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6. Stranezza spaziale

Salute a te, mia amica Blue.

O, come dite voi umani, "Lunga vita e Prosperità".

Non vorrei risultare indelicato, ma si può sapere dove diavolo hai messo quel vinile d'epoca di "Heroes"? Era un originale, prima tiratura.

Non lo trovo più. Eppure sono sicuro che tu me lo avessi restituito.

Ci hai pure tenuto a farmi sapere che "David Bowie fa rumore poco armonioso".

I tuoi gusti musicali umani fanno davvero schifo.

Comunque, a quanto pare non ti fa davvero schifo, perché io non lo trovo, quindi ne deduco che lo hai tenuto con te. È un pezzo raro, ormai con i cloud digitali simili reperti umani sono irreperibili. Se scopro che lo hai rivenduto per un qualsivoglia motivo, giuro che non ti rivolgerò mai più la parola.

No. No, dai, non lo hai venduto. Perché avresti dovuto?

Ma, d'altro canto, che te ne fai di David Bowie là... là dove ti trovi?

Là dove ti trovi... È un concetto così umano. A furia di stare con voi, sto diventando come uno di quei predicatori che sberciano nelle vostre piazze e parlano di vita dopo la morte.

Beh, spero che almeno lo abbia tenuto con te. Almeno ascolteresti della buona musica.

***

Cher Monroedopolous. Suo padre, Monroe ElvisPresleydopolus, era stato un supervisore del pianeta Terra, incaricato di monitorare il livello di avanzamento culturale degli umani dagli anni Ottanta agli anni Novanta. Primo Protoi a entrare a contatto con gli esseri umani, glorioso eroe pluripremiato, membro onorario del Consiglio Intergalattico. Una stella, nel vero senso del termine. Anche suo nonno, ElvisPresley Chaplindopolus, aveva percorso il suo stesso glorioso iter: supervisore incaricato di sorvegliare lo status di avanzamento degli umani dagli anni Sessanta agli anni Ottanta; studioso di fama intergalattica, insegnò scienze del comportamento interspecie.

La sua bisnonna Chaplin, invece, non fu fortunata come gli altri. Non era stata del tutto colpa sua; in quanto a intelligenza e intraprendenza, non era meno dei suoi successori. Si era fregiata dell'onore di essere una delle prime Protoi selezionate per il progetto di elevazione e supervisione della specie umana, individuata come potenziale nuovo membro del Consiglio da tenere d'occhio.

Tuttavia, il fato decise che la prima sezione della storia umana da supervisionare a distanza andasse dagli anni Trenta agli anni Cinquanta: non esattamente le loro annate migliori.

Risultato: erano stati a un passo dal chiudere il progetto. Quella maledetta bomba atomica! Come era saltato loro in mente di lanciarla con quella facilità? Per non parlare di tutto il resto. A certi livelli di perversione, non erano arrivati neanche gli Stratioti.

Per fortuna erano arrivati gli anni Ottanta: quello sì che era stato un decennio grandioso.

Se non si contava la sfiga galattica di Chaplin, Cher era stato il membro meno di successo della sua famiglia. E anche lì, ci teneva a ricordare a sé stesso che la colpa non fosse da attribuire del tutto a lui. Soffriva di quel che definiva: sindrome del "nato al momento sbagliato". Nato troppo tardi per essere un supervisore della specie umana, nato troppo presto per tentare la strada della celebrità attraverso gli e-sport galattici. Ma nato giusto in tempo per diventare un tecnico di bordo di una nave di Vigilantes.

L'epoca della supervisione sulle specie inferiori era terminata e la gloria dei Protoi come studiosi e scienziati di alto livello se n'era andata con essa. Avevano avuto l'onore di rivestire il ruolo di primi essere senzienti a elevarsi, a scoprire di non essere soli nell'Universo, e avevano deciso di mettere al servizio degli altri le loro conoscenze superiori. Ma, dopo secoli di studio, le altre specie erano progredite tanto quanto loro. Il loro momento da guide si era esaurito, i Protoi erano stati relegati al livello di cariatidi ormai stantie, rifugiatesi sul loro pianeta a vivere di vecchie glorie passate.

Gli anni Duecento degli Stratioti, quando avevano provato a superare la fase delle guerre civili combattendo a colpi di balli tribali; gli anni Quaranta dei Poliptidi, che avevano inventato un sistema per mantenersi idratati anche al di fuori dall'acqua; gli anni Ottanta degli Umani e i loro pantaloni a zampa d'elefante.

Tutto passava. Ma i Protoi ricordavano tutto. E avevano finito per vivere di quello: ricordi.

