Capitolo ottavo.
Quella notte, le lenzuola del mio letto sono sudate e stropicciate dal mio continuo muovermi e rigirarmi.
La distanza mentale creata da Luke quel pomeriggio in auto e protrattasi per il resto della serata, mi perseguita sia da sveglia che nel sonno.
I suoi occhi erano strani e assenti mentre guardavano con disattenzione il film proiettato sullo schermo gigante davanti a noi al cinema.
Ogni domanda che gli rivolgevo otteneva come risposta dei monosillabi poco convincenti o suoni sussurrati di cui non capisco ancora adesso il significato.
Una strana sensazione di timore e angoscia inizia a farsi strada nella mia mente, impedendomi di dormire quelle poche ore necessarie per affrontare una lunga giornata di scuola.
Cerco di pensare a ricordi positivi o a cose belle accadute nelle ultime settimane, ma appena chiudo gli occhi, l'espressione preoccupata e assente di Luke ritorna a fare da sfondo ai miei pensieri.
Alla fine mi addormento, ma il sonno viene continuamente disturbato da ansie e brutti pensieri che mi fanno sprofondare in un baratro.
Il giorno seguente, la lezione di chimica mi pare ancor più incomprensibile del solito. La pioggia battente sui vetri dell'aula è un suono troppo forte per il mio orecchio sensibile, per la mia mente affollata da pensieri e giri mentali che non hanno nulla a che vedere con il PH.
Ripenso a come Luke e Ash mi siano sembrati strani questa mattina. A come il mio ragazzo non mi abbia sorriso come fa di solito, a come sia stato poco attento ad ogni mia parola, al modo indifferente con cui stringeva la mia mano nella sua mentre camminavamo nei corridoi.
Ashton era stranamente nervoso, quasi come se temesse di parlarmi di qualcosa di cui è meglio non sapere nulla.
Inizialmente, ho pensato che potesse centrare un'altra ragazza, ma poi ci ho riflettuto.
Luke mi nasconde qualcosa, qualcosa di cui sa anche Ashton e che, a quanto pare, io non devo sapere niente. Mille pensieri mi occupano la testa quando il professore di chimica mi chiama per rispondere ad una domanda.
La scena muta che faccio mi fa imbarazzare per non essere stata attenta.
Vengo rimproverata per la mia poca attenzione e in quel momento, lo giuro,avrei tanto voluto dire al professor Graham quanti problemi avessi e quanto poco mi fregasse della sua materia.
Ma per il mio bene, ho tenuto la bocca chiusa.
Sto facendo la coda al bancone della mensa, quando una ragazza di cui non conosco il nome, attira la mia attenzione tossendo in modo finto.
Mi volto verso di lei, mentre recupero un piatto di verdura cotta e avanzo lentamente verso la cassa.
<< Tu sei Arya Greywolf, vero? >> mi domanda sorridendomi.
La guardo cercando di capire se la conosco o se l'ho già vista in giro,ma davanti a me vedo solo il vuoto riflesso nei suoi occhi neri e nei suoi capelli rossi.
<< Ci conosciamo? >> domando imbarazzata mentre vado a rilento verso la zona del self service dedicata alla frutta.
Mentre lei parla io recupero una macedonia e noto quanto lei stia attenta ad ogni mia mossa.
Aggrotto la fronte, curiosa di conoscere il motivo per cui è tanto decisa a parlarmi e ad osservarmi.
<< Sono Candice Stewart, scrivo per il giornale della scuola >> mi dice.
Io alzo un sopracciglio.
<< Abbiamo un giornale scolastico? >>. Quella domanda mi esce così diretta che quasi devo trattenermi dal ridere nel vedere la reazione alla mia domanda di Candice.
Lei mi sorride un po' scocciata e annuisce.
<< Si. Volevo chiederti, se potevo farti alcune domande >> mi dice mentre, finalmente, arrivo alla cassa e posso pagare il mio pranzo.
<< Riguardo cosa? >> le chiedo annoiata mentre recupero il resto emi porto via il vassoio.
<< I tuoi problemi alimentari >> mi dice di getto.
Ci rimango così di sasso che mi blocco in mezzo alla sala mensa. Le mie scarpe da ginnastica strisciano sul pavimento e ci manca poco che il vassoio mi cada a terra.
Mi volto verso Candice, gli occhi spalancati dall'incredulità e dall'ansia. Qualcuno aveva scoperto il motivo della mia assenza di tutti quei mesi da scuola e ora, una tipa che nemmeno conosco, vuole scrivere un articolo su di me e sui miei problemi.
La guardo e mi stampo un sorriso confuso sulle labbra.
<< Come hai saputo dei miei problemi alimentari? >> le chiedo.
Lei sorride compiaciuta.
<< Non ci andava un genio per capire il motivo della tua assenza >>mi risponde lasciandomi di stucco.
<< Comunque, volevo solo farti qualche domanda su come hai vissuto l'esperienza e su come affronti il recupero. Sai, è un argomento che non abbiamo mai trattato nel giornale scolastico e sono sicura che la preside apprezzerebbe il nostro interesse per la salute degli studenti >> mi dice tutto d'un fiato.
La guardo e nei suoi occhi vedo uno strano lampo. Qualcosa in quel sorriso gentile stampato sul suo viso non mi convince. Ma non le dico nulla di quello che penso in realtà. Decido di fidarmi e sentire con più precisione su cosa ha deciso di incentrare l'articolo.
Lei mi sorride eccitata e inizia a spiegarmi esattamente come vuole impostare l'articolo.
Non so ancora se ho davvero intenzione di rispondere alle sue domande, male prometto che le farò sapere presto qualcosa.
Leimi saluta, soddisfatta e se ne va con passo deciso, già sicura diaver ottenuto ciò che vuole.
Ancora un po' confusa da quella strana richiesta, vado verso il mio solito tavolo, dove trovo tutti i ragazzi tranne Calum.
Mi siedo accanto a Michael. Lo trovo incredibilmente assente come Luke e Ashton. Lo sguardo un po' sperso, messo lì a fissare un piatto di patatine fritte ancora intero.
<< Dov'è Cal? >> domando.
Michael allora sembra riprendersi un po' e si volta verso di me facendo spallucce.
<< Ha detto che non stava molto bene >> risponde iniziando a mangiare.
Il suo cambio d'umore improvviso mi lascia un po' sbigottita.
Guardo Ash e Luke che si scambiano un'occhiata complice e capisco che c'è qualcosa che non so e che Calum non ha una semplice influenza.
Decido che è meglio non affrontare l'argomento adesso, soprattutto non con loro.
Calum ed io oggi avremmo dovuto avere lezione di matematica. Troverò una scusa per portargli i compiti e cercherò di capire cosa i ragazzi mi stanno nascondendo.
Cerco di mangiare, ma tutta quella situazione e quella strana tensione mi hanno fatto chiudere lo stomaco.
Sono settimane, mesi che non mi sento così. E questa mancanza improvvisa di appetito mi suona nella testa come un campanello di allarme.
Giro a vuoto la verdura nel piatto, persa nei miei pensieri. Prima Luke che non mi parla, poi i ragazzi che nascondono segreti, la ragazza del giornale scolastico che vuole scrivere un articolo su di me lasciando che la mia storia diventi di dominio pubblico.
Saranno anche pochi casini, ma si insinuano nella mia testa con tanta violenza che mi scombussolano la psiche e l'equilibrio mentale raggiunto dopo mesi e mesi di terapia.
Ora che ci penso, sono mesi che non mi taglio e non vomito più.
Non mi manca affatto tutto quello schifo, ma a volte sento ancora il bisogno di buttare tutto fuori. E a parole ciò mi risulta difficile.
"Sarebbe molto più semplice eliminare tutta quest'ansia con qualche altro segno sui polsi" pensa la parte malata di me.
Mi rendo conto di aver paura. Di scivolare ancora una volta in quel pozzo senza fondo della depressione.
Molti si chiedono come a sedici anni, io possa soffrire così tanto.
La risposta è sempre la stessa: non lo so nemmeno io.
Sono le cinque e mezzo del pomeriggio ed io mi ritrovo seduta su un pullman che mi porta dritta a casa di Calum.
