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Capitolo XXIII: Il braccialetto dell'amicizia e la cugina dalla Francia




Riassunto del capitolo precedente: Dopo la notte passata insieme, Xavier e Diana si svegliano nello stesso letto. L'idillio del mattino viene però spezzato dalla confessione di Xavier, deciso a partire quella sera stessa, per rimettersi sulle tracce dell'assassino di suo padre. Diana decide di accompagnarlo fino al confine quella notte, così da poterlo salutare e dirgli che lo ama.

Buona lettura!



Capitolo XXIII: Il braccialetto dell'amicizia e la cugina dalla Francia



Il mese di Marzo mi scivolò addosso, lasciando dietro di sé pochi ricordi significativi.

Come avevo previsto prima della partenza di Xavier, le mie giornate tornarono ad essere monotone, ma a quella ripetitiva quotidianità si aggiungevano numerosi momenti in cui il ricordo di Xavier o il pensiero di dove potesse essere in quel momento mi attraversava la mente.

A volte pensieri simili passavano veloci, senza lasciare tracce permanenti dietro di sé, alte volte rimanevano incastrati minuti interi nella mia mente, tanto da diventare un tormento al quale non esisteva antidoto.

Per fortuna avevo la mia famiglia e i miei amici, altrimenti quel primo mese senza Xavier sarebbe stato ancora più doloroso e monotono di quanto già non fosse stato.

L'umore di Isabel, dopo la festa del Plenilunio, migliorò considerevolmente. Da quello che mi aveva raccontato, parlare con Michel e chiarire le cose non dette che c'erano tra di loro, l'aveva portata a rivalutare i sentimenti che aveva sempre creduto di avere per lui. Si era resa conto di aver proiettato su Michel tutti i suoi sogni, credendo che bastasse crederci a fondo, per poter ottenere da lui la storia d'amore a lieto fine a cui aveva sempre aspirato.

Quando le avevo raccontato della partenza improvvisa di Xavier, aveva minacciato di andare a cercarlo e di fargli subire le più atroci torture, si era considerevolmente calmata quando avevo aggiunto al racconto il fatto che mi avesse detto «Ti amo» e che avessimo condiviso la nostra prima volta. Dopo quella mia confessione aveva passato i successivi giorni a chiedermi nei minimi dettagli come fosse stato e cosa avessi provato. Quando aveva scoperto del borsone che Xavier mi aveva lasciato aveva preteso di vedere con i suoi occhi le cartoline e l'unica foto esistente della mamma del mio ragazzo. Mi ero opposta in un primo momento, poi avevo selezionato alcune cartoline da farle vedere, tenendone segrete altre.

Condividere con Isabel ogni cosa non era mai stato un problema, ma temevo che Xavier potesse interpretare le confessioni che facevo alla mia migliore amica come una mancanza di rispetto per la sua privacy, così avevo cercato di raccontarle qualcosa, senza scendere troppo nei dettagli.

Il giorno che avevo temuto sarebbe stato il più noioso e privo di avvenimenti dell'intero mese di Marzo, ossia quello in cui avrei dovuto partecipare all'inaugurazione del nuovo parco giochi con mia sorella, si rivelò essere quello più interessante.

Oltre ai gruppetti di casalinghe che si scambiavano le ricette segrete di famiglia, allo stesso modo in cui io da piccola scambiavo le figurine dei Pokémon con Isabel, al parco c'erano numerosi bambini e bambine entusiasti, che esploravano quel nuovo spazio dedicato al gioco, e tra di loro, seduta su un'altalena, c'era l'ultima persona che mi sarei aspetta di vedere in un posto simile: Francine Picard.

Senza pensarci due volte dissi a Edith di divertirsi senza farsi male o farne a qualcun altro, poi mi avvicinai all'altalena libera accanto a Francine e mi ci sedetti senza pensarci due volte.

Mia sorella giocava poco distante con una bambina che ero abbastanza certa fosse la sua migliore amica, solo che, grazie alla mia inesistente memoria per i nomi, non ricordavo se si chiamasse Sammy o Sally.

