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Rosa~Capitolo 21

La paura di non piacere, a volte,
è dieci volte più forte dei desideri di una persona

Ok...

Si disse Gio mentre se ne stava steso sul letto a fissare il soffitto della sua camera che, anni prima, suo padre aveva dipinto di lilla.

Facciamo un attimo il punto della situazione: mi sono tagliato i capelli, sono andato alla festa di Filippo, ho incontrato Brandon che mi ha fatto un complimento, Gaia si è fatta ottomila film mentali, lei e quell'altro delinquente mi hanno dato buca costringendomi a un appuntamento con Brandon e lui mi ha fatto un ritratto. Poi ci siamo salutati e ognuno è andato a casa sua...e io mi sto convincendo sempre di più che Gaia abbia ragione.

Gio sbuffò e si premette sul viso il cuscino per soffocare un lamento, suo padre stava dormendo dopo essere rincasato tardi e lui non aveva la minima intenzione di svegliarlo.

Per non contare quello che è successo stamattina!

Si ricordò Gio tornando con la mente a quella mattina, quando era uscito assieme a Gaia da scuola, e aveva trovato Brandon che le stava aspettando come, ormai, succedeva da qualche tempo.

***

«Fammi capire bene»

Gli disse Gaia per la quarta volta in quelle cinque ore di scuola in cui si vedevano.

«Io e Fil vi abbiamo dato palesemente buca, Brandon ti ha portato al vecchio osservatorio, strano posto per un appuntamento tra parentesi, e poi ti ha fatto un ritratto?!»

«Sì Gaia, è andata esattamente così.»

Le rispose Gio nuovamente per poi tapparsi le orecchie a causa dell'urlo che la sua amica aveva lanciato proprio nel bel mezzo del cortile.

Perché tutte a me?

Si chiese Gio rendendosi conto che aveva la maggior parte degli occhi dei suoi compagni di scuola puntati addosso.

«Tu non sei normale.»

Le disse infatti a bassa voce mentre si avvicinavano al cancello dove Filippo e Brandon li stavano aspettando. Il riccio aveva le palpebre che gli si chiudevano da sole mentre l'altro ragazzo lo guardava sorridendo, come sempre, e forse anche prendendolo un po' in giro. Gaia andò subito da Filippo, ormai diventato il suo compagno di malefatte, e si posò nuovamente con il gomito sulla sua spalla.

«Ciao a tutti! Come va?»

Filippo neanche rispose, erano in classe assieme dopotutto, e Brandon si limitò a fare un'alzata di spalle. La ragazza lanciò una rapidissima occhiata a Gio prima di sorridere furbamente e di tornare a fissare la sua attenzione sul ragazzo che aveva di fronte.

«Allora Brandon, com'è andata ieri? Vi siete divertiti tu e Gio?»

Ora la strozzo.

Pensò Gio mentre guardava con la coda dell'occhio il ragazzo.

La uccido e faccio sparire il suo cadavere buttandolo nel fiume.

Il ragazzo si passò una mano tra i capelli e rispose a Gaia sempre rimanendo con il sorriso.

«Io personalmente sì. Non abbiamo fatto chissà cosa ma sono stato bene. Peccato che né tu né Filippo siate potuti venire.»

A parte il fatto che Brandon ha detto di essere stato bene in mia compagnia...ma sbaglio o ha appena lanciato una frecciatina a Gaia e a Filippo?

Gio seguiva la scena come uno spettatore fa al cinema. Non diceva niente per cambiare gli eventi ma commentava tutto nella sua testa.

«Anche a me è dispiaciuto non poter essere venuta, ma sarà per un'altra volta.»

Rispose Gaia sorridendo come una santarellina e staccandosi da Filippo che, fino a quel momento, non aveva detto nulla, proprio come Gio.

«Ora io e Gio dobbiamo andare, ci vediamo!»

Disse poi la ragazza e, con una velocità sorprendente, afferrò Gio per il polso e lo trascinò fuori dal cortile verso la fermata del bus. Che, in realtà, il ragazzo non prendeva mai.

