Rosa~Capitolo 5
Che strane le parole:
distruggono e creano.
9 anni prima…
Giorgia se ne stava seduta al tavolo del suo compleanno con una fetta di torta davanti mentre faceva dondolare le sue gambette avanti e indietro. Aveva appena compiuto otto anni e la candelina che lo diceva se ne stava abbandonata sul tavolo a sporcare la tovaglia bianca della mamma di crema e panna. Aveva già scartato i regali e ora era davanti alla seconda fetta di torta della giornata.
«Non ti pare di stare esagerando un pochino Giorgina?»
La zia Maria Diletta le si avvicinò e Gio alzò la testa facendo cadere nel piatto un pezzo di pan di spagna che aveva sulla forchetta. La zia indossava un bellissimo vestito nero a fiori, aveva lo smalto perfetto e due orecchini neri che le pendevano dalle orecchie.
Papà diceva che si faceva le lampade, per questo era sempre abbronzata…anche se Gio non aveva ancora capito cosa centrassero le lampade con l’abbronzatura. Aveva i capelli marroni come quelli della mamma ma non era uguale a lei in nessun altro punto. Era quello che non piaceva a Gio, che la zia non fosse simile alla mamma. Se lo fosse stato sarebbe stata una persona molto più gentile.
«Sarebbe già la seconda fetta che mangi oggi, poi diventi grassa e i bambini non ti guardano più.»
Giorgia abbassò di nuovo gli occhi sulla torta davanti a lei e posò la forchetta sul tavolo, forse era meglio lasciare stare…ma avrebbe tanto voluto mangiarla! Insomma, aveva aspettato tutta la settimana per mangiarsi la sua torta che la mamma aveva ordinato in pasticceria!
«Diletta lasciala stare, può mangiare quello che vuole. È il suo compleanno, non iniziare anche stavolta.»
La mamma si mise davanti alla zia con le braccia incrociate mentre Gio la guardava di sottecchi ringraziandola mentalmente perché era venuta a salvarla.
Anche in quel momento, con le due sorelle così vicine, si potevano notare le differenze. La mamma, a differenza della zia, indossava dei jeans strappati e una maglietta a maniche corte con sopra disegnato un gatto. Era la maglietta preferita di Giorgia, la mamma la metteva sempre al suo compleanno.
«Oh andiamo Linda, le ho solo dato un consiglio. Se comincia a tenersi a quest’età da grande non avrà alcun problema! Lo faccio per il suo bene!»
«Problema? Per un pezzo di torta in più il giorno del suo compleanno? Diletta dai, smettila di dire cavolate!»
La mamma non diceva mai brutte parole, aveva paura che Gio le potesse ripetere e allora, anche quando era arrabbiata con papà, si tratteneva sempre dall’urlare e dal dire cose poco piacevoli.
«E tu smettila di voler fare la mammina santarellina Linda! Ma non vedi come le permetti di stare? Voleva tagliarsi i capelli come un maschio? Puff, accontentata! Vuole la torta così, così e così? Ma sì, perché no! E poi guardala! Peserà quaranta chili a otto anni! Se quella bambina non viene su con qualche problema sarà solo fortuna.»
Giorgia vedeva la mamma aprire e chiudere i pugni, diceva che l’aiutava a calmarsi, ma sentiva anche che gli occhi le si riempivano di lacrime. Non capiva che cos’avesse fatto alla zia per farsi odiare così tanto. È vero, si era fatta tagliare i capelli ma perché le piacevano tanto! E poi lunghi erano veramente fastidiosi.
Guardò la torta e la odiò con tutta sé stessa. Le aveva rovinato il giorno del suo compleanno e non avrebbe neppure potuto chiederle scusa perché le torte non sapevano parlare. Si guardò le mani e, in un momento di rabbia incontrollata, spinse il piatto per terra.
La mamma si voltò verso di lei mentre la zia iniziava a fare commenti poco carini sul suo comportamento. La torta si era spiaccicata sul pavimento e il piatto si era rotto.
Giorgia sentì le lacrime che le scorrevano lungo il viso mentre guardava anche papà entrare in cucina. La mamma la stava guardando con un’espressione scioccata e lei non riusciva a capire se fosse arrabbiata oppure no. La zia continuava a parlare e a dire cose brutte, cose che lei non voleva ascoltare. Quindi si alzò da tavola e corse in camera sua chiudendo la porta e mettendoci davanti la sedia di plastica di Topolino proprio come facevano nei film.
Non accese nemmeno la luce, andò a stendersi sul suo letto per nascondersi la faccia sotto il cuscino e piangere senza che nessuno la vedesse e senza che la zia potesse dirle nulla.
Sentì la mamma che urlava, la porta di casa che sbatteva, lo sgabuzzino che si apriva e che si chiudeva, i passi di papà in corridoio e i pezzi di piatto che stridevano sul pavimento. Poi qualcuno bussò alla porta della sua cameretta ed entrò sorpassando la seggiolina di Topolino senza troppi problemi. Gio si appuntò mentalmente di non credere più a quello che le facevano vedere alla televisione.
«Gio?»
«Voglio stare da sola.»
La mamma si sedette sul letto togliendole delicatamente il cuscino dalla faccia e sorrise, era un bel sorriso. Uno di quei sorrisi che ti fanno credere che andrà tutto bene anche se dopo non è vero.
«Gio, lo sai vero che io e papà ti vogliamo tanto tanto bene?»
Giorgia annuì piano tirando su con il naso e sedendosi per prendere il fazzoletto che stava nella tasca del suo vestitino bianco con i fiorellini rossi disegnati sopra.
«Non devi ascoltare quello che dice la zia, non si comporta bene nei nostri confronti e quindi non vale nemmeno la pena starla a sentire. Ok?»
Gio non rispose. Il labbro inferiore, però, le iniziò a tremare e lei era sicura che si sarebbe messa di nuovo a piangere.
«Non volevo rompere il piatto.»
La mamma le sorrise e le accarezzò i capelli.
«Non importa, papà ha pulito tutto e, se ti va, è rimasta ancora un po’ di torta in frigo. Non pensiamo più a zia e guardiamo La principessa e il ranocchio mangiando io, te e papà. Che dici?»
Il sorriso di Linda si fece un po’ più incerto. Non era sicura che accantonare quell’episodio fosse il modo migliore per tirare su il morale alla sua bambina, aveva evitato di leggere tutti i manuali per diventare una super mamma che le avevano regalato. In realtà non era nemmeno sicura che ci fosse scritto come affrontare una cosa del genere. Però, in quel momento, far rilassare la sua bimba con qualcosa che le piaceva le pareva l’unica opzione possibile.
«Va bene.»
«Va bene? Ok, dai, andiamo allora. Prima che papà si metta a guardare qualche cosa su come si aggiustano le macchine.»
Giorgia sorrise e saltò giù dal letto in tutta velocità per impedire a suo papà di rubarle la televisione. Linda sorrise a sua volta e rilassò le spalle mentre ascoltava suo marito che veniva sgridato dalla sua bambina.
Chiuse gli occhi e provò a immaginarsi quella bambina diventare grande e portare a casa il primo fidanzato mentre suo marito se ne stava seduto sul divano a guardarlo male. Era un bel futuro…ma un futuro di cui lei non avrebbe fatto parte.
***
Quella sera Linda entrò nel piccolo bagno del loro appartamento sorprendendo Giorgia che, stando in equilibrio sul suo sgabellino giallo, si guardava allo specchio facendo delle facce strane.
«Gio, amore, che stai facendo? Ti sei lavata i denti?»
Giorgia si voltò di scatto verso sua mamma e la guardò con gli occhi spalancati, come se l’avesse appena sorpresa a fare una cosa estremamente grave.
«Sì, mi sono lavata i denti.»
Rispose ritornando ad alzarsi sulle punte per guardare la sua immagine riflessa nello specchio.
Linda la guardò e le si mise dietro alle spalle iniziando a pettinarsi i capelli per poi legarseli in una coda bassa per essere più comoda durante la notte.
«Mamma? Ma io assomiglio a un bambino?»
Quella domanda tanto insolita arrivò altrettanto all’improvviso che Linda rimase per qualche secondo con le mani ancora attorno ai propri capelli e gli occhietti vispi di Gio puntati addosso.
«Perché me lo chiedi?»
«A scuola mia c’è questo bambino, si chiama Ronaldo…mi piacerebbe assomigliargli.»
La donna corrugò la fronte non riuscendo a capire cosa la bambina volesse dire.
«Amore, non capisco.»
Giorgia si voltò verso di lei e la guardò con uno sguardo talmente serio da far rabbrividire la donna. A Linda faceva sempre una certa impressione quando incontrava quello sguardo, le faceva paura, in un certo senso.
Perché non era normale che un bambino avesse quella serietà negli occhi secondo lei, non era normale perché un bambino avrebbe dovuto essere sempre spensierato e felice…le venne la pelle d’oca al solo pensiero che per Gio potesse non essere così.
«Voglio essere un maschio mamma! Come Ronaldo! E giocare a pallone e fare quello che fanno lui e i suoi amici!»
Era una frase talmente strana e sembrava talmente fuori luogo detta da una bambina che Linda avrebbe tanto voluto che, in quel momento, suo maritò entrasse in bagno per salvarla. Ovviamente non successe! Quell’uomo non sapeva rendersi utile nemmeno in quelle situazioni.
«Bè…penso sia una cosa possibile. Insomma, sì, assomigli molto a un bambino effettivamente.»
Non era sicura che fosse la frase giusta da dire in quel momento però, quando Gio sorrise, Linda si sentì improvvisamente più tranquilla. Era veramente il sorriso più bello del mondo.
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