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4. Credere

Ehi, Capitano,

Che figo, non ho mai scritto una lettera a nessuno! È così anni 2000! Io volevo mandarti un olonastro a dire il vero, scrivere è una tale rottura di scatole, ma Pen Pen è stata irremovibile. Niente voce, il linguaggio scritto permane nel tempo e così tu potrai rileggerci quando vorrai. Parole sue, eh, non sono mica io a dirlo! Le avrei fatto notare che in questo momento sei impossibilitata sia a leggere, sia ad ascoltare, ma forse non è carino ricordarglielo. Scoppierebbe a piangere. Di nuovo.

Perfino Ren ha reagito male quando gliel'ho detto. Se ti scriverà cose del tipo "è un'idea di merda, solo a Seccatura poteva venire in mente", beh... sappi che è tutta scena. Ma tanto lә conosci meglio di noi. 

Non fraintendermi, Cap, tu sei l'amica più cara che io abbia mai avuto. Non c'è bisogno che ti scriva certe cose: io so che tu sapevi... Perché lo sapevi, vero?

Quando ho salvato tutto l'equipaggio dalla tempesta di meteoriti... quando siamo stati assaltati dalla ciurma di pirati intergalattici di Aiax il Truce... o quando siamo tornati sulla Terra, durante il mese di libera uscita, per guardare la fioritura degli Ultimi Alberi... Insomma, a volte alcune cose basta solo dimostrarle.

Non c'è bisogno che te lo dica proprio adesso.

Giusto?


*

Il buio scoppiò in un boato, un rumore sinistro riecheggiò tra le pareti dell'astronave. Akira chiuse gli occhi d'istinto e si aggrappò alla cloche, la testa cozzò contro il volante. Li riaprì di nuovo: solo una sottile penombra gli faceva distinguere il profilo dei contorni degli oggetti intorno.

"Lu? Lu, ci sei?"

Akira chiamò l'assistenza A.I. cauto, quasi avesse paura di conoscere la risposta. Niente. Nessuna voce meccanica e monocorde accorse in suo aiuto. Il pilota si grattò la cima della testa. Si guardò di nuovo attorno, le stelle che lampeggiavano intorno al Cosmo bagnavano la cabina della stanza con il loro fievole baluginio.

Il silenzio stagnante che aleggiava attorno a lui gli mise i brividi, riusciva a sentire solo il lieve ronzio dei motori della nave. Tirò un sospiro di sollievo. Lucy si era spenta per qualche assurda ragione, ma almeno il supporto di emergenza era entrato in funzione in modo corretto.

Si alzò dalla sedia, gli occhi si erano appena abituati alle fioche luci della stanza. A tentoni, cercando di stare il più vicino possibile ai margini delle pareti, si diresse verso il corridoio al di fuori dalla cabina di pilotaggio, le mani che tastavano il metallo liscio.

"Akira! Sei tu?" Una voce nasale improvvisa lo sorprese alle spalle. Balzò all'indietro e la schiena si scontrò contro il muro. 

"Cher! Maledizione, lo sai che noi umani non abbiamo la vista a infrarossi! Mi hai fatto prendere un colpo."

"Chi altri doveva essere, scusa?"

La voce di Cher, il Protoi addetto alla manutenzione, avvolta nel buio gli graffiava le orecchie, stridendo contro i timpani. Facile parlare con quella superficialità, per uno che poteva vedere al buio senza problemi. Alzò le spalle. "Ma che ne so, Lucy si è spenta all'improvviso, non ci sto capendo più nulla."

"Intendi dire il Modello AxZ2000? In effetti è strano, dovrebbe avere un'autonomia pressocché illimitata."

Storse il naso. "Perché continui a chiamarla con il suo nome in serie? Ha scelto di chiamarsi Lucy, rispetta la sua decisione. A te farebbe piacere se ti chiamassi Protoi e basta?"