Fuori il cielo è scuro, segno che a breve arriverà un altro temporale.
Luke non mi ha rivolto molte parole nemmeno all'uscita della scuola e proprio non riesco a capirne il motivo.
Mi fa stare male sentirlo così distante. Sentire tutti così distanti.Non essere a conoscenza di ciò che li tormenta mi rode l'anima. Non faccio altro se non pensare a ciò che li turba. E a Calum.
Per quale motivo non è venuto a scuola? E' successo qualcosa alla sua famiglia? Oppure lui sta male davvero? E se il male di cui soffre è peggiore di quello che penso?
Mille domande mi frullano per la testa e mille dubbi mi attanagliano, quando scendo dall'autobus.
Una leggera pioggerellina inizia a scendere dal cielo grigio. Le prime gocce di pioggia bagnano il marciapiede creando macchie grige sulle mattonelle rosse del vialetto di casa di Calum.
Mi avvio verso la porta e, dopo aver preso un profondo sospiro, busso due volte.
Mi sposto leggermente indietro quando sento dei passi avvicinarsi alla porta.
Mi apre una donna anziana, molto bassa e magra. Gli occhi leggermente a mandorla e la pelle abbronzata. Mi guardo arricciando le sopracciglia in un'espressione burbera.
<< Si? >> domanda con voce roca mentre mi osserva dalla testa ai piedi.
<< Salve, signora. Sono un'amica di Calum. Dovrei consegnargli i compiti di matematica. >> le dico.
Lei mi osserva un momento, studiando la mia espressione e il mio dondolare sul posto da una parte all'altra del portico.
Poi alza un sopracciglio e mi fa cenno con la mano di aspettare.
Io annuisco e mi siedo sul dondolo un po' vecchiotto e cigolante che si trova sul portico di casa di Calum.
Accavallo le gambe e mi appoggio il quaderno di matematica sulle ginocchia mentre mi dondolo avanti e indietro con ritmo costante.
L'aria intorno a me si fa più elettrica e tuoni iniziano a riempirla, rompendo il silenzio della casa di periferia in cui mi trovo.
Non sapevo che Calum vivesse in una zona così lontana dalla mia e da quella di Luke.
Certo, sapevo che la sua situazione economica non era delle migliori, dopo che il padre se ne era andato e aveva lasciato da sola la moglie con un figlio piccolo.
Sua madre fa tre lavori per mantenere Calum e la nonna che, dopo un ictus, è andata a vivere con loro.
Mi dispiace per Calum. E' un ragazzo molto intelligente e ambizioso e so quanto desideri continuare gli studi dopo il liceo. Gli piacerebbe diventare un medico, un pediatra. Ma le sue finanze sono quelle che sono e farebbe molto più comodo avere altre due braccia lavoranti in casa.
Le mie riflessioni sulla vita di Calum, vengono interrotte dal rumore di una porta che si apre e dalle parole appena accennate.
Alzo gli occhi e vedo Calum chiudersi la porta alle spalle e sorridermi.
Il suo aspetto sembra lo stesso di sempre, quindi deduco che la storia dell'influenza fosse una cazzata.
<< Hey Arya! >> mi saluta abbracciandomi e poi sedendosi accanto a me sul dondolo.
<< Ciao. Ehm... sono solo passata a darti i compiti di matematica che ci hanno assegnato oggi. >> gli dico porgendogli il quaderno.
Lui mi sorride annuendo piano.
<< Grazie, sei stata gentile >> risponde lui.
Io sospiro e mi tamburello le mani sulle cosce.
<< Sai, in realtà sono anche passata a vedere come stavi >> dico cercando di estorcergli la verità su ciò che sta succedendo.
Lu imi guarda aggrottando la fronte. Gli occhi scuri ridotti a due fessure.
<< Mi hanno detto che stavi poco bene. Ma non mi sembra che tu sia malato. >> dico facendogli capire che ormai mentire non ha più senso.
Calum sospira e si rigira tra le mani il mio quaderno di matematica. Dalla sua espressione indecisa e tesa, sembra che non abbia molta voglia di dirmi cosa sta succedendo. Però io non voglio essere all'oscuro di quello che sta succedendo.
Mi sento un'esclusa. E non mi piace essere un'esclusa. Non mi è mai piaciuto non conoscere l'andamento delle cose.
Mi tiro su diritta con la schiena e con tono serio e deciso dico a Calum che ho capito che lui e i ragazzi sanno cose che io non so. E che non ho nessuna intenzione di rimanere ancora all'oscuro di tutto.
Lui si volta verso di me con aria rassegnata. Tira un profondo sospiro e si accascia sui cuscini giallo sbiaditi del dondolo facendolo cigolare.
<< Non sono venuto a scuola perchè ho avuto dei problemi a casa >> dice lui.
<< E' successo qualcosa a tua madre? >> gli domando. Un velo di preoccupazione mi incrina la voce.
Lui scuote la testa.
<< E' meglio se te lo faccio vedere >> dice e si alza di colpo lasciandomi di stucco.
Guardo la sua mano che si tende verso di me, come un invito ad andare con lui.
Sorrido leggermente e l'afferro.
Lui ricambia con un sorriso gentile e mi fa strada nella sua casa.
Appena entriamo noto come tutto l'arredamento sia molto essenziale. Nell'entrata non ci sono altre cose se non una scarpiera, uno specchio e un mobiletto su cui sono appoggiate alcune foto di famiglia.
Sorrido nel vedere una foto di Calum da piccolo.
Calum mi tira il braccio, incitandomi a seguirlo su per le scale.
Annuisco e lo seguo fino a raggiungere un corridoio non troppo lungo e incredibilmente vuoto e anonimo.
Non ci sono foto alle pareti, né mobili o tappeti. L'odore però è molto forte. Sembra quasi vernice fresca.
Poi Calum si ferma davanti ad una porta in legno bianco sbeccato e prende un bel respiro.
Quando la porta si apre non riesco a credere a ciò che vedo.
Ogni cosa, dai muri, ai mobili, alle tende e ai vetri delle finestre, è coperto da delle scritte offensive e derisorie verso Calum e la sua famiglia.
Lascio la mano di Cal e mi faccio strada verso la finestra, dove c'è scritto in vernice spray: "tua madre come terzo lavoro fa la puttana?".
Unastrana nausea mi sale su per lo stomaco. Chi mai potrebbe fare unacosa del genere? E poi a Calum. E' un ragazzo così tranquillo,dolce. Chi mai potrebbe avergli fatto questo?
<< Oh mio dio. Quando è successo? >> gli domando voltandomi verso di lui.
E' appoggiato alla porta, le braccia conserte, la fronte aggrottata egli occhi seriosi.
<< L'altro giorno. Mia madre e mia nonna erano fuori città ed io a scuola. Sono tornato a casa e ho trovato questa merda >> dice lui indicando la stanza.
<< E in più non c'era solo questa stanza ridotta in questo modo. Anche il bagno e il corridoio erano nella stessa situazione. >> mi risponde, dandomi così una spiegazione al forte odore di vernice che si sentiva in corridoio poco prima.
<<Chi mai potrebbe averlo fatto? >> chiedo sfiorando il muro imbrattato di insulti.
<<E' stato Rodriguez >> dice lui di getto.
Il mio cuore accelera al suono del suo nome. Quel ragazzo e i suoi amichetti non mi hanno dato un bel benvenuto in città. E poi quello si è pestato a sangue con Luke pochi mesi fa. Come potrei non aver paura di uno così?
<< Perchè? >> domando.
Calum sospira e alza le spalle.
<< Ce l'ha con Luke per averlo battuto e per avergli messo i bastoni tra le ruote. Con quella gente non si scherza, Arya. Te la fanno pagare,sempre. E succederà anche stavolta... >>> dice lui lasciandomi da sola nella stanza.
Lo seguo chiudendomi la porta alle spalle.
<< Cosa intendi con "anche stavolta"? >> gli chiedo.
Lui sospira e si blocca sulle scale.
