato anche questo.

Kenneth incrocia le braccia al petto e lo guarda.
«Papà, intendi dire qualcosa o hai intenzione di squadrarla ancora a lungo?», gli chiede.

Suo padre si siede sulla poltrona e accavalla le gambe, senza staccare lo sguardo da me.
Mi manca l'aria.

Si china in avanti e riduce gli occhi a due fessure. È scettico.

«Non sei scappata», rompe il silenzio e io sgrano gli occhi. Dio, perfino la sua voce mi incute paura.

«Non penso di aver capito», dico, battendo piano le palpebre.

«Non sei scappata da questo posto. Anzi, da mio figlio. Perché?», trascina la poltrona più vicino a me e mi guarda dritto negli occhi.

Oh, cielo. Sto per morire.

«Perché avevo bisogno di questo lavoro», rispondo come se fossi ipnotizzata.

«Sì, anche le altre persone avevano bisogno di questo lavoro. Eppure sono scappate tutte», ribatte con tono leggermente divertito. Kenneth alza gli occhi al cielo.

«Lei pensa che suo figlio faccia scappare la gente?»

«Penso? È così e basta. È quello più rigido e responsabile della famiglia».
Sta scherzando?

Beh, ora che ci penso, Kenneth sa essere molto... Severo.

«Ti ha pagata?», chiede facendosi di nuovo serio in volto.

«Certo che mi paga», rispondo senza riflettere.

«Ti ha pagata per restare?», chiede, sempre più sconvolto.

«È il mio lavoro», rispondo, scoccandogli un'occhiata confusa.

«Fai l'escort?», continua a chiedere.

«Mi scusi?»

«Ti scuserei, tesoro, ma perché ti fai pagare da mio figlio soltanto per conquistare la mia simpatia? Ti ha preso in prestito come ragazza?»

«P-penso lei abbia frainteso», boccheggio e guardo Kenneth, che trattiene a stento una risata.

Vedermi in difficoltà lo diverte?

«Lo spero molto. Io sono Victor», allunga la mano verso di me e gliela stringo delicatamente.

«Kendra Collins».

«Collins», ripete il mio cognome con fare pensieroso. «Mia figlia mi ha accennato qualcosa».

«Io lavoro qui», mormoro con fare ovvio.

«Beh, altrimenti non avresti un ufficio tutto tuo. Dico bene?», ride sommessamente e io mi sento arrossire.

«Non faccio l'escort. Suo figlio non mi paga in quel senso», tengo a specificare.

«Bene, bene. Quindi lavori per lui, ma siete una coppia. Cos'hai che non va?»

Kenneth si avvicina a me e appoggia le mani sulle mie spalle. «Ha tutto ciò di cui ho bisogno».

«Figliolo, ti conosco benissimo e mi viene davvero difficile credere che lei si sia davvero innamorata di te. Senza offesa, cara, tu non c'entri nulla».

Mi sento angosciata. Questo incontro è imbarazzante.

Qualcuno spalanca la porta del mio ufficio. Cody.

«Papà, posso sapere per quale motivo sei venuto qui con la mia macchine?», gli chiede con tono arrabbiato.

«Te l'ho regalata io», risponde Victor.

«Un motivo in più per non toccarla, no? E cosa ci fai qui?»

«Cody, ti dispiace chiudere la porta e andare via?», sibila Kenneth.

«Kendra, puoi dire a mio fratello di sfilarsi il palo che ha nel culo e convincere nostro padre a darmi tregua?», mi dice Cody, dilatando le narici.

Oh, Dio. Come sono finita in questa situazione?

«Quel palo resterà dov'è e se non te ne vai, molto probabilmente ti ritroverai di nuovo con il conto bancario bloccato», brontola suo padre. «È tuo fratello, dovresti conoscerlo ormai».

Guardo Kenneth, lui fa spallucce.

«Bene, è stato un piacere averti conosciuta, Kendra. Kenneth, cerca di non farla scappare sul serio», gli dà una pacca sul braccio e quando Cody lo accompagna fuori dal mio ufficio, Kenneth si abbassa per baciarmi la guancia.

«Mio padre è un tipo strano. Ma gli piaci, l'ho visto».

«Il suo sguardo fa paura, ma il suo modo di parlare non tanto».

Kenneth ride e mi fa alzare in piedi. Posa le mani sui miei fianchi e mi attira verso di lui. «Mia sorella si è presa cura di Whiskey. Ha già fatto tutti i controlli ed è pronto per tornare a casa. E a proposito di casa...», si gratta la nuca. «L'ho messa in vendita».

«Tu hai fatto cosa?», grido sconvolta.

«Ne ho trovata un'altra. Molto più bella, luminosa, accogliente, con un'enorme libreria e un angolo lettura. Forse a tuo fratello piacerebbe».

A mio fratello...

Sta davvero pensando a Elliott.

«Non è necessario tutto questo», gli stringo le mani e appoggio la testa sulla sua spalla. «E poi, hai dato per scontato che io voglia trasferirmi da te».

«Giusto, hai ragione», assottiglia le labbra e distoglie lo sguardo. «Ma ci sarà un modo per convincerti no?»

«Non lo so», mi stringo nelle spalle, sorridendo.

«Che ne dici di una bellissima vasca idromassaggio?»

«Allettante».

Lui fa una smorfia. «Avrai tutte le fragole al cioccolato del mondo».

«Mmh».

«Avremo un cane e un gatto, che chiameremo Mr. Chubby, come promesso».

Oh... Se lo ricorda.

«Continua», mi mordo il labbro e lui si siede sulla poltrona, facendomi sedere sulle sue gambe.

«Ti addormenteresti ogni sera tra le mie braccia», mi dà un bacio dietro l'orecchio. «Saresti felice. So che sei ancora spaventata, ma ti prometto che sarai felice».

«E se dovesse funzionare? Intendo vivere insieme ed essere felici...», gli accarezzo la guancia.

«Togli quel se. Sarà così», mi stringe la vita e preme la bocca contro la mia, la sua lingua scivola tra le mie labbra e un'ondata di calore si abbatte su di me.

«Pensi che ogni storia debba avere un lieto fine?», gli chiedo interrompendo il bacio.

Lui mi guarda negli occhi. «No, ma la nostra sì.»

«E se così non fosse?», deglutisco.

«Allora vuol dire che riscriveremo quel finale fino a quando non sarà perfetto per entrambi».

Pronti per l'epilogo? 🥰❤️

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