Li guardò a uno a uno, i membri del suo equipaggio. Era l'ultimo arrivato, Blue l'aveva assunto perché non ne poteva più di chiamare tecnici esterni ogni volta che la sua astronave dava problemi di struttura. Era una vecchia bagnarola in dotazione dei Vigilantes, passata alla ragazza non appena aveva assunto la carica di Capitano e le era stato dato il permesso di fondare una squadra indipendente. Lui, all'epoca, era solo una recluta del reparto tecnici e si sentì onorato di uscire in missione a neanche un anno dal suo ingresso nel Corpo. Eppure, in confronto a quei virgulti spaziali, lui si sentiva vecchio e superato. Era una questione genetica: lo spazio per lui e quelli della sua specie non aveva più segreti. Ma per le giovani promesse dell'Universo, il mondo era una tela bianca.

C'era Akira, che discuteva con AxZ2000 via radiocomunicazione: l'Intelligenza Artificiale si stava ancora lamentando. "Tutto questo non sarebbe successo se qualcuno," Cher sapeva che si riferiva a lui, "non avesse deciso che installare un aggiornamento ulteriore al mio sistema sarebbe stato uno spreco di soldi inutile."

"Effettivamente è stata una decisione discutibile."

Cher storse il naso e si girò dall'altra parte. Bah, Akira. Lui era un pilota, che ne voleva sapere dei dispositivi di sicurezza? Ignorava che i Protoi avessero provato già secoli prima a collegare sistemi più avanzati all'interno delle proprie navi dotate di assistenza A.I., ma queste avevano finito per impazzire e per sviluppare una coscienza rudimentale. AxZ2000 andava contenuta e, insieme a lei, tutte le assistenze, soprattutto quelle dotate di rete neurale interconnessa: la possibilità di sviluppare un'intelligenza di tipo condivisa e, quindi, potenzialmente pericolosa, era da scongiurare a ogni costo.

Ren se ne stava in un angolo, la schiena dritta e rigida poggiata contro la parete di metallo bianco. Controllava attraverso gli occhi serpentini le mosse di ognuno di loro, neanche un accenno di palpebra che si abbassava o di sbadiglio nascosto in modo sommesso. La bocca era un tutt'uno con la mandibola, priva di labbra, una linea inespressiva che lә faceva sembrare sempre sul punto di esplodere. Avrebbe voluto avvicinarsi a lәi e raccontare di quella volta in cui i primi supervisori Protoi incaricati di controllare la sua specie erano scesi sul loro Pianeta: gli Stratioti, al contrario della pessima fama che circondava la loro civiltà, li avevano accolti con tutti gli onori. Non erano stati scettici come la maggior parte delle prime specie con cui si erano confrontate nei secoli.

Era il bello degli Stratioti: l'assoluta imprevedibilità che li contraddistingueva. Non doveva vergognarsene, né starsene in disparte. Era nella sua natura e negli anni la sua specie aveva fatto passi da gigante nel migliorare i comportamenti da tenere con civiltà diverse dalla loro.

Ma, ne era sicuro, Ren si sarebbe limitatә ad alzare lo sguardo e a sibilargli "Vaffanculo". Voleva evitare. Avevano già litigato abbastanza, per quel giorno.

Jules Verne divorava famelico i biscottini che gli avevano versato nella ciotola. Rabbrividì.

Cani. Non capiva perché farne salire uno a bordo. Puzzava, mangiava in continuazione e non comunicava. E poi, quel cane in particolare aveva una luce strana negli occhi. A volte, nei suoi sguardi leggeva una consapevolezza e una lucidità che di norma non attribuiva alle specie non predominanti. Poteva, un essere vivente che pareva vivere alle totali dipendenze di un essere più intelligente di lui, essere considerato alla pari di tutti gli altri? Un vero e proprio membro dell'equipaggio?

I Protoi non si ponevano simili quesiti. Non rientrava nella loro forma mentis. Dal loro arido pianeta che orbitava nella periferia della Via Lattea, si erano limitati a guardare all'esterno, sempre protratti verso gli altri: la flora e la fauna che li circondavano non erano abbastanza interessanti per loro. Eppure, se avesse sottoposto quella domanda agli Umani, loro avrebbero scosso la testa e risposto un indignatissimo, "Ma certo!" Alcuni avrebbero perfino aggiunto un "I cani sono meglio delle persone."

Perfino gli Stratioti, con le loro Iguane da Combattimento, mostravano un attaccamento verso qualcosa che non sembrava essere al loro stesso livello.

Loro, invece, avevano sempre guardato oltre. E avevano finito per smarrirsi.

Belli, gli anni Ottanta Umani.

Ma i loro anni Ottanta? Gli anni Ottanta dei Protoi, quali erano?

Lo scricchiolio di una porta automatica che scorreva davanti ai loro occhi interruppe i suoi pensieri

Nella stanza spoglia e buia della sala d'aspetto del Comando Centrale dei Vigilantes del Settore A di Andromeda, entrò dapprima uno Stratiota dalla pelle verde, gli occhi serpentini e azzurri si mossero istintivamente in direzione di Ren, che chinò la testa in segno di rispetto. Era il Comandante del Settore, Jin ventiquattresimo. Tutto l'equipaggio, lui compreso, e perfino Jules Verne, si misero sull'attenti e le orecchie pendule del Comandante drizzarono verso l'alto.

Al Comandante, fecero seguito Blue, che per l'occasione si era degnata di indossare in fretta e furia l'uniforme ufficiale da Capitano, e i due Umani.

"Avete fatto un ottimo lavoro." La voce del Comandante era ancora impastata di sonno, gli occhietti azzurri lucidi e arrossati. Mimò uno sbadiglio, ma la mandibola si bloccò a metà. "I Pirati Poliptidi saranno processati secondo le leggi del Consiglio e non secondo la giurisdizione del loro pianeta. Questo vuol dire che come minimo vi risarciranno la nave."

Il Capitano fece un solo cenno d'assenso. "Diciamo che con quello che ci passano al Consiglio, avere una nave nuova di zecca è già tanto."

Jin emise un verso rauco.

"E i due idioti che abbiamo arrestato?" La voce di Ren emerse dall'angolino in cui si era rifugiatә. Aristide lanciò uno sguardo bieco nella sua direzione.

"Ho appena contattato il mio avvocato." Borbottò incrociando le braccia al petto. "La mia famiglia è ricca, sapete? Vi farò vedere io!" si tirò su gli occhiali con un dito.

"Ari, per favore." Penelope alzò gli occhi al cielo. Almeno uno dei due si dimostrava ragionevole.

"Non è giusto! Avete scoperto che Telemaco è un Pirata in pensione, la nave chissà a chi l'ha rubata. A questo punto, arrestate anche lui."

"Non ci sono prove che la nave sia rubata. In quanto a Telemaco, se ha compiuto i suoi crimini dentro la zona di competenza dei Poliptidi, non possiamo intervenire in quanto rispondiamo solo alle direttive del Consiglio." Recitò il Comandante in tono monocorde. Chissà quante volte si era ritrovato a ripetere la stessa frase durante la sua lunga carriera.

"Ma... ma i Poliptidi sono specie del Consiglio!"

"Sì, ma ogni membro del Consiglio ha il diritto di amministrarsi come meglio crede. Articolo settantadue, comma quattro del codice del comportamento intraspecie. Noi abbiamo potere d'intervento solo all'interno di Sistemi che si trovano direttamente alle dipendenze del Consiglio stesso."

Aristide alzò gli occhi al cielo. "La burocrazia è il vero male di questo Universo!"

"Non dirmelo." Jin fece spallucce.

Cher invece avrebbe voluto ricordare loro che, in realtà, la burocrazia era l'unico mezzo per tenere in piedi ecosistemi pluralizzati come il loro. Erano specie diverse con culture diverse che facevano del loro meglio per collaborare. I vuoti di sistema erano un problema, ma si risolvevano solo con il sostegno reciproco. E la burocrazia. La burocrazia e la scienza erano il vero fiore all'occhiello dei Protoi e, di conseguenza, del Consiglio.

"In quanto a lei, Signorina Soto..."

Penelope abbassò lo sguardo a terra, in attesa che la spada laser del giudizio le piombasse tra capo e collo.

"...Il Capitano Maric ha appena avanzato la richiesta di farla entrare nell'equipaggio. Da collaboratrice esterna, s'intende, quindi scordati gli indennizzi sulla pensione"

Lo sguardo di Cher saettò in direzione del Capitano. Blue era rimasta immobile, sull'attenti, a fianco del Comandante Jin.

"Che cosa?" Strepitò Ren dal suo angolino. Le squame della sua pelle si accesero di un blu più vivido del solito.

Il capo di Penelope scattò in alto, verso Blue, gli occhioni sbarrati all'inverosimile. Le mani, adagiate lungo i fianchi iniziarono a tremare. "È uno scherzo?"

"Già!" Aristide sembrava indignato. "Perché a lei tutti questi onori e a me il pubblico ludibrio."

"Perché lei ha espresso la volontà di entrare nei Vigilantes e ha risolto la questione di Lucy. Tu invece sei un cretino che ha solo creato problemi. Ti va bene come risposta?"