<< Luke si sente responsabile per ciò che è successo. E non vuole che accada qualcosa di peggio. A nessuno di noi. Soprattutto a te. >> risponde voltandosi per guardarmi in faccia.
<< Quindi cosa ha intenzione di fare? Di andare lì e di affrontarlo? >>gli chiedo.
Calum mi fa un sorriso un po' triste.
<< Tu che dici? Luke non è mai stato uno bravo a cavarsela con le trattative, no? >> e scende le scale lasciandomi lì, da sola,a pensare al disastro che sta per compiersi.
Sono infuriata come pochi quando vado a casa di Luke, pronta ad affrontarlo.
Mi sono fatta dire a forza dove fosse da Michael. Ero troppo arrabbiata perchè lui non mi accontentasse.
Sono in ascensore con le gambe tremanti per l'agitazione e per il freddo.Mi sono inzuppata d'acqua mentre venivo a casa di Luke. Ero talmente isterica da non aver avuto la pazienza di aspettare l'autobus. Così me la sono fatta da casa mia a casa di Luke a piedi, sotto un diluvio universale.
Quando arrivo all'attico, mi getto infuriata nel salotto, ma Luke non c'è.
Poi sento dei rumori provenire dal corridoio sulla destra e immagino che sia in camera sua.
Quando arrivo davanti alla sua porta, lo vedo sferrare pugni ad un sacco da boxe agganciato al soffitto.
La mia mente vacilla un attimo nel vederlo così impegnato a prendere a pugni quel sacco. Sbatto le palpebre e mi riprendo, tornando seria e carica di energia.
<< Luke! >> lo chiamo e lui sobbalza non appena mi vede.
I suoi occhi mi lanciano uno sguardo confuso e sperso. Ha il fiatone ed è madido di sudore.
La canotta dei Pink Floyd gli rimane appiccicata al petto, mentre le sue braccia si avvolgono intorno al sacco, come per reggere l'intero peso del suo corpo.
<< Arya, che ci fai qui? >> mi domanda.
Io stringo le labbra cercando di controllarmi e mi avvicino a lui decisa.
Quando gli sono difronte, gli butto le mani sul petto e inizio a dargli colpi per spingerlo via. Lui mi guarda sempre più confuso ma non fa nulla per fermarmi.
<< Arya, ma che... >>
<< Perchè non mi hai detto che Rodriguez ce l'ha ancora con te? Che sta cercando di fartela pagare? >> gli urlo contro.
Lui mi guarda con occhi spalancati, ma subito sembra riprendersi e capisce che so tutto.
Mi prende le mani nelle sue, cercando di fermare i miei inutili attacchi fisici.
<< Non volevo che lo sapessi perchè sapevo avresti reagito così. >> mi dice piano, per calmarmi.
Ma la calma non fa parte di me oggi.
<< E come dovrei reagire? Quel tizio ti ha picchiato fino a farti andare in ospedale, ha rovinato la casa di Calum. Dimmi, Luke, come dovrei reagire? Scopro che tu vuoi rispondere ai suoi stupidi attacchi edovrei mantenere la calma? >> gli dico.
Lui sospira e mi guarda dritto negli occhi. Il suo petto si muove su e giù molto velocemente. Non penso siano i residui dei pugni inflitti al sacco poco prima.
<< Arya, devi fidarti di me. Non voglio che qualcun altro si faccia male. E se la prossima volta non gli bastasse più imbrattare una stanza di qualche insulto? Se facesse qualcosa di peggio a Michael ad Ashton o a te? Non pensi che dovrei reagire? >>
<< E se la prossima volta toccasse a te, Luke? Dimmi, hai pensato a quello che potrebbe succederti? >> gli dico, ormai frustrata.
<< Non importa quello che potrebbe succedermi. A me non interessa. >> risponde lui secco.
Io aggrotto la fronte e improvvisamente, senza nemmeno rendermene conto, libero una mano dalla sua presa e gli mollo uno schiaffo sul viso.
Lui chiude gli occhi ma non dice niente. Si volta a guardarmi, gli occhi seri e più scuri del solito.
