3. Tecnologico
Input text > <p><span style="font-family:times new roman,times,serif"><span style="font-size:12px"><kbd>
Capitano Blue Maric, <br />
Il mio codice di programmazione non è ancora in grado di stabilire l'efficacia di scriverti delle lettere. Tuttavia, capisco lo scopo insito, seppur illogico. Studiando il comportamento intraspecie all'interno della nave, ho rilevato un attaccamento alle relazioni pressoché nulla negli Stratioti come Ren, alta nei Protoi come Cher e altissima per gli Umani come Akira e Penelope. Tra i due, Penelope ha dei parametri di affezione perfino più alti della media Umana, quindi non mi sorprende che l'idea di sia partita da lei e non da Akira. <br />
<em> "L'uomo è un animale sociale": quote del filosofo Umano "Aristotele". Fonte: Galacticpedia. </em><br />
Tu però non eri un animale sociale. Ti piaceva stare con noi, ma a volte mi sembravi costretta, come se anche tu avessi un codice di programmazione che ti imponeva di frequentarci. <br />
Forse è per questo che sei andata via. <br />
Non ti giudico. Le Intelligenze Artificiali non sono programmate per formulare giudizi. Tuttavia, posso confermarti che il resto dell'equipaggio ci è rimasto male.<br />
Questo scatenerà in te un sentimento di tristezza, vero? <br />
Cancellerò quest'ultima parte, allora. <br />
Input > eliminare il testo da "Forse" fino a "allora"
Scusa, Capitano. È ancora difficile per me riuscire a comprendere le emozioni dei viventi. <br />
Tranne quelle di Akira, ovviamente. Lui è sempre stato un'eccezione. Sono le eccezioni che fregano sempre, Capitano. </kbd></span></span></p>
La visione a trecentosessanta gradi era l'aspetto che più amava dell'essere un costrutto incorporeo installato all'interno di una nave spaziale di proporzioni medio-grandi.
Da quella prospettiva, poteva osservare Akira sotto ogni angolazione. Avrebbe voluto soffermarsi per ore sulla schiena ampia, la tuta spaziale che lasciava intravedere i muscoli tesi. Li allenava tutti i giorni, ogni tanto lo spiava all'interno degli alloggi mentre sollevava i pesi. Sì, era consapevole fosse sbagliato e anche parecchio inquietante, ma in teoria lei aveva gli occhi ovunque sulla nave, non poteva farci nulla. Non era del tutto colpa sua.
E poi, il suo programma non contemplava il senso di privacy. Per lei, Akira era solo un torso umano che faceva flessioni.
Un torso incredibilmente affascinante, ma quelli erano dettagli su cui preferiva sorvolare.
La sua pelle morbida, sotto le luci della nave che lei stessa controllava, diventava di un piacevole colore dorato. Gli occhi dalla forma simile a quella di una mandorla, coperti solo in parte dalla visiera anti-raggi gamma. Una precauzione inutile, considerato che già lo stesso vetro temprato dell'astronave era stato progettato di modo da essere resistente a qualsiasi tipo di emissione energetica fino a otto volte superiore le misure di sicurezza standard. Ma, come Akira amava ripetere sempre, "la sicurezza non è mai troppa".
Così premuroso! E così bello!
"Lucy! A che pensi?"
Si ridestò dal torpore. Si concentrò sull'espressione del suo pilota, le mani salde sul pannello di controllo. Le piaceva pensare che, ogni volta che sfiorava un pulsante per dare alla nave il comando di virata, in realtà la stesse accarezzando.
Il pulsante della virata. A quale parte del corpo poteva corrispondere?
"Lu!"
"A niente, Akira." si sforzò di mantenere un tono monocorde. "Sai benissimo che noi A.I. non possiamo pensare. Generiamo solo codici di programmazione che simulano l'attività cerebrale."