«Che fai qui?», chiesi a Francine, iniziando a spingermi con le gambe in avanti e indietro.

«Mi dondolo, non si vede?», mi rispose, scocciata.

«Ti ricordi quando qua c'era un semplice prato? Facevamo a gara a chi era la più veloce, vincevo sempre io».

Subito dopo quelle mie parole, Francine smise di dondolare, puntando i suoi occhi nei miei.

Rimanemmo a fissarci per qualche secondo poi lei annuì: «Come dimenticare, Isabel odiava quelle gare. E comunque non è vero che vincevi solo tu, ho vinto anche io, qualche volta».

Per una manciata di minuto ci limitammo a dondolare in silenzio, io osservavo mia sorella giocare con la sua amica, Francine sembrava persa nei suoi pensieri.

«L'alto giorno mi hai chiesto: "Cosa ci è successo?". Ci ho pensato ed è stata tutta colpa vostra, avete smesso di invitarmi a giocare, avete iniziato a isolarmi, proprio quando avevo bisogno di stare con voi. La goccia che ha fatto traboccare il vaso, penso sia stato quello stupido braccialetto dell'amicizia che hai regalato a Isabel e non a me», la rabbia di Francine era ben visibile nelle linee indurite del suo viso e sulle dita, esageratamente strette intorno alle corde che reggevano l'altalena.

In quel momento il puzzle che per anni non ero riuscita a comporre, in parte perché avevo avuto troppa paura per indagare a fondo cosa fosse successo tra di noi, mi si presentò di fronte con fin troppa chiarezza.

Avevo perso una delle mie migliori amiche per una serie d'incomprensioni.

«Sei seria?», esclamai, guardandola sconvolta: «Solo per questo?»

«Solo? Ad una bambina che aveva appena perso la madre non sembrava così poco».

«Non capisci: io stavo facendo un braccialetto anche per te! Dovrei ancora averlo a casa da qualche parte...», spiegai, sorpresa e dispiaciuta.

«Tu hai fatto un braccialetto anche per me?», mi chiese allibita.

«Certo», confermai.

«Oh», rimase in silenzio per qualche secondo, poi aggiunse: «Io a casa ho il tuo, te l'ho rubato anni fa, volevo che tu e Sab litigaste».

Con la bocca spalancata rimasi a fissare Francine per qualche secondo, prima di scoppiare in una risata quasi isterica.

Avevamo parlato per il resto del pomeriggio, confrontando ricordi passati per capire l'una il comportamento dell'altra e sviscerare un rapporto che avevo creduto perduto e che, forse, non lo era.

Non tornammo ad essere migliori amiche nell'arco di un pomeriggio, ma quella lunga conversazione, tenutasi mentre dondolavamo su altalene destinate a dei bambini, servì da solida base per le chiacchierate che ci furono nei giorni successivi.

Anche l'incontro non zia Laurel aveva costituito un interessante diversivo alla monotonia dei miei giorni, durante il mese di Marzo.

Era passata a trovarci una sera, auto invitandosi a cena, e fu durante quella visita che scoprii il motivo del contrasto tra lei e mamma.

Per tutta la durata della cena zia non aveva fatto altro che raccontarci dei luoghi meravigliosi che aveva visitato con zio Ron, che aveva lasciato in Italia per qualche giorno e da cui sarebbe ben presto tornata. Ogni volta che zia iniziava a descrivere bellezze esotiche apparentemente impensabili, mamma prendeva un generoso sorso di vino rosso oppure sollevava gli occhi al cielo con aria scocciata.

Il comportamento di mamma mi ricordava quello che avevo dedicato per anni a Francine e che solo recentemente avevo smesso di utilizzare; l'unica differenza era che io non avevo mai bevuto alcolici per rendermi più sopportabile la presenza di quella che credevo essere la mia nemica numero uno.

