
Capitolo VII
Stavo iniziando a non sopportare la sua presenza con quell'aria da esperto, da "so tutto io" e quell'espressione compiaciuta. Nella sua testa mi stava sicuramente prendendo per i fondelli, pensando che sono un incapace che non riesce nemmeno ad avvicinarsi ad una ragazza con l'intento di conquistarla e neppure tornare a casa tardi senza temere i suoi genitori.
Dovevo dire qualcosa per non sembrare completamente perso e per farmi valere, per quanto potessi riuscirci: "Te invece hai molte persone che ti cadono ai piedi" presunsi, avendo visto chiaramente la scena di poco prima. Antoine era il suo compagno, ragazzo o come lo si potesse chiamare, era palese, ma allora: "Perché hai un numero di telefono scritto a penna sull'avambraccio?" domandai proseguendo il mio dubbio ad alta voce. Non volevo sapere i suoi affari, ma chiesi, per mettere in difficoltà anche lui in quel discorso, come aveva fatto con me. Anche se di lui poco me ne importava, né mi interessava il suo giudizio.
Si tirò la manica un po' più su affinché si vedesse ogni numero: "Sei attento ai particolari vedo. Ho flirtato con un ragazzo oggi al Blue Eyes e..." alzò le spalle come per dirmi "Il resto puoi capirlo da solo".
Non volevo immaginare cosa avesse fatto con lui e passai oltre: "Ad Antoine non importa?".
Se stavano insieme, voleva dire che l'aveva tradito con un altro, mentre Antoine era nello stesso locale. Fare quel ragionamento su due ragazzi lo trovavo assurdo, ma comunque non ero nessuno per giudicare la loro situazione. Fatto stava che quel Sebastien era una persona davvero meschina se tutto ciò era vero.
"Antoine?" domandò confuso. Ci fu un attimo di silenzio, non capivo perché l'avesse detto con quel tono, come se non se l'aspettasse "Perché dovrebbe dargli fastidio?".
"Beh, voi due..." lasciai che le mie parole lo facessero arrivare da solo a conclusione, anche se era talmente palese che pensai mi stesse prendendo per i fondelli.
Si mise a ridere di gusto, tutto a un tratto: "E' stato quel bacio di prima, vero? Come sei ingenuo. Stai tranquillo, io e Antoine sembriamo un po' più di amici, ma non facciamo coppia".
"Errore mio" affermai svogliato, un po' per troncare il dialogo, un po' irritato per quell' "ingenuo" che mi aveva affibbiato; inoltre non c'era bisogno di chiedermi di stare tranquillo perché non ero affatto preoccupato.
"Ci siamo incontrati una sera al Blue Eyes e abbiamo passato la notte insieme. Il giorno dopo ci siamo solo svegliati con una grande amicizia" continuò senza che glielo avessi chiesto. Mi voltai a guardarlo. Era con lo sguardo tra la folla, perso tra le sagome che si muovevano. Aveva un sorriso amaro, forzato e forse un po' triste.
"E' stato lui a non volere una relazione fissa?" chiesi, supponendolo da quella sua aria non tanto serena, intromettendomi un po' troppo.
Si voltò verso di me. Si vedeva che non sapeva se rispondermi oppure no, quando qualcuno lo chiamò. Erano due dei ragazzi del nostro tavolo che non avevo conosciuto e lui andò da loro, non dicendo più nulla.
"Mathis!" urlò il mio nome Paul, vedendomi in disparte "Vieni a ballare".
Seguii il suo consiglio anche se l'idea di dover ballare non mi allettava. Ero una frana nei movimenti e risultavo troppo rigido.
"Piacere, sono Nicole e lei è Odette" indicò l'amica. Erano le due ragazze che, al tavolo, erano le più vicine al mio amico. La prima più alta di me con i capelli lisci e neri, gli occhi piccoli, guancia pienotte e naso piccolo; mentre la seconda arrivava alla mia altezza con la pelle abbronzata, i capelli rossicci e due occhi grandi e truccati. Mi presentai, sorpreso positivamente che Paul stesse ancora in loro compagnia. Pensai che gli fosse piaciuto o comunque risultato simpatico e fui felice per lui.
"Paul è un simpaticone!" disse quella come immaginavo e iniziai a muovermi nella maniera impacciata che solo io sapevo fare, dato che loro erano in continuo movimento.
"Tu sembri così timido" disse teneramente l'altra, avvicinandosi a me. Per fortuna mi ero tolto prima gli abiti pesanti perché a quel punto sarei scoppiato dal caldo. Le persone erano tutte addensate, la musica alta e le luci forti che dopo poco mi crearono un leggero mal di testa.
Qualcuno mi spingeva, ballando, ma non gli diedi peso e risposi: "Sono un po' timido infatti...".
"Che tenero! Sembri un ragazzino" affermò Nicole e mi spettinò i capelli "Quanti anni hai?".
Paul si mise a ridere, ma io mi aspettavo quel genere di domande, come per dire "quanto sei piccolo"; anche se, almeno, mi aveva dato del tenero. Le dissi di avere diciotto anni, dopodiché entrambe sorrisero in modo dolce e materno. Non dissi che Paul aveva la mia età perché probabilmente, per non fare la fine del bambino, avrà mentito e continuammo a ballare. Tutti urlavano, alzavano le mani e ridevano. Non c'erano più le famiglie che avevo visto prima ai tavoli già da un po', eravamo tutti ragazzi. Paul si muoveva davanti a Nicole che gli metteva qualche volta le mani sulle spalle, muovendosi sinuosamente. Vicino a me c'era Odette che mi chiese della scuola e del mio rendimento.
"Magari fossi brava come te" affermò dopo aver ascoltato la mia risposta "Tu andrai all'Università?".
"Non ho ancora deciso, ma mi piace studiare".
Lei annuì cominciando a parlare con l'amica e il resto del gruppo si riunì vicino a noi. In quel modo, alcuni si misero a parlare con le due e Antoine chiacchierò con Paul che si ritrovò vicino Charlotte. Sebastien era leggermente più lontano di noi e qualche ragazza gli stava facendo il filo. Una gli ballava davanti toccandogli il busto, le altre ridacchiavano guardando la scena. Il biondo e la ragazza di fronte a lui iniziarono a parlare, quando, poco dopo, quella si allontanò da lui e il mio sguardo incontrò il suo. Smisi di "ballare", mentre veniva verso di me e, allargando le braccia, mi mise le mani sulle guancia e mi piazzò un bacio improvviso sulle labbra: "Chi si vede!" esclamò, lasciandomi attonito.
Un'immensa coincidenza mi aveva fatto incontrare Camille, la ragazza del bar della truffa, con vestiti più appropriati alle circostanze. Una camicetta aderente, una gonna nera e delle collant bianche. Ammirai prima i suoi occhi che davano sul blu accompagnato da un leggero strato di matita e le labbra rosse, non riuscendo a rispondere subito. Certo, non pensavo che una ragazza potesse interessarsi a me, ma che una venisse improvvisamente a baciarmi era solamente una scena nei miei sogni, a maggior ragione se era una tipa stupenda come quella. Nessuno si era accorto del mio incontro, anche se ero abbastanza vicino al gruppo. Erano tutti distratti per via dell'eccitamento generale, eccetto il biondo, avendo visto la ragazza fuggire da lui. Provai una certa rivincita nei suoi confronti: una ragazza aveva rifiutato lui per venire da me, semplicemente aveva scoperto che era gay.
"Com'è che ti chiami?" chiese, avvicinandosi un po' al mio orecchio, accertandosi che sentissi, per via della musica.
"Mathis..." risposi, poi mi ripresi e parlai più con i piedi per terra "Mi volevi truffare!".
"Senti, non lo decido io. A volte il proprietario vende un biglietto a poco a qualcuno e vuole una somma più alta alla sua uscita, ma noi ragazze non sappiamo chi sia" fece una pausa e continuò più entusiasta "Poco importa. Siete stati due miti, nessuno l'ha mai fatta franca con Thomas".
"Thomas?".
"Quell'uomo enorme che non ti sarà passato inosservato" sorrise. Mise le braccia sulle mie spalle, avvicinandosi e il suo seno incontrò il mio petto. La seguii nel suo movimento, ondeggiando col corpo, ma le gambe mi tremavano e continuavo a deglutire ogni secondo. Mi guardava fissa con uno sguardo intenso, forse interessato, ma non mi feci palazzi mentali. Si scostò solo per mettermi le mani sulla sua schiena: "Non essere timido, non ti mangio".
Cercai di essere più sciolto, anche se non era facile, dato che in quel momento vidi che la maggior parte del gruppo aveva notato il mio incontro e Paul rideva, dicendo chissà che cosa a Nicole. Poi mi resi conto che si erano avvicinati Sebastien e le altre due ragazze che ricordai fossero le due bionde che fecero "compagnia" a Paul la stessa sera che incontrai Camille.
Il mio amico le notò e andò da loro con un sorriso da orecchio a orecchio. Le loro parole non le sentivo, sapevo solo che una brunetta era appiccicata a me. I nostri nasi per poco si scontravano ad ogni cambio di posizione, le mie mani quasi percepivano la sua pelle attraverso la fine camicetta, il suo odore di rosa mi drogava i sensi e le sue labbra... oh le sue labbra...