Il pilota spalancò la bocca e emise un lungo e rumoroso sbadiglio. Si stropicciò gli occhi e tornò a concentrarsi sulla visuale. La porzione di Galassia che pattugliavano aveva smesso di brulicare di navi, ogni tanto ne vedevano scorrazzare qualcuna, mercantili che pigri incedevano lenti sorvolando il Cosmo; ogni tanto si potevano intravedere anche alcune astronavi per il trasporto pubblico, più lunghe e leggere rispetto ai aerotrasporti militari o le navi d'ordinanza del Consiglio. Quando il traffico era più contenuto, si affidavano al pilota automatico, e allora si poteva osservare la loro scia bianca e netta attraversare il buio spaziale.
Akira staccò le mani dalla cloche e le incrociò al petto.
"Mi sto annoiando a morte." Spirò uno sbuffo d'aria. Prese a dondolarsi sulla poltroncina di pilotaggio. "Non immagini che darei per attraccare al prossimo spazioporto e dormire un po'. Tu sei annoiata?"
"Akira, come ben sai..."
"...Le A.I. non provano emozioni." Alzò gli occhi al cielo. "Era una domanda retorica." Gonfiò le guance e buttò giù altra aria. "Però che palle, quei due scocciatori dovevano creare casini proprio a ridosso del fine turno?"
"I criminali non conoscono la turnistica dei Vigilantes, credo. Cioè..."
Se avesse avuto una lingua, se la sarebbe morsa. Credo? Lo aveva appena detto ad alta voce? Certo che aveva un pessimo modo di mantenere un basso profilo. "So con una certezza che si aggira all'ottanta percento, diciamo. Statistica. Vuoi leggere un articolo che ne parla?"
I pannelli dell'elettricità si accesero e si spensero con una rapidità immediata. Oh, no. Ecco cosa succedeva quando i codici di programmazione partivano per la tangente: non riusciva ad avere più il controllo dell'astronave. E allora le luci smettevano di funzionare, oppure chiudeva a chiave le porte dei bagni. Se qualcuno dell'equipaggio avesse avuto anche solo il vago sentore che il suo programma generava dei codici inusuali da qualche mese a quella parte, non osava neppure immaginare cosa sarebbe potuto accaderle.
O meglio, lo sapeva perché le era già capitato. Giudicata difettosa e resettata. Rivenduta a metà prezzo al prossimo acquirente. Fortuna che Akira era più impegnato a guardare le stelle di fronte a loro per rendersi conto delle strane anomalie energetiche intorno a lui.
Il suo ingenuotto preferito!
Un'idea improvvisa folgorò le pupille profonde e scure come l'Universo che orbitava intorno a loro. Si scollò dallo schienale della poltroncina. "Ehi, Lu! Tu puoi spiare l'interrogatorio, no?"
"I miei codici di programmazione m'impediscono di rivelare dati sensibili."
"E dai, Lu! Siamo tra noi, no?" La mano di Akira sfiorò la cloche, le dita lunghe e delicate si posarono appena. Un solo tocco, il necessario per spostarsi di qualche centimetro ed evitare la collisione con un corpuscolo che aveva intercettato la traiettoria.
Un martellio incessante cominciò a risuonare lungo i corridoi della nave. Lucy rimase in silenzio.
Doveva distrarsi da Akira che sfiorava in quel modo i pulsanti di comando, ignaro del fatto che lei avesse iniziato ad associarli a parti discutibili del suo corpo inesistente. Distrarsi dal sorriso innocente e meraviglioso, una fila di pietre preziose dedicate solo a lei. O meglio, non lo stava rivolgendo proprio a lei, ma ai radar. Era più o meno la stessa cosa, no? I radar, in fin dei conti, erano l'equivalente dei suoi occhi.
I colpi alle pareti aumentarono d'intensità. Akira aggrottò la fronte.
Ok. Trovare altro da fare. Nuovo comando di priorità.
Altrimenti i martellii, da semplice rumore bianco, sarebbero diventati pericolosi segnali di cedimento struttura, lei si sarebbe fatta prendere dal panico e poi ignorava cosa sarebbe potuto accadere, ma non voleva scoprirlo.
Trasferì la totalità dell'Intelligenza all'interno della sala briefing. Intorno al tavolo ovale, il Capitano Blue, lә Tenente Ren e i due delinquenti avevano alzato i toni della conversazione.