Zia Laurel approfittò della serata per farmi in anticipo gli auguri per il mio compleanno, dicendomi che, se avessi mai sentito il desiderio di raggiungerla in Italia, la sua porta sarebbe sempre stata aperta per me. Mi regalò quello che ogni adolescente e giovane adulto sogna di ricevere da ogni parente per il proprio compleanno: una busta con dentro dei soldi.

Solo quando zia se ne fu andata, lasciando come ricordo un piccolo pensierino per la famiglia, ossia un centrotavola intagliato nel legno da artigiani italiani, ebbi occasione di passare da sola qualche minuto con mamma, che mezza ubriaca mi chiese di aiutarla a sparecchiare tavola.

Durante quel breve tempo, mamma sentì il bisogno di raccontarmi quanto zia Laurel fosse stata odiosa con lei, prima ancora che sposasse papà.

Il retro scena "scabroso" che nessuno aveva voluto raccontarmi nei dettagli quando avevo indagato la settimana prima, venne finalmente fuori: zia aveva detto a papà, che mamma frequentava un altro e che papà avrebbe dovuto pensarci due volte prima d'innamorarsi stupidamente di lei. Zia non si era mai scusata per aver cercato di mettere zizzania e mamma non riusciva a dimenticare la cattiverie dette nei suoi confronti.

Ora che conoscevo quel racconto capivo meglio il comportamento di mamma, anche se non ero del tutte certa che bere vino rosso, per fingere di non avere la zia Laurel a cena, fosse la soluzione migliore per mantenersi sani fisicamente e mentalmente.

Quando la settimana prima avevo sentito che zia sarebbe passata a trovarci, avevo pensato che parlare con lei mi sarebbe servito.

Avevo sempre visto zia Laurel come l'avventuriera della famiglia, come la figura femminile alla quale mi sarei dovuta ispirare per essere libera e felice, e quella convinzione non era stata spazzata via dal racconto di mamma, anche se si era considerevolmente incrinata.

Zia Laurel non era la persona senza macchia e senza paura che avevo creduto, faceva degli errori, faticava a chiedere scusa... Forse non era l'esempio migliore da seguire nella vita, ma non potevo che esserle grata per esser stata la prima donna della famiglia a mostrarmi che c'era un'alternativa, che non ero costretta a mettere su famiglia a meno che non l'avessi voluto, che ero libera di essere me stessa e di scegliere la mia strada.

Marzo, nella sua monotonia, fu un mese tutto sommato felice.

Xavier mi scriveva un messaggio o mi chiamava quasi ogni sera e quando non riusciva mi chiedeva scusa appena possibile.

Sentire la sua voce mi rilassava, leggere i suoi messaggi mi confortava.

Mi raccontava brevemente del tempo, del luogo in cui si trovava e mi chiedeva di parlargli della scuola e di come stessi.

Ero scoppiata a piangere quando mi aveva posto quelle domande, proprio nel momento di maggiore fragilità emotiva causata dal mio ciclo mestruale e lui era rimasto con me per più di mezz'ora a parlare, fino a quando non mi ero sentita meglio.

Avevo scoperto che quella relazione a distanza era meno terribile di quanto avessi temuto in un primo momento. Malgrado ci sentissimo ogni giorno, trovavamo sempre qualcosa di nuovo o di diverso da raccontarci.

Per scherzare a volte lo chiamavo Mr. X e lui quando mi diceva qualcosa di dolce non usava il mio nome per intero, ma Didi.

Per tutto il mese di Marzo e per le prime due settimane di Aprile, tutto continuò ad essere monotonamente perfetto.

Quando arrivò il giorno del mio diciottesimo compleanno, scoprii che le doti persuasive di Isabel non funzionavano solo con me, ma anche con il resto della mia famiglia.

Senza che sospettassi niente, Sab aveva organizzato alle mie spalle, con il benestare dei miei genitori e l'entusiasmo di nonna ed Edith, una piccola festa a sorpresa a casa mia.

