Rosa~Capitolo 19
Come un pittore,
farò in modo di arrivare dritto al cuore
con la forza del colore -Modà
Filippo e Gaia mi hanno dato buca.
Fu il primo pensiero di Gio mentre, con le gambe che gli tremavano, si sedeva sul bordo di una vecchia pista per gli skate. Poco distante da lui era seduto anche Brandon che, però, sembrava non essersi reso conto della sua presenza visto che aveva lo sguardo fisso su un quadernino che teneva aperto sulle ginocchia.
«Ciao...»
Disse il ragazzo titubante mentre si ficcava le mani in tasca.
Brandon alzò di scatto lo sguardo dal quaderno e sorrise nel vedere chi gli stava di fronte.
«Ciao Gio. Come stai?»
Il ragazzo si strinse nelle spalle e sentì il suo cuore accelerare il ritmo quando Brandon si alzò dalla sua posizione per andare a sedersi proprio accanto a lui.
Ok...
Pensò mentre l'altro si sistemava il quadernino, ancora aperto, sulle gambe.
...va tutto bene, non andiamo nel panico.
«Sto bene, grazie. E tu?»
Wow, uno dei discorsi più emozionanti della mia vita.
«Non mi lamento. Ma Gaia non doveva venire con te? Perché né di lei né di Filippo si è vista l'ombra. E io sono qua da circa mezz'oretta.»
«Io pensavo che l'avrei trovata qui in realtà...»
A dire la verità Gio un po' se lo aspettava un gesto del genere. Nella sua mente sempre piena di paranoie si era già immaginato una scena in cui Filippo e Gaia lo abbandonavano con Brandon e poi faceva una colossale figura di merda. E, la cosa peggiore in quel momento, era che la sua paranoia si stava proprio avverando! Ci mancava solo che fosse inciampato mentre camminava. Brandon fece spallucce e chiuse di scatto il quadernino.
«Forse è meglio se proviamo a chiamarli. Secondo me, comunque, ci hanno dato buca.»
«Tu dici eh?»
Gli chiese Gio con un sorriso tirato mentre frugava nello zaino che aveva posato accanto a sé alla disperata ricerca del suo telefono. Aveva già deciso che, quando sarebbe tornato a casa, avrebbe richiamato Gaia e l'avrebbe maledetta anche in aramaico antico. Quando trovò il telefono corse ad aprire la rubrica dei contatti e chiamò subito la sua amica che aveva osato abbandonarlo in un momento tanto delicato. Lo squillo del telefono non fece altro che aumentare la sua ansia. Iniziò a tamburellare con le dita sulle sue ginocchia e sperò che Brandon non si accorgesse di quanto, in realtà, fosse nervoso.
«Pronto?»
La voce della sua amica, resa metallica dal telefono, gli fece solo salire un fortissimo istinto omicida nei suoi confronti.
«Gaia!»
Esclamò comunque, fingendo un tono calmo e rilassato e per niente incazzato.
«Dove sei finita? Io e Brandon siamo già alla vecchia pista da skate. Sei in super ritardo.»
«Oddio ma era oggi? Scusa Gio me n'ero completamente dimenticata! Domani la prof di scienze mi interroga per recuperare il tre della verifica e io devo veramente studiare. Scusa, scusa, scusa!»
E da quando studi per un'interrogazione di scienze eh stronza?
Avrebbe voluto dirle Gio ma si trattenne solamente per il fatto che aveva Brandon vicino. Gaia non era brava a recitare, e si sentiva dal tono della sua voce che mentiva su tutto. Forse, però, il ragazzo non l'avrebbe notato considerando che lui non conosceva chissà quanto la ragazza.
«Ok...allora divertiti.»
Le rispose stringendo i denti e lanciando un'occhiata a Brandon che, a dirla tutta, stava giocherellando con un accendino rosso acceso.
«Grazie, divertiti anche tu Gio!»
Ma vaffanculo. Qui non c'è mai nessuno che mi ascolta?
E, con questa raccomandazione che sembrava più una presa in giro, Gaia riattaccò. Gio fece due respiri profondi prima di rimettere il telefono nello zaino e tornare a rivolgere la sua attenzione a Brandon che, nel frattempo, aveva messo via l'accendino e aveva tirato fuori il telefono per chiamare Filippo.
«Provo io.»
Disse avvicinandosi il telefono all'orecchio e facendo cadere un silenzio pesante.
«Pronto Fil. Sì, ciao. Scusa ma dove sei finito? Io e Gio siamo qui che ti aspettiamo da una vita!»
Gio non riuscì a capire quello che Filippo rispose al ragazzo e, in realtà, neanche gli interessava. Sapeva che era solamente una scusa per lasciare che lui e Brandon stessero da soli.
Ma io mi chiedo, ma questi non sono capaci di farsi i cazzi loro? No perché, sarebbe veramente una bella cosa se lo facessero ogni tanto.
Pensò mentre Brandon si metteva il telefono nella tasca della felpa e tornava a guardarlo.
«Fil dice che sua mamma lo ha incastrato a fare le pulizie.»
