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CAPITOLO II.

Bokuto fissò l'edificio di fronte a lui: era veramente imponente... E talmente grigio da fare paura.

Era arrivato in anticipo, visto che era partito piuttosto presto per il nervosismo, e ormai stava fissando la prigione da un quarto d'ora, senza trovare il coraggio di entrarvici.

Cos'avrebbe fatto se il suo intervento non fosse servito a niente? O se avesse peggiorato le cose?

Scosse la testa: tutto ciò che aveva fatto era stato per arrivare lì, non si sarebbe più lasciato scoraggiare da niente.

Doveva farlo.

Come un segnale che avesse ragione, sentì una voce familiare chiamarlo.

- Bokuto-. Si voltò e un sorriso comparve sul suo volto nel vedere andare verso di lui un ragazzo moro, con indosso una divisa da guardia carceraria e un lieve sorriso in volto.

- Daichi! Non ci vediamo da tanto! Come va? Suga tutto bene? Il lavoro? La famiglia? Dovremmo uscire a bere qualche volta!- dichiarò, sempre sorridendo.

- Vedo che non hai perso la tua allegria- rise il moro - va tutto bene, la mia famiglia sta bene, Suga è riuscito a ottenere un lavoro e... Bè, io sono qui- affermò, indicando la sua divisa.

- Non sapevo volessi diventare una guardia carceraria- commentò Koutaro.

- Un tempo no, ma considerata la situazione... Potrebbe fare comodo- mormorò Daichi - ti senti pronto per entrare?- chiese.

Bokuto fece un respiro profondo.

- Sì- rispose.

- Vieni allora, ti accompagno- dichiarò Daichi, iniziando a camminare verso l'entrata; il più alto lo seguì.

Aveva la fortuna di riuscire a concentrarsi su poche cose alla volta, per cui mentre seguiva Daichi e osservava il paesaggio gli venne meno da pensare a cosa stava andando a fare e riuscì tranquillamente ad arrivare all'ingresso senza troppi problemi.

Daichi lo fece entrare e lo aiutò a spiegare chi fosse; Bokuto, come gli era stato anticipato, venne perquisito, dopodiché gli spiegarono alcune regole del carcere: non doveva andare in giro da solo, non poteva stare nell'area delle celle, poteva andare solo dalla dottoressa e nella stanza riservata agli incontri con psicologi e psichiatri; in caso avesse voluto pranzare lì, lo avrebbero portato nella mensa riservata ai dipendenti.

Per qualsiasi attività che richiedeva uscire dalla stanza degli incontri con il detenuto o portare all'interno oggetti diversi da quelli che aveva nella sua valigetta, avrebbe dovuto chiedere l'autorizzazione e ovviamente sarebbe stato accompagnato e perquisito dalle guardie.

- Quante regole... Non me le ricorderò mai tutte- si lamentó Koutaro, mentre Daichi lo scortava lungo il corridoio.

Il moro alzò leggermente gli occhi al cielo, divertito: quel ragazzo era diventato uno dei più grandi psichiatri che conosceva, ma non era cambiato di una virgola...

No, forse qualcosa era cambiato: aveva perso un po' della sua luce fanciullesca, ma ne aveva acquisita una molto più adulta e determinata.

- Gli altri ti hanno mandato l'in bocca al lupo?- chiese Daichi.

- Si!- rispose Koutaro, felice - anche Tsukki! Cioè, in realtà è stato Yamaguchi a scrivermi, ma dato che sono una coppia ormai li conto come uno- rise.

- Sono certo fosse da parte di entrambi- affermò Daichi, che conoscendo Tsukishima sapeva che difficilmente si sarebbe messo a fargli gli auguri tranquillamente, preferiva decisamente lasciare che fosse Yamaguchi a occuparsi della parte sociale.

Ma sapeva che anche Tsukishima faceva il tifo per lui... Anzi, per loro.

- Anche io! Tsukki fa tanto il duro, ma in realtà ha un grande cuore- dichiarò Koutaro con un sorriso, e Daichi non poté fare a meno che concordare.

Conosceva quei ragazzi dai tempi del Liceo, ormai era abituato al loro modo di fare.

A quello di Bokuto, invece, dubitava di riuscire ad abituarsi facilmente... Era una persona strana con cui avere a che fare, a volte non si riusciva a capire cosa gli passasse per la testa, mentre altre volte era talmente limpido da fare quasi paura.

Gli sembrava un altro ragazzo che aveva conosciuto tempo prima... Ma con quel ragazzo avevano trovato una situazione, o meglio, un traduttore che sembrava riuscire a capirlo in ogni situazione e aiutava anche loro a farlo.

Per Bokuto invece era più diffiicile, ma quello di cui Daichi era certo era che fosse un ragazzo davvero buono e una persona incredibile.

- Eccoci- affermò Daichi, fermandosi di fronte alla porta dell'infermeria e bussando - Kyoko saprà darti qualche informazione in più-.

- È tanto che non la vedo! Anzi, penso di averla vista solo una volta... Oltre alle foto di Yachi ovviamente- ridacchiò Koutaro; la sua assistente era piuttosto timida, ma se si trattava di parlare della sua ragazza diventava praticamente una fan scatenata.

Bokuto la capiva bene, anche lui non riusciva a non metterci sempre tanto impegno ed energia quando parlava di qualcosa che gli piaceva.

- Avanti-.

Daichi aprì la porta e Bokuto si guardò leggermente intorno: era grande, per essere l'infermeria di un carcere... E bianca, parecchio bianca, decisamente in contrasto con il resto dell'edificio.

La parete di fronte a lui e la zona di destra erano occupati da vari lettini, mentre a sinistra c'era una finestra davanti alla quale si trovava una ragazza, con i capelli neri raccolti in uno chignon, un camice bianco indosso e un paio di occhiali in volto.

- Benvenuti- disse.

- Ciao Kyoko; come va?- le chiese Daichi.

- Tutto bene- rispose lei - a te?-.

- Tutto bene. Suga ha detto che quando staremo meglio dovremmo vederci per cena, visto che è un po' che non lo facciamo- dichiarò il moro.

- Vi farò sapere quando sono libera- Kyoko portò lo sguardo su Bokuto - è tanto che non ci vediamo, Bokuto. È un piacere averti qui- dichiaró.

- Hey Hey Hey! È un piacere anche per me! Ho saputo che anche tu hai contribuito al mio arrivo qui!- esclamò il ragazzo con un sorriso.

- Mi hanno chiesto un parere sul tuo valore come medico, ho solo detto ciò che pensavo- dichiarò Kyoko; e contando che aveva un'ottima opinione di lui come medico, non era stato difficile.

Fortuna che non le avevano chiesto cosa pensasse di lui come persona, altrimenti avrebbe dovuto avere qualche abilità da bugiarda in più per non fare capire quanto fosse un ragazzo esaltato e parecchio emozionato; il genere di persona che di solito non si voleva avere in un carcere, soprattutto quando richiedeva esplicitamente di poter diventare lo psichiatra di un paziente considerato scomodo.

Contrario di chi le stava intorno, Kyoko credeva che invece proprio per il suo carattere Bokuto sarebbe stato l'ideale, ma non aveva un grande potere decisionale lì dentro, fuori dalle questioni mediche.

- Ti ringrazio molto! Per me è davvero bello essere qui!- esclamò Koutaro, sempre sorridendo.

I due mori si scambiarono uno sguardo, consapevoli che lo stesso pensiero aveva attraversato le loro menti: chi è che era così felice di poter essere in prigione...?

- Sono qui per darti alcune informazioni mediche sul tuo paziente- dichiarò Kyoko, e Bokuto notò in quel momento che aveva in mano una cartellina.

- Sono tutto orecchie!- esclamò.

- Come sai, questo carcere ha anche un'area psichiatrica. Il tuo paziente è stato costretto a consultare un dottore, visto il suo comportamento in seguito all'arresto- dichiarò Kyoko, aprendo la cartelletta.

Bokuto annuì: lo sapeva bene... Si era dichiarato colpevole, non aveva voluto un processo, aveva accettato la pena massima e si era lasciato mettere in prigione senza protestare.

E dato che lui non sembrava propenso a parlare con uno psichiatra e che probabilmente a sua volta quasi nessun dottore ci teneva particolarmente a parlare con una persona che non mostrava il minimo interesse nel farlo e che veniva considerata solo un problema in più, Bokuto temeva di sapere già cosa fosse successo.

- Una volta a settimana il dottore va da lui. Gli ha prescritto questa serie di pillole- affermò Kyoko, passandogli un foglio - non c'è alcun medicinale a cui è allergico o che non può prendere, per cui anche tu avrai abbastanza libertà-.

Bokuto osservò il foglio: come temeva... Erano medicine generiche che aiutavano principalmente a fare in modo che il paziente rimanesse calmo, che non avesse troppa forza per muoversi e non potesse causare problemi; ed erano parecchio forti.

Poteva servire contro i violenti, ma il ragazzo dubitava che con quel ragazzo servissero, anzi, probabilmente avevano solo peggiorato la sua condizione già non molto buona.

- Ti ringrazio molto; anche se penso che io non gli darò molte medicine- affermò Koutaro con un sorriso, restituendole il foglio.

