Blu~Capitolo 10
Adoro quelli che si sentono fuori posto. Con loro mi sento sempre nel posto giusto. -Charles Bukowski
Brandon, quella sera, non aveva la minima intenzione di andare alla festa di Filippo. Per questo Filippo in persona era andato a prenderlo a casa.
«E dai Brand! Ti chiedo di vestirti in modo un pochettino più…da festa?»
Filippo aveva un abbigliamento molto stravagante e Brandon non poteva credere che proprio lui, che avrebbe potuto far esplodere un appartamento con alcune bottiglie di coca cola, stesse diventando maggiorenne.
Diede un’occhiata ai suoi vestiti e corrugò la fronte non riuscendo a capire che cosa ci fosse che non andava: indossava una giacca col cappuccio color cachi e un paio di jeans blu, sotto la giacca aveva una semplice maglia a maniche corte…cosa c’era che non andava?
«Non mi vestirò come te, se è questo che intendi.»
«Almeno un capellino di carta?»
«No. Ho già accettato di venire alla tua festa, non mi farò convincere a mettermi un ridicolo cappellino di carta o qualche cerchietto a unicorno.»
Filippo sbuffò sistemandosi il suo amato capello sui ricci che, a parere di Brandon, stavano diventando sempre più lunghi.
«E va bene! Però sei noioso! Lo sai di esserlo, vero?»
«Sì Fil, sono noioso. Ora, per favore, vogliamo andare a questa tua festa? Prima cominciamo e prima finiamo…forse.»
Disse disperato il ragazzo mentre scendeva le scale del condominio con Filippo che lo seguiva fino al garage dove stava parcheggiata la macchina di sua zia che, fortunatamente, quella sera era andata al lavoro con la sua collega.
«Speraci amico. Dovrai stare lì mooolto a lungo.»
«Io ti odio.»
Disse Brandon sbuffando e mettendo in moto la macchina. La radio si accese e partì una canzone rock che fece storcere il naso a Filippo.
«Vasco.»
Brand sorrise e scosse la testa divertito dalla reazione del suo amico, grande fan di Ligabue, mentre ascoltava Vasco cantare Albachiara.
«Respiri piano per non far rumore, ti addormenti di sera e ti risvegli con il sole…»
«Non osare!»
Gli urlò contro Filippo cambiando improvvisamente stazione radio e facendo scoppiare a ridere Brandon che, per fortuna, riuscì a fermarsi lo stesso al semaforo rosso che gli si era palesato davanti.
«Ti prego, dimmi che la playlist della tua festa non gira tutto intorno a Ligabue.»
Il ricciolino incrociò le braccia al petto e sorrise malizioso.
«Non te lo dirò, vivrai nel dubbio fino alla fine dei tuoi giorni.»
«Vuoi dire fino alla fine della strada no? Perché siamo praticamente arrivati.»
Brandon ricevette uno spintone dall’amico e tornò a concentrarsi sulla strada che, quella sera, sembrava più trafficata di molti altri giorni.
«Chi c’è che conosco alla festa?»
«Ah…bè…ecco…non vuoi veramente saperlo.»
Il ragazzo si voltò per qualche secondo nella direzione del suo amico e capì dalla sua faccia che no, non voleva veramente sapere chi ci fosse alla festa.
«No no, lo voglio sapere. Chi c’è?»
«Caterina, Paolo…insomma, loro.»
«Già, i soliti.»
Disse sbuffando Brandon e stringendo leggermente il volante tra le mani. Sentì che anche Filippo sospirava ma non poteva farci niente. Odiava quei due: l’una per aver ferito proprio il suo migliore amico e l’altro semplicemente perché esisteva.
***
Filippo era sparito. Come sempre del resto. Brandon non gliene faceva una colpa ma l’amico era un animale sociale, una di quelle persone che doveva stare in mezzo alla gente per stare bene. Lui, invece, si considerava uno di quelli che stava bene anche da solo. Aveva Filippo come amico e gli bastava. Anche se, a volte, l’amico doveva andare e socializzare con altra gente che non fosse lui. Come quella sera lì, dove lui era seduto sul divano con un bicchiere di qualcosa di rosa in mano e Filippo era chissà dove a fare baldoria.
Si diede un’occhiata attorno e scosse la testa. Il salotto era pieno di ragazzi e ragazze che ballavano, urlavano, si baciavano, si strusciavano…sua zia l’avrebbe definito tranquillamente un puttanaio.
Brandon scosse la testa e si alzò dal divano che venne subito preso d’assalto da una coppietta non proprio carina di due che continuavano a mordersi le labbra.
Il ragazzo sgusciò tra la gente posando il suo bicchiere su uno dei mobili della casa e riuscì ad arrivare in camera di Filippo dove si trovava la finestra che dava sulle scale anti incendio che portavano al tetto. La madre di Fil era molto affezionata a quel tetto. Il suo progetto era quello di trasformarlo in un giardino con piante e fiori ovunque ma, per il momento, era solo una distesa di cemento con un tavolino bianco dove stavano posate due o tre piante.
Brandon prese una delle sedie di quel tavolo e vi ci sedette guardando la città di notte che, piano piano, spegneva le luci e scivolava nel sonno. Prese il pacchetto di sigarette che aveva nella giacca e si accese una sigaretta godendosi l’aria frizzante della sera e il silenzio di quel luogo.
Era una di quelle cose che odiava delle feste: la musica alta. Insomma, si poteva tranquillamente festeggiare anche senza sfondare i timpani ai propri invitati. Ma pareva che fosse l’unico a pensarla così in quel mondo strano che era quello dei licei e degli adolescenti.
Il suo telefono iniziò a squillare e la scritta papà comparve sullo schermo, fortunatamente non era una videochiamata o avrebbe dovuto dare molte spiegazioni, che non aveva voglia di dare, su dove fosse. A pensarci bene quella situazione lo faceva ridere: doveva dare spiegazioni su dove fosse a suo padre che viveva a Milano, come se avesse il diritto di preoccuparsi.
«Pronto pa’?»
«Ciao Brandon! Sono Matilde!»
Il cuore del ragazzo fece una capriola e le sue labbra si incresparono in un sorriso.
«Ehi piccola, come stai?»
«Sto bene, sto bene. Ho rubato il telefono di papà dalla sua borsa.»
«Allora sei una ladruncola!»
Esclamò Brandon ridacchiando mentre la sorellina sbuffava dall’altra parte del telefono.
«No! Volevo solo chiederti come stavi e quando venivi a trovarci!»
«Io sto bene piccola…per quanto riguarda la seconda domanda non lo so. Magari verrò su quest’estate a fare un giro. Che ne dici?»
«Oh…okay. È che è tantissimo tempo da aspettare!»
Brandon sorrise intenerito e scosse la testa.
«Allora facciamo così, quando vengo su ti porterò una sorpresa. Ok?»
«Sì! Ok ok! Ma vieni su presto! Ciao!»
«Ciao piccola ladra, ora vai a ridare il telefono al papà.»
E, con questo ordine, Brandon riattaccò e tornò sul tetto dell’edificio, da solo, con la sua sigaretta che si stava esaurendo piano piano.
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro