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VII

Annalise sussultò quando la cameriera tirò un po' più forte le stringhe del nuovo corsetto.

-Vi chiedo perdono contessina, ma dovete resistere.

-Marie, almeno tu, non essere così cattiva con me. La zia non se ne accorgerà che non indosso questa gabbia delle torture! - piagnucolò la bambina, attaccandosi più forte che poté alla colonna del letto a baldacchino. Ma Marie fu irremovibile:

-Eseguo solo gli ordini della mia padrona – disse. Da dieci anni prestava servizio presso la famiglia dei Von Liebetz e sapeva come trattare i piccoli nobili, ma se la principessa non l'avesse avvertita di come Annalise poteva essere lusinghiera e apparire dolce e indifesa, avrebbe ceduto facilmente alle sue moine e alle sue richieste di aiuto.

Quel mattino, dopo una settimana di veglia al feretro della contessa Henriette, si sarebbe svolto il solenne funerale e Marie aveva l'ingrato compito di vestire la piccola contessina capricciosa. La sera prima, mentre spazzolava alla toilette la lunga chioma rossa della principessa Françoise, quest'ultima le aveva dato le disposizioni:

-Voglio che domani aiutiate la contessina Annalise nella sua vestizione per il funerale.

- Moi, Princesse? E chi si occuperà di voi? - aveva chiesto, titubante.

-Milly, certamente.

-Ma Milly è così giovane e inesperta per potervi seguire al meglio, non potrebbe occuparsi lei della contessina d'Orléans? - aveva protestato la governante, nel tentativo di svicolarsi da quell'incombenza.

-State tentando di disobbedirmi, Marie? - aveva domandato Françoise, fulminandola attraverso il riflesso dello specchio.

Marie aveva abbassato il capo, chiedendo perdono.

-Mi fido soltanto di voi e del vostro polso fermo, Marie. Non mi deludete.

No, non avrebbe deluso le aspettative della padrona. Terminato col corsetto, fece alzare le braccia alla bimba per poterle calare dalla testa il panier in stecche di balena.

-Così sembrerò un fungo...- brontolò Annalise.

La governante non rispose e continuò a vestirla; le mise davanti ai piedini le scarpette di raso nero col tacco ma la bambina non volle collaborare:

-Io quelle non le metto - sentenziò -Non le ho mai messe e mai le metterò.

-Oggi le dovrete mettere, contessina, e senza discutere.

Annalise si spazientì e iniziò a battere i piedi:

-E invece non le metto! Non sono la vostra bambola!

-Invece di fare i capricci alzate le braccia per favore - ribatté Marie, mentre arrotolava la sottogonna di lino nera.

-Non voglio quella. Voglio quella bianca - sbottò la piccola, incrociando le braccia al petto.

-State andando ad un funerale, non a una scampagnata.

-Metto quella bianca. Era il colore preferito di maman.

Marie tentò di dissuaderla ma fu irremovibile. Alla fine cedette e acconsentì a farle indossare la sottogonna bianca; del resto non si sarebbe vista sotto alla gonna di taffetà nera. Dopo quella piccola ma significativa concessione, Annalise non oppose altre resistenze: infilò docilmente le braccia nelle maniche della pesante sopravveste della robe à la Française, ma si ostinò a non indossare le scarpe. Terminata la vestizione, Marie le ordinò di camminare lentamente per vedere se le pieghe dell'abito cadessero nel modo giusto, aggiustò le pieghe a cannone all'altezza della schiena, appuntò meglio la veletta nera sui bruni ricci acconciati e rimirò l'effetto finale. Annalise, sebbene si sentisse a disagio costretta in quegli abiti, mostrò una compostezza e una raffinatezza rari in una bambina della sua età: la piccola selvaggia, per un giorno, si era trasformata in una vera nobildonna.

*********** + ***********

Olympe era priva di forze: alle prime luci dell'alba una delle cameriere di zia Françoise aveva bussato alla porta della sua stanza e, non avendo ricevuto risposta, era entrata senza permesso. Era venuta a svegliare la contessina per prepararla alla cerimonia funebre, ma a nulla erano valsi i tentativi della donna a convincere la giovane ad alzarsi. Era rimasta per un'ora coricata sul letto a fissare l'azzurro dei tendaggi del baldacchino sopra la sua testa: amava lasciare correre lo sguardo lungo le morbide pieghe di seta e lasciarsi invadere dai suoi pensieri. Fu così che Annalise la trovò mentre si era avvicinata silenziosamente al suo capezzale; Olympe non si accorse della sua presenza finché non notò del movimento con la coda dell'occhio. Lentamente voltò la testa verso la sorellina e rimase a guardarla.

-Come ti senti? Perché non ti alzi? - domandò titubante lei, tenendosi a debita distanza.

Olympe continuò a scrutarla con i suoi occhi color ambra, senza batter ciglio. Quanto avrebbe dato pur di avere la voce e urlarle addosso tutto il suo dolore, il suo rancore: se non fosse stato per Annalise, la loro madre sarebbe ancora viva. Tese il braccio sinistro verso la bambina, invitandola ad avvicinarsi.

