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IX

Un terremoto avrebbe potuto aprire una voragine e spezzare in metà la Reggia di Versailles, ma nemmeno in un disastro simile la vita frenetica di corte si sarebbe fermata. Quel giorno la terra si era aperta sotto i piedi di Madame Pervenche du Borbone, duchessa d'Angiò, facendola sprofondare nella miseria. L'unico modo per affievolire un tale destino era parlare con il re: l'aveva sempre aiutata. Aveva percorso a passo deciso il Salon de la Chapelle, senza degnare di uno sguardo i valletti che si inchinavano al suo passaggio e aveva battuto il tacco sul pavimento di marmo per farsi aprire la porta che conduceva alla tribuna della cappella. Aveva atteso con impazienza e quando finalmente i battenti si erano spalancati si era trovata faccia a faccia con l'ultima persona con cui avrebbe voluto confrontarsi quel giorno: Madame du Barry.

-Duchessa d'Angiò, che sorpresa trovarvi qui - l'aveva accolta la donna.

-Cedetemi il passo, Madame. Devo parlare al re - aveva sibilato la duchessa, sottolineando il "Madame".

-Il re non desidera vedervi, duchessa - aveva risposto la Du Barry, sottolineando "duchessa" con una smorfia divertita. Si era sentita squadrare da quella prostituta da strada: quel giorno Madame Pervenche portava, sull'acconciatura di capelli color d'ebano, nere piume di struzzo; la sua pelle era diafana, ma le gote erano rimaste rosee e fresche. Sebbene avesse dovuto rispettare il periodo di lutto, aveva deciso di indossare un abito sfarzoso in seta color vinaccia, impreziosito da ricami dorati. Anche i gioielli erano preziosi, come la pesante collana incastonata di diamanti. Con i suoi occhi color ambra aveva sostenuto lo sguardo sfrontato della rivale, che faceva fatica a controllare la sua espressione carica di sorpresa.

-Una mise piuttosto inusuale per un funerale, non credete? - le aveva fatto notare.

-Celebro la vittoria di mio marito sulla morte - aveva risposto Madame Pervenche.

-Oppure state cercando di catturare l'attenzione di qualcuno - aveva sentenziato la du Barry.

Madame Pervenche aveva guardato oltre la spalla della rivale e aveva visto re Luigi XV osservarla con attenzione, prima di voltarle la schiena e guardare dalla balaustra la cappella in basso che si riempiva di cortigiani. La du Barry aveva letto per la prima volta negli occhi della duchessa esitazione e incertezza.

-Ho come l'impressione che voi non siate più la favorita di Sua Maestà- non aveva mancato di sottolineare. -Le mie più sincere condoglianze- aveva continuato, cercando di mantenere un tono dispiaciuto. Quelle parole suonavano come una sorta di congedo, ma avevano avuto su Madame Pervenche l'effetto di farla infuriare. Dimenticandosi le buone maniere, impartitele in un'età troppo tarda per farvi affidamento in momenti spiacevoli come questo, aveva spinto da una parte la cortigiana e aveva raggiunto il suo vecchio amante.

-Maestà, desidero parlarvi - aveva detto, inchinandosi profondamente. Il re sembrava ignorarla e aveva continuato a darle la schiena per qualche minuto. Alla fine si era voltato per farla rialzare.

-Duchessa d'Angiò, credevo che foste già partita con le vostre figlie.

Quelle parole avevano fatto gelare il sangue nelle vene della donna:

-Volevo prima assistere al funerale di mio marito, se Vostra Maestà me lo concederà.

Il re non aveva risposto subito:

-Da quanto tempo ci conosciamo, duchessa?

-Da dodici anni, Maestà - aveva risposto senza esitare. -Dodici indimenticabili anni- non aveva mancato di sottolineare.

-E ditemi, vi ho mai fatto mancare nulla? - le aveva chiesto; in attesa che la sua amante proferisse parola, si era accomodato sulla sua sedia, accavallando la gamba destra sulla sinistra, aveva appoggiato il gomito destro sul bracciolo e avvicinato il dito indice alle labbra, in una posa da pensatore. Aveva guardato la sua giovane interlocutrice e subito dopo indicava con lo sguardo la sedia accanto a lui. Ella aveva raccolto le gonne e ubbidito al silenzioso comando.

-Non sono qui per un torto subito da voi, Maestà - aveva iniziato Madame Pervenche, tenendo gli occhi bassi.

-Guardatemi negli occhi, ma chère - aveva comandato il vecchio re; senza attendere che eseguisse l'ordine, le aveva alzato il mento con un dito e si era chinato su di lei. Quando i loro sguardi si erano incontrati, Madame Pervenche vi aveva letto un barlume dell'affetto che quell'uomo, di 32 anni più vecchio di lei, aveva provato fino a poco tempo fa. Ma era stato solo un attimo, perché subito gli occhi del sovrano si erano fatti duri e seri.

-Posso capire il motivo della vostra presenza. Leggo paura nei vostri occhi. Ma non disperate, ho già provveduto a voi - detto ciò si era staccato da lei e si era appoggiato allo schienale.

La donna lo aveva guardato smarrita.

-Il matrimonio che avevo combinato tra voi e Bernard-Louis du Borbon, duca d'Angiò, è morganatico: lui era così innamorato della vostra bellezza che non potevo permettere che il mio più fidato consigliere perdesse il lume della ragione; e non avrei mai accettato di perdere anche voi - aveva rivelato tutto d'un fiato, guardando dritto davanti a sé.

-Ora che vostro marito si è ricongiunto a Nostro Signore, di voi non rimarrà più niente, tornerete ad essere quella che eravate quattro anni fa: una nullità.

Quelle parole l'avevano colpita più forte di uno schiaffo in pieno viso, ma non l'aveva dato a vedere. Era rimasta immobile sulla sedia a osservare il profilo di quell'uomo che con una sola parola avrebbe deciso del suo futuro. Luigi XV sembrava ripensare alle pesanti parole che aveva formulato, come se si fosse accorto troppo tardi della loro gravità. Si era schiarito la voce, le aveva dato un'occhiata fugace e si era alzato; nonostante Madame Pervenche si avvicinava ai 30 anni, restava ancora la donna più affascinante di tutta la corte e lui non voleva avere nessun rimpianto sulla sua decisione.

-Madame- aveva iniziato guardandola con solennità - vi ordino di prendere le vostre figlie e le vostre cose e di partire immediatamente. Verrete trasferita nella residenza che vi donai anni fa, Château d'Amboise.

-Maestà, mi appello ai vostri sentimenti. Io so che c'è ancora un posto per me nel vostro grande cuore. Non potete volere questo veramente- aveva ribattuto Madame Pervenche, alzandosi e fronteggiandolo. -Io lo so che mi amate, e che state soffrendo- aveva continuato, guardandolo negli occhi. Lui aveva distolto lo sguardo, come se qualcosa lo avesse imbarazzato. Ma Madame Pervenche aveva capito:

- È lei che ve lo ha chiesto. È stata lei a chiedervi di farmi lasciare la corte. Cette pute me fera mourir! - aveva sbottato, ma così facendo aveva mandato il re in collera.

-Come vi permettete, apostrofare in questo modo la mia maitresse en titre!

-E così avete deciso? La farete vostra amante ufficiale? Dovrei sentirmi grata per averlo saputo direttamente da voi.

Luigi XV, visibilmente agitato, non era riuscito a proferire parola.

-Va bene, eseguirò l'ordine di Vostra Maestà in cambio di un mio desiderio.

-Parlate, e in fretta.

-Desidero sapere dove si trovano i nostri figli - aveva detto la donna con fermezza.

Il re la guardava con astio:

-Potete chiedermi tutto, ma non questo - aveva risposto.

-Me lo dovete, sono la loro madre, ho il diritto di sapere.

-Voi non siete più la madre di quelle creature, come io non sono più il loro padre. Vi basti sapere che avevo scelto per loro delle buone famiglie, capaci di farli crescere nei migliori modi possibili. Ma restano dei figli illegittimi e non dovranno mai sapere la verità, sono stato chiaro? E ora, andatevene.

Detto questo, si era allontanato da lei e si era affacciato alla balaustra, voltandole le spalle. Così congedata, Madame Pervenche si era inchinata e si era avviata sui suoi passi. E così, una delle più potenti donne di Versailles, si era ritrovata senza più nulla in mano.

Diventata cortigiana all'età di 15 anni, aveva sbaragliato le dame che giravano intorno al monarca, facendo tremare di gelosia la stessa Madame de Pompadour, maitresse en titre. La relazione tra il re e Mademoiselle Pervenche non era passata inosservata, nonostante fosse stata mantenuta segreta dai due amanti; alla morte della Reinette, nomignolo dato alla Pompadour, tutti si aspettavano che la nuova amante ufficiale del re potesse essere proprio Pervenche ma, a gran sorpresa, il re aveva deciso di darla in sposa ad uno dei suoi più fidati consiglieri, Bernard-Louis di Borbone, duca d'Angiò. Tale matrimonio, nato più per un interesse di Sua Maestà che per la felicità della sua amata, era stato suggellato nel 1765; Madame Pervenche non solo aveva acquisito un marito di quasi quarant'anni più anziano di lei, ma anche il titolo "temporaneo" di duchessa. Questa mossa non aveva fatto altro che tenerla accanto al re senza farla sua amante ufficiale. La vita di Madame Pervenche sembrava tutta rose e fiori, finché il re non aveva posato gli occhi su un'altra donna, Madame du Barry, la stessa donna che l'aveva portata alla rovina. Quel giorno aveva raccolto i cocci della sua dignità e si era allontanata da corte il più in fretta che poteva, senza attendere la celebrazione del funerale di suo marito. Era il 1769.

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In copertina: Madame Pervenche du Borbone, duchessa d'Angiò

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