La canzone in sottofondo aveva un ritmo veloce, inducendoti quasi a saltare per l'entusiasmo, ma Camille ed io sembravamo su un altro pianeta, spostandoci lentamente, quasi ballassimo un lento. Poi tutto sparì; la musica, gli occhi puntati verso di noi, il ricordo del bar della truffa e la mia timidezza, rimaneva solo il mio stupore verso quel momento e un senso di felicità quasi estremo. I pensieri tornarono pian piano come riemersi da un mare di speranza.
"Perché stai ballando con me?" le chiesi, dubbioso, non sapendo come mai una tipa come lei dovesse anche solo avvicinarsi a me. Non riuscivo a darmi una spiegazione chiara.
"Non posso?" fu la sua risposta, con tono tranquillo.
"Certo, ma ci sono molti altri ragazzi più..." il mio sguardo andò a Sebastien che stava tenendo il ritmo col corpo vicino a Charlotte, con la quale scambiava qualche parola ogni tanto.
Non avevo capito che tipo di persona fosse; aveva un velo di mistero attorno alla sua pelle.
Aveva una faccia tosta con un sorriso beffardo e degli occhi profondi, lontani, come se fossero da un'altra parte, un corpo allenato, quasi scolpito, ma non esagerato e ...
Non sapevo altro sul suo conto se non che fosse gay. Ogni volta che sentivo questa parola mi veniva in mente un uomo vestito da donna o con la vocina isterica, ma Sebastien non era così, non sembrava quel genere di persona. In quei pochissimi attimi, pensai a come continuare la frase e, distogliendo lo sguardo dal biondo mi venne solo da dire: "più... belli".
Sì, Sebastien fisicamente era ciò che si poteva definire un bel ragazzo, quello per il quale ogni ragazza lotterebbe con unghie e denti. Il classico tipo ritenuto "al top" al liceo e seguito nelle idee da altri ragazzi che lo veneravano come "maschio alfa".
"Ma tu sei molto carino, Mathis" mi rispose e io sorrisi. "Carino"... era sempre meglio che brutto ma la trovai un'altra di quelle parole riconducibili a "piccolo", "ingenuo", "dolce" eccetera.
Guardai l'orologio, notando che fosse quasi mezzanotte e mi scostai da Camille: "E' molto tardi" le dissi, con tono un po' impacciato, cercando di non parere sfigato, anche se non importava quanto mi impegnassi, risultavo sempre tale "Mi ha fatto piacere...".
Avrei potuto dire di meglio, ma sono state le prime parole uscite dalla mia bocca. Lei allungò la mano alle mie gambe e, quasi non svenni pensando a cose improbabili. Mi sfilò dalla tasca destra il cellulare e cominciò a digitare qualcosa, poi me lo ridiede: "Chiamami quando vuoi" disse, mentre guardai il suo numero di telefono salvato nella mia rubrica col nome "Camille" seguito da un cuore. Le sorrisi e andai verso il gruppo, raggiungendo Paul. Lo informai dell'orario, incitandolo a tornare a casa, poi Antoine si accorse delle mie parole e mi baciò in fronte. Spalancai gli occhi, realizzando che non fosse successo di peggio e mi sentii dire da lui: "Grazie per essere venuti alla festa. Spero di rivedervi".
Lo ringraziai a mia volta, facendogli personalmente gli auguri per la sua laurea. Pensai che in effetti fosse stata una bella serata e lui, con il resto del gruppo erano delle persone simpatiche e divertenti. Salutai con un cenno tutti quanti, da quelli del nostro tavolo con cui non avevo fatto parola, alle due bionde, Charlotte, Nicole e Odette. Non vidi Dorian, quel ragazzo con il quale ebbi una breve conversazione e neppure Sebastien, ma mi voltai e trascinai via Paul, che sarebbe rimasto lì anche tutta la notte, fosse stato per lui. Aveva salutato tutti, o meglio, tutte con un bacio sulla guancia a parte Charlotte che non glielo permise dicendo, drasticamente: "Preferirei sdraiarmi sulle rotaie di un treno e aspettare che passi piuttosto che farmi baciare da te".
Non capii quella sua repulsione violenta; probabilmente per via dei modi di fare esuberanti e un po' invadenti di Paul che, diede un "Ciao" generale agli altri prima che ci voltassimo per uscire dal locale, una volta presi gli abiti pesanti.
Non seppi spiegarmi come mai non trovai i miei genitori in piedi ad aspettarmi e farmi la ramanzina, forse perché erano troppo stanchi o non si erano preoccupati, sapendomi da Paul. Fatto stava che mi addormentai con la musica ancora nelle orecchie, l'odore di Camille addosso e un sorriso in volto.
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