Quel mercoledì venne mamma a prendermi a scuola, costringendomi ad accompagnarla a fare la spesa, attività che odiavo particolarmente.

Una volta tornata a casa mi trovai circondata da striscioni, palloncini e il delizioso odore di torta al cioccolato appena sfornata.

Oltre ad una sorridente Isabel trovai in salotto ad aspettarmi Frida, Jules, Ann, Francine, Michel e i membri della mia famiglia.

«Sorpresa!», urlò Sab, lanciando in aria un palloncino rosso, mentre Edith esclamava: «Buon compleanno, D!»

La festa trascorse in un caotico chiacchiericcio, Frida ci parlò della sua ultima conquista, un ragazzo dell'università che aveva conosciuto poco dopo essersi lasciata con la sua ex, mentre Jules si lamentava del weekend, che aveva trascorso ad arrampicare in montagna con la famiglia.

Sia Frida che Jules erano rimasti particolarmente sorpresi quando avevo annunciato loro che io e Francine eravamo tornate ad essere amiche. Entrambi avevano accettato di buon grado la questione, concedendole fin da subito il beneficio del dubbio.

Erano bastati pochi giorni, sia a Frida che Jules, per prendersi una cotta per la nuova aggiunta del gruppo. A Frida ero certa che fosse passata dal modo in cui parlava della sua nuova fiamma, ma a Jules temevo che ci sarebbe voluto del tempo in più.

Ann passò la maggior parte del tempo a chiacchierare con Kyle, ma non gliene feci una colpa, soprattutto perché la cosa dava fastidio a Francine e, anche se eravamo tornate ad essere amiche, le vecchie abitudini erano dure a morire.

Kyle e Ann sembravano essere diventati amiconi per la pelle, tanto che mi chiedevo quanto avrebbe aspettato mio fratello, prima di farle capire che per lui quella che stavano instaurando non era una semplice un'amicizia.

Allo stesso modo in cui io e Francine ci eravamo perdonate a vicenda le cattiverie degli ultimi anni, sembrava che anche Michel mi avesse perdonato ogni cosa crudele che avevo detto, pensato o fatto negli ultimi tempi, così come io avevo perdonato i suoi comportamenti strambi.

Faceva impressione trovarsi ad essere così felice e allo stesso tempo sentirsi profondamente triste il giorno del mio compleanno.

Ogni momento felice era rovinato dal pensiero che Xavier era lontano, ogni sorriso era incrinato dal timore che potesse essergli successo qualcosa.

Quando la festa finì e controllai il cellulare non trovai messaggi o chiamate perse da Xavier.

L'avevo sentito l'ultima volta due giorni prima, quando mi aveva detto di trovarsi ormai molto vicino a stanare l'assassino di suo padre e mi aveva detto che per qualche giorno avrei potuto non ricevere sue notizie.

Eppure, malgrado sapessi della situazione delicata in cui si trovava provai la forte tentazione di chiamarlo io. Per fortuna mi addormentai prima di fare qualcosa di molto stupido, che avrebbe potuto rovinargli la caccia.

Per il resto di Aprile, non ottenni sue notizie e nel mio cuore sofferente iniziarono ad insinuarsi dubbi ed ombre che, fino a quel momento, ero riuscita a tenere facilmente a bada: e se Xavier fosse stato gravemente ferito? E se la sua assenza fosse dovuta alla sua morte? E se durante il viaggio avesse incontrato una donna o una donna-lupo migliore di me; magari più bella, più femminile e meno infantile?

Più mi tormentavo più mi era difficile uscire da quel tunnel di dolore.

Per fortuna sia Isabel che Francine si presero l'impegno di farmi sorridere almeno una volta al giorno: Sab mi raccontava dei continui tentativi di procreazione dei suoi genitori, esagerando abbastanza quelle vicende da renderle ridicolmente realistiche, mentre Francine mi raccontava di quanto Carol fosse il tipico stereotipo di cheerleader bionda che si vede nei film e nelle serie tv, riportandomi episodi che sfociavano nell'assurdo.