<< Come fai a dire una cosa del genere? A me poi. Io sono la prima ad essermi autodistrutta. E sai come si sta Luke? Fa schifo. Quindi non provare nemmeno a dirmi che la tua vita non è importante, non ci pensare nemmeno ad autocommiserarti. Tu sei stato l'unico in grado di farmi amare quel poco di me stessa che serviva per non tentare il suicidio un'altra volta. E ora mi vieni a dire che non ti importa dite stesso? >> dico con gli occhi gonfi di lacrime e un nodo alla gola.
<< Tu sei importante per me. E lo sei anche per tuo padre e per i ragazzi. Come puoi pensare anche solo per un secondo che non lo sei?>> una lacrima dopo l'altra si fa strada sul mio viso e mi stacco da Luke, portandomi una mano alla bocca.
Lui sospira e chiude gli occhi come fa ogni volta per mantenere la calma e riprendersi.
<< Io ti amo, Luke >> dico facendogli aprire di scatto gli occhi. Anche i suoi sono lucidi di lacrime trattenute.
<< Non voglio che ti succeda qualcosa di brutto >> gli dico quasi singhiozzando.
Lui si avvicina e in un secondo sono tra le sue braccia.
Appoggio la fronte sul suo petto e piango. Le mie lacrime si mischiano al sudore che scorre sulla sua pelle, ma non mi importa.
L'unica cosa che riesco a fare è piangere. E' buttare fuori tutto il nervoso che avevo in corpo.
Le braccia di Luke si avvolgono intorno alla mia schiena e poi si abbassano sulle mie cosce. Mi prende in braccio come se fosse la cosa più naturale del mondo.
Le mie gambe avvolte intorno ai suoi fianchi, il mio viso sgorgante di pianto sul suo collo.
<< Non voglio che lo stesso accada a te, Arya. Io voglio difenderti. Te e i ragazzi. Non so cosa farei se vi capitasse qualcosa. >> mi dice lui mentre mi fa sedere sulla sua scrivania.
Mi sposto dal suo collo per guardarlo in viso e gli accarezzo la guancia arrossata dal mio ceffone di poco prima.
<< Luke, promettimi che non ti farai niente di male. Promettimelo. >> gli dico.
Lui sorride appena e annuisce.
So che non può promettermi una cosa del genere. In fondo, nemmeno lui sa come alla fine andranno le cose. Ma avevo bisogno di sentirmelo dire. Di sentirmi dire che andrà tutto bene.
<< Scusa per lo schiaffo >> gli dico dopo minuti di silenzio, a cui segue una sua risata soffocata.
<< Non importa >> mi dice scuotendo la testa e accarezzandomi le labbra con il pollice.
Chiudo gli occhi quando le sue labbra si buttano violente sulle mie.
Il bacio che ci scambiamo è intenso, violento, passionale. Non uno di quei baci dolci e lenti che di solito ci diamo. Questo è qualcosa di sentito, una necessità.
Le mie mani si avvolgono intorno ai lembi della sua t-shirt. Lui si scosta da me e se la sfila prima di baciarmi ancora.
In breve tempo mi ritrovo distesa sul suo letto. Le sue labbra sul mio collo, le mani che si muovono rapide sulla cerniera della mia felpa.
<< Hai i vestiti zuppi di pioggia >> mi sussurra sulla pelle,mentre mi sfila la felpa.
<< Me la sono fatta a piedi sotto il diluvio per venire da te >> gli rispondo, cercando i suoi occhi.
Lui mi sorride e mi bacia sulle labbra. Di lì a poco anche la mia t-shirt e i jeans svaniscono.
Le sue mani indugiano sul mio fondo schiena quando mi ribalto mettendo mia cavalcioni su di lui.
<< Mi piaci quando sei arrabbiata >> dice lui prendendo le mie mani nelle sue e intrecciandomi le braccia dietro la schiena.
Io scuoto la testa, ma lui si getta a baciarmi il collo, mandandomi in estasi.
Sento le sue mani lasciare le mie e muoversi lungo la mia schiena per slacciarmi il reggiseno.
Non mi accorgo nemmeno di essere tornata sotto di lui. I miei capelli blu si spargono sul suo cuscino bianco mentre Luke continua a baciarmi.
