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Rosa~Capitolo 11

La mente vede quello che gli occhi le trasformano.

Filippo era riuscito a fare stare quattro classi da diciassette persone circa l'una in un appartamento di centocinquanta metri quadrati, aveva tutta la stima di Gio. Le bottiglie di alcol erano accatastate tutte sul tavolo della cucina, dei festoni pendevano dal soffitto, tre casse sparavano musica a tutto volume e Gio non sapeva cosa illuminava la stanza con una luce viola. Assomigliava di essere a una di quelle feste americane con i bicchieri di plastica rossi e con il bordo bianco...infatti c'erano pure quelli.

«Che figata pazzesca!»

Gli urlò Gaia per sovrastare il suono della musica. Gio fece spallucce mentre la sua amica lo trascinava verso la cucina dove Filippo stava parlando con una ragazza, la sua ex ragazza per la precisione, stringendo una bottiglia tra le mani.

«Ehi razza di vecchiaccio!»

Gli urlò Gaia nelle orecchie mentre lui si voltava e l'abbracciava sotto gli occhi attenti e omicidi della sua ex. Gio abbracciò il suo amico cercando di non incrociare gli occhi con quelli di Caterina. Quando Filippo si staccò da lui Gio fece qualche passo indietro, Cate lo stava ancora guardando male.

Oddio, e ora che vuole questa?

Si chiese prima di accorgersi che Filippo stava uscendo dalla cucina.

«Ehi dove vai festeggiato?»

Gli chiese ridendo dello stranissimo look che caratterizzava l'amico quella sera: pantaloni a righe viola e blu, camicia a fiori, occhiali da sole con lenti violette e il suo solito cappello.

«Vado a cercare una persona. Un amico che avevo invitato ma che se l'è già data a gambe!»

Gli rispose Filippo prima di scappare dalla cucina lasciando Gio da solo con Gaia che aveva già iniziato a parlare con Caterina. Le due non avevano mai parlato in vita...ma Gaia era una persona chiacchierona e curiosa e voleva sapere tutti i dettagli possibili della rottura tra lei e il riccio.

Mentre la sua migliore amica passava all'interrogatorio, Gio scivolò lentamente verso il salotto. Ok, non si stava comportando da amico modello ma le feste, soprattutto quelle molto numerose, non erano il suo ambiente.

Si diede un'occhiata intorno: Paolo era seduto sul divano e si baciava con una ragazza che Gio aveva già visto in una classe del classico, due ragazzi stavano giocando al gioco della bottiglia in un angolo, una ragazza si stava scolando una bottiglia senza etichetta sotto gli occhi attenti delle sue amiche e un gruppetto formato sia da ragazzi che da ragazze stava giocando a quel gioco dove si doveva bere se avevi fatto una determinata cosa.

Gio scosse la testa e si avventurò lungo il corridoio dell'appartamento. Era già stato a casa di Filippo nel corso di quei tre anni in cui si conoscevano, per di più per dei progetti scolastici.

Si diresse verso la camera del suo amico, che per fortuna non era chiusa a chiave, e aprì la finestra che dava sull'ultimo pezzo delle scale antincendio. Uscì e se la richiuse alle spalle prima di salire quella rampa di scale che portava a un tetto piatto che la mamma di Filippo usava come giardino privato.

L'aria era fresca e le stelle avevano già iniziato a fare la loro comparsa nel cielo. Gio sospirò stringendosi nella sua felpa extra large che aveva indossato quella sera assieme a una fascia per non far vedere il seno. Si sentiva stupido a farlo ma voleva assomigliare il più possibile a un ragazzo...magari così anche suo papà se ne sarebbe accorto senza che lui dovesse dirgli nulla.

«Ti prego non dirmi che Filippo ti ha mandato a cercarmi...»

Una voce lo distolse dai suoi pensieri facendolo voltare verso la direzione da cui l'aveva sentita provenire.

Su una sedia di plastica bianca, presa da un tavolino che la madre di Fil usava per lavorare alle sue piante, stava seduto un ragazzo che ora lo stava fissando con una sigaretta mezza consumata in mano. Gio sentì il suo cuore fare una specie di capriola. Trovava che quel ragazzo fosse carino. Aveva i capelli marroni sparati in aria, gli occhi grigi, la pelle chiara, indossava una giacca col cappuccio color cachi e un paio di jeans blu.

«Sarebbe difficile che mi abbia mandato Filippo se non so neanche chi sei...»

Rispose Gio avvicinandosi al tavolino e prendendosi un'altra sedia per poi posarla accanto al ragazzo. Si sedette.

«Sono Gio.»

Gli disse porgendogli la mano, il ragazzo lo guardò soppesando le sue parole e decidendo se credergli o meno. In fondo, se quel ragazzo gli avesse mentito il peggio che sarebbe potuto succedere sarebbe stato tornare alla festa di Filippo.

«Io sono Brandon.»

Rispose alla fine stringendo la mano del ragazzo che, si accorse, essere molto più piccola della sua.

«Sei di queste parti?»

Gli chiese Gio portandosi le ginocchia al petto.

«Sì, mia madre ha la passione per i nomi americani, tutto qui.»

Gio annuì.

Brandon si portò la sigaretta alle labbra e buttò fuori una nuvola di fumo.

«Vuoi una sigaretta?»

Gio si voltò verso il ragazzo e il suo sguardo si fermò sul pacchetto che ora gli stava porgendo.

«Grazie.»

