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18

Agosto 2015

Le riprese volgevano al termine. Era l'ultimo giorno, poi avrebbero completato anche la postproduzione. Fuori c'era un sole che spaccava le pietre, la temperatura era decisamente alta. Quella mattina mi svegliai presto per il troppo caldo, scesi in cucina e preparai la colazione, per poi tornare di sopra a svegliare Brendan e James. Le pratiche di divorzio tra lui ed Anne stavano terminando, il giudice aveva deciso, visti gli ultimi comportamenti disturbati di Anne, di affidare il bambino al padre. Il giorno in cui partimmo per terminare le riprese, Anne portò Brendan in aeroporto e, tentando di non perdere il controllo della sua già precaria stabilità emotiva, lo affidò a lui una volta per tutte.

"Potrai venire a trovarlo quando vorrai." Le aveva detto James, ma ancora non si era fatta nemmeno sentire. Prima di svegliare Bren entrai nella camera mia e di James, e lo vidi dormire a pancia in giù, completamente svestito tranne che per i boxer, il lenzuolo caduto a terra. Rimasi ferma sulla soglia per un po', ad ammirare i raggi del sole che giocavano con la sua pelle, comparendo e sparendo grazie alla tenda che si muoveva mossa dall'aria che entrava dalla finestra aperta. Mi passai una mano tra i capelli e sorrisi, abbassando lo sguardo sui miei shorts di cotone grigi e la canottiera dello stesso colore. Sarei rimasta ad osservarlo dormire per tutto il giorno, ma sapevo che il tempo ormai cominciava a stringere e il set ci chiamava a rapporto. Mi avvicinai a lui e come avevo già fatto parecchie volte, appoggiai una mano sulla sua spalla scaldata dal sole. Mi chinai e lasciai un leggero bacio sulla sua pelle morbida. James mugolò prima di aprire gli occhi e cercare subito i miei. Mi sedetti accanto a lui e gli sfiorai lo zigomo con il dito.

"Buongiorno." Sussurrai. Lui non rispose, mi guardò per qualche altro secondo e poi voltò il viso dall'altra parte. "James, alzati, dobbiamo andare." Dissi, con le dita che ora si trovavano sulla sua nuca.

"Dammi dieci minuti." Rispose.

"Ti ho già dato nove ore..." gli sfiorai la nuca, ciò gli provocò un brivido abbastanza violento. Non mi resi conto istantaneamente che si stava voltando, il movimento mi colse alla sprovvista come mi colsero alla sprovvista le sue braccia intorno alla mia vita che mi attirarono verso di lui. Fu così che mi ritrovai sdraiata sul suo corpo, con le mani sul suo petto e il mio viso a pochi centimetri da suo. "E con tutto ciò?" Chiesi, ridendo.

"Se vuoi che mi alzo devi riuscire prima a liberarti." Rise a sua volta, lasciando gli occhi fissi nei miei.

"Non vale, tu sei un uomo, sei molto più forte di me!" Esclamai.

"Allora penso che resteremo in questo letto mooolto a lungo." Rispose, stringendo ancora di più le braccia attorno a me.

"Dio James se stringi ancora un po' ti ritroverai tutte le mie interiora addosso." Dissi, cercando di liberarmi.

"Santo cielo Erika ma che schifo!" Mi lasciò andare immediatamente. Mi alzai in un secondo e raggiunsi la porta.

"Fin troppo facile." Dissi, beffarda.

"Hei!" Si lamentò lui.

"Vieni a svegliare tuo figlio o no?" Chiesi, dal corridoio.

Quando arrivammo sul set, in quelli che sarebbero dovuti essere i sotterranei della Xavier's School, trovammo una sfilza di volti sorridenti. Mancavano ormai solo più le ultime due scene, quella del dialogo tra Erik e Charles e la scena dove Raven dice la battuta finale prima di chiudere il film sul professor X dietro le porte automatiche che si chiudono. Ogni persona che aveva lavorato duramente per cinque mesi a quel film non vedeva l'ora che fosse finita. Non appena arrivarono anche Jennifer ed Evan con Amber, iniziammo subito la giornata. Amber mi venne vicino, in un angolo del set, e si sedette sul pavimento.

"Vieni?" Chiese, tirandomi il braccio.

"Silenzio sul set, prego." Disse una donna seduta accanto al regista. Mi lasciai convincere dalla sistemazione di Amber e mi sedetti accanto a lei.

"Avete già deciso cosa farete tu ed Evan una volta finite le riprese?" Sussurrai qualche minuto dopo, mentre James e Michael stavano recitando.

"Pensavamo di andare in California, a Los Angeles." Rispose lei, sempre a bassa voce. "Voi invece?"

"Non lo so, James vuole farmi una sorpresa, ma gli ho detto che prima dobbiamo tornare qualche giorno a Londra, ha degli impegni." Risposi.

"Ti porterà in Italia."

"Come fai a saperlo?" Controllai a malapena il volume della voce.

"È solo una mia impressione."

Mi piacerebbe vedere l'Italia, ma non credo che James sia del mio stesso avviso..."

"Non credi? Ma come, sei tu quella che ci sta insieme, dovresti conoscerlo meglio di chiunque altro."

"Evidentemente mi mancano i suoi gusti in fatto di mete per le vacanze."

"Allora informati, voglio saperli anche io."

"Ah sì? E come mai?"

"Beh, non si può mai sapere nella vita." Sul suo viso si dipinse un ghigno beffardo mentre tornava con lo sguardo sui due uomini al centro della sceneggiatura, il primo su una sedia a rotelle e il secondo in piedi di fronte a lui. Qualche minuto dopo, James cominciò a fare il cretino, parlando da solo mentre Michael era fuori dalla portata della telecamera. Non appena Jamie smise, Michael scoppiò a ridere, tornando accanto a lui. Io, dopo aver sentito le scemenze che erano uscite dalla sua bocca, cercai di sovrastare le risate dei presenti.

"Sei un deficiente!" Urlai, prima di scoppiare a ridere. Lui mi guardò e cercò di trattenere le risate. "Ma guarda te con che razza di persona mi tocca stare!" Aggiunsi, incapace di trattenermi.

"Okay, okay, stop!" Esclamò Brian tra le risate.

"Erika, vieni un secondo." Disse James, sorridendomi. Mi alzai da terra e attraversai quello spazio che mi separava da lui. Mi fece segno di avvicinarmi e mi attirò a sé con un movimento deciso, facendomi sedere sulle sue gambe. Appoggiò una mano al lato del mio viso, per schermare il suo labiale alla vista degli altri. "Sei bellissima quando ridi. E sei mia. Vorrei portarti in camerino e chiudere la porta a chiave in questo momento..." Mi allontanai da lui quanto bastava per guardarlo negli occhi, restammo così per qualche secondo. Mi avvicinai al suo orecchio con le labbra e posai a mano sulla sua nuca esattamente come aveva fatto lui.

"Resisti fino a stasera, so compensare l'attesa." Dissi, allontanandomi e guardandolo maliziosamente.

"Scusate, voi due, noi avremmo un film da girare." Disse Evan, fintamente imbronciato.

"Eddai Peters, è l'ultimo giorno, lasciami parlare un minuto con la mia donna." Rispose James, cercando le mie dita e intrecciandovi le sue.

Durante la pausa pranzo, io, Amber, Evan, James e Jennifer ci recammo in un bar lì vicino. James scelse un tavolino vicino alla vetrata e durante il pranzo guardò più e più volte verso il set.

"James, qualcosa non va?" Chiese Jennifer, probabilmente tanto scocciata quanto me di quelle continue occhiate fuori.

"No, no. Scusatemi, va tutto bene, non dovete preoccuparvi." Rispose lui, tornando con lo sguardo su di noi e sorridendo. Non ripeté più il gesto.

Al nostro rientro sul set, James mi chiese di rimanere fuori dalla struttura per qualche minuto, che avrebbe mandato Dasha, la costumista, a chiamarmi. Fu così che mi ritrovai sola, nel bel mezzo del cortile, con a disposizione solo delle panchine su cui sedermi e qualche albero con cui ripararmi dal sole cocente della prima quindicina di agosto. Mi avviai verso una panchina rimuginando sul perché di quella richiesta, James sicuramente stava tramando qualcosa. Non feci in tempo a sedermi che la voce della donna incaricata di venire a chiamarmi mi fermò a metà movimento.

"Erika, puoi entrare." Disse, sulla porta del set. Dietro di lei era buio pesto. Mi avvicinai, lei mi fece passare e poi rinchiuse la porta, lasciandomi immersa nell'oscurità.

"Erika? Sono Amber, io e la costumista siamo qui con te." Disse, non riuscii però a localizzare la direzione di provenienza della voce. "Devi cambiarti i vestiti." Continuò, cercando di togliermi la maglia.

"Se dovete spogliarmi posso farlo anche da sola... e poi a cosa serve?" Risposi, a tono.

"Devi metterti un vestito, non puoi andare oltre questo punto con una maglia e dei pantaloni addosso." Rispose lei. Mi sfilai i pantaloni.

"Si potrebbe avere una luce o è chiedere troppo?" Chiesi, un secondo dopo si accese una luce fioca che illuminò a malapena dall'alto le nostre figure. "Vi ringrazio." Aggiunsi, abbastanza scocciata. Notai nella penombra un vestito blu, lungo fino a metà coscia. La costumista lo prese e lo diede ad Amber, prima di andarsene, oltrepassando la tenda nera che ci separava dal set. Mentre già tentavo di sbirciare oltre quella specie di separè, Amber mi prese per le spalle e mi voltò bruscamente verso di sé.

"Non puoi ancora vedere." Disse, mentre mi mettevo il vestito sotto il suo sguardo vigile.

"Non capisco il senso di tutta questa messa in scena." Sibilai, fredda.

"La smetti di lamentarti?" Rispose, a tono. Non appena finì di sistemarmi il vestito si allontanò anche lei in direzione della tenda. "Ora devi contare fino a dieci e poi entrare sul set, okay?" Chiese, sparendo oltre il tessuto nero dopo avermi vista annuire. Mi avvicinai alla tenda e la presi tra le dita, contando.

Sette, otto, nove e dieci.

Scostai la tenda, e ci trovai l'ultima cosa al mondo che mi sarei mai aspettata di vedere. Sulla parete di fondo del set, un poster ospitava una gigantografia della mia foto preferita con James: noi due che ci abbracciavamo su uno sfondo praticamente nero, con lui di schiena e i miei capelli che coprivano il mio viso e la sua spalla. La foto era un po' sfocata e mossa, scattata da Evan la sera del mio compleanno, il 9 agosto. Tutto intorno, su dei pannelli blu, c'erano un sacco di altre foto fatte da me, da lui o scattate da altri, fatte di nascosto a noi due, incorniciate in stile Polaroid. Rimasi a bocca aperta, avvicinandomi alle foto. Venni interrotta da un rumore alle mie spalle, mi voltai e vidi James di fronte a me.

"E tutto questo? È una tua idea?" Chiesi, sorridendo.

"In parte. Amber mi ha aiutato." Sorrise, voltandosi a sinistra. Seguii il suo sguardo e solo in quel momento mi accorsi che erano tutti in piedi nella penombra. "Erika, volevo che avessi questo." Disse James, porgendomi una scatolina. La presi dalle sue mani e la aprii, ma mi ritrovai tra le mani un'altra scatolina, un po' più piccola.

"Lo fai apposta?" Risi, aprendo anche quella scatola. E di nuovo ne trovai un'altra. Non appena arrivai all'ultima, quello che vi trovai al suo interno fu un piccolo cubetto di velluto blu. Feci per aprirlo, ma James si avvicinò a me.

"Permetti?" Chiese, prima si sfilare la scatolina dalle mie dita. "Spero che tutto questo non sembri una cosa organizzata di fretta e poco curata, ma su un set questo è il massimo che siamo riusciti a fare. Non sarà la cosa più romantica del mondo, però non posso più aspettare."

"James, non devi preoccuparti, è tutto perfetto." Risposi, sfiorandogli il braccio. Lui inspirò profondamente e fissò il suo sguardo nel mio.

"Erika, la prima volta che ti ho vista, la prima volta che mi sono rispecchiato in quegli occhi blu, dentro di me è scattato qualcosa, un meccanismo che mi ha portato a compiere gesti insensati, a fare lunghe riflessioni e pensarti ogni giorno. Dal primo istante in cui hai iniziato questo viaggio insieme a me ho capito che mi avresti aiutato non solo come assistente, ma anche come amica, e ne ho avuto la conferma. Lo ammetto di fronte a tutti, per te ho passato notti in bianco, cene a digiuno e giorni in casa a sperare che tu ti accorgessi di me, e credo che alla fine la fatica sia stata ripagata." Sorrisi, e lui fece lo stesso. Lo vidi aprire lentamente la scatolina mentre scendeva ad inginocchiarsi. Dentro la scatola di velluto c'era un meraviglioso anello di diamanti che brillava. D'istinto mi portai una mano sulla bocca ed una sul petto, cercando di trattenere l'emozione. "Dunque... Erika Elizabeth Watney, vuoi concedermi l'onore di diventare mia moglie?" Chiese, più serio che mai. Gli occhi mi diventarono lucidi, mi guardai intorno, incontrando lo sguardo di un sacco di persone. Tutti quanti annuivano, e cominciarono a dire ad alta voce quel che si aspettavano di sentirmi dire. Inspirai profondamente e mi accorsi del sorriso e dell'impazienza di James.

"Certo che sì." Dissi, dopo qualche secondo. James si alzò, mi prese la mano, mi mise l'anello e poi mi abbracciò più forte che poté. Sentii gli scatti delle fotocamere dei cellulari di chi ci osservava, la camicia di James si bagnò sotto il mio mento per via delle mie lacrime, che cercai di asciugare con le dita. Mi allontanai un po', il giusto per riuscire a guardarlo negli occhi, sorrisi. "Ma solo se ti fai ricrescere i capelli."

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Volevo solo dirvi due parole. Non è nulla di grave, non dovete preoccuparvi assolutamente, ma era solo per farvi sapere. Sto avendo difficoltà a scrivere, ve ne sarete di certo accorti per via dei miei aggiornamenti lenti. È il periodo meno adatto per scrivere una storia per me, ma sto cercando di continuare, perché ci tengo a voi, al vostro parere e a questa fanfiction.

Mi dispiace tantissimo.

A presto,

~Jess

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