Chapter 3
"Victoria."
"Victoria."
"Victoria!" Matilda urló nel mio orecchio. "Alzati."
Mi girai in panico. "Mi hai fatto spaventare!" Rimasi senza fiato.
"Beh fidati di me, avrai più paura se non muovi il culo per fare colazione."
Annuii seguendo le ragazze a fare colazione. Parti dei miei capelli volavano in ogni direzione, presi il mio tempo per mettere l'uniforme, ma questo era tutto.
"Victoria, penso che dovresti tirare la gonna giù, è salita un po' troppo." Alexandra spinse il naso verso di me. Normalmente mi sarei offesa, ma no, perché dovrei tirare la mia gonna giù. Posso indossare ciò che voglio.
Ignorai la sua osservazione snob ed entrai nella sala da pranzo per la colazione. Tutti gli insegnati cominciarono ad entrare, così passai le mie dita nei miei capelli per sistemarli un pò.
~
Dopo colazione avevo matematica, che non era il mio forte. Entrai nella classe di matematica, un po' in ritardo. Non so come feci ad essere in ritardo, ma lo ero.
"Victoria!" La voce maschile rimbomba attraverso la stanza. "Perché sei in ritardo?"
"I-io non lo so signore." Balbettai, questo insegnante aveva i suoi 50 anni ed era molto intimidatorio. Sentii qualche risatina da ragazza in fondo alla stanza, così decisi di affrontarla.
"Non so cosa stai ridendo tu puttana." Sputai. Non ero del tutto sicura di cosa era una puttana, ma una volta l'avevo letto in un libro londinese e questo è quello che le ragazze chiamano la moglie del gangster che a loro non piaceva. Mio papá non mi permetteva mai di leggerlo però, così dovetti portarlo indietro, come la maggior parte delle cose.
"Victoria! Stai completamente violando le regole di questa scuola!" Gridó in preda alla rabbia. Dovevo cercare di non ridere, perché quando era arrabbiato la sua testa calva diventava di un rosso brillante e i suoi occhi praticamente spuntavano fuori. "Ne parliamo dopo le lezioni." Abbassò il tono.
Alzai gli occhi e mi unii vicino a Wendy sul retro della classe.
"Stai bene?" Chiese.
"Si." Sospirai. "Che cosa hanno questi insegnati con le punizioni."
"Piuttosto gli fanno comodo." Si strinse nelle spalle.
"Bene."
"Ragazze in fondo state tranquille!" L'uomo grasso e calvo ci richiamò.
"Mi dispiace signore." Abbiamo detto all'unisono, continuando con il nostro lavoro.
La matematica non era mai stata la mia materia preferita, preferivo l'inglese al 100%. Durante la lezione contavo su Wendy di darmi le sue risposte in modo che quando la campanella avrebbe preso a suonare sarei stata grata.
Guardai gli altri studenti fuggire dalla classe mentre io rimanevo dentro.
"Victoria, sei a conoscenza di quello che hai fatto di sbagliato?"
"Si signore."
"Ora ti darò solo tre frustate, quindi per favore, appoggia le mani fuori."
Tenni le mani davanti a lui, dove con il suo righello, colpì le mie mani tre volte. Non era stato niente di grande, tutto ciò che era visibile erano un paio di segni.
"Sei congedata." Afferrai la mia borsa e mi feci spazio dove Wendy mi aspettava.
"Com'è stato?" Chiese, alzando un sopracciglio.
"È stato bello." Ridacchiai. "Hai visto la sua faccia quando stava diventando pazzo, voglio dire potrei lucidare le mie scarpe sulla sua fronte."
Gli occhi di Wendy si spalancarono, così continuai. "I suoi occhi sembrano sul punto di esplodere." Gli occhi di Wendy erano ancora aperti, ma ora stava scuotendo la testa.
"Qual'è il problema?" Chiesi, ma sono stata praticamente tagliata fuori dalla voce roca che conoscevo.
"Victoria vieni con me." Il signor. Styles comandò.
"No." Incomodai, perché dovrei fare quello che dice? Gli insegnati sembrano pensare sempre di avere un autorità su gli studenti, oltre al fatto che sono insegnati, perché lo rispettavo, ma non letteralmente possiedono i loro allievi.
"Non vorrai sfidarmi signorina. Sei già abbastanza nei guai."
Alzai gli occhi, costringendolo ad afferrarmi il braccio. "Non bisogna mai, girare gli occhi verso di me. È irrispettoso."
"Non toccarmi mai." Provai a tirarmi via dalla sua presa, ma strinse solo di più.
"Wendy, per favore lascia me e Victoria soli per un minuto." Lei mi guardò con tristezza nei suoi occhi e annuì.
Improvvisamente, fui trascinata dal mio insegnate di inglese. "Lasciami andare." Sibilai cercando di reagire, ma lui era molto più forte.
Mi lasciò andare il braccio spingendomi nella sua classe, chiudendosi la porta alle spalle.
"Vieni qui." Accarezza il suo grembo, mentre si sedeva sulla sua sedia.
"No, non sei mio padre. È un mondo libero, non mi possiedi." Sostengo.
"Ti consiglio di venire qui in questo istante e la tua punizione non sarà così dura." Avverte.
"No, non merito di essere punita." Dopo tutto, non avevo idea di cosa avevo fatto di sbagliato.
"Stavi mancando di rispetto ad un professore, e non potrò mai lasciarti andare impunita." Ringhiò. "Adesso vieni qui bambina."
Come si permette? Coma osa chiamarmi bambina, avevo 16 anni non 5.
"Hai 3 secondi." Avvertì.
"Uno."
"Due."
In caso necessario il Signor Styles pensavo avesse bisogno di aiuto con il conteggio, così decisi di aiutarlo, dopo tutto insegna inglese non matematica.
"Tre." Sorrisi.
Scattò fuori dalla sedia e venne in assalto verso di me, afferrandomi per il braccio di nuovo, trascinandomi alla scrivania dove era seduto, tirandomi sul suo grembo.
A causa della pozione, la mia gonna era salita di molto mostrando le mie mutande. Cercai di divincolarmi, per abbassare la gonna, ma il Signor. Styles mi tratteneva ancora.
"Hai chiesto per il modo più duro." Era furioso. Afferrò il bastone facendolo volare sul mio posteriore.
"Mai, mai mancare di rispetto a qualsiasi membro del personale." Portò la mano in alto sbattendo nuovamente il bastone. Trasalii al dolore, non ero mai stata colpita così duramente prima. "Non si dice di no a me, se io dico una cosa mi aspetto che sia fatto." Fionda altre tre frustate nel mio fondoschiena, tutto molto velocemente.
Trattenei le lacrime, come una donna. Non vorrei piangere dandogli soddisfazione.
"E questo." Mi tirò un'altro schiaffo duro. "È per stuzzicarmi, avendo la gonna troppo alta." La sua mano salì per l'ultima volta, spedendomi la frustata più dura di tutti.
Cosa voleva dire con stuzzicare? Sapevo che stuzzicare era come prendere in giro qualcuno, o opprimere, ma forse c'era un altro significato. Dovevo andare in biblioteca più tardi e cercarlo.
"Ora, ho notato alcuni segni sulle tue mani." Mi tira su dal suo grembo, così da stare di fronte a lui. "Certo, niente in confronto a quel tuo culo." Sorrise sadicamente. "Perché il tuo insegnate di matematica ha sentito il bisogno di punirti."
Ingoiai la mia saliva, il Signor Styles non poteva punirmi per qualcosa di cui ero stata già disciplinata sicuramente. "Ho chiamato un'altra ragazza puttana."
Scioccato era un eufemismo, non riuscivo nemmeno a descrivere l'espressione sul volto del Signore. "Non sei così innocente come mi aspettavo, sei una ragazza cattiva."
"Vede, io in realtà non so cosa significasse." Ammisi. "L'avevo letto in un libro prima, e le ragazze sul retro della classe ridevano di me." Sbottai, guardando lo sguardo stupido sulla faccia del professor Styles. "Cosa è una puttana?" Gli chiesi, pensando che non sarebbe stato un problema.
"Penso che sia meglio se non lo sai." Rifiutò.
"Per favore, io sono una ragazza grande. Dovrei sapere il significato." Dissi. Il signore cominciò ad agitarsi a disagio sulla sedia.
"Penso che sia meglio lasciare questo a oggi." Deglutì.
"Per favore." Pregai. "Se no mi porterà a dirlo ancora."
"No Victoria, non continuerai a dirlo e io non ti dirò niente."
"Bene, dimostramelo allora."
Un gemito sfuggì dalle labbra del Signor Styles. "Ti mostrerò, ti mostrerò cosa maledetto dio é una puttana."
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