Non potevo che essere loro grata per le attenzioni che mi dedicavano e i loro tentativi di farmi stare meglio, ma i sorrisi e le risate che mi strappavano erano momentanei.

Bastava un attimo per farmi tornare col pensiero a Xavier, ancora meno per farmi sentire triste e sconsolata.

La monotonia delle giornate di Aprile venne sostituita da quella delle giornate di Maggio; simile ma non identica.

Con breve preavviso arrivò in visita da Marsiglia la cugina di Francine e Michel, Claire, la quale aveva un anno in più di Michel e un marcato accento francese che mi impediva di capire metà delle parole che diceva.

Conobbi Claire quando andai a trovare Francine con Isabel, un sabato pomeriggio di inizio Maggio, e rimasi particolarmente colpita dal suo taglio di capelli corti color grano e dai suoi occhi color nocciola colmi di curiosità.

Isabel non si smentì e fin da subito le fece un'interrogatorio minuzioso, come se si fosse trovata ad un appuntamento al buio e avesse sentito la necessità di sapere più cose possibili di quella che sarebbe potuta diventare sua moglie.

Ben presto mi resi conto che il mio pensiero non si scostava più di tanto dalla realtà, dato che il dolore e la preoccupazione, che provavo quando Xavier s'insinuava nella mia mente, non potevano impedirmi di notare il modo in cui Claire e Isabel sembravano essersi perse in una bolla troppo stretta, per poter permettere a qualcun altro di metterci piede e disturbare la loro privacy.

Mi sembrò di tornare indietro nel tempo, a quando Kyle aveva visto per la prima volta un'Ann diversa da quella a cui eravamo abituati, solo che questa volta erano Isabel e Claire ad essersi viste per la prima volta.

Francine, Michel ed io assistemmo con stupore allo spettacolo che ci si presentava di fronte agli occhi, affascinati dalla coincidenza che aveva permesso a Sab di incontrare quella che doveva essere la sua compagna per la vita.

Dopo qualche minuto decidemmo di cambiare stanza, così da lasciare loro un po' di privacy.

«È mai successo?», chiese Francine, guardando sconvolta il fratello maggiore.

«Cosa?», domandò lui, mentre sbirciava con la coda dell'occhio sua cugina e una delle sue migliori amiche che chiacchieravano animatamente, ignare del mondo che le circondava.

«Di trovare un compagno o una compagna del tuo stesso sesso», disse Francine, titubante.

Scrollai le spalle: «Perché no, scusa?»

«Pensavo che le coppie si creassero per una mera questione di procreazione...», mi spiegò lei.

«Se fosse così perché il signore e la signora Montgomery non hanno mai avuto figli?», le feci notare: «E anche se Sab e vostra cugina fossero i primi esemplari di donne-lupo gay, non penso sia una cosa terribile».

Francine sollevò gli occhi al cielo: «Non ho mai detto che fosse terribile, Diana! Non mettermi in bocca parole non mie. Sono solo rimasta stupita, perché non mi sarei mai aspettata che la mia amica ritrovata avesse un colpo di fulmine con la cugina che non vedo da circa dieci anni».

Dopo quel primo incontro, Isabel e Claire iniziarono a passare molto tempo assieme, spinte l'una verso l'altra da una forza d'attrazione invisibile che conoscevo fin troppo bene, dato che era la stessa che mi aveva legato indissolubilmente a Xavier fin dal nostro primo incontro, quella notte nella foresta.

La felicità che provavo per Isabel era offuscata soltanto dalla mia tristezza.

Xavier mi aveva scritto un breve messaggio in risposta ai trenta che gli avevo mandato nell'ultimo mese, per farmi sapere che stava bene e nient'altro.

Avevo provato a chiamarlo qualche volta, ma non aveva mai risposto e non mi aveva mai richiamata.

Non riuscivo a capire perché si comportasse così e più Xavier mi ignorava, più cominciavo a credere di esser stata presa in giro, durante quelle due settimane che avevamo condiviso.