«Ma che hai?»

Le aveva chiesto allora cercando di farsi mollare ma con scarsi risultati.

«Non agitarti ma ho dovuto trascinarti via. Paolo stava venendo nella nostra direzione.»

Ah...

Fu l'unico pensiero che attraversò la mente di Gio prima di riempirsi di quelle mille paranoie che lo affollavano normalmente. Non conosceva Brandon. Ci aveva parlato poche volte. Ma la prospettiva di passare per imbroglione non lo allettava per niente. Anche se era con un ragazzo che conosceva appena. Ma sapeva anche che non era pronto per una confessione. Soprattutto perché, nel profondo del suo stomaco, lui sapeva di avere paura. E la paura di non piacere,a volte, è dieci volte più forte dei desideri di una persona.

***

Erano esattamente le 20.30 e Gio se ne stava tranquillo, più o meno, sdraiato sul divano a guardarsi la televisione. A dire la verità, non stava prestando molta attenzione a quello che succedeva sullo schermo. Il suo cervello era occupato a pensare ad altro. E fu proprio in quel momento che il campanello di casa sua suonò. Gio corrugò la fronte e si alzò dal divano.

Ora spiegami chi è che va a suonare il campanello della gente alle otto di sera.

Si disse. Per poi darsi subito del vecchio nella sua testa perché, a diciassette anni, i ragazzi alla sera escono e non stanno a casa come lui davanti alla tv. Prese in mano la cornetta del citofono e se l'avvicinò all'orecchio.

«Chi è?»

«Ehi Gio! Sono Filippo...avrei un piccolo problema...non è che mi faresti salire?»

«Che genere di problema?»

Chiese Gio corrugando la fronte e iniziando a battere ripetutamente il piede sul pavimento.

«Ho Brandon ubriaco appoggiato alla spalla. E pesa. Quindi, per favore, fammi salire!»

«Oh Signore mio, perché non l'hai portato a casa sua?»

«Storia lunga, ora puoi farci salire?»

Gio stette zitto in riflessione per alcuni attimi. Se li avesse fatti salire Brandon avrebbe potuto vedere le foto di lui e suo padre quando aveva ancora i capelli lunghi. Se non li avesse lasciati salire Filippo l'avrebbe odiato in eterno. Alla fine scelse il male minore.

«Dai sali.»

Disse al citofono prima di premere il pulsante che avrebbe aperto la porta principale a quei due coglioni. Perché sì, in quel momento Gio li considerava entrambi dei coglioni. Aprì la porta dell'appartamento e lanciò una rapida occhiata alle foto appese alle pareti. Lei davanti alla sua torta di compleanno con una candelina a forma di quattro, lei che dava da mangiare a una capretta in una di quelle fattorie didattiche dove ti portano in gita all'asilo, lei sulle spalle di suo padre che mostra alla fotocamera un gelato al cioccolato...

«Eccoci.»

Filippo gli comparve davanti con Brandon, effettivamente, posato sulle sue spalle. Il ragazzo era messo...male. Non si poteva definire in alcun altro modo. Aveva la testa tutta piegata in avanti, barcollava anche tenendosi all'amico, aveva i pantaloni e la felpa bagnati o sporchi, Gio preferì non approfondirlo, e aveva alcune ciocche di capelli che gli dondolavano davanti alla faccia.

«Ma che cosa vi siete andati a bere?»

«Ci credi se ti dico che io non ero neanche lì e lui mi ha chiamato per farsi venire a prendere?»

Gio annuì facendosi da parte e lasciando che Filippo facesse stendere Brandon sul divano. Il ragazzo aveva gli occhi semi aperti e continuava a parlottare fra sé e sé alternando le parole a piccoli sbuffi.

«Posso andarmi a cambiare? Quello stronzo mi ha vomitato addosso.»

Gio tornò a guardare Filippo e annuì appena indicandogli il corridoio.