Disse semplicemente mentre prendeva una sigaretta e se l'accendeva con l'accendino che Brandon gli offrì. Stettero un po' in silenzio. Ognuno assorto nei propri pensieri, lo sguardo perso sopra la città piena di lucine. Brandon buttò la sigaretta a terra e la pestò prima di prendersene un'altra e ricominciare a fumare.

«Come mai sei qui?»

Fu Gio a spezzare quel silenzio che si era creato tra i due, forse perché anche lui, come Gaia, era un ragazzo curioso che non poteva fare a meno di stare zitto.

«Intendi qui sul tetto o qui alla festa?»

Gli chiese a sua volta Brandon sorridendo, un sorriso che fece fare al cuore di Gio almeno otto capriole di seguito.

«Qui alla festa...non ti ho mai visto.»

Il ragazzo buttò fuori dalle labbra un'altra boccata di fumo che si disperse nel vento fresco della sera prima di voltarsi completamente verso Gio posando il mento su una mano.

«Sono il migliore amico di Filippo, quindi sono stato costretto a venire a questo diciottesimo. Ma faccio l'artistico, per questo non mi hai mai visto...anche se vengo sempre a prendere Fil davanti a scuola.»

«Oh...non c'ho mai fatto caso. E pensavo che il migliore amico di Fil fosse Paolo...»

Brandon ridacchiò.

«Paolo? Quel coglione? Ma ti prego.»

Gio sorrise.

«Che ha fatto?»

«Sarei tentato di dirti: "è nato." Ma non sono così cattivo quindi mi limiterò a dirti che, quand'è venuto a sapere che a me piacciono i ragazzi, si è messo a urlare per la strada: "non vorrei creare imbarazzo ma al mio amico piace il cazzo!"»

Gio scoppiò a ridere lasciando cadere la sigaretta a terra.

«Oddio no! Non può averlo veramente fatto!»

Brandon sorrise.

«E invece sì. Credimi, Filippo gli ha fatto pure il video.»

Gio continuava a ridere mentre l'altro ragazzo finiva di fumarsi anche la seconda sigaretta.

«Comunque, per il fatto che non mi hai mai visto, io ho una teoria...»

«Cioè?»

Gli chiese Gio curioso. Il ragazzo buttò il mozzicone per terra e sospirò stiracchiandosi le braccia sopra alla testa.

«Io credo che è sapendo dell'esistenza dei dettagli che ci si fa caso. Per esempio: tu vivi in una megalopoli e non hai mai notato un signore con i baffi, mi segui?»

Gio annuì assorto e Brandon continuò.

«Bene. Allora, tu non hai mai notato questo signore ma, un giorno, questo signore ti offre un caffè al bar. Da quel momento in poi tu noterai sempre quel signore con i baffi proprio perché ti ha offerto quel caffè. Capito?»

Gio sbatté due volte le palpebre sorpresa da quel ragionamento che aveva stranamente senso.

«Sì. Quindi ora io ti troverò ovunque modalità stalker?» Gli chiese sorridendo.

«No, solo davanti alla tua scuola quando vengo a prendere Filippo. A proposito, perché tu conosci Fil?»

«Ci sono in classe assieme.»

Rispose subito Gio sistemandosi meglio sulla sedia, le sue gambe stavano iniziando ad addormentarsi.

«Strano...»

Disse Brandon tirandosi il cappuccio sulla testa.

«non mi ha mai parlato di te.»

Fu in quel momento che il panico iniziò a rimbombare nella testa di Gio. Certo, Filippo poteva non aver mai parlato a Brandon di un Gio, ma poteva benissimo avergli parlato di una certa Giorgia. Quanto ci voleva a fare due più due?

Smettila di preoccuparti Gio, lui non sa nulla. E poi non sei stato tu a dirgli che sei un ragazzo, l'ha dedotto da solo...almeno credo l'abbia dedotto. Mio Dio, devo smetterla di farmi queste paranoie.

«A parte che non mi ha mai parlato nemmeno delle ragazze carine...figurati se mi parla dei ragazzi carini.»

Ok...quel commento era inaspettato. Gio era convinto di essere diventato rosso. Non rispose, non sapeva cosa dire.

Cosa bisogna dire a un ragazzo che ti ha appena fatto un complimento molto evidente? Ringraziare? Cambiare argomento? Pregare che qualcuno venga a salvarti? Forse la terza opzione era quella giusta, perché il telefono di Gio squillò proprio in quel momento e il silenzio venne sostituito dalla voce di Ligabue che cantava Non è tempo per noi.

Il ragazzo prese in mano il telefono e premette velocemente il tasto verde per accettare la chiamata da parte di Gaia.

«Pronto?»

«Ma dove sei finito?! Io e Filippo ti stiamo cercando da una vita! Vieni subito qui razza di stronzo!»

E, dopo avergli urlato contro, la sua amica spense la chiamata.

«La tua ragazza?»

«Per carità no! È la mia migliore amica.»

Gli rispose Gio rimettendosi il telefono in tasca contento di essere stato salvato da una Gaia altamente incazzata.

«Bè, allora sarà meglio andare. Abbiamo entrambi i migliori amici che ci cercano e, la maggior parte delle volte, sono peggio dei fidanzati.»

Gli disse Brandon alzandosi in piedi e porgendogli una mano per aiutarlo ad alzarsi. Gio non era impedito ma accettò comunque l'aiuto. Brand gli sorrise e Gio desiderò potergli fare una foto per non smettere mai di guardare quel sorriso.

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