"Tecnicamente..." Akira alzò gli occhi al cielo, il soffitto era una coltre oscura di nero e nient'altro. Tuttavia, poteva immaginarselo, Cher, mentre sollevava l'indice palmato e tozzo per sciorinare le sue insulse stupidaggini zeppe di fondamenti scientifici a lui astrusi. "Le A.I. non possono formulare preferenze. AxZ2000 si è affibbiata quel nome solo per rendere la sua interfaccia più familiare a noi senzienti." Silenzio. Il ronzio dei motori in funzione pizzicava le pareti. "E poi, Protoi è un appellativo piuttosto generico, a differenza del numero in serie di un'A.I., quindi il paragone non ha senso."

Akira aprì la bocca per mandarlo al diavolo, ma un'altra voce emerse dal fondo della stanza. Rumori di passi che si avvicinavano verso di loro. "Cher!" Blue stava risalendo le scale che, dal piano inferiore, portavano al ponte di comando. "Che diamine è successo?"

Nella penombra, sentì Cher muoversi cauto verso il suono della voce. "Credo che l'assistenza A.I. si sia rotta."

Il cuore di Akira batté più forte. Lucy non aveva mai dato problemi. Certo, aveva tendenze strane, per esempio ogni tanto capitava che chiudesse la gente in bagno senza apparente motivo, ma si trattava di bizzarrie perdonabili. Non doveva essere facile detenere il controllo di un'intera nave spaziale. Ma spegnersi! Spegnersi era tutta un'altra faccenda. "È stato stranissimo! Stava parlando con me e all'improvviso le luci si sono disattivate."

"Non si vede un cazzo."

Ah, ecco. C'era anche Ren.

"Cher! Maledetta Iguana da Combattimento, perché AxZ2000 è impazzita?"

"E io che ne so! Stavo dormendo!"

Le due voci sibilavano nel nero black-out, ma Akira poteva osservare a occhio nudo la scia delle loro frecciatine colpirsi a vicenda.

"Possibile che non sei in grado di svolgere neanche l'unico, semplicissimo lavoro che ti hanno assegnato?"

"Se è così semplice perché non lo fai tu, allora?"

"Perché non sono io l'ingegnere di questa nave, idiota."

"Ren... dacci un taglio." Il sospiro di Blue si espanse nel buio.

"Capitano..." Una voce diversa dalle altre risuonò lieve, un tono ovattato, come se avesse paura di farsi sentire. Era stata sommersa dagli improperi degli altri due deficienti, ma Akira riuscì a distinguerla immediatamente.

"Almeno sai quale potrebbe essere il problema?"

"Potrebbero essere molteplici. Potrebbe essersi disattivata per malfunzionamenti di programmazione, o perché qualcosa è andato in cortocircuito, o perché..."

"Taglia corto, Cher. Quanto tempo ci vorrà per ripristinarla?"

"Capitano... ecco, io avrei..."

"Dipende. Dovrei prima capire la fonte dell'anomalia, stabilirne la gravità e..."

"Certo che sei un tecnico davvero inutile."

"Ren!"

"Oh, ma figurati! Sono tutti inutili, tranne te, vero? Lə intelligente e infallibile Ren!"

"Io... io credo di avere..." La voce femminile sconosciuta alzò di poco la voce, ma sia Ren, sia Cher parvero non udirla.

"Almeno il mio lavoro so farlo."

"Certo, come quella volta che ti sei fattə scappare..."

"Ecco qui, viscida iguana che non sei altro! Guarda caso, ritiri fuori sempre quella storia quando si tratta di parlare di mie incompetenze. Io invece, se dovessi inziare a elencare le tue, finirei giusto in tempo per la settimana di libera uscita."

Akira era pronto a scagliarsi contro il buio per fermare qualsiasi tentativo di lotta, ma un urlo si elevò sgomitando tra tutti gli altri e  lo fece trasalire. Si bloccò sul posto.

"CAPITANO!"

