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.5.

Dallaffe: Tyler?

Dallaffe: Tutto bene?

Dallaffe: Sei vivo?

Dallaffe: Un tipo bassino tatuato ti è venuto a cercare comunque

tyjo: tranquillo dallon.

tyjo: volevano solo parlarmi.

tyjo: e quale tipo bassino? 

tyjo: per te sono tutti bassi, sei una giraffa.

Dallaffe: Non so come si chiamasse

Dallaffe: E lo so di essere alto, guarda il mio username

tyjo: ugh.

tyjo: sei egocentrico.

Dallaffe: Disse il capitano della squadra di basket

tyjo: zitto.

Dallaffe: Questo è bullismo.

tyjo: già.

tyjo: dimmi com'era fatto almeno questo tipo.

Dallaffe: Aveva i capelli piastrati e neri

tyjo: è pete.

Dallaffe: Non lo so, credo di sì

tyjo: non l'hai mai visto, vero?

Dallaffe: Lol esatto

tyjo: non preoccuparti per me, vai da brendon adesso.

Dallaffe: Ma mi fa paura quel tizio

tyjo: a me sta sulle scatole.

tyjo: ma sembra felice quando è intorno a te, dovresti provare a parlargli.

tyjo: magari a te sta simpatico.

Dallaffe: Hai mandato la coerenza a farsi fottere in tre messaggi

tyjo: lo so.

tyjo: ma io posso farlo.

Dallaffe: Sono io quello egocentrico?

tyjo: io sono diversamente altruista.

tyjo: quindi sì, sei tu quello egocentrico.

Dallaffe: ... Perché sono tuo amico?

tyjo: perché sono il capitano della squadra di basket.

tyjo: e mia madre è l'allenatrice.

tyjo: e mio padre il preside della scuola.

tyjo: mi basta una lagna e tu sei fuori.

Dallaffe: Sei uno stronzo

tyjo: grazie mille.

Dallaffe: Vado a parlare con Frontelunga

Dallaffe: A dopo

tyjo: a dopo dallon.

Tyler spense il cellulare e ci giocherellò un pochino, aspettando che Pete arrivasse. Si erano conosciuti da poco, ma il ragazzo più grande (Pete era stato bocciato un paio di volte, così come Brendon e Gerard) aveva già cominciato a coprirgli le spalle. Nessuno dei due sa perché, è successo e basta. Inoltre, scoprirono di avere diversi corsi insieme, come quello di musica e di teatro, oltre alla passione per la scrittura. Il moretto si trovava bene con lui, non diceva troppe parolacce e non bestemmiava, era simpatico e gentile e aveva un buon gusto in fatto di musica.

«Tyler!» sentì chiamare il suo nome, e si voltò per vedere l'amico che correva verso di lui. Lui gli sorrise, mettendo in tasca il telefono. «Stai bene? Di solito quando Frank è così arrabbiato non finisce molto bene e-»

«Sto bene, abbiamo solo parlato.» lo interruppe lui, scuotendo la testa e sorridendo verso il ragazzo. Lui sembrò calmarsi, così Tyler gli spiegò cos'era successo in realtà. «A quanto pare, quei due, Gerard e Frank, giusto?» chiese, cercando conferma. Pete annuì. «Ecco, Gerard e Frank volevano che io prendessi a botte Urie, se non avrebbe lasciato in pace Patrick.» concluse, guardando come sul suo viso si fosse formata un'espressione rabbiosa.

Notò che stava stringendo i pugni. «Cos'è successo a Patrick?» chiese, guardando il pavimento e con una nota di rabbia nella voce. Sembrava che tenesse molto a quel ragazzo, e che fosse arrabbiato con Brendon per qualsiasi cosa gli stesse facendo.

«Ho... ho capito che riguarda il suo aspetto.» rispose il moretto, esitando per un secondo. Non era sicuro se dirle, quelle cose, visto che a Patrick piaceva molto Pete. Non era lui quello che doveva dirglielo, si sarebbero dovuti chiarire da soli. Lui non c'entrava, era "quello nuovo" lì. «Qualcosa a riguardo il tingersi i capelli, mettersi vestiti decenti...» cercò di ricordare, era stato tutto così veloce che faceva fatica.