Sento le sue mani muoversi verso il comodino accanto a noi.
Continuiamo a baciarci anche quando Luke entra dentro di me. Mi vengono i brividi e Luke sembra preoccuparsi inutilmente.
<< Tutto ok? >> mi chiede con la fronte appoggiata alla mia.
Io annuisco ma lui non sembra convinto.
<< Luke, fallo con me e basta. >> gli dico guardandolo negli occhi.
Lui ricambia il mio sguardo e poi torno a baciarmi.
Sono stesa a pancia in giù a guardare la tv nella camera di Luke.
Lui esce di lì a poco dal bagno, fresco di doccia e si cambia senza dire molto.
Poi si sdraia accanto a me e mi toglie il telecomando dalle mani facendomi ridere.
<< Volevo davvero vedere chi vinceva il viaggio di nozze in una località da sogno >> dico facendo riferimento ad un programma in cui quattro spose si sfidavano a vicenda per vincere una luna di miele gratis.
Luke mi sorride e mi rivolta per mettersi sopra di me.
Le sue mani si intrecciano alle mie accanto alla mia testa.
<< Eri nervosa prima? >> mi domanda.
Io lo guardo un po' stupita dalla domanda.
<< Perchè me lo chiedi? >> dico.
<< Perchè mi sei sembrata così. Eri più rigida del solito. Magari è stata colpa mia >> mi dice lui guardandomi serio in viso.
<< Erano solo i residui dell'arrabbiatura di prima. Non sei stato tu, Luke >> gli rispondo lasciandogli una mano per accarezzargli il viso.
Lui sospira e mi sorride annuendo.
<< Scusami se ti sono sembrata distante >> gli dico.
<< Non fa niente >> mi risponde dandomi un bacio leggero sulle labbra.
Io gli sorrido e avvolgo le mie gambe intorno alle sue per stringerlo di più a me. Lui ride e rimaniamo abbracciati per molto tempo.
Chiamo mio padre per avvisarlo che rimango a cena da Luke, ma con mia grande sorpresa mi risponde Hanna.
<< Tuo padre ha lasciato il cellulare a casa. Vuoi rimanere da Luke? >> mi domanda dolce.
<< Si, ma dopo cena vengo a casa. Non farò tardi. >> le dico fissando le mie gambe magre appoggiate su quelle di Luke. Lui sta leggendo attentamente un libro di Dan Brown. Lo affascinano i gialli.
<< Tranquilla tesoro, se vuoi resta lì a dormire. So che tu e Luke avete bisogno di un po' di privacy >> mi dice lei ridacchiando.
Io sgrano gli occhi. Scene del genere si vedono solo nei telefilm per teenagers.
<< Ma sei sicura? E papà? >> le domando.
Lei sbuffa.
<< Tuo padre è già abbastanza stanco di vedere il tuo ragazzo intrufolarsi in casa di nascosto. Ormai è aperto a qualsiasi cosa.>> mi dice facendomi sorridere per l'imbarazzo.
<< Ok, allora. Ci vediamo. >> le dico.
<< A domani, Arya >> e chiude.
<< Allora? >> mi domanda Luke sempre più concentrato sul suo libro.
<< Devi imprestarmi un pigiama >> gli dico.
Lui si volta verso di me aggrottando la fronte.
<< Tuo padre è d'accordo? >> mi chiede chiudendo il libro di scatto.
Faccio spallucce sospirando.
<< A quanto pare sa che facciamo sesso e questo non lo disturba se glielo diciamo apertamente e non lo facciamo di nascosto. >> gli dico facendolo diventare rosso.
<< Nel profondo vuole uccidermi >> dice fra sé.
Io rido e mi avvicino a lui per baciarlo.
<< Oppure evirarti >> dico scoppiando a ridere. Il colorito pallido di Luke però, mi fa intendere che lui non ha trovato la battuta così divertente.
Una suoneria rimbomba nelle mie orecchie e mi fa svegliare. La stanza è buia e le luci accese della città mi fanno subito intuire che è notte fonda.
Luke si scosta dal mio abbraccio e si sporge verso il suo comodino dove accende la luce e recupera il telefono squillante.