Quando la tristezza e la delusione vincevano su qualsiasi altro sentimento, mi raggomitolavo sul mio letto e cercavo nel borsone di Xavier qualcosa che potesse farmi sentire meglio. Potevo passare minuti interi a contemplare la foto della mamma di Xavier, oppure a leggere qualche pagina di "Foglie d'erba" oppure ancora a sfogliare le cartoline e a ricordare le storie che erano ad esse legate.

Erano rari i momenti in cui mi lasciavo abbattere tanto da non riuscire a reagire in nessun modo, dato che di solito ero brava a trovare una distrazione; leggere un libro, fare i compiti, cercare Edith per farmi raccontare qualcosa o disegnare con lei, parlare con nonna, aiutare mamma con le faccende di casa, prendere in giro Kyle, farmi assegnare qualche ronda extra da papà.

Ora che ero diventata maggiorenne erano arrivate le responsabilità, proprio come mi aveva avvertita mio padre qualche mese prima, e avevo il dovere di difendere i confini del branco quanto tutti gli altri membri adulti.

Le ronde notturne o diurne non mi pesavano, correre mi aiutava a liberare la mente e a scaricare la tensione, oltre a stancarmi abbastanza da aiutarmi a dormire più facilmente.

Quando Maggio finì per lasciare il passo a Giugno, il mio cuore ormai si era arreso all'evidenza che Xavier non sarebbe più tornato.

L'ultimo anno scolastico era terminato e la mia famiglia era molto fiera di me.

Malgrado le resistenze iniziali, mamma e papà avevano infine accettato il mio imminente viaggio, facendomi promettere di scrivere loro spesso e di fare molta attenzione ai pericoli in cui sarei potuta incappare.

Non avevo molti soldi messi da parte, ma lo scopo del mio viaggio non era quello di passare da un Hotel di lusso a un altro, quindi non mi preoccupavo più di tanto per la questione.

Non vedevo l'ora di vivere alla giornata; dormire nei boschi, lavarmi nei ruscelli e, in caso di necessità, cercare dei lavori stagionali, che potessero farmi guadagnare un po' di soldi per mantenermi e continuare il mio viaggio.

Ovviamente sapevo di poter contare sui miei genitori nel caso avessi avuto bisogno di aiuto economico, ma volevo provare ad essere il più indipendente possibile.

Avevo fissato la partenza alla seconda domenica di Giugno e lo avevo scritto in un veloce messaggio a Xavier. Dato che sarebbe dovuto essere il mio compagno di viaggio, anche se ormai non ci speravo più molto, mi ero sentita in dovere di informarlo.

In parte non potevo impedirmi di sperare che tornasse da me, ma più si avvicinava la domenica della partenza, più la speranza di rivederlo si faceva debole e inconsistente.

Eppure, per quanto mi dispiacesse, non potevo aspettare oltre.

Dovevo partire.











***

Buongiorno popolo di Wattpad!

Mi auguro che il capitolo vi sia piaciuto e non vi sia parso troppo sbrigativo. Avevo pensato di scrivere più capitoli per descrivere la ritrovata amicizia con Francine e il nuovo amore di Isabel, ma avevo paura di allungare troppo la storia e renderla ripetitiva o noiosa, per questo ho pensato di unire questi due colpi di scena in un unico capitolo.

Spero che abbiate tempo e voglia di farmi sapere cosa ne pensate, anche perché ormai siamo quasi alla fine della storia e mi piacerebbe sapere quali sono le vostre previsioni per i capitoli futuri!

Per rimanere in tema: secondo voi cos'è successo a Xavier da trattenerlo così tanto lontano da Diana? Riuscirà a tornare prima che lei parta?

Come sempre, ricordo che per chi volesse mi può trovare su Instagram, il nome dell'account è lazysoul_efp.

Un bacio,

LazySoul_EFP


P.S. Per il volto di Claire ho pensato all'attrice Lea Seydoux.

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