Gli disse mentre anche lui metteva il suo quadernino dalla copertina gialla nello zaino che portava ancora in spalla.
«Ci hanno proprio dato buca...»
Brandon annuì prima di alzarsi in piedi e guardare Gio dall'alto.
«Bè? Dove vai?»
Gli chiese infatti questo mezzo confuso.
«Visto che quei due ci hanno dato buca io direi che possiamo andare a farci un giro noi due. Ovviamente se ti va. Ma conosco un bel posto dove andare.»
Gio sorrise e si alzò in piedi sistemandosi lo zaino sulle spalle.
«Così però giochi sporco. Punti tutto sulla curiosità.»
Brandon ridacchiò.
«Dai vieni.»
***
Quando arrivarono al vecchio osservatorio della città Gio sorrise. Si era aspettato un qualsiasi altro posto, ma non quello. Sicuramente.
«Hai intenzione di sfondare la porta?»
Chiese ridacchiando e avvicinandosi al ragazzo che, nel mentre, stava facendo il giro di una colonna. Il vecchio osservatorio era circondato da una rete, il problema era che, quella rete, era stata rotta diverse volte da vandali o da qualche tempesta. Quindi si poteva entrare in qualsiasi momento in quel luogo che avrebbe dovuto essere proprietà del comune.
«No, no. Anche perché la troveremo già scassata.»
Gli rispose Brandon mentre si aggrappava a una vecchia scala arrugginita per salire sul tetto dell'osservatorio.
«Dai vieni. So che non ha proprio un aspetto rassicurante ma regge meglio di qualche ponte nuovo.»
Gio guardò il ragazzo e poi guardò la scala, si fece un veloce segno della croce e iniziò a seguire l'altro che, nel mentre, era già arrivato in cima. Il tetto dell'edifico era esattamente come il resto, ossia uno schifo. Erano anni che qualcuno non passava a fare manutenzione in quel posto e, quindi, anche le piante che c'erano attorno ora crescevano libere. Il tetto era sopraffatto di rampicanti, foglie secce, terra portata dalla pioggia, qualche lattina e anche qualche animaletto morto. Il tetto era delimitato da una ringhiera di ferro, anche quella arrugginita, e Brandon andò a sedersi proprio in un punto in cui mancava. Gio lo seguì e si sedette poco distante, su un pezzo di un muretto anche quello pieno di rampicanti.
«Allora Gio» iniziò Brandon accendendosi una sigaretta «parlami un po' di te.»
Gio corrugò la fronte a quella strana richiesta e pensò un qualcosa che si avvicinava molto a: "così? Di botto?"
«Cosa vuoi che ti dica? Non c'è molto da raccontare.»
«Tutti hanno una storia. Anche se piccola o misera. Ma capisco che non te la senta di raccontare la tua vita a uno che hai visto, sì e no, due volte. Quindi decidi tu di cosa parlare.»
Sì però deciditi! È destabilizzante questa tua indecisione!
Gio si strinse nelle spalle e rivolse lo sguardo al panorama che si poteva ammirare da quel punto.
«C'è un bel panorama...»
«Oh sì. Anche se, quando vengo con Filippo, lui si ferma sempre prima di arrivare alla ringhiera. Soffre di vertigini.»
«Ma poverino. Certo che ce le ha proprio tutte le sfighe.»
«Puoi dirlo forte: è bassino, ha la r moscia e soffre di vertigini. Diciamo che ha la sfiga che lo perseguita.»
Gio sorrise e tornò a voltarsi verso Brandon. Lo trovò intento a disegnare qualcosa sul suo quadernino.
«Cosa disegni?» Chiese giocherellando con le maniche della felpa.
«Un attimo e ti faccio vedere.»
Gli rispose semplicemente l'altro e Gio, anche se curioso, tornò a guardare le case che stavano proprio sotto di lui. Era appena aprile ma l'aria continuava a essere fredda, anche se il sole stava bello alto nel cielo. Dalla strada arrivavano i rumori dei clacson. Gio pensò a Gaia e a Filippo e sbuffò pensando che, veramente, quei due avrebbero potuto farsi gli affari loro.
Non racconterò mai più qualcosa a Gaia. Basta!
Si disse mentre sobbalzava sentendo una mano che gli si posava sulla spalla. Si voltò e si accorse che Brandon gli si era avvicinato e gli stava anche porgendo il suo quaderno. Gio lo prese in mano e strabuzzò gli occhi. Sul foglio Brandon gli aveva fatto un ritratto.
«Wow...ma è bellissimo.»
Brandon l'aveva ritratto molto meglio di quanto Gio si fosse mai visto. I tratti della matita erano leggeri ma decisi e i lineamenti del ragazzo raffigurato erano ben marcati. Le ciocche di capelli ricci gli ricadevano sul viso che, invece, era rivolto al panorama.
«So fare di meglio, ma grazie.»
Rispose Brandon sorridendo e togliendogli delicatamente il quaderno dalle mani.
•
•
Ecco due versioni del disegno di Brandon. Purtroppo non sono uguali alla descrizione che ho fatto io ma sono usciti bene, quindi li ho abbonati.
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro