.6.
Tyler riuscì a tornare a casa, finalmente, dopo due ore di allenamento con la squadra di basket e un'ora con quelli del corso di recitazione.
Ugh, odio i giovedì, pensò tra sé e sé, mentre tornava a casa a piedi, da solo. Sua madre e suo padre stavano quasi sempre a scuola dopo la fine dei corsi pomeridiani, visto che erano il preside e l'organizzatrice dei club sportivi avevano molto da fare. Al ragazzo, però, non dispiaceva. Alla fine, quando potevano, passavano la giornata con lui, i suoi due fratelli e sua sorella. La domenica andavano in chiesa. Facevano attività insieme. Erano una famiglia felice.
Il moro varcò la soglia di casa, e salutò i fratelli. «Zack, Jay, Madison, sono a casa!» gridò, anche se non era sicuro di essere con qualcuno. Era tutto molto silenzioso. Di solito era Mark quello che stava con i fratellini, era un ragazzo poco più grande di Tyler che aveva deciso di mollare la scuola e che adesso aveva molti lavori part-time. Abitava ancora con i suoi genitori, ma si guadagnava da vivere.
«Oh, Tyler!» esclamò una voce, alla destra del ragazzo. Voltò la testa per vedere il viso di Mark, e gli sorrise. In braccio teneva Madison, mentre di fianco a lui c'era Jay, che salutava il fratello più grande con la mano destra.
«Ciao Mark,» disse, avvicinandosi e piegandosi verso il fratellino, scompigliandogli amorevolmente i capelli mori, «sono stati buoni anche oggi?» chiese al ragazzo biondo, che lo osservava sorridente.
«Mh-mh.» annuì, piegandosi perché la bambina che aveva in braccio voleva andare sul divano. «Zack sta facendo i compiti, e Jay li ha appena finiti.» spiegò, appoggiandosi al capostipite della porta. «Oh, e Maddie ha riposato fino a poco fa.»
Tyler sorrise, per poi oltrepassare il fratellino e appoggiare lo zaino sulla tavola della cucina. «Vado a salutare Zack.» disse, uscendo dalla stanza e mettere una mano sulla testa della sorellina mentre passava di fianco a lei. L'altro ragazzo lo guardò per un po', mentre saliva le scale che portavano alla sua camera, per poi chiamare Madison e farla mangiare.
Prima di entrare dal fratello, però, il moro controllò il suo cellulare. Notò scocciato che c'erano diverse notifiche da parte del gruppo di Urie, quindi spense l'aggeggio e andò a salutare suo fratello. Prima bussò, per assicurarsi che non stesse facendo qualcosa di strano. Con sua sorpresa, fu lo stesso Zack ad aprire la porta. Di solito non lo faceva, era troppo pigro.
Tyler entrò, notando anche che la stanza era in ordine. «Zack?» lo chiamò il più grande. L'interpellato si girò verso di lui, mentre si sedeva sul letto. «C'è qualcosa che non va?» gli chiese, guardandolo preoccupato. Era la prima volta in sedici anni che quel ragazzo metteva in ordine la propria stanza. Quindi c'era qualcosa che non quadrava.
Lui si guardò intorno, spaesato. «No, va tutto bene.» rispose, semplicemente. «Perché me lo chiedi?» domandò, curioso. Il fratello più grande sembrava ancora incredibilmente sorpreso dalla condizione della camera, e non rispose. Così, Zack dovette capirlo da sé. «Oh, la stanza.» si accorse lui, sospirando sollevato. «Semplice, Mark l'ha messa in ordine perché diceva che tutto era troppo fuori posto.»
Tyler sembrava ancora scioccato, ma riuscì a parlare. «Ora ha tutto... tutto molto più senso.» riuscì a dire, prima di fare un cenno per salutarlo e andare nella sua stanza. L'altro lo guardò confuso, per poi chiudere la porta e concentrarsi su altro. Aveva fin troppi compiti per l'indomani, non poteva perdersi in quel modo.
L'altro, da perte sua, aprì la porta della sua stanza e si gettò sul letto, sfinito. Quel giorno era stato davvero troppo per lui, tra le nuove amicizie che aveva fatto con Pete e Josh, la proposta del nano tatuato e il litigio tra Urie e Pete. Il lato positivo era che adesso si poteva riposare, visto che non aveva altri compiti da fare. Così, si mise d'impegno e lesse i messaggi.
5head: RAGAZZI
Gee: E tu chi cazzo sei
Gee: Ah, frontone
Pepe: sei demente
Gee: CHE CAZZO HAI APPENA DETTO
Pepe: frank so che se tu
Gee: ...
Gee: Come cazzo
Pepe: way di solito dice 'yay grazie lo so mon amour'
Gee: Devo parlare con Gerard riguardo il suo modo di parlare.
Pepe: è una sassy diva, non puoi cambiarlo
5head: ASCOLTATEMI
Jish: Bren, calmati
5head: SONO CALMO
Jish: No Bren, non lo sei
Pepe: quoto il bassino
Jish: Non sono così basso
Pepe: l'unico più basso di te in tutta la scuola è patrick
Pepe: sei più basso persino di iero
Jish: Tutto questo è bullismo
Pepe: ti sembro un bullo?
Pepe: sono un gay emo alto 1,68 che indossa l'eyeliner e si veste perennemente di nero
Pepe: completo con tinta nera e capelli piastrati
Jish: ... Okay forse no
Pepe: bravo il mio nanetto silenzioso
Jish: Me ne vado, basta
Pepe: non azzardare ad andartene
Pepe: nanetto silenzioso?
Pepe: ...
Pepe: TI CASTRO
Pepe: E TI FACCIO STUPRARE DALLA RYAN
Jish: Provaci e ti rapisco Patrick
Pepe: QUESTO è RICATTO
Jish: VOLEVI FARMI STUPRARE DA UNA LESBICA FIDANZATA CON UN'ALTRA LESBICA
Pepe: NON MI RISPONDEVI
Jish: E TU MI FAI STUPRARE
Pepe: MI SEMBRA OVVIO
Jish: CHE DIAVOLO
5head: ... posso parlare?
Pepe: NO
Jish: TI PREGO FALLO
5head: Ascolterò JishJish
Jish: Cos'è quel coso
5head: JISHJISH
Jish: ... Pete parla ancora ti prego
Pepe: OVVIO JISHJISH
Jish: ... me ne vado
Pepe: tutti mi odiano ;-;
5head: POSSO PARLARE ADESSO
Pepe: ti prego, datti una mossa
5head: FINALMENTE
5head: ALLORA
Pepe: però smettila di scrivere in caps
5head: NO SONO TROPPO FELICE
5head: DALLON MI HA INVITATO A USCIRE
5head: ALLE QUATTRO E MEZZA
Pepe: muoviti allora, sono le quattro e venti
5head: SONO GIà AL LOCALE DA VENTI MINUTI
Pepe: sei inquietante.
5head: GRAZIE
Jish: Sono in ritardo, ma sono felice per te, Bren
Pepe: non credo risponda, sono le quattro e tre quarti, ormai è con dallon
tyjo: che cosa diavolo è successo.
Pepe: TYLER CIAO
Pepe: TI HO CHIAMATO TRE VOLTE
tyjo: che?
tyjo: non ho chiamate da te.
Pepe: ...
Pepe: ho chiamato tre volte qualcuno, ok
tyjo: che non ero io.
Pepe: sì, ho capito
tyjo: joSH.
Pepe: non è nemmeno online
tyjo: mi hAI APPENA TIRATO UN SASSO CONTRO LA FINESTRA?
Jish: Non esattamente
tyjo: me ne hai apPENA TIRATI TRE.
Jish: ... adesso è corretto.
Jish: Volevo parlarti comunque
tyjo: ma sei muto.
Jish: Volevo parlarti di quello
tyjo: ugh, ti raggiungo.
Jish: Grazie Ty
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Brendon era nel bar da venti minuti, quando vide una figura alta entrare dalla porta principale. Si alzò in piedi, facendosi notare dall'altro. Lui gli sorrise, e si avviò verso il moro, salutandolo. «Hey.» disse soltanto, mentre si abbracciavano. Non durò molto, ma da quell'altezza, il più basso poteva sentire il cuore di Dallon che batteva, cosa che lo fece rabbrividire.
Non appena si lasciarono, Brendon andò a ordinare qualcosa per entrambi. «Ciao, Bill.» disse al barista, un uomo asiatico non troppo vecchio ma nemmeno troppo giovane. Sulla quarantina insomma. «Non è che puoi portarmi due caffè? Uno senza zucchero, grazie.»
L'uomo gli sorrise e annuì. «Come va con tua madre, Brendon?» chiese, mentre preparava quello che gli aveva chiesto. Il ragazzo alzò lo sguardo, confuso. Era da tanto che non parlava con sua madre, viveva da solo da un po' di tempo. Si era trovato un bell'appartamento, lo divideva con un certo Spencer, e faceva un paio di lavori part time per pagarsi la sua metà di affitto e il cibo. Sua madre non era mai stata molto d'accordo con lo stile di vita che aveva deciso di condurre, con la passione per la musica, il suo essere pansessuale e il fatto di aver smesso di essere cristiano.
«Umh, non troppo bene.» rispose semplicemente, mentre osservava l'uomo che gli allungava le due tazzine bianche. Prese i due oggetti e gli sorrise, ringraziandolo con un cenno della testa.
Tornò dall'amico, facendo attenzione alle tazzine che aveva in mano, allungandone una a Dallon. «Grazie mille,» ringraziò, «sei carino.» aggiunse poi, facendo sorridere Brendon. Non si aspettava che proprio lui gli dicesse questo, aveva sempre pensato che lo vedesse come una persona strana e inquietante.
«Grazie,» mormorò, ancora ridendo imbarazzato, «anche tu non sei da meno.» constatò, facendo in modo che l'altro abbassasse il capo in imbarazzo. Lui lo osservò, intenerito da quell'espressione su quel viso particolare, continuando a sorridere.
Dal nulla, Dallon gli chiese una cosa che di certo l'altro non si aspettava. «Sei così gentile con tutti o solo con me?» domandò, continuando a sorridere, ma guardandolo con uno sguardo serio. Poi, si accorse di quanto male suonasse quella frase, così alzò le mani come per scusarsi e assunse un'espressione preoccupata. «Mi... mi dispiace, non volevo farlo suonare così. Non ti sto giudicando per le tue scelte di vita, davvero, ma mi pare che tu non sia la persona che vuoi far credere a tutti di essere.» disse, ottenendo dall'altro uno sguardo sorpreso. Nessuno gli aveva mai detto una cosa simile, nemmeno Josh o Pete, che lo conoscevano da anni, avevano mai pensato a questa possibilità. Nonostante tutto, cercò di concentrarsi sulle parole del moro di fronte a lui. «Non sei la persona che vuole arrivare subito allo scopare, giusto?»
Si passò una mano tra i capelli, senza sapere cosa rispondere. Una parte di lui era ovvio che volesse solamente scopare, era stato una puttana per anni, dopotutto. Però, un'altra parte di lui voleva provare ad avere una relazione decente, che andasse oltre al "sei stato bravo a letto, okay addio". Non sapeva davvero come rispondere, e sospettava che Dallon, nella sua testa, si fosse già fatto un quadro mentale di come stessero le cose.
«Brendon?» lo chiamò l'altro, con sguardo visibilmente preoccupato. «Stai bene? Sei pallido.» commentò, guardandolo bene in viso. Lui non rispose, ancora assorto nei suoi pensieri, così l'amico si alzò gli prese il braccio e lo aiutò a uscire dal bar. Non lo fece con forza o velocemente, non voleva che tutti li fissassero.
Brendon non capì davvero cosa stesse succedendo, tutto quello che sapeva era che Dallon Weekes lo stava trascinando fuori da un bar preoccupato per lui.
Toccandogli il braccio.
Di sua spontanea volontà.
Il moro alzò lo sguardo verso il cielo, mentre il compagno lo costrinse a sedersi sul cemento, con la schiena contro il muro del bar. Si chinò anche lui, restando di fronte al ragazzo, che, finalmente, dopo mezz'ora riuscì a respirare aria fresca. Chiuse gli occhi, e lasciò che il vento gli scompigliasse i capelli. Non sapeva cos'aveva provocato quella sensazione di panico, ma di sicuro aveva a che fare con il ragazzo che era con lui. Detestava essere innamorato.
«Meglio?» chiese Dallon, dal nulla. Brendon aprì gli occhi, e annuì, sorridendo leggermente. L'altro ricambiò il sorriso. «Scusami per quella domanda, non volevo farti sentire così.» disse, scuotendo la testa, come per rimproverarsi. «Ho rovinato tutto, scusami.» ripeté, con lo sguardo rivolto verso il basso.
Il moro sollevò la schiena dal muro, e allungò una mano verso il polso dell'altro, che alzò il viso per vedere Brendon sorridere. «Non hai rovinato nulla, Dallon.» disse, dolcemente. «Che tu ci creda o no, questo è il miglior appuntamento che io abbia mai avuto.» aggiunse, facendolo ridere e prendendogli la mano.
Mosse la mascella, prima di guardarlo di nuovo negli occhi. «Probabilmente perché questo è il tuo unico appuntamento che non è finito a letto.» scherzò, scatenando una rumorosa risata da parte dell'amico. Si stavano divertendo entrambi, il primo a sentire ridere l'altro e il secondo... beh, il secondo era talmente su di giri per la stretta di mano che anche se gli avesse detto di andare a quel paese avrebbe riso ugualmente.