«Se ti serve qualcosa da vestire prenditi quello che vuoi dal mio armadio o da quello di mio papà.»

Il ragazzo gli rispose con un semplice "ok grazie" prima di sparire nel corridoio e poi nel bagno di cui Gio sentì solo la porta sbattere.

«Gio...»

Il ragazzo si voltò di scatto verso Brandon e gli si avvicinò di qualche passo. Quel moribondo aveva gli occhi ancora socchiusi ma lo stava fissando palesemente.

«Stai bene?»

Fu l'unica cosa che venne in mente di dire a Gio. Vedere Brandon in quelle condizioni gli faceva uno strano effetto. Tipo tenerezza.

«Devo togliermi la giacca...»

Disse l'altro prima di alzarsi a sedere e togliersi la felpa rimanendo in maniche corte. La felpa finì sul pavimento e Gio si sentì le guance diventare calde.

«Vieni più vicino...»

Lo implorò Brandon e, visto che l'altro non azzardava a muovere un solo muscolo, il ragazzo fece un piccolo scatto in avanti, che gli fece girare la testa come una trottola, per afferrargli il polso e farselo cadere praticamente addosso. In pratica Gio si ritrovò spalmato su Brandon come lo stracchino sul pane. Ovviamente provò ad alzarsi ma l'altro ragazzo, per quanto poco, era più forte di lui e quindi riusciva a tenerlo lì senza troppi sforzi.

«La prima volta che ti ho visto ho pensato che fossi proprio piccolo sai? Hai delle mani piccoline.»

Gio deglutì cercando di non pensare a quello che stava dicendo Brandon, cercando di non pensare alle foto alle pareti e, soprattutto, cercando di non pensare che aveva la testa proprio posata sul petto del ragazzo e che, messi in quella pozione, sembravano i protagonisti di uno di quei film che Gaia gli faceva vedere ogni cavolo di San Valentino.

«Pensa che credevo fossi una ragazza...in effetti hai il corpo da ragazza sai?»

Merda! M.E.R.D.A. Mi devo staccare da questo qua.

Pensò Gio iniziando a provare ad alzarsi con scarsissimi risultati.

Guarda Brandon che ti tiro una ginocchiata in mezzo alle gambe se non mi molli.

«Eppure sei proprio carino. Sì, proprio carino.»

Il ragazzo sgranò gli occhi mentre Brandon gli dava un bacio sui capelli. La presa sul suo polso diminuì e Gio poté finalmente tirarsi su e allontanarsi dall'altro.

«Oh vedo che si è addormentato. Ehi, cos'hai? Sembra che tu abbia visto un fantasma.»

Il ragazzo si voltò verso Filippo scuotendo la testa.

«No niente...piuttosto, spiegami come mai è così ubriaco.»

Il riccio lanciò una rapida occhiata al suo amico steso sul divano e si diresse in cucina, subito seguito da Gio. Entrambi si sedettero intorno al tavolo e Filippo posò la testa su una mano. L'altro notò che il riccio si era cambiato e che, adesso, indossava la sua bellissima felpa della Pantera Rosa.

«La madre di Brandon vive in America, lui vive qui con sua zia. I suoi genitori sono divorziati da tanto tempo, credo che lui non li abbia neanche mai visti assieme, e suo papà sta a Milano. Ogni tanto lui va a trovarlo o ci passa direttamente l'estate. Brandon dice che la cosa gli va più che bene...ed è vero fino a un certo punto. Sua madre doveva venirlo a trovare e lui era la persona più felice del mondo, te lo giuro. Poi oggi pomeriggio l'ha chiamato. E niente, rimane là in America.»

«Ah...»

Filippo si passò una mano tra i ricci.

«Possiamo rimanere a dormire da te? Per favore...se sua zia lo vede in quello stato lo uccide.»

Gio guardò l'amico e sbuffò.

«Dovrete essere fuori di qui per le otto.»

Filippo sorrise contento e si alzò per andare ad abbracciarlo.

«Sei la persona migliore del mondo!»

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