All'improvviso, Pete gridò, dando un pugno al muro, e tornò da dov'era venuto. Tyler lo rincorse, senza dire una parola. In quelle situazioni era meglio agire in quel modo, nessuno voleva qualche altro problema in momenti come quello. Così, il moretto si prese l'impegno di fargli fare quello che doveva- che aveva sicuramente a che fare con il pestare di botte Brendon, a giudicare dallo sguardo assassino del più basso- senza esagerare. Ergo, non doveva fargli ammazzare nessuno ed evitargli una sospensione o, addirittura, un'espulsione.

Arrivarono nella mensa, Pete si stava dirigendo verso Brendon, esattamente come Tyler aveva immaginato. Vicino a lui, c'era Josh, che assisteva alla discussione in disparte, vicino a Dallon. Sembrava quasi una formica a confronto con il ragazzo alto. A peggiorare la situazione, vicino al bersagli del ragazzo emo tatuato, c'era Patrick. Inutile dire la sua reazione quando vide Pete. Gli sorrise, uno di quei sorrisi candidi e dolci, che ti fanno venir voglia di abbracciare la gente e mangiare zucchero a palate.

Nonostante ciò, Brendon non si accorse che l'amico era arrabbiato nero con lui, quindi gli si avvicinò con fare scherzoso. Poco prima che potesse dire qualsiasi cosa, venne preso per il polso della mano destra da Pete, che lo trascinò in corridoio. Tyler sbuffò, scocciato del fatto che non ci si riuscisse a decidere di un luogo in cui rimanere, per poi seguirli. 

Josh lo vide, e gli corse dietro, raggiungendolo. Quando l'altro si girò e lo vide sussultò, sorpreso di vederlo lì. Non parlarono, si diressero solo verso le urla di Pete, che rimbombavano nel corridoio. «Hai indotto Patrick a cambiare!» gridava, quasi come se l'altro fosse un assassino. «Perché, Brendon? Perché cazzo l'hai fatto? Patrick era già perfetto com'era! E sai perché? Perché era lui! Quello non è Patrick, quello è come tutti vogliono che lui sia! Sai quanto si odia, sei suo amico! Sei mio amico!» gli gridò questo, e poco altro, prima che gli altri due potessero arrivare. Ritrovarono il ragazzo più alto inchiodato al muro, l'altro che lo teneva per il collo della maglietta con le mani aggrovigliate attorno ad essa.

Tyler stava per intervenire e allontanare i due, quando un'altra figura si fece strada e raggiunse i ragazzi. Patrick. «Pete!» gridò, sperando di attirare la sua attenzione. Il ragazzo interpellato si girò verso di lui, addolcendosi. Brendon continuò a non muoversi, non voleva rischiare un pugno in faccia da parte di Pete Wentz. I segni di quei cosi non andavano via nemmeno se te li scrostavi dalla pelle. «Pete,» ripeté il ragazzo biondo con un tono rilassato e dolce, sorridendogli, «non è tutta colpa sua. Sono io che volevo cambiare.» continuò, facendo allentare ancora la presa al ragazzo, fino a che non lasciò la maglia del moro. «Mi dispiace, Pete. Domani... domani tornerò normale.» 

Pete sembrò sul punto di piangere, ma non lo fece. «Pat,» lo chiamò, facendogli alzare lo sguardo verso di lui, «se sarai felice con un fedora nero in testa, vestiti nuovi e capelli tinti, puoi anche restare così.» lo rassicurò, sorridendogli. «Basta che tu sia a tuo agio, okay?» 

Gli occhi del ragazzo si illuminarono, e sorrise dolcemente. «Sì.» rispose semplicemente, prima di salutarlo con un gesto della mano e andarsene felicemente. 

«Oh sì, è cotto di te.» disse Tyler, guardando la scena. Si girò verso Pete, che stava ancora sorridendo come un demente. «E tu sei cotto di lui, già.» aggiunse, causando la comparsa di un rossore innaturale sulle guance del ragazzo, che si girò verso Brendon per scusarsi. Erano ancora buoni amici.

Il moretto sorrise a quella vista, e sentì il telefono vibrare. Gli erano arrivati un paio di messaggi.

Jish: Secondo te, quando si metteranno insieme Patrick e Pete?

Jish: Oh, e ottimo lavoro, a Pete serviva un amico che gli guardasse le spalle ;)

Alzò lo sguardo verso il ragazzo dai capelli azzurri, che gli sorrise. Sorrise anche lui, prima di rispondergli.

tyjo: spero presto, sarebbero una bella coppia.

tyjo: e non devi ringraziarmi, mi fa piacere aiutare i miei amici.

tyjo: anche brendon.

tyjo: alla fine, voleva solo aiutare i suoi amici.