Annalise, per tutta risposta, rimase ferma dov'era:

-No, Olympe, non ti farò mai più guardare dentro la mia testa! - disse scuotendo la testa. Ma la sorella non desisté e tenne il palmo della mano rivolto verso di lei, gli occhi supplici.

Con un sospiro profondo, la bimba si fece coraggio e si preparò a sentirsi risucchiare della sua volontà non appena avesse appoggiato la sua mano su quella della sorella. Ma così non avvenne: non appena si sfiorarono, Annalise si sentì invadere la testa da disperazione, odio, urla incomprensibili. Spaventata, balzò indietro; anche Olympe rimase sorpresa, poi capì: ora che Henriette era morta, poteva comunicare con la seconda persona più importante della sua vita, ovvero Annalise! Contenta della scoperta, scivolò giù dal letto, finendo bocconi sul tappeto persiano; con uno sforzo sovrumano si tirò sui gomiti per ghermire le gonne della sorellina.

-Olympe, cosa vuoi fare?! - urlò quest'ultima, terrorizzata, cercando di liberarsi dalla presa d'acciaio. Olympe la guardò con lo stesso sguardo con cui l'aveva guardata quella volta in cui l'aveva attaccata, trascinandola nella tinozza d'acqua. La sorella maggiore si tirò in piedi a fatica, appoggiandosi al tavolino, rovesciando il vassoio con la colazione intonsa che la premurosa cameriera le aveva portato. Annalise urlò ancora più forte e le sue grida, unite al fragore della ceramica in frantumi, fecero accorrere il personale della zia, i cui scalpiccii di piedi rimbombavano sui pavimenti del palazzo. Olympe si sentì le gambe deboli, ma balzò verso la bambina e la agguantò per le spalle, rovinandole addosso.

"Smettila di urlare e ascolta ciò che ti devo dire". Una voce sconosciuta di donna invase la testa di Annalise, che sgranò gli occhi dal terrore.

-O...lympe, tu...puoi parlare?! - mormorò incredula.

La sorella annuì e stava per continuare il discorso telepatico quando la principessa fece irruzione nella stanza, seguita subito dopo dal suo personale di servizio.

-Cosa sta succedendo qui? - tuonò la nobildonna.

Notando le nipoti a terra arricciò il naso per il disappunto.

-Contessa Olympe, contessina Annalise, vi ordino di alzarvi e di ricomporvi - scandì lentamente le parole, inorridendo alla vista di Annalise con il vestito sgualcito e Olympe ancora in camicia da notte. In quel momento arrivò anche Marie, trafelata.

-Vostra Grazia – disse inchinandosi alla padrona – Vostra Grazia, non... - si bloccò, alla vista della sua "protetta" distesa a terra. Françoise si voltò a guardarla, in attesa che terminasse la frase.

-Oui, Marie? Stavate per dirmi che non siete in grado di svolgere il compito che vi ho affidato? - terminò per lei.

Marie sgranò gli occhi, un'espressione di puro terrore le si disegnò in viso.

-Non, princesse, volevo dire... -

-Volevate dire che vi siete distratta un attimo e avete perso di vista la contessina Annalise, ce n'est pas le cas?

Annalise restò ad osservare la scena seduta sui calcagni, senza comprendere cosa stava succedendo. Perché Marie era così triste? Perché la zia la stava trattando con disprezzo, portandola quasi alle lacrime?

-Conducete la contessina Annalise nelle sue stanze. Aiutate la contessa Olympe a vestirsi. Tra un'ora partirà il corteo funebre.

La governante si avvicinò alla bambina e la aiutò ad alzarsi. Françoise la osservò avviarsi verso la porta, ma non appena Annalise mise i piedi fuori dal tappeto, la fermò appoggiando una mano sulla spalla.

-Non sento rumore di tacchi sul parquet. Come mai? - commentò la principessa, rivolgendosi più alla sua giovane cameriera che alla nipote. Senza aspettare alcuna risposta, con un gesto veloce alzò le gonne della bambina e scoprì ciò che aveva già intuito: era scalza! Non solo, portava una sottogonna bianca!

-Ho fatto molto bene a ricredermi sulla vostra serietà, Marie. Vi avevo avvertita riguardo al carattere della contessina. Vi siete lasciata incantare.

Marie, piccata sul vivo, restò in silenzio non sapendo cosa dire.

-Bien, la vostra prova c'est terminé. D'ora in poi sarà Milly, ad occuparsi della contessina.

-Sarà un onore per me, princesse – rispose la giovane alle spalle di Françoise, inchinandosi profondamente.

Dopo aver dato le ultime disposizioni, la principessa uscì dalla camera di Olympe e se ne andò a passo di marcia. Annalise restò a guardarla allontanarsi, le gonne nere che volavano intorno ai suoi fianchi la facevano sembrare un enorme corvo malvagio, pronto ad agguantare la sua prossima preda.

-Venite, contessina. Andiamo a darci una sistemata - mormorò Milly, sospingendola dietro la schiena. Annalise si lasciò condurre docilmente, ancora scossa dall'apparizione della zia e da ciò che era successo un attimo prima non appena Olympe l'aveva toccata: non capiva cosa fosse successo, ma sembrava che potesse leggere nei pensieri della sorella. Cosa stava cercando di dirle? Perché era così arrabbiata? Perché provava tutto quel dolore? 

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