I
-Vorrei ben sperare, ma chère, che vaglierai con estrema cura la mia più che generosa offerta- disse una sera d'estate Françoise de Valois, principessa consorte di Baviera e duchessa d'Alençon, rivolgendosi alla sorella minore Henriette de Valois, contessa d'Orléans - Longueville, durante una cena presso il palazzo di quest'ultima.
-Per favore Vivì, non davanti alle mie figlie- mormorò Henriette, indicando con gli occhi le fanciulle sedute all'altro capo della lunga tavola.
Françoise rise, con la sua voce argentina:
-Nenè, quanto sei ingenua! Olympe non può più essere considerata una bambina anche se la tratti come tale.
La contessa rimproverò silenziosamente con uno sguardo di fuoco la sorella maggiore, per poi voltare la testa in direzione della primogenita, Olympe d'Orléans, contessina de Longueville; quest'ultima, come se sentisse la conversazione tra le due donne, girò leggermente il volto verso di loro.
-Sono certa che mia nipote voglia partecipare alla nostra discussione, non è così, contessina Olympe? - domandò Françoise ad alta voce, alla quale non sfuggiva niente, rivolgendosi alla nipote. La ragazza posò i suoi occhi color ambra sulla zia Françoise: quella donna non le era mai piaciuta, la trovava un essere ambizioso, austero e rigoroso. Nonostante ciò annuì, piegando in modo breve ed elegante il suo collo da cigno. Quando la principessa tornò a dedicare la sua attenzione a Henriette, Olympe volse lo sguardo alla sedia vuota di fronte a lei; sospirò al solo pensiero della fatica che aveva fatto per apparire bella agli occhi del cugino Victor Von Liebetz, erede del principato di Baviera, che non si era presentato nemmeno quella volta. Erano già da alcuni anni che quelle riunioni di famiglia avvenivano per decidere il destino dei due giovani: nati a meno di un anno di distanza l'uno dall'altra, i genitori di Victor facevano pressione su quelli di Olympe per far sì che i due si unissero in un matrimonio di interesse. La cosa non era ancora stata del tutto legittimata, per questo la principessa Françoise ogni quattro anni tornava all'attacco autoinvitandosi a Château de Maintenon, che considerava quasi come se fosse casa sua. Olympe, dal carattere obbediente e sottomesso, non si sarebbe opposta al volere dei genitori e degli zii, nonostante la madre l'avesse cresciuta con sani principi tra cui, per esempio, sposare un uomo per amore e non per convenienza: non le dispiaceva l'idea di prendere il cugino come marito se solo tra i due fosse sbocciato l'amore, ma il fatto che Victor dimostrasse poco interesse nei suoi confronti la infastidiva e la turbava allo stesso tempo. Non lo aveva mai visto dal vivo, ma a detta della zia era un ragazzo molto affascinante, dai lunghi capelli castani e i magnetici occhi scuri; purtroppo poteva solo immaginare come fosse il suo aspetto, dato che non esistevano ritratti recenti: l'ultimo dipinto risaliva a quando aveva tredici anni, poco prima di entrare nella Marine Royale. Sotto volere del padre, il principe di Baviera Frederick Von Liebetz, Victor si era arruolato come allievo ufficiale sulla fregata La Rochelle. Era sempre in viaggio per mare e le sue traversate consistevano perlopiù nello scortare navi mercantili verso le colonie francesi.
Durante il tè di quel pomeriggio passato, Françoise si era dilettata nel racconto sul figlio prediletto, promosso da poco a tenente di vascello, di come fosse salpato da qualche settimana per la Costa d'Avorio. Ripensando ai racconti della zia, la ragazza sognò ad occhi aperti come doveva essere la vita della moglie di un uomo di mare, finché non fu riportata alla realtà dalle risate della bambina seduta alla sua destra, sua sorella minore Annalise d'Orleans, contessina de Longueville, che si divertiva ad intrattenere il bambino seduto di fronte a lei, Dietrich Von Liebetz, principino di Baviera e fratello minore di Victor. I cuginetti, coetanei, sembravano aver legato molto nel corso degli anni e una volta Annalise ammise alla sorella maggiore di essere in contatto per via epistolare con lui. La cosa, ovviamente, non passò inosservata a Françoise:
-Mio figlio è affascinato da lei, glielo leggo negli occhi- disse pensierosa, gli occhi puntati sul bambino e la nipote Annalise.
-Vivì ma cosa dici? Olympe ha una bellezza fuori dal comune, ma è di sette anni più grande di Dietrich! Come potrebbe interessarlo? - rispose Henriette.
-Non è di lei che sto parlando, ma di Annalise- la rimbeccò quasi stizzita la principessa.