Quando finì di ridere, i due si accorsero di essere spaventosamente vicini, oltre al fatto che si stavano tenendo per mano, così rimasero seri per qualche momento. Brendon si sarebbe allungato per qualche centimetro per baciare l'altro, se non fosse che il mondo era contro di lui, come ogni giorno. «Brendon, che minchia fai.» disse una voce, vagamente familiare. Il ragazzo si girò per vedere Jordan, il fratello minore di Josh. Immediatamente, i due si lasciarono le mani e indietreggiarono, uno con le guance rosse e l'altro pure.
Il primo a riprendersi fu Brendon che, come al solito, usò le sue doti da persona solare e completamente fuori di testa per mandare via il ragazzino. «Ah, Jordan! Come stai, uh? è da secoli che non ti vedo!» disse, alzandosi e salutando il ragazzo con una pacca sulla schiena. «Guarda quanto sei cresciuto!»
Il ragazzo fu leggermente confuso da quell'intervento, quindi se ne andò, salutando i due con un gesto della mano, come se li stesse mandando a quel paese. E forse, era davvero così, considerata la gentilezza e il carattere fine del ragazzo, completamente opposto a quello del fratello maggiore.
Il moro sospirò sollevato, contento che non avesse spifferato subito tutto ai quattro venti. Si girò poi verso Dallon, che si era seduto a terra. Lui lo raggiunse, allungandogli una mano per aiutarlo ad alzarsi. Il ragazzo la notò e accettò l'aiuto, alzandosi. Brendon si strofinò nervosamente le mani, per poi rompere il silenzio imbarazzante che si era creato. «Vuoi che ti porti a casa?» propose, sperando che l'altro acconsentisse.
Come sperato, Dallon annuì, e i due procedettero fino alla casa del ragazzo, parlando delle cose più disparate. Brendon scoprì della passione per la musica del ragazzo, per esempio. Non seguiva nessun corso, ma imparava da autodidatta, anche grazie all'aiuto di suo zio che l'aveva fatto appassionare al basso e al canto. Non si definiva un cantante granché, ma gli piaceva più che altro suonare il basso, sostenendo che era molto più bravo con quello.
Arrivati là, Brendon poté piacevolmente parlare anche con sua madre, che gli fece un paio di domande riguardo la sua sessualità. Inizialmente, non capì perché, ma rispose comunque. Alla fine, scoprì che l'amico era bisessuale e che la donna voleva aiutarlo anche in questo campo, informandosi su quella comunità meglio che poteva. Come la maggior parte della gente, non sapeva cosa voleva dire "pansessuale", così glielo spiegò, con tanto di commenti positivi da parte della madre. Non si aspettava così la signora Weekes, ma era molto simpatica e aperta di mente, dopotutto.
Verso le 18 il ragazzo tornò a casa, non volendo provocare problemi riguardo la cena, e salutò Dallon e sua madre. Poco prima che uscisse, il ragazzo lo fermò davanti alla porta. «Brendon,» lo chiamò, catturando la sua attenzione, «hai voglia di... insomma, di incontrarci anche domani?» propose, un po' imbarazzato e con il viso colorato leggermente di rosso.
L'altro sorrise. «Certo Dal.» rispose, notando che al soprannome l'altro rabbrividì. «Sarebbe un immenso piacere.» aggiunse, senza smettere di sorridere.
«O-Okay.» rispose, per poi scuotere la testa. Ogni volta che lo faceva, i suoi capelli si scompigliavano, e lo sguardo di Brendon si inteneriva, sembrava un cucciolo. «Quindi... Sempre da Dun?» domandò, guardando di nuovo il ragazzo.
«Come vuoi, va bene anche per strada.» rispose, sorridendogli. «Basta che tu ci sia e me lo farò andare bene, tranquillo.» aggiunse, notando che il colore rosso sulle sue guance era violentemente aumentato di intensità. Gli piaceva farlo arrossire così, era molto più carino quando era imbarazzato.
Dallon prese un grande sospiro, per poi parlare. «Fuori da scuola e poi decidiamo? Tanto domani non ho allenamento, quindi sono libero.» propose, ancora imbarazzato, aspettando la risposta dell'altro. Lui annuì, facendo sorridere il più alto. «Allora... a domani.» salutò notando che la porta era già aperta.
«Uh... Certo, a domani, Dal.» ricambiò il saluto Brendon, con un cenno della mano e chiudendo la porta, con l'immagine del sorriso del ragazzo in testa. Oh sì, la sua vita stava prendendo una bella piega, e ne era estasiato.
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WOWOWOWOWOWO CE L'HO FATTA
AVEVO UN BLOCCO CON LA DALLON, RIP.
MA ADESSO SONO GAY E BELLI CHE INNAMORATI PERSI, BENE.
E IO NEL PROSSIMO CAPITOLO MI DIVERTO CON TYLER LOL.
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