CAPITOLO XI.
Per un attimo, calò il silenzio; Bokuto sapeva che un giorno avrebbe dovuto dirglielo, ma non si aspettava che quel giorno sarebbe arrivato così presto.
Era ben consapevole che mentire sarebbe stato inutile: Akashi ormai l'aveva capito, e se non voleva perdere la sua fiducia doveva essere completamente sincero con lui.
Akashi lo fissava, in attesa di una risposta.
Non aveva voluto lasciarsi prendere subito dall'ansia o dalle preoccupazioni: in fondo era innegabile che quel ragazzo lo stesse aiutando parecchio, e non voleva dubitare di lui.
Ma non poteva fare a meno di chiedersi cosa ci facesse lì un ragazzo che, per colpa sua, aveva dovuto affrontare il lutto del suo migliore amico e di altre tre persone a cui teneva.
Vendetta? Non sembrava per niente il tipo, anche se ne avrebbe avuto il potere, visto ciò che stava facendo.
Che fosse stato un caso? Ne dubitava, era una coincidenza troppo forte...
Ma allora... Perché era lì? Qual'era il suo obiettivo? Cosa voleva fare?
Bokuto sospirò appena.
- Hai ragione. Io... Conoscevo Kuroo: era il mio migliore amico. Per cui conoscevo anche Kenma, Hinata e Kageyama... E conosco anche tutti gli altri-.
Akashi si irrigidí appena.
- Tutti gli altri?- mormorò - intendi...-.
Bokuto annuì.
- Tutta la squadra della Karasuno, della Nekoma, qualcuno dell'Aoba Josahi e della Dateko... In realtà anche Tendou e Ushijima, anche se non li ho conosciuti tramite gli altri, Kuroo non li conosceva, ne avevo solo sentito parlare; ma Tendou è in cura da me, anche se per motivi diversi da quello di cui stiamo parlando adesso. Sono tutti miei amici, tutti loro sanno che sono qui e mi sostengono nella mia decisione e nel compito che voglio portare a termine- dichiarò.
- E quale sarebbe questo compito?- chiese Keiji.
- Io voglio aiutarti- dichiarò Koutaro - voglio che tu prenda coscienza del fatto che anche se loro non ci sono più, non significa che la tua vita sia finita: tu puoi ancora fare tante cose- fece un piccolo sorriso - sai, Kuroo mi parlava spesso di questo ragazzo dai capelli mori e gli occhi di ghiaccio, con cui secondo lui sarei potuto andare d'accordo. Diceva che all'apparenza era una persona molto fredda e razionale, e per questo sarebbe di sicuro riuscita a tenermi d'occhio; ma ha detto anche che comunque era un ragazzo curioso, in grado di comprendere gli altri per le loro diversità, di accettare tutti senza problemi, e che quindi mi sarebbe rimasto dietro nelle mie follie e nei miei sbalzi d'umore, controllandomi ma permettendomi anche di fare ciò che mi rendeva più felice. Ho sempre trovat, che fosse una persona fantastica-.
Akashi rimase a fissarlo, sorpreso: non si era aspettato... Che dicesse cose simili.
- Quindi tu... Sei qui per conoscere quel ragazzo?- mormorò Keiji.
- No. Io sono qui perché so che quel ragazzo c'è ancora, perché voglio che una persona così speciale, che è riuscita a diventare amica in quel modo di qualcuno come Kenma, possa riuscire a perdonare sé stessa e tornare a vivere la vita che desidera. E a quel punto si, che sarò qui per conoscere quel ragazzo che ho sempre desiderato incontrare. Sai, anche solo a sentire i miei amici parlare di te ho rischiato di innamorarmi- rise Koutaro - sei fortunato che io sia bravo a mantenere il mio ruolo di psichiatra-.
Akashi sentì il suo volto diventare leggermente caldo a quella frase, ma cercò di non farci troppo caso.
- Perché non ci siamo mai incontrati?- mormorò.
Bokuto scrollò le spalle.
- Sfortuna, immagino. I miei volevano tenermi più lontano possibile dalla città, e quelle poche volte in cui riuscivo ad andare a trovare Kuroo, o uscivamo solo noi due o, in occasione di alcune feste, tu non c'eri per vari motivi. Mi è sempre dispiaciuto, ma non volevo presentarmi a te per telefono, per cui ho sempre aspettato l'occasione giusta. Le guardie ovviamente non sanno di tutto questo, i nostri amici mi hanno aiutato a tenere la mia posizione nascosta- spiegò Koutaro.
- Cosa intendi?- mormorò Keiji; poi gli venne improvvisamente in mente qualcosa. Una ragazza che aveva visto una volta mentre faceva alcuni esami, a cui sul momento, troppo preso dal suo stato, non aveva fatto troppo caso.
- Kyoko... Lavora qui- mormorò; Bokuto annuì.
- Anche Daichi... Di solito è lui ad accompagnarmi qui. Ma ho pensato fosse ancora presto per fartelo incontrare, date le tue condizioni- dichiarò.
Akashi annuì: era più che comprensibile, anche se si sentiva leggermente agitato al pensiero che Daichi fosse così vicino.
Era veramente una brava persona, ma lui era un assassino, ed era certo che anche il ragazzo che il castano amava così tanto stesse soffrendo parecchio, soprattutto perché lui li aveva visti.
Eppure, sapeva bene che calmo e razionale com'era, Daichi probabilmente stava cercato di aiutarlo, proprio come aveva fatto quella notte.
Però lui... Lo meritava?
- Mi dispiace avertelo taciuto Akashi, ma non avresti neanche voluto incontrarmi se avessi saputo che li conoscevo. Ma come ti ho detto... Non sono qui per quello, sono qui esclusivamente per aiutare te in veste di psichiatra. Per cui per favore, continua ad accettare il mio aiuto: puoi fingere che non sia quel ragazzo se preferisci, ma non mandarmi via-.
Era vero, da quando aveva accettato di diventare ufficialmente suo paziente Bokuto aveva anche smesso di fare quei gesti da amico che compiva prima... Anche con quel carattere amichevole, era lì solo come suo psichiatra; solo perché... Voleva aiutarlo.
Akashi lo fissò per un attimo, sorpreso dal tono supplicante del ragazzo: ci teneva davvero tanto... Che lui stesse bene.
- Tu... Perché non mi odi?- mormoró - tu... Volevi molto bene a quei ragazzi. Mentre ti raccontavo la mia storia... Ho visto il dolore nei tuoi occhi. Quindi perché...-.
Un sorriso triste comparve sulle labbra di Bokuto.
- No, Akashi. Ho provato tanto dolore, mi sono chiesto perché, ho pensato che fosse ingiusto, se avessi potuto fare qualcosa, come sarebbe stato se fosse andata diversamente... Ma non ti ho mai odiato; non avrei mai potuto farlo. Non ho mai pensato che lo avessi fatto apposta o con cattiveria, non lo ha mai creduto nessuno, e lo sai anche tu di aver fatto tutto il possibile, non avresti potuto fare nient'altro. Non ho mai neanche voluto odiarti e non lo farò mai- affermò.
Akashi continuò a fissarlo.
- Come fai... A essere così buono?- mormorò.
Bokuto fece un piccolo sorriso.
- È come sono fatto, Agahshi, ed è come ho scelto di essere- affermò - e tu... Come vuoi essere, Keiji?-.
Akashi sentì un brivido percorrerlo: non veniva chiamato per nome sa tanto tempo...
- Io... Non lo so- sussurró.
- Come volevi essere?-.
Akashi ci pensò per un attimo: chi era lui... Prima che accadesse tutto quello?
- Ho sempre voluto... Diventare uno scrittore, o un giornalista. Poter mostrare la mia visione del mondo: una visione in cui le persone che non vengono considerate normali possano ritrovarsi, in cui chi si sente diverso può trovare conforto, sentirsi capito. Volevo poter raccontare ciò che pensavo, ciò che credevo, ciò che ritenevo fosse giusto- mormorò Keiji.
- E come avresti descritto la tua situazione?- chiese Koutaro.
Akashi serrò appena le labbra.
- Io non so se...- mormorò.
- Pensa che sia il protagonista del tuo libro. Cosa diresti di lui? Come si è sentito? Come si sente? Cosa vorrebbe fare?-.
Akashi lo fissò per un attimo: sapeva bene che qualsiasi cosa avesse detto, Bokuto non l'avrebbe giudicato.
Prese un respiro profondo e chiuse gli occhi.
- Direi... Che è un ragazzo sofferente; un ragazzo che non è riuscito a trovare un modo per affrontare il suo dolore, che si è lasciato prendere dalla sofferenza e dal panico, dal non essere riuscito a salvare i suoi amici, e pensa di non meritare ciò che crede di aver tolto a loro. Un ragazzo che ha perso tanto, e che ha fatto il possibile per salvarli- sussurró.
Per un attimo, gli comparve davanti la sua stessa immagine in quel momento, davanti ai corpi dei suoi amici, quando era arrivato Suga, e lui aveva capito che non c'era più nulla da fare.
Una lacrima scivolò lungo la sua guancia.
- Io ho fatto il possibile- sussurró.
- Lo so, hai fatto tutto ciò che potevi- Koutaro allungò le mani e afferrò quelle del ragazzo di fronte a lui, che aprì gli occhi e lo fissò - non potevi fare altro Akashi, è già una fortuna che tu riuscissi a muoverti in una situazione simile. Può succede a tutti, anche ai migliori, di non riuscire più a sapere cosa fare e compiere scelte che in un altro momento avremmo evitato. Non per questo sei una cattiva persona: il fatto di aver passato dei momenti simili... Non ti rende una cattiva persona-.
- Ma io li ho uccisi- sussurró Keiji - loro non possono più vivere; non possono giocare a pallavolo, mangiare, ridere, dormire, neanche piangere... Per colpa mia. Io invece posso ancora farlo... Non è giusto- sussurró.
- Molte cose non sono giuste Akashi, ma è andata così: sono sicuro che loro siano felici del fatto che tu sia ancora vivo; però questo non significa che tu abbia rubato la loro vita, o che li abbia uccisi. Sono sicuro che Kenma ti sia grato per averlo ascoltato, e che tutti loro adesso siano insieme e felici, giusto?-.
- Bokuto-san, non...-.
- Loro sono tutti insieme da qualche parte, mentre tu sei ancora qui: sei qui con me, con Suga, Daichi e tutti gli altri; puoi ancora giocare a pallavolo, mangiare, ridere, dormire, e anche piangere. Puoi ancora fare tutto questo Akashi- affermò Koutaro.
Akashi deglutì appena.
- Anche se... Decidessi di farlo... Io ormai sono in prigione, passerò qui la mia vita- mormorò.
- Non è detto. Io e tutti gli altri possiamo testimoniare che non eri in te, per questo ti sei dichiarato colpevole, e che hai passato abbastanza tempo qui dentro, in quello stato, a scontare la tua pena. La sindrome del sopravvissuto, si chiama così quello che hai tu: ed è qualcosa di normale, ma che non ti rende colpevole. Non so esattamente come funzioni la parte legale, ma sono sicuro che questo conti molto... Chiederò consiglio a Tsukki su come potremmo fare- dichiaró Koutato.
- A Tsukishima?- chiese Keiji, confuso.
- Si: è diventato un avvocato! Figo vero? Anche se la usa come scusa per avere ancora meno tempo per gli altri- rise il maggiore - ma tanto è Tsukki, sappiamo che ci vuole bene comunque! Yamaguchi invece ha un'azienda elettronica! Si occupa di tutto, dai telefoni agli allarmi di casa! Gli è partita la passione mentre cercava un regalo per Tsukki-.
- Bè, un po' ce lo vedo...- mormorò Keiji - e anche Daichi è riuscito a realizzare il suo sogno, da quello che mi hai detto-.
- Esatto! E sai, anche Suga...-.
Alla fine, passarono praticamente l'intero pomeriggio a parlare di quei ragazzi: Bokuto gli raccontò di cosa stavano facendo tutti i loro amici, delle coppie che si erano formate, dei progetti futuri..
Ne parlò con talmente tanta emozione che Akashi quasi si dimenticò di aver passato gli ultimi sei anni in prigione e di essere lì tutt'ora: gli sembrò di essere al fianco dei suoi amici, di osservarli mentre continuavano i loro studi, iniziavano a lavorare, andavano a vivere insieme, si sposavano, pensavano di adottare...
Con Bokuto di fronte a lui, gli sembrava quasi che il tempo non fosse passato; o meglio, non nel modo in cui era passato davvero.
Mentre lo ascoltava, si trovò a pensare a come sarebbe stata la sua vita se lo avesse incontrato prima: probabilmente non sarebbe stato solo ad affrontare tutto quello, probabilmente Bokuto sqrebb stato al suo fianco, forse non sarebbero mai saliti su quell'auto, o il ragazzo avrebbe guidato al posto di Kuroo.
Forse, quell'incidente non sarebbe proprio avvenuto, e semplicemente la sua vita sarebbe andata avanti come stava andando... Ma con un tocco di colore in più.
Anzi, probabilmente molti più colori di quanti pensasse.
Deglutì appena quando si accorse che si era trovato, quasi senza accorgersene, a desiderare quella vita: una in cui avrebbe avuto Bokuto al suo fianco, a tirarlo su nei momenti in cui stava peggio, a dargli qualcuno su cui poter sempre contare, che avrebbe dovuto accudire, ma che di sicuro non l'avrebbe lasciato mai.
Lui poteva ancora... Avere tutto quello?
- A cosa pensi Aghashi?- gli chiese Koutaro, notando il cambiamento nel suo sguardo.
Akashi lo fissò per un attimo.
Sapeva che quello che stava per dire era totalmente egoistico, andava contro a tutto ciò che aveva fatto fino a quel momento e forse se ne sarebbe pentito; però Bokuto riusciva a tirare fuori ciò che lui desiderava nel profondo del suo cuore, e per qualche motivo iniziava a desiderare di aggrapparsi con tutte le sue forze a quella luce che gli stava aprendo la strada.
- Io... Vorrei tornare a vivere- sussurró.
Il volto di Bokuto si illuminò leggermente.
- Sono davvero felice di sentirtelo dire Agahshi!- esclamò con un sorriso.
- Però non sono sicuro se... Sia la scelta giusta- sussurró Keiji.
Bokuto allungò la mano e strinse quella del ragazzo.
- Non preoccuparti: ho io il metodo giusto che ti aiuterà a capirlo-.
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