Tutti ammutolirono. La soave voce femminile  che aveva appena riversato contro di loro tutta la propria frustrazione vibrò, un lieve tremore, simile a un sibilo. "Ecco..." proseguì, mentre ritornava su delle ottave meno aggressive. "Io credo... anzi, sono certa che la vostra A.I. sia stata hackerata."

Akira sbarrò gli occhi. Ecco, adesso le cose sì che si facevano interessanti. Quella era la stessa ragazza descritta da Lucy, quella che fino a qualche minuto prima era scoppiata a piangere per il nervoso. A quanto pare, aveva molti più assi della manica di quanti volesse far credere.

"Ci manca solo che la Seccatura dia il suo parere da totale incompetente."

"Ehi! Almeno lasciala parlare." Gli venne fuori di getto, la tensione e il nervoso avevano parlato per lui. Il pensiero di Lucy in balia di un attacco informatico lo faceva sudare freddo. Chissà quanto era spaventata, sola, magari relegata all'interno di un server buio e senza vie di comunicazione. In realtà, Akira ignorava cosa succedesse quando un'A.I. veniva spenta e immaginava che Lucy non provasse né paura, né ansia. Ma si trattava di Lucy. Era una sua amica, dopotutto, non una semplice "Intelligenza Artificiale" con numero in serie e tutto il resto. E se l'attacco hacker avesse provocato un reset? Se fosse ritornata da loro con una personalità diversa? Non poteva perdere anche lei. Non dopo che...

 Le dita premettero contro i palmi delle mani, gli incisivi tormentavano le labbra. Forse, stava proiettando le sue sensazioni su altri e nulla più. Lucy non era un essere vivente, dopo tutto.

Sentì Ren sbuffare. La voce di Penelope, invece, si propagò ancora una volta all'interno del corridoio nero. "Questa nave è di fabbricazione umana, vero?"

"Si tratta di un lavoro congiunto tra Umani e Stratioti, per il programma di collaborazione tra specie." Blue sembrava la più tranquilla tra tutti. "AX però è un progetto esclusivamente umano."

"Lo immaginavo." Udì una sorta di risata riemergere, poteva immaginarla con le labbra appena dischiuse. "Su New Canaan, tutti gli androidi agricoli sono dei modelli AX."

"Penny è una tecnica A.I. La sua famiglia ha un'impresa agricola, lei, sua madre e due dei suoi fratelli erano addetti alla manutenzione degli androidi." Intervenne una voce che non aveva mai udito prima. Doveva appartenere al pilota incompetente che guidava la navetta che avevano inseguito. Akira scosse la testa: dal modo trafelato con cui aveva parlato, pareva ancora piuttosto scosso dall'inseguimento e dall'arresto.

"Cosa? Ma perché non lo hai detto prima?" tuonò Ren. la vista di Akira si era abituata al buio, poteva distinguere i contorni, Cher di fianco a lui e quattro figure poste di fronte a loro.

"A dire il vero ve l'ho detto durante l'interrogatorio, ma eri troppo impegnatə a insultarmi." Il timbro soave della ragazza si trasformò in una punta acuminata, pronta a colpire da qualche parte Ren, non importava dove, bastava tramortirla e abbatterla al suolo. 

Akira emise un leggero verso di approvazione, sovrastato dal ringhio nervoso ed esasperato dellə Stratiota, prontə ancora una volta a scagliarsi contro il suo nemico di turno.

"Basta litigare per stupidaggini. È un ordine." La voce di Blue, secca, riportò di nuovo il silenzio. Ennesimo sospiro. "Vai avanti, Penelope. Come fai a sapere che siamo sotto attacco hacker?"

"Beh... Questo tipo di programma non può disattivarsi da solo. O meglio, può farlo, ma non in maniera così improvvisa. Le Intelligenze AX sono abbastanza all'avanguardia, di solito sono in grado di effettuare una diagnostica in tempo reale che individua eventuali problemi di funzionamento. Nel caso della vostra A.I..."

Akira cominciò a vagare altrove con i pensieri, le spiegazioni divennero parole trasportate da un vento rarefatto; Penelope aveva iniziato a sciorinare frasi tecniche a caso con un piglio così veloce che, l'unico filo che riuscì a seguire, fu il ritmo cadenzato della sua parlata. Akira seguiva muovendo la testa, ma di quel che diceva non riusciva ad afferrare nulla.

Proprio una bella voce, però, doveva ammetterlo. Rilassante. Sbadigliò. Aveva bisogno di dormire. Chissà se poteva chiedere a Lucy di modificare i parametri dei comandi vocali per assomigliarle un po'. 

"... un attacco hacker è l'unica spiegazione plausibile. Perciò, dobbiamo accedere alla sala di controllo A.I. di questa nave risolvere il problema al più presto. Avete capito? I vostri compiti sono chiari?"

Rispose in automatico. Ma tanto, lui era solo il pilota. Mica poteva mettersi lì a smanettare con le funzioni di Lucy solo per vedere cosa accadeva? Sarebbe bastato il suo supporto morale, ne era certo.



Capitano,

Quando vivevo a Manila, sulla Terra, tutto ciò che si trovava al di fuori della mia cerchia non era degna del mio interesse. Intorno a me non facevano altro che parlare di ciò che orbitava al di fuori del Sistema Solare, ma io non capivo la smania che animava le parole di chi si riempiva la bocca di concetti come "spedizione spaziale" o "Consiglio Interstellare". Lo spazio non mi affascinava e non capivo il motivo per cui tutti sentivano lo spasmodico bisogno di andare via da lì. Tutti si lamentavano del fatto che la Terra fosse ormai allo sbando, ma dentro di me pensavo: "Se ti fa schifo il luogo in cui vivi, perché andartene? Perché non cambiarlo?"

All'epoca tutto mi sembrava semplice, la soluzione a portata di mano. La gente, invece, non riusciva a godersi le piccole cose che a me bastavano. Vivevo nella mia quotidianità, amavo stare con la mia famiglia, mi piaceva l'idea che ci fosse un luogo fatto su misura per me. Al di fuori di esso, il mondo era grande, immenso. E quell'immensità mi spaventava. A me piaceva la certezza delle cose. Mi piaceva allenarmi nella palestra sotto casa; non si può dire che fossi contento del lavoro che facevo, ma mi dava quello di cui avevo bisogno per vivere e tanto mi bastava; uscivo con ragazze e ragazzi diversi ogni sera, ma un giorno mi sarebbe piaciuto formare la mia famiglia, con cui stabilirmi. 

Non credo fossi una persona superficiale, né che non avessi altra scelta perché non conoscevo nulla di meglio. Credo solo di essere stato abbastanza fortunato da trovare in fretta il mio posto nel mondo. Non desideravo di più perché quel "di più" io non lo volevo.

Ma cosa succede quando il tuo posto nel mondo ti viene strappato dalle mani all'improvviso? Dove cercare una felicità che è circoscritta solo all'interno di un luogo che non esiste più?

Me lo sono chiesto spesso, dopo quello che è successo quel giorno. Te ne ho mai parlato, Blue?


*

Il bagliore freddo di una torcia illuminava la strada davanti a loro, gli stretti corridoi della nave tracciavano una via precisa. Cher era davanti al gruppo, la fonte di luce stretta tra le mani palmate, gli enormi e sporgenti occhi neri si muovevano a scatti, prima a destra, poi a sinistra.

Blue seguiva il Protoi subito dopo, le braccia strette al petto, la bocca contratta in un'espressione corrucciata. Ogni tanto tratteneva un respiro più profondo degli altri, il principio di uno sbadiglio messo a tacere. Ren le stava accanto, oscillava tra Cher e il Capitano, con un passo molto più rapido e brusco degli altri. La luce lə illuminava appena, rendendo gli occhi serpentini simili a quelli di un predatore affamato che li spiava da lontano.