Jish: Te l'avevo detto che era una brava persona u.u

tyjo: e ho fatto male a non ascoltarti.

La conversazione dei due finì quando sentirono suonare la campanella, segno che dovevano tornare alle loro classi. Ma prima di andarsene, Josh scrisse un ultimo messaggio.

Jish: Vuoi che ti accompagni a casa?

Sfortunatamente, il messaggio non venne mai inviato.

---

Brendon ritornò in classe, ancora con il segno della maglietta sul collo. Anche se poteva non sembrare, Pete era uno dei ragazzi più forti della scuola e, se si arrabbiava, tutti gli giravano alla larga. A parte Patrick. Lui non aveva paura di lui, per qualche strano motivo. Ah, l'amore, pensò, che cazzata. Una cazzata meravigliosamente nascosta come la massima felicità nella vita, ma pur sempre una cazzata. Sorrise, per poi andare verso la sua classe.

Camminò guardando per terra, con le mani in tasca e lo zaino leggero su una spalla. Era assorto nel suoi pensieri, indeciso sul fare il solito Brendon che tutti conoscono oppure prendersi una piccola pausa e pensare un momento seriamente. Non ebbe il tempo di scegliere la prima opzione che si scontrò contro qualcuno più alto di lui. Non fu uno scontro violento, nessuno dei due cadde o si fece male, ma si accorsero l'uno dell'altro.

«Dallon?» chiese il ragazzo, non appena guardò il viso dell'altro, almeno venti centimetri sopra di lui. Il moro scosse la testa, come per riprendersi, per poi guardare chi aveva urtato.

I suoi occhi si spalancarono, come se avesse commesso un crimine. «Brendon, scusa! Oh, Santo cielo, mi dispiace!» si scusò, avvicinandosi per vedere se l'altro stava bene. Brendon fece finta di non essere sé stesso per un secondo, e annuì guardandolo in viso. Gli piaceva, guardarlo in faccia. Da tanto, circa tre anni. Si fece bocciare due volte per continuare a farlo. Era in quarta, quando lui arrivò lì, e quello fu il momento in cui smise di fare la puttanella. Ci scherzava sopra, ma era da un bel po' che non andava a letto con qualcuno (esclusa quella volta con Pete, cinque mesi fa). Adesso era in quinta, mentre l'altro in quarta. Probabilmente si sarebbe fatto bocciare anche quell'anno.

«Non c'è problema, Dallon, sto bene!» esclamò, sorridendogli e mettendo una mano dietro la testa, scompigliandosi i capelli sulla nuca. L'altro si tranquillizzò, ancora non del tutto convinto. Brendon se ne accorse, e cercò di distrarlo. «Piuttosto, che classe hai adesso?»

«Biologia. Con la Frangipane.» rispose, indicando un'aula dietro di lui che doveva essere quella in cui doveva andare. «Devo andare, ci vediamo dopo?» chiese, sorridendo.

Brendon ricambiò il sorriso. «Da Dun alle quattro e mezza?» propose, vedendo subito sulla faccia dell'amico un'espressione di approvazione. «Perfetto, a dopo, Dallon.» lo salutò, con un tono sicuro. In realtà, si stava trattenendo dal saltare dalla felicità.

Il ragazzo più alto gli rivolse un ultimo sorriso, si voltò e andò in classe. L'altro fece lo stesso, anche se durante il percorso ebbe il tempo di pensare, senza smettere di sorridere. Nonostante fosse abbastanza socievole e tendente a mettersi in ridicolo davanti a tutti, con lui non riusciva a parlare normalmente, senza sentirsi in imbarazzo. Spesso, si metteva in ridicolo solo per attirare la sua attenzione.

Con questo pensiero, arrivò di fronte alla classe della Martinez, ed entrò, consapevole di prendersi ogni forma di sgridata per il ritardo. Ma nemmeno lo sguardo cannibale della professoressa di fronte a lui poteva metterlo di cattivo umore. Aveva un appuntamento con Dallon Weekes, d'altronde. E non vedeva l'ora di vederlo.

---

Patrick era di nuovo vicino a Gerard. Perché devo sempre essere così fortunato a beccare il compagno di banco più fastidioso di tutta la scuola? si chiese, sospirando. Poi, riuscì a vedere il lato positivo in tutta quella situazione. Beh, almeno non è Urie. E almeno, quella era la lezione di psicologia, del signor Sivan. Era un'ottimo insegnante, li stimolava molto e non era molto severo. Inoltre, era molto giovane, e stava ancora attraversando i problemi dell'adolescenza. E probabilmente era gay, cosa che lo avvicinò molto alla compagnia di Urie e Way. 

Mancava ancora un'ora alla fine della scuola quel giorno, e Patrick non ne poteva essere più felice. Tra la situazione con Pete e il cambiamento radicale del suo aspetto, non vedeva l'ora di ritornare a casa sua, mangiare i dolci di sua madre mentre faceva i compiti e contemplare la bellezza del mondo esterno dalla sua finestra. 

Il professore, però, non arrivava, e Patrick fu costretto a scambiare qualche parola con Gerard. «Allora, come mai questo cambiamento?» chiese il rosso, senza guardarlo in faccia. Faceva sempre così con tutti, a parte la sua cerchia di amici. Non che il biondo potesse dirgli qualcosa a riguardo, nessuno lo guardava mai in faccia. Non era degno di nota, tutto qua.

«Era da un po' di tempo che ci pensavo.» rispose il ragazzo, passandosi una mano tra i capelli tinti di una tonalità di biondo chiaro. «Poi Urie è venuto a casa mia e... beh, mi ha spinto a farlo.» spiegò, scuotendo la testa e tenendo d'occhio la porta, senza mai alzare lo sguardo da essa. Sperava che il professore fosse entrato da un momento all'altro, fermando quella conversazione imbarazzante e che davvero Patrick non voleva avere.

«Urine, eh?» commentò, giocherellando con la matita che volteggiava nella sua mano. «Non è anche amico di Wentz?» chiese, fingendo di non saperlo. Non voleva fare la parte della cattiva persona, che mette tutti nei guai, ma doveva scoprire se quello che avevano presupposto lui e Frank era vero o meno. E Patrick non era una persona forte di carattere, per niente. In più, Gerard aveva bisogno di gossip, l'ultimo era stato di cinque mesi fa, era in astinenza.

L'altro si morse il labbro inferiore. «Sì, ma-» il ragazzo venne interrotto dall'insegnante che entrava, facendo sedere tutti. Non tollerava le chiacchiere, non finché cominciava a parlare lui. Anche Gerard si zittì, guardando il professore. Il biondo fece lo stesso, prendendo la penna dall'astuccio. 

Il professore cominciò a spiegare come funzionava l'amore psicologicamente, interagendo con gli studenti. Fece diverse domande a Gerard riguardanti la relazione con il suo ragazzo, e ne fece altrettante a Jenna Black, una ragazza fidanzata con Debby Ryan. Poi, si rivolse ad altri studenti che Patrick non conosceva, con relazioni eterosessuali. 

Stava per suonare la campanella, quando Sivan schioccò le dita, soddisfatto. «E cosa possiamo dire alla fine di questa discussione?» chiese, cominciando a camminare da destra a sinistra e viceversa, di fronte ai ragazzi nell'aula. «La nostra psiche elabora l'amore in modi differenti, ma è sempre amore, che sia verso un ragazzo,» guardò Gerard, che sorrise, «una ragazza,» si rivolse a Jenna, felice, «o con una diversa identità di genere.» concluse. Un secondo dopo, il suono della fine della giornata di scuola rimbombò nella stanza, e tutti si alzarono freneticamente, lasciando la stanza più felici che mai.

Patrick, in modo particolare, corse verso l'uscita, entusiasta. Non vedeva davvero l'ora di andare a casa. 

---

NON SO COSA SIA OKOK.

HO COME L'IMPRESSIONE DI STAR STUPRANDO IL CARATTERE DI GERARD E QUESTO NON MI FA SENTIRE BENE OKAY.

INOLTRE, HO FATTO BRENDON SERIO. BRENDON. SERIO. CON L'OCCASIONE DI FARE LA PUTTANA CON DALLON. OKAY NO.

è TROPPO SERIO QUESTO CAPITOLO AIUT.

PERò HEY, BRALLON. E JOSHLER. E PETERICK. E RISSE A CASO.

... okay no, questo capitolo fa schifo va bene ciao.



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