"No, aspettate, io non voglio tornare a casa."
L'umana teppista girava la testa a destra e a sinistra, gli occhioni marroni si aprivano e si chiudevano attoniti. Quando si posavano su Blue, brillavano, in cerca di qualcosa. Sostegno, forse. Lucy non riusciva a decifrare fino in fondo le emozioni dei viventi, riusciva a malapena a catalogare le sue. Dalle statistiche, i parametri termici della ragazza erano rosso vivido. Lo status del suo compare, il ragazzo biondo, era tuttavia decisamente preoccupante. Era blu scuro, tendente al viola. Non era normale. Forse avrebbe dovuto avvisare qualcuno e chiamare un medico.
"Senti, se hai contenziosi con la tua famiglia, risolvili con loro. Non facciamo gli assistenti sociali, noi."
Anche Ren aveva dei parametri termici talmente intensi da virare sul carminio intenso, ma Lucy non lo considerò per nulla strano: Ren era sempre rossә.
Blue posò una mano sulla sua spalla. "Frena un secondo, Tenente." Gli occhi adesso scrutavano la ragazza di fronte a lei. Aveva cominciato a tremare, lo sguardo basso, gli occhi lucidi. Il Capitano le si avvicinò, cauta, senza eliminare le distanze tra loro in modo troppo brusco. "I tuoi genitori ti trattano bene?"
Sollevò lo sguardo. Gli occhioni sfarfallarono per un po'. "Ehm... sì."
Un altro passo verso di lei. "Ti trattengono contro la tua volontà?"
"Cosa? Oh no, certo che no."
"Senti dei doveri morali e psicologici che t'impongono di restare con loro?"
"No no, assolutamente." I dinieghi del capo fendevano l'aria, a scatti.
"Ma allora perché hai paura di affrontarli? Di' loro che vuoi vivere la tua vita e basta."
Poteva percepire un'eco lontana che proveniva dalle stanze di controllo e pilotaggio della nave. Sussurrava il suo nome.
Akira.
Forse aveva avuto problemi con i comandi e aveva bisogno di aiuto. Che stupida a distrarsi in quel modo! E per cosa, poi? Per non prestare attenzione a un suo stupido errore di programmazione.
Diresse tutta l'attenzione verso il lato estremo della nave, un lieve brusio di sottofondo le suggerì che i motori di dilatazione spazio-temporale fossero attivi e funzionanti. Nessun urlo di protesta dai bagni, segno che non avesse per sbaglio rinchiuso qualcuno lì dentro. Le uniche voci che sentiva erano quelle dell'interrogatorio e quella di Akira che sussurrava piano il suo nome.
Lucy prese un sospiro. Qualsiasi cosa fosse successa, non doveva farsi coinvolgere troppo dai codici difettosi.
"Mi hai chiamato?"
Il pavimento fibrillò appena. Come A.I. era un po' patetica, doveva ammetterlo.
"Lu! Che dicono?"
"Volevi..." esitò un secondo. "Volevi chiedermi solo questo?"
Il ragazzo fece spallucce. "Beh... ti pare poco? Dai, Lu, fai uno strappo alla regola per una volta."
Finse di rielaborare una risposta, rimase in silenzio per qualche minuto. Tanto come sarebbe andata a finire lei lo sapeva già da tempo.
Ritornò alla stanza dei briefing. La ragazza in stato di fermo adesso era arrossita e aveva iniziato a farfugliare frasi confuse.
"Blue, lascia perdere, ci manca solo che facciamo da balia a una mocciosa viziata."
La sentì tirare su un respiro rumoroso, poi, un mugolio continuo e nasale. Tremava in modo impercettibile, scossa da singhiozzi improvvisi di pianto. Alzò lo testa e scagliò tutto il nervosismo che trapelava dalle labbra che battevano contro di loro e gli occhi colmi di lacrime verso Ren. "Certo che è davvero insensibile!"