Occhi ambrati brillavano nella penombra della stanza. Dalla finestra, Cher poteva osservare le navette dei Vigilantes che andavano su e giù, sempre frenetiche, tra chi rientrava alla base e chi usciva per il suo turno di ronda. Era tutto frenetico, tutto in continuo scorrimento. Erano particelle d'acqua che si facevano trasportare lungo la corrente di un fiume impetuoso.

Chissà cosa c'era, alla foce.

I Protoi avevano dato il via a quel processo. Avevano costruito i portali, favorito la cooperazione tra le civiltà galattiche avanzate. Ora stagnavano, a un passo dal mare. Erano fermi, in attesa che gli altri li travolgessero.

"Capitano, è una follia!" Ren si staccò dal muro su cui si era poggiatә. In poche, rapide falcate aveva raggiunto Blue. "Non può reclutarla così, a caso!"

"Tenente," l'ambra negli occhi di Blue sembrava più traslucida che mai. "Sei al cospetto di un Comandante. Rispetta la gerarchia."

I due Stratioti si guardarono fissi negli occhi per minuti che parvero secoli. Ren fu lә primә a distogliere lo sguardo. Lasciò ricadere le mani lungo i fianchi, la testa alzata, il petto gonfio. La bocca pareva ronzare per il nervoso. "Ricevuto, Capitano."

"Se avessero detto la stessa cosa di te, all'epoca, come avresti reagito?"

Abbassò la testa: colpita e affondata.

Blue si voltò a guardare Penelope, gli occhi caldi e scuri di lei si guardavano attorno, colmi di smarrimento. "Capitano, io... io non so se accettare. E poi, i miei genitori..."

"Ne abbiamo già parlato, mi sembra. È ora che prenda la tua strada senza ricorrere a strane e pericolose decisioni." Si staccò dal Comandante Jin e la raggiunse. Le sfiorò le spalle, toccandola appena. "Sei brava." Il tono si addolcì. "Hai individuato immediatamente quale fosse il problema di AxZ2000. Ti hanno presa in ostaggio e hai mantenuto la calma. Sai il fatto tuo, per essere una pivella." Accennò a un sorriso. "Nella nostra nave manca una specialista A.I., il tuo aiuto ci serve. Ti sto offrendo un'occasione."

Penelope si guardò attorno. Per un attimo, i suoi occhi s'incontrarono con quelli di Cher.

Il Protoi allungò gli angoli della bocca verso l'alto. Umani. Distruttivi come gli Stratioti e avventati quanto i Poliptidi. Nel corso dei secoli, la sua famiglia aveva imparato a conoscerli e a tramandarsi le vicende di quel piccolo pianeta ai margini della loro stessa Galassia. Avevano registrato ogni progresso e disperato di fronte ai loro innumerevoli passi indietro.

Cher aveva imparato ad amare gli Umani tramite ai ricordi di suo padre Monore e ai racconti di suo nonno ElvisPresley.

La mano del Capitano Blue, nel frattempo, era scivolata di fronte allo sguardo di Penelope, tesa: doveva solo allungare la sua, affinché ricambiasse la stretta.

Penelope rimase a guardare a lungo le dita lunghe, le unghie laccate di nero.

Gli Umani, gli Stratioti. Tutti loro avevano imparato ad andare avanti. Desideravano conoscersi, studiarsi, esplorare pianeti lontani. Finivano per scappare dai loro pianeti per unirsi a Compagnie Erranti, Ordini Religiosi che praticavano il nomadismo o a bande di Criminali spaziali.

L'avventura. L'autorealizzazione del proprio non essere soli nel mondo.

Non sapeva neanche lui che nome dare a tutto quello. Lui, quella frenesia, l'aveva già vissute attraverso gli studi dei suoi avi.

La mano di Penelope strinse quella di Blue.

"Benvenuta a bordo."

***

Lunga vita e Prosperità, mia amica Blue.

Ti ricordi il giorno in cui reclutasti Penelope?

All'inizio nessuno di noi era contento di averla a bordo. Beh, a parte Akira. Ma sappiamo tutti perché ad Akira non dispiacesse l'idea.

A dirla proprio tutta, neanche io ero contrario. Una parte di me aveva già capito ogni cosa. Era tutto chiarissimo: il modo in cui vi siete guardate tu e Penelope quando vi siete strette la mano, il sorriso dolce che le dedicavi ogni volta che l'attenzione di lei convergeva su di te. Come hanno fatto, gli altri, a non arrivarci?

Sono un Protoi: osservare gli altri è il mio mestiere.

Cara Blue.

Perfino il giorno in cui hai conosciuto la persona più importante della tua vita, stavi pensando di andare via di qui?

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