Akira si voltò verso il fianco; Penelope e il suo amico Aristide camminavano in silenzio, la testa rivolta verso i loro piedi. 

Si schiarì la gola con un colpo di tosse rauco. "Ottimo lavoro." bisbigliò. La ragazza si alzò per incontrare il suo sguardo. Gli occhioni, di un caldo tono castano, colpirono i suoi. Prese un respiro. "Hai capito subito che Lucy... cioè, il modello AxZ2000 è stato hackerato. Neppure Cher ci era arrivato."

"Guarda che ti sento!" La voce nasale del Protoi emerse dalla testa del corteo. 

Penelope rimase in silenzio, gli angoli della bocca curvati di poco verso l'alto, a ricambiare un sorriso.

"A proposito..." intervenne Aristide che, da quando si erano messi a cercare la sala di controllo di Lucy, aveva a malapena spiccicato una parola. "Cher, lo sai che ti chiami come una famosa cantante terrestre degli anni Ottanta del ventesimo secolo?"

Akira alzò gli occhi al cielo. 

No. 

Un brivido di terrore lo scosse. Lo sguardo, dagli occhioni da cerbiatto dell'incantevole Soto, saettarono verso quell'idiota del suo pilota che, a quanto pare, aveva deciso che quel giorno avrebbe commesso solo danni. Aveva appena pronunciato la locuzione che non doveva essere assolutamente nominata nell'equipaggio. 

Anni Ottanta.

Perfino Blue si lasciò sfuggire un. "No!" tra i denti.

Ma era troppo tardi. La testa di Cher scattò verso di loro, il gioco delle luci che si proiettavano sui suoi lineamenti da anfibio aveva trasformato la curva della sua bocca un ghigno minaccioso, gli occhi apparivano ancora più enormi e sporgenti.

"Cher... la cantante?"

Aristide parve illuminarsi a sua volta. "La conosci? Va fortissimo su New Canaan! Gli anni Ottanta del ventesimo secolo sono di moda quest'anno solare... o meglio, lo è nell'anno solare di New Canaan, quindi da almeno due anni terrestri..."

La torcia cadde dalle mani del Protoi, un forte tonfo metallico si propagò per tutta l'astronave. Akira venne investito da una folata di vento improvvisa, il corpo grigiastro di Cher si fece largo tra loro, per poi buttarsi contro quello di Aristide. Le braccia avvolsero il collo del ragazzo ed entrambi precipitarono a terra. 

"Finalmente! Qualcuno che se ne intende di musica!" Mugolò a fatica, tra un singhiozzo e l'altro.

Akira storse la bocca: stava... stava piangendo? Quell'idiota si era appena commosso?

"In questo equipaggio nessuno la sopporta. Altro che quegli ignoranti di Akira e Blue."

Fece scoccare la lingua sul palato. Ecco, ci mancava solo che un Protoi saccente lo riprendesse sulla sua scarsa ignoranza nei confronti della sua stessa cultura. Un Protoi la cui conoscenza della Terra era circoscritta a dieci, miseri, anni. Neanche i più gloriosi, a dirla tutta. "Non è che non sopportiamo lei, è la malsana ossessione di voi Protoi per gli anni Ottanta del ventesimo secolo terrestri a infastidirci." 

"Già," gli diede manforte il Capitano, la testa che si muoveva su e giù. "Guarda che la nostra cultura è molto più sfaccettata di così."

"E chi se ne frega! Niente è meglio degli anni Ottanta. E niente è meglio di Cher!" Il Protoi affondò la testa nell'incavo della spalla di Aristide e a nulla valsero le deboli proteste del ragazzo per tentare di scrollarselo di dosso.

Akira mosse i primi passi verso di loro, le braccia pronte a sollevare su quella specie di rana grigia e molesta.  Era sul punto di aggrapparsi alle sue spalle e tirarlo via, quando la nave venne scossa da un violento moto.

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