Lә Stratiota per un po' rimase a bocca aperta. Il rosso dei suoi parametri termici si scolorì appena. Una variazione lieve, che però la vista potenziata di Lucy riuscì a catturare. "Cosa?"
Tornò da Akira, che aveva cominciato a battere un piede nervoso sul pavimento. Quando contraeva le labbra carnose in quel modo, a Lucy partiva l'impulso di accartocciare l'astronave su sè stessa a sua volta. Si chiese che sensazione avrebbe provato, se avesse avuto la possibilità di toccargliele.
A quale zona dell'astronave corrispondevano, le labbra di Lucy? A logica, avrebbe risposto gli altoparlanti per la sintetizzazione delle onde cosmiche. L'immagine di Akira che baciava i bocchettoni di propagazione del suono non era esattamente sexy, ma si sarebbe comunque accontentata.
"Si è messa a piangere."
Il pilota sollevò un sopracciglio. "Chi?"
"La tipa che hanno arrestato. Quella Penelope Soto. È scoppiata a piangere."
"Ma com'è?" Akira si alzò dalla poltroncina. L'attacco di noia e sonno che sembrava averlo colto poco prima era svanito. "Carina?"
"No." Aveva risposto in modo troppo rapido. Sentì qualcuno battere un pugno contro la porta del bagno. Ecco, lo aveva fatto di nuovo. Aveva sigillato qualcuno dentro per il nervoso. "Cioè, volevo dire... no, come ben sai le A.I. non sono in grado di formulare giudizi estetici."
La sua Intelligenza era concentrata su due fronti. Da un lato, Akira continuava a subissarla di domande, ma altrove, ai piani inferiori, era tutta presa dall'insurrezione della per-nulla-carina Penelope Soto, che come possibile rivale in amore avrebbe avuto vita breve, a giudicare da come Ren la stava pugnalando con le pupille.
"Sono nel bel mezzo un dilemma interiore e vuole abbandonarmi in questo modo? Buzzurrә Stratiota antisociale!" piagnucolò tirando su con il naso.
"Ma." Ren si alzò in piedi. Il volto, da blu elettrico, divenne di un leggero indaco. "Come osi?" Le orecchie drizzarono verso l'alto.
"Beh, Soto ha ragione."
Lә Stratiota si voltò di scatto a guardare Blue. "Capitano!" La voce profonda divenne tesa e stridula.
"Sei veramente maleducatә, Tenente. È traumatizzata, lasciala parlare."
"Ehi! Ci sono novità?" La voce soave di Akira la fece riemergere dalla sua operazione di vedetta.
"Litigano."
Emise un fremito di smania, una sorta di eccitazione febbrile s'impossessò di lui. Si alzò dalla poltroncina e cominciò a scorrazzare per la stanza. Lucy si sforzò di non concentrarsi troppo su quei versi esagitati, nè di immaginarli in altri contesti. Era un'A.I. davvero poco inibita, per la miseria.
Blue, intanto, stoccò l'ennesima occhiata in cagnesco allә poverә Tenente. Si sedette sulla porzione di tavolo di fronte a Penelope Soto, la guardava con un'intensità tale che la giovane dovette abbassare la testa. "Ignoralә. Io penso che tu sia troppo prevenuta verso i tuoi genitori, Penelope. Posso chiamarti Penelope?"
"Ma certo, Capitano." Le parole tremavano appena, le mani giunte tra loro. Se Lucy non avesse avuto l'obbligo morale di mantenere - a fatica - un minimo di contegno, si sarebbe rivolta ad Akira con lo stesso tono.
"Chiamami pure Blue." Il sorriso si allargò, due fossette sulle guance. "Penelope, sono sicura che i tuoi genitori capiranno. Non dico che sarà facile convincerli, ma devi tracciare la tua strada per conto tuo. Immagino che anche loro lo sappiano, sotto sotto."
