11. Mondo folle
Cher Monroedopolus.
Nato a Tigimas, nell'ottavo moto di rotazione, durante il punto massimo di afelio.
Di professione, tecnico di bordo.
Questo sono io. Un Protoi. Un tecnico. Sono figlio di Monroe, sono nato durante la stagione che voi chiamate "estate". La mia età traslata secondo i vostri calcoli si aggira attorno agli ottantasei anni, anche se per gli standard Protoi sono ancora molto giovane.
Cher è questo. Il mio corpo ha questo aspetto.
Tu chi sei, capitano?
Cher aprì gli occhi. Il petto pulsava, schiacciato tra il cuore che martellava nella gabbia toracica e la pressione del pavimento su cui si era buttato dopo che aveva avvertito la prima scarica di colpi.
Le braccia giacevano ancora raccolte attorno alla testa liscia, per istinto, per proteggersi. La testa era un punto delicato, bisognava stare molto attenti, suo zio BruceLee era morto esattamente in quel modo. La luce lo abbagliò con la sua violenza improvvisa, attorno a lui le pareti su cui si rifletteva il riverbero parevano soffocarlo. Ancora rannicchiato su sé stesso, vide Penelope e Ren discutere tra loro, prima che un'altra scarica di colpi raggiunse ancora la fiancata della nave. Era una fortuna che gli scudi anti raggi gamma fosse attivo, altrimenti sarebbero esplosi sotto i colpi di quella pazza furiosa. Un fascio colorato attraversò la volta celeste, la finestra della sala s'illuminò a giorno.
Gli altri due si ammutolirono per qualche secondo. Poi, iniziarono a litigare a voce ancora più alta. Neanche era conoscenza del motivo di quella discussione e, con tutta onestà, non ci teneva a indagare a fondo.
Si alzò lentamente, prima facendo leva su un braccio, poi su un altro. Si massaggiò le tempie con le dita pallide, la testa vorticò per qualche minuto. "Vi prego, volete stare zitti? Ho un mal di testa che mi sta uccidendo."
Ren lo guardò di sbieco. "Ti rendi conto di quello che sta succedendo? La Furia ci sta attaccando e Akira continua a guidare come un coglione." Emise un verso strozzato. L'astronave emise un altro sbalzò di velocità. "Cazzo, sto per vomitare."
"Invece di urlare, potremo risolvere la faccenda, non credete?"
"Ah, davvero? E come, spaccando la porta blindata? Ideona, utilizziamo la tua testa come ariete!"
Cher alzò gli occhi al cielo. D'altronde, doveva immaginarselo: il Protoi con maggiore esperienza dello spazio e con la capacità cerebrale sviluppata era lui. "AxZ2000. Mi rispondi, per favore?"
Dai meandri più remoti della nave, non si sentì neppure un refolo o un sospiro. AxZ rimaneva muta, silenziosa, una spettatrice passiva di quello che stava accadendo a lei stessa.
Altri colpi raggiunsero la nave, il rumore di qualcosa che si scontrava contro un materiale plastico. Gli scudi di protezione erano ancora attivi, perlomeno Akira era ancora in grado di fare il suo lavoro.
"Dobbiamo raggiungere Blue." Penelope afferrò Ren per un braccio e si diresse verso il corridoio.
In lontananza si poteva sentire l'abbaiare forsennato di Jules Verne, che alternava i guaiti a dei ringhi gutturali. Cher storse la bocca: non avrebbe mai voluto trovarsi nei panni di Akira in quel momento. Il ringhio lontano del cane venne sovrastato da quello più acuto ed esasperato di Ren. "AxZ2000!" esplose all'improvviso, mentre tentava di togliersi di dosso la presa indesiderata dell'umana dimenandosi con le spalle. "Il Protoi ti ha appena chiamata. Ci sei?"
"Io penso che Lucy... cioè, AxZ2000 abbia dei problemi di programmazione."
Sia Cher, sia Ren, voltarono il capo per fissare Penelope. Tutti smisero di muoversi, i colpi dei laser in lontananza che cercavano di far esplodere la nave uniti ai latrati minacciosi di Jules Verne.
Penelope annuì, a dare manforte alle sue stesse parole. Fece un altro passo verso l'uscita, trascinandosi dietro lә tenente che, per un attimo, fu sul punto di scivolare e caderle addosso. "Ecco perché non vi risponde," continuò mentre procedeva, un po' affaticata dalla zavorra che si portava dietro. "Ha qualcosa che non va... E credo c'entri anche Akira."
"Stratiota Ren," una voce monocorde penetrò i muri dell'astronave e fece sobbalzare tutti e tre. "Mi ha per caso chiamata?"
"AxZ2000! Un tempismo davvero provvidenziale."
"Ve l'ho detto che ha qualcosa che non va."
"Umana Soto, eseguo una diagnostica delle mie funzioni vitali." All'interno della nave piombò il silenzio più assoluto, la mano di Penelope stretta ancora in quella di Ren, un piede appena fuori dall'uscio. Cher volse gli occhi verso il soffitto, in attesa di chissà quale novità. Dall'esterno non giungeva più alcun tipo di comunicazione, neppure la più sordida invettiva da parte del Comandante Jin. Neppure i fischi degli spari, messi a tacere dal buio spaziale.
Per la prima volta, si sentì solo. Solo in un Cosmo che forse era troppo grande per lui. Avrebbe voluto accovacciarsi sul pavimento e chiudere gli occhi. Attendere. Attendere cosa, non lo sapeva.
Era un Protoi. Non avrebbe mai potuto capire secondo quale logica malsana Akira avesse deciso di seguire la Furia: era possibile che fosse la sete di vendetta verso qualcosa che gli era sottratto a farlo reagire così, ma non ci trovava comunque un senso.
Privo di logica, razionalità. Puro istinto, rabbia. Come gli Stratioti. Come gli Umani.
Cher non poteva comprendere una mente che non agiva secondo i suoi parametri razionali. Il passo tra l'essere una creatura istintiva e una creatura priva di raziocinio, e quindi non degno di considerazione, era brevissimo.
"Diagnostica completata. Nessun problema è stato rilevato. Umana Soto, forse dovrebbe eseguire anche lei una diagnostica del suo programma. Com'è che lo chiamate voi umani?" L'allarme continuava a suonare. Se tutto quello non fosse stato assurdo, Cher sarebbe già intervenuto per ordinarle di fare silenzio. "Ah, già... esame di coscienza."
Aggrottò la fronte. "Ax, non è il momento di fare della facile ironia."
"Non sarebbe mai il momento, in realtà. Le AI non possono essere ironiche. Non capite, ha qualcosa che non va!"
"Umana Soto, eseguo una diagnostica del mio sistema..."
"Non serve!" la interruppe lui, alzando la voce. Penelope, la bocca aperta per aggiungere altro, si ammutolì. "Devi aprire immediatamente la porta della cabina di pilotaggio." Si morse un labbro. "Subito, Ax!"
"Negativo."
"Negativo?"
"Ax, se non esegui subito gli ordini stacco il tuo cazzo di programma e lo lancio dalla finestra." Ren era violaceo, le spalle, le braccia, il petto, tutto di lәi era scosso da un tremolio superficiale, non provocato dagli scossoni continui e dagli sbalzi di velocità della nave. Avrebbe voluto dirgli che, in realtà, il programma di Ax non consisteva in un dischetto fisico che poteva tranquillamente fare a pezzi e buttare via come se nulla fosse, ma dubitava che Ren avrebbe compreso la lucida ragionevolezza delle sue parole in quel momento. "Esegui gli ordini e taci."
"Negativo. Priorità in conflitto."
Un rumore continuo, simile a quello di un tosaerba acceso, prese possesso della gola di Ren. Penelope aveva il naso sollevato verso il soffitto, poi scese a guardare Cher, gli enormi occhi marroni lo scandagliarono smarriti.
"Priorità in conflitto?" ripeté il Protoi, la voce rauca gli raschiò la gola.
"Priorità: il tenente pilota Akira Morales mi ha ordinato di non far entrare nessuno. In corso manovre delicate, accesso negato a tutte le unità."
Alzò gli occhi al cielo. "Chi ha stabilito che il pilota avesse tutte queste libertà di manovra?"
"Beh, scusami se mi sono fidatә di un nostro amico." Le narici di Ren erano dilatate come due buchi neri in procinto di implodere. La mano di Penelope, che stava risalendo sempre di più, adesso lә stringeva il polso.
"Dobbiamo andare da Blue!" la ragazza strattonò il polso dellә Stratiota, che si girò a fulminarla con lo sguardo. Forse avrebbe voluto apostrofarla con uno dei suoi soliti insulti, ma Soto non gliene diede modo. Lә trascinò di nuovo verso il corridoio, risoluta, la sirena di pericolo ogni tanto tornava a martellargli il cervello.
Cher li seguì, in silenzio, la testa altrove.
Era strano. Avrebbe dovuto pensare a un modo per fermare quell'assurdità, o disperarsi per la loro morte imminente, ma non provava nulla. Non ci pensava neanche al catastrofico "dopo".
Forse si trattava di un meccanismo di autodifesa dei Protoi. Quello che gli umani chiamavano "adrenalina" e gli Stratioti "rabbia", per loro si chiamava "stai in silenzio e osserva".
Osserva.
Osserva Penelope che raggiunge Blue. Blue che continua a bussare, a ordinare imperiosa contro una porta sbarrata di eseguire gli ordini. Minacce a vuoto, che non coglierà mai nessuno dall'altra parte.
La tua carriera è finita, Akira.
Era la paura ad aver preso possesso delle parole del Capitano. Blue era abbastanza intelligente da sapere che minacciare un uomo disperato non sarebbe servito a nulla. Akira avrebbe fatto qualunque cosa pur di raggiungere e distruggere quella donna. Qualunque.
Ma Cher osservava. I suoni ovattati, il rumore degli scudi in funzione che si mescola alle urla degli altri, al motore portato al limite, all'allarme, ai ringhi di Jules Verne.
Osservava. E rimaneva fermo.
Rimase immobile perfino quando fu Penelope ad avvicinarsi alla porta. La vide rivolgere un cenno a Blue, una mossa lieve del capo, un invito: fammi provare.
La vide picchiettare piano con le nocche contro il metallo, il tintinnio si avvertiva a malapena. La vide chinarsi verso la lastra e parlare. Niente urla, niente recriminazioni, nessuna minaccia.
"Non posso neanche immaginare quello che provi, Akira. Ma ti prego, lascia stare e ritorna in te. Siamo noi la tua famiglia, adesso. Non vorrai mica perderci per sempre?"
Non accadde nulla. L'allarme continuava a suonare. La nave diminuì di velocità, piano piano, in modo quasi impercettibile, ma i laser li colpivano ancora senza pietà.
Le nocche di Penelope battevano contro la porta.
E Cher osservava.
Capitano,
Forse io e te siamo molto più simili di quanto creda.
Tu assomigli più a un Protoi che a un essere umano. Dato il modo in cui ti hanno cresciuta, non mi sorprende. L'istinto, l'azione, non sono cose che fanno parte di te. Ti sforzavi di essere in questo modo solo perché sono qualità richieste per essere un buon capitano. Ma, diciamocelo, non sei mai stata granché al comando. Avevi una grande esperienza ed eri dotata di carisma, ma importi non faceva per te.
Anche tu, come me, preferivi osservare.
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