Kyoko rimase leggermente sorpresa da quella frase, ma non lo diede a vedere: non aveva alcuna specializzazione psichiatrica, e Yachi le diceva sempre tante belle cose sul metodo di Bokuto, per cui si fidava di lui.

- Vuoi sapere altro?- gli chiese.

- Gli avete fatto delle analisi?- chiese Koutaro.

- Da quando è qui non si è mai ammalato o altro; gli ho fatto le analisi necessarie i primi giorni, e ho voluto farne altre quando ho scoperto che non parlava e a malapena si muoveva, ma fisicamente non ha niente che non vada. Mangia regolarmente, si lava regolarmente, e ogni giorno lo portano fuori per un'ora a prendere aria, ovviamente sorvegliato, per cui non è malato- spiegò Kyoko.

- Con lo psichiatra parla?- chiese Kuotaro.

- No: quando ha saputo che gli avrebbero dato delle medicine ha semplicemente annuito, e non ha mai risposto alle sue domande. Mi hanno riferito che rimaneva con lo sguardo fisso davanti a sé, non sembrava neanche che fosse presente- rispose la ragazza, cercando di non fare trasparire la sua preoccupazione.

- Ho capito- mormorò Koutaro; rimase per un attimo in silenzio, pensieroso, poi sorrise - perfetto, possiamo andare!- esclamò.

- Indossa questo- Kyoko si voltò verso la sedia alle sue spalle e poi di nuovo verso Bokuto, a cui passò un camice bianco.

- Ti ringrazio!- rispose il ragazzo, indossandolo; spalancò le braccia - come sto?- chiese.

- Molto bene- rispose Daichi - andiamo, è quasi ora-.

- Agli ordini tenente!- rise Koutaro - ciao ciao Kyoko!-.

La ragazza fece un cenno di saluto con la mano mentre i due uscivano dalla stanza.

La sala messa a disposizione a Bokuto per le visite non era molto lontana dall'infermeria, per cui impiegarono poco ad arrivarci.

- Ti spiego come funziona- Daichi si fermò di fronte a due porte e indicò quella di sinistra - questa conduce alla stanza dove svolgerete le vostre sedute. Se lo richiederai, o se sarà considerato pericoloso, ci saranno dentro delle guardie... In ogni caso, lui sarà ammanettato e nella stanza non c'è niente di pericoloso, per cui non corri rischi-.

Bokuto notò che il ragazzo sembrava starsi sforzando di dire quelle cose, come se il solo pensare che qualcuno potesse credere che quel ragazzo fosse un pericolo pubblico lo facesse stare male.

Ma era il suo lavoro, e lo avrebbe portato a termine.

- Di qui invece, ci saranno le guardie; il vetro sarà oscurato, per cui non le vedrai. C'è un microfono che collega le due stanze, ma puoi spegnerlo: rimangono qui solamente per assicurarsi che non ti aggredisca. Di solito ce ne sono due o tre; non è detto che ci sia sempre io per cui stai attento- continuò il moro, indicando la porta di destra.

- Se entro lì, posso vederlo prima che lui veda me?- chiese Bokuto, osservando la seconda porta; Daichi annuì.

- Vuoi farlo?- gli chiese.

Bokuto annuì e Daichi aprì la porta di destra. Si trovarono in una normale stanza rettangolare, con un paio di sedie sistemate di fronte a quello che sembrava un vetro piuttosto resistente; su una delle due era seduta una guardia, che lanciò giusto un'occhiata ai due prima di tornare a sfogliare il giornaletto che aveva in mano.

- Vieni- sussurró Daichi, entrando nella stanza, seguito dal più alto.

Bokuto avvertì il suo cuore battere più forte nel petto man mano che si avvicinava al vetro, e iniziava a vederlo.

Era leggermente diverso dalle foto che aveva di lui: i suoi capelli neri erano più lunghi, e parevano anche più ribelli; non era vestito come un ragazzo normale, con una divisa scolastica o sportiva, ma con una tuta verde. Kyoko aveva detto che mangiava e usciva regolarmente, ma a Bokuto sembrava leggermente sciupato.

E poi, i suoi occhi: dalle foto gli erano sempre sembrati calmi, razionali, ma in qualche modo caldi: mentre ora erano... Spenti, freddi; vuoti.

- Vuoi che entri con te?- gli chiese Daichi, notando che il più alto si era fermato a fissarlo.

Bokuto scosse la testa.

- Faccio da solo- gli rivolse un sorriso, prima di uscire dalla stanza e fermarsi di fronte alla porta di fianco.

Fece un respiro profondo e poggiò la mano sulla maniglia, prima di aprire la porta: in quella stanza... Avrebbe trovato tutto ciò che aveva sempre cercato.

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