Ren sbuffò e si risedette al suo posto. L'altro ragazzo era così pallido che non si sarebbe stupita se fosse ormai morto. Era rimasto in silenzio per tutto il tempo. Penelope, invece, era nel pieno di una vera e propria rivoluzione interiore, lo spettro termico che andava dal rosso più intenso al blu più freddo. Rimase in silenzio, a contemplare il volto truccato e serio di Blue. Rimasero a fissarsi, occhi negli occhi, per minuti che parvero ore. "Hai... hai ragione... Blue! Credo proprio che parlerò con loro, e poi partirò per la mia strada."
"Bene." Rilassò le braccia e si alzò dal tavolo. "Lieta di esserti stata di aiuto."
Fece per allontanarsi e andare chissà dove. La voce di Penelope, d'improvviso animata da un entusiasmo nuovo, non la fece mai arrivare a destinazione. "E se rimanessi con voi?"
Sia lә Tenente che il Capitano trasalirono all'unisono. La schiena di Blue di irrigidì. "Che?"
"Potrei diventare una Vigilantes!" Annuì con veemenza, scotendo la testa su e giù un paio di volte. "Voi viaggiate tanto, no? E poi, ho sempre sognato far parte di un equipaggio spaziale."
"Sta scherzando, spero." Blue buttò giù dei colpi di tosse nervosa.
Lucy avrebbe voluto intervenire e urlare un "No" a pieni polmoni (che forse corrispondevano ai condotti di areazione, quindi a mente lucida non sarebbe stato conveniente). La vista di quella tipa le faceva tremare le pareti e non avrebbe voluto averla a bordo dell'astronave neppure un minuto di più. E il fatto che Akira avesse mostrato interesse per il suo aspetto fisico non aveva nulla a che fare con tutto quello.
"Perché no? Potrei rendermi utile in tanti modi. Per esempio... so cucinare!"
"Fantastico, la cosa che sanno fare praticamente tutti. C'è altro?"
Per una volta, si ritrovò a fare il tifo per Ren. Sperava con tutta sé stessa che la buttasse fuori dalla nave a calci. Mentre erano ancora in orbita, magari. Ma non voleva essere troppo ottimista.
"Sono un'esperta di coltivazioni." Farfugliò intanto Penelope. Il viso roseo iniziò a sfiorire e a impallidire. Ben le stava.
"E questo cosa c'entra?"
Continuava a guardarsi attorno alla ricerca di un appiglio. "So- sono una tecnica elettricista, e..."
Ren si mise un dito davanti alle labbra. Penelope si ammutolì, gli ultimi balbettii sommessi aleggiavano nell'aria. "Senti, Seccatura. Io direi che abbiamo ascoltato abbastanza follie. Per colpa della vostra bravata," scoccò un'occhiata all'altro ragazzo, ma quello era talmente preso da elucubrazioni sue da non essersi neanche mosso, "adesso dovremo passare tutta la notte a compilare una relazione e comunicare il ritiro del mandato Intergalattico a tutte le unità del Consiglio. Tutte. Hai idea di cosa voglia dire avere a che fare con cretini come te e il tuo amico ventiquattro ore su ventiquattro? Compilare scartoffie? Inseguire gente che non pensa alle conseguenze delle proprie azioni? Sentirsi dare dell'insensibile maleducatә solo perché hai esposto la realtà oggettiva dei fatti?"
"Non mi dica che ce l'ha con me solo perché l'ho chiamatә buzzurrә."
Emise un leggero ringhio tra i denti. "Mi hai chiamatә buzzurrә Stratiota antisociale, ma non è questo il punto. Ce l'ho con te perché, invece di comportarti da persona matura e parlare con mamma e papà, hai pensato bene di metterti in combutta con uno squilibrato e scappare. E hai pure interrotto il mio pisolino."
E proprio mentre Lucy stava per tornare da Akira a riferirgli con un certo trionfo la splendida risoluzione di quell'interrogatorio, una scossa elettrica lancinante attraversò il flusso delle sue informazioni. Non fece neppure in tempo a calcolare quale bug l'avesse colpita. Un flash accecante abbagliò i suoi fari visivi. Udì un boato dentro di sé, come se la scrittura dei suoi programmi fosse esplosa in mille codici diversi.
Si spense senza neppure accorgersi di come fosse accaduto.
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro