CAPITOLO X.
Bokuto continuò a fissare il soffitto della sua stanza, senza muoversi, sdraiato sul suo letto a stella marina ormai da più di un giorno, tranne nei momenti in cui andava in bagno o quando Yachi era andata a portargli da mangiare.
Dopo essersi assicurato che Akashi fosse in grado di rimanere da solo dopo il suo racconto, anche Bokuto aveva deciso di tornare a casa, ma prima ancora di arrivare nel parcheggio aveva rischiato di crollare.
Per fortuna, Daichi si era accorto che non stava per niente bene: l'aveva riportato lui a casa, e nonostante le insistenze di Suga per andare a controllare come stesse Bokuto li aveva convinti che andava tutto bene, e che si sarebbe fatto tenere d'occhio da Yachi.
Il giorno dopo per fortuna non aveva alcun paziente: preferiva averne pochi e occuparsene al meglio, che averne tanti e rischiare di non dare loro il giusto tempo.
Così, era rimasto in casa sua, in compagnia principalmente dei suoi pensieri.
Durante il racconto di Akashi aveva cercato di concentrarsi solo sul corvino e sulle sue emozioni, su come aveva vissuto quella situazione, e su come poterlo aiutare ad affrontarla.
Sapeva già che avrebbe sentito nuovamente quella storia, e non ce l'aveva mai avuta con Akashi: non aveva fatto nulla di sbagliato, era solo lui a non rendersene conto, in una situazione simile era normale non riuscire a pensare razionalmente.
Lo avevano capito anche i suoi amici, per questo erano stati i primi d'accordo con la sua decisione di aiutarlo.
Eppure, non poteva negare che avesse fatto male ricordare.
Ricordare la morte del suo migliore amico era già abbastanza devastante; e poi si era aggiunta quella di quel piccolo budino, che lo guardava sempre male ma in realtà una volta gli aveva detto che era felice che lui fosse nella vita di Kuroo... E quella del piccolo mandarino che, saputo che un tempo giocava a pallavolo, lo aveva preso come un maestro e aveva iniziato a chiedergli così tanti consigli che gli era quasi sembrato di essere ancora in campo... E anche quella del suo scorbutico fidanzato, che nonostante non fosse troppo d'accordo con la sua amicizia con il piccolo mandarino saltellante era sempre comunque con loro, e spesso ascoltava anche lui i suoi consigli.
Dove viveva non aveva molti amici che capivano tutta la sua gioia e il suo amore per la pallavolo, per cui quel gruppo, per quanto lontano, per lui era sempre stato un grande supporto... Soprattutto persone come Kuroo e Hinata, che sentiva praticamente ogni giorno e con cui si scambiava anche i messaggi più idioti, così come quelli più seri.
Sapeva bene che non avrebbe mai trovato nessun altro come loro, e aveva perso il conto di tutte le volte in cui aveva preso il telefono per scrivergli o chiamarli, prima di ricordarsi che loro non avrebbero mai risposto.
Aveva versato tante lacrime, aveva temuto che non si sarebbe mai ripreso, ma aveva anche deciso la strada che intendeva seguire... E di metterci tutto sé stesso per aiutare quel ragazzo che, probabilmente, stava soffrendo quanto lui.
Sentì il telefono squillare e, anche se controvoglia, allungò il braccio per poterlo afferrare e rispondere alla chiamata.
- Si Yachi, non preoccuparti, tra un attimo mi preparo per andare- mormorò.
- Va bene che sono biondo, ma non mi sembra un buon motivo per scambiarmi con Yachi-.
Bokuto sbattè un paio di volte le palpebre, prima di tirarsi su, un lieve sorriso in volto.
- Tsukki! Quanto tempo! Sai, ti avrei riconosciuto se tu ti fossi fatto sentire di più- dichiarò, offeso.
- Ti scrivo una volta al mese, non è abbastanza?- ribattè Kei.
- Certo che no! Per fortuna che ci pensa il tuo ragazzo a tenermi compagnia, altrimenti mi sentirei tanto solo- sospirò Koutaro.
- Ma se sei sempre circondato da persone...- borbottó Kei.
- Ma tu occupi un posto speciale nel mio cuore- dichiarò il maggiore, portandosi teatralmente una mano al petto.
Tsukishima alzò gli occhi al cielo.
- Idiota- borbottó, facendo ridere il maggiore.
Kuroo lo aveva avvisato da subito: essere amici di Tsukishima era davvero divertente... Perché era divertente farlo irritare; Kuroo ce la metteva tutta per ottenere quelle attenzioni da parte sua, mentre pareva che a Bokuto uscisse quasi naturale.
Ma era un bravo ragazzo, lo sapeva bene, altrimenti non sarebbe andato proprio da loro a chiedergli consigli su come migliorare nella pallavolo.
E per quanto cercasse di essere indifferente, Bokuto sapeva bene che anche lui soffriva la perdita di quei ragazzi che non aveva mai ammesso essere suoi amici.
Ne soffrivano tutti loro.
- Mi hai chiamato per qualche motivo specifico?- chiese Koutaro.
- No, volevo solo assicurarmi che non facessi disperare Yachi- dichiarò Kei - se lo fai e lei si lamenta con Yamaguchi, dovrò venire a picchiarti e al momento non ho proprio voglia di venire fino a lì-.
Bokuto sorrise: nel linguaggio segreto di Tsukishima, significava che era preoccupato per lui, per Yachi e per Yamaguchi.
E che ancora non aveva idea di come esprimere in modo decente i suoi sentimenti.
- Non temere, le ho dato un po' di riposo in più!- dichiarò con un sorriso; in fondo anche lei era parecchio legata a quei ragazzi, era giusto che si prendesse il suo tempo.
- Direi che è il minimo, visto che è obbligata a starti vicino- borbottó il minore - so che hai rotto le scatole anche a Daichi e Suga di recente-.
- Ogni tanto ci vuole una chiacchierata con zio Bokuto! A te come va Tsukki?- chiese.
- Non chiamarmi così- sbuffò il ragazzo - io sto come al solito, non provare a usare la tua psicologia contro di me-.
- Io la uso solamente per il bene del mondo- dichiarò Koutaro in tono solenne - e dei miei amici: tra cui tu, Tsukki!-.
- Se non fossi così bravo nel tuo lavoro ti avrei già picchiato- borbottó il minore.
- Sono fortunato a essere così magnifico allora!- dichiarò Koutaro con un sorriso - non mi merito un applauso per questo?-.
- No. Tra quanto devi andare?- chiese Kei.
Bokuto lanciò un'occhiata all'orologio.
- Tra poco mi cambio e mi avvio- dichiarò.
- Incredibile, hai addirittura imparato a muoverti in anticipo per arrivare puntuale- mormorò Kei, con voce scioccata - ma allora anche tu puoi crescere!-.
- Hai visto?! Sono assolutamente incredibile! E tu sei molto cattivo a trattarmi così Tsukki- lo sgridò.
- Sisi, come vuoi- borbottó Kei - vedi di muoverti e non fare aspettare il tuo paziente-.
- Non lo farò- rise Koutaro - ci tengo troppo ad aiutarlo!-.
- Bene. Allora, ci vediamo- prima che Bokuto potesse dire altro, Tsukishima aveva già chiuso la chiamata.
- Il solito Tsukki- rise Koutaro; anche se non era proprio il solito... Era cambiato, era cresciuto, sia per via del passare del tempo, sia per via del dolore che provava.
Così come Bokuto: probabilmente, senza quell'incidente sarebbe rimasto quel ragazzino che si esaltava e si deprimeva per niente, con cui nessuno sapeva mai esattamente come comportarsi, che era il primo spesso a non sapere cosa volesse, e altre volte aveva desideri talmente semplici da stupirsene lui stesso.
Adesso riusciva a controllarsi molto meglio, ma doveva ammettere che quel suo carattere non gli dispiaceva, anzi molti lo adoravano proprio per quello...
Ma era accaduto, e lui era cresciuto in modo diverso da come avesse immaginato; almeno ora, poteva riuscire a fare qualcosa.
Si alzò dal letto in modo da potersi cambiare e vestire; mangiò qualcosa che Yachi gli aveva lasciato nel frigorifero, giusto per non aver fame prorpio durante l'incontro, poi uscì di casa per dirigersi verso la prigione.
Avvisò Dischi che stava arrivando, rispose ai mille messaggi preoccupati di Suga e anche a Yachi che gli chiedeva se fosse riuscito ad alzarsi per andare o se avesse bisogno di aiuto.
Sorrise: quei ragazzi lo stavano aiutando davvero parecchio, erano veramente delle persone incredibili... Avrebbe dovuto ringraziare tutti per bene, una volta che quella storia fosse finita.
Accese l'auto e partí, in direzione della prigione; mise un po' di musica, giusto per calmarsi al meglio: era sempre stato professionale, non poteva certo cedere prorpio ora.
Se Akashi l'avesse visto stare male, si sarebbe fatto delle domande e non avrebbe voluto continuare, ma in quel modo non sarebbe mai riuscito a completare il suo percorso: non potevano fermarsi ora, dovevano riuscire ad andare avanti.
Sentiva che Akashi stava iniziando ad aprirsi sempre di più, iniziava ad avvertire il desiderio di comprendere i suoi sentimenti, quasi il bisogno di poter capire come fossero andate davvero le cose, e come fare per non rimanere imprigionato in quel mondo per sempre.
Anche lui forse aveva iniziato a capire... Di meritarsi una seconda occasione, una seconda vita.
Era presto perché lo ammettesse, ma il modo in cui si stava affidando a lui, il desiderio che aveva di parlarne, il fatto che ormai si stesse perfettamente abituando ai loro incontri, che ci pensasse... Indicava che era sulla buona strada.
Parcheggiò la macchina al suo solito posto, e subito vide Daichi andargli incontro.
- Riservate questo trattamento a tutti coloro che vengono qui? Perché inizio a sentirmi un VIP, visto che ho una guardia privata che mi viene a prendere- rise Koutaro.
- Preferiamo scortare i nostri ospiti da subito, in modo che non abbiamo alcun problema- dichiarò Daichi - come ti senti?- gli chiese.
- La crisi è passata, non preoccuparti: sono più che pronto per tornare al mio lavoro! Qualcosa da riferire?- chiese Koutaro con un sorriso.
- Niente di che, Akashi si è comportato come al solito, o almeno così mi hanno riferito. Io ancora non l'ho visto- rispose Daichi.
Bokuto annuì; era meglio così, Akashi non era ancora pronto per rivedere le persone del suo passato.
- Bene: allora, andiamo nella nostra stanza!- esclamò.
Daichi annuì e scortò il ragazzo all'interno dell'edificio; ormai lo conoscevano, le tempistiche dei controlli erano anche diventate più brevi, probabilmente perché Bokuto un paio di volte aveva provato a interagire con le guardie, ma non erano molto propensa al dialogo.
Lui continuava a salutare con allegria, ma loro non ne sembravano mai molto felici e alla fine avevano quasi iniziato a ignorarlo; ma Bokuto ci era abituato a persone che non comprendevano il suo carattere, e non era sicuramente lì per loro, per cui non ci faceva molto caso e andava avanti, verso la persona che veramente gli interessava.
- Aghashi! Hey Hey Hey!- esclamò, entrando nella stanza, dove il ragazzo lo attendeva già seduto.
- Buongiorno, Bokuto-san- disse Keiji, mentre Bokuto si sedeva di fronte a lui.
- Come stai? Hai passato delle belle giornate anche in mancanza della mia fantastica compagnia?- chiese Koutaro con un sorriso.
- Ho avuto parecchio modo di pensare- dichiarò Keiji.
- A quello che mi hai raccontato l'altra volta? Ne vuoi parlare?-.
- Prima... Vorrei chiederti un'altra cosa, se per te non è un problema, Bokuto-san- rispose il minore.
- Certamente! Dimmi pure Aghashi... E ricordati che puoi chiamarmi Koutaro- rise il maggiore.
- Mi è tornato in mente ripensando al mio racconto- affermò Keiji, ignorando l'ultima parte della frase - prima del mio processo, si è svolto il loro funerale. Suga mi ha detto che era meglio non ci fossi stato, perché era stato un funerale pieno di dolore... tanto che anche il migliore amico di Kuroo non aveva voluto andare a un evento tanto futile, sapendo bene che ricordarli in quel modo non sarebbe stato giusto, e loro non lo avrebbero voluto-.
Bokuto si irrigidì appena.
- Non ci avevo fatto troppo caso, i miei ultimi anni in fondo sono piuttosto confusi: ma c'era questo ragazzo, che veniva nominato molto spesso, prima solo da Kuroo, poi anche molto da Hinata. Bè, non proprio nominato... Kuroo lo chiama spesso "Bro" o "Bo" mentre Hinata molte volte lo definiva il suo maestro o simili. Mi hanno descritto il suo carattere: hanno detto che era un ragazzo con un comportamento piuttosto instabile, che passava dall'essere felice a intristirsi in un momento ed era difficile da comprendere. All'apparenza però, di solito, era sempre allegro, faceva amicizia facilmente con tutti, ci teneva che le persone fossero sue amiche. Ed era una brava persona, che faceva di tutto per i suoi amici, e grazie alla sua semplicità riusciva a vedere il bene ovunque-.
Bokuto deglutì appena mentre Akashi lo fissava negli occhi: ormai... Non poteva più nascondersi.
- La prima volta che ne parlarono, Kenma mi disse il suo nome: Bokuto Koutaro-.
Bokuto rimase in silenzio, mentre il ragazzo continuava a fissarlo.
- Sei tu vero? Tu... Chi sei davvero?-.
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