Ha ancora gli occhi chiusi quando risponde.
<< Pronto? >> dice con voce impastata.
Passano pochi secondi e in un attimo si sveglia del tutto sedendosi sul letto.
<< Cosa?! >> dice con tono più forte. Mi metto a sedere anche io, preoccupata per quella strana telefonata in piena notte.
<< E stanno bene? >> domanda.
Io gli appoggio una mano sulla schiena. Lui si volta, il viso preoccupato.
<< Che succede? >> gli sussurro.
<< Si, ok. Arriviamo subito >> dice e poi riattacca.
Si alza di scatto, senza dire una parola e va verso l'armadio, da dove tira fuori una tuta grigia e una felpa.
Me le lancia.
<< Vestiti >> mi ordina perentorio mentre lui si infila un paio di jeans trovati sul pavimento.
<< Cos'è successo, Luke? >> gli domando mentre indosso la felpa e i pantaloni.
<< Hanno dato fuoco alla macchina di Hanna >> mi dice.
Io ci rimango di sasso. Tutto intorno a me si fa ovattato. Sento il battito diminuire per lo shock, le mani raggelarsi, il respiro farsi affanoso.
Luke se ne accorge e si getta su di me prendendo il mio viso fra le mani.
<< Arya, Arya, guardami >> mi dice deciso.
Io apro gli occhi e cerco di riprendermi.
<< Tranquilla, nessuno si è fatto male. Andrà tutto bene, ok? >>mi dice.
La sua voce un po' mi tranquillizza e annuisco.
<< Ok, andiamo >> mi dice prendendomi la mano.
Davanti casa mia vedo polizia e vigili del fuoco. Vedo fumo e qualche scintilla volare in cielo. L'odore di bruciato e di benzina è forte nell'aria intorno a noi. Luke ed io scendiamo dalla sua auto nel silenzio più totale.
La sua mano si stringe forte alla mia come per sostenermi. O per sostenere se stesso.
Guardo le nostre dita intrecciate e poi guardo Luke.
<< Andrà tutto bene. >> mi dice senza che io gli chieda nulla.
Annuisco e insieme ci avviciniamo a Michael che ci vede e ci viene incontro.
<< Siete qui. Ed non faceva che preoccuparsi per te >> mi dice Mickey.
<< Io sto bene. Ma cosa è successo? >> gli chiedo indicando un ammasso di metallo e plastica bruciato che un tempo era la Golf di Hanna.
<< Non lo so. E' successo tutto così in fretta. Eravamo tutti a letto. Io stavo ascoltando della musica con le cuffie quando improvvisamente ho sentito uno strano odore. Poi si è fatto sempre più forte e adesso è seguito un botto. Mi sono tolto le cuffie e mi sono affacciato alla finestra. Ho solo visto l'auto di mia madre in fiamme. Poi sono corso ad avvisare mia madre ed Ed e in men che non si dica, polizia e pompieri erano nel nostro vialetto >> dice lui ancora scosso.
<< Hanno idea di cosa sia successo? >> chiedo Luke, insolitamente calmo.
Penso che lui sappia già cosa sta succedendo.
Basta un suo sguardo e Mickey rivela ogni cosa solo con gli occhi. Poi rivolge uno sguardo veloce a me.
<< Lei sa >> dice Luke.
Michael annuisce sospirando e portandosi una mano fra i capelli.
<< Hanno trovato delle taniche di benzina vuote nascoste nei cespugli. Sapevano quello che stavano facendo >> dice Mickey.
<< Tranquillo, risolveremo le cose >> dice Luke.
Io lo guardo. Se solo si voltasse, leggerebbe la paura nei miei occhi.Capirebbe quanto tutto ciò mi terrorizza e il solo pensiero che ciò possa ricapitare mi fa venire la pelle d'oca. Dovrebbe solo dire quello che sa alla polizia e tutto questo casino finirebbe in un attimo.
Ma so che Luke e i ragazzi non lo faranno mai. Per loro è una battaglia personale.
E siccome ormai, anche io sono parte della loro vita, questa battaglia è anche mia.
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