Henriette seguì lo sguardo della sorella e vide anch'ella quanto Dietrich fosse divertito e attratto dalla sua secondogenita, che in quel momento stava tenendo banco con la sorellina di lui, Elisabeth Von Liebetz, principessina di Baviera, senza accorgersi degli sguardi da pesce lesso che il bambino le stava dedicando.
-Certo che se Olympe si sforzasse un minimo nel conversare non verrebbe ignorata così...
-Vivì...- ringhiò Henriette.
-Oh scusa, dimenticavo che è mutola.
Detto ciò rise della sua battuta, prese il calice di vino e se lo portò alle labbra. Henriette restò a guardarla trangugiare avidamente lo Château Lafite Rothschild, un pregiato bourdeaux, imbottigliato nel 1710 da suo suocero: un'ottima annata.
-Come stavo dicendo prima, la ragazza inizia a essere piuttosto grandicella per restare ancora in mezzo ai marmocchi - riprese Françoise -Da domani voglio che partecipi alle nostre conversazioni e che impari a socializzare con le persone adulte. La compagnia della sorella minore non le fa bene. Quanti anni ha Annalise?
-Ne ha compiuti otto a marzo.
-C'est ça. Trop petite. E Olympe? Ha quindici anni, dico bene?
-Oui, quinze ans vient de faire - puntualizzò Henriette.
-Un'età giusta per sposarsi, non trovi? E anche per mettere al mondo tanti bambini- sentenziò Françoise, crollando in preda ad una piacevole vertigine contro lo schienale della sedia e sventolando con forza il ventaglio per combattere il calore improvviso che le avvolse le membra. Per tutta risposta Henriette la fulminò nuovamente: quella battuta era rivolta a lei, che si era sposata alla tarda età di diciotto anni e, a causa della sua bassa fertilità, aveva avuto diversi problemi a procreare.
Nel frattempo, Annalise continuò ad intrattenere egregiamente i suoi piccoli ospiti:
-Lo sapete che Olympe è una sirena? - disse con la sua vocina squillante. A quelle parole, Elisabeth rimase a bocca aperta mentre Dietrich ridacchiò.
-È vero, lo dice il libro di favole che maman mi legge tutte le sere prima di andare a dormire- continuò la piccola Annalise.
-Mein Gott, ti fai ancora leggere le favole? Non sei un po' grande per certe cose? - la prese in giro il cugino. A quelle parole Annalise arrossì: Dietrich in fondo le piaceva e si vergognava sentirsi trattata come una bambina piccola da lui.
-Parla l'homme du monde! Ti comporti come i grandi anche se hai ancora un sacco di cose da imparare! - esclamò la bambina.
Il bambino stava per ribattere ma venne interrotto nuovamente dalla contessina:
-Visto che non mi credete, Olympe vi mostrerà la sua magia!
-Oh, sì! Una magia! - esclamò Elisabeth, mentre saltellava sulla sedia e batteva le manine tutta eccitata. I cuscini che la balia della bimba di cinque anni e mezzo aveva sistemato sulla sua sedia, in modo che arrivasse al piatto, cascarono per terra mentre si alzò in piedi sul sedile; sbilanciandosi, si appoggiò con le mani sulla tovaglia, sfiorando pericolosamente con il suo prezioso abitino di seta e broccato la zuppa rimasta intatta.
Con grande piacere Olympe sentì su di sé l'attenzione dei cugini più piccoli, anche se ciò che Annalise le aveva chiesto di fare le era proibito: molte volte i suoi genitori si erano raccomandati con lei di non mostrare la sua vera natura al di fuori del nucleo famigliare, ma se quello era il prezzo da pagare pur di apparire interessante agli occhi degli altri, valeva correre il rischio. Con calma, prese la brocca di cristallo e riempì fino all'orlo il suo calice. Sempre con estrema calma, immerse le prime due falangi del dito indice e si immobilizzò, in attesa.
-Oh no Olympe, così non si vede niente! - intervenne Annalise. Le prese la mano e di colpo gliela immerse nella brocca. L'impatto dell'acqua sulla pelle le mozzò il fiato, un piacere intenso ed elettrizzante le attraversò tutto il braccio; sentì le onde del mare infrangersi sugli scogli, provò la sensazione di libertà che solo il richiamo dell'oceano poteva darle. I suoni si fecero ovattati, l'aria irrespirabile le faceva girare la testa. Annalise continuò a tenerle saldamente il braccio nella brocca, incurante della reazione della sorella, come se ciò che stava accadendo fosse la normalità. Elisabeth e Dietrich guardarono con attenzione l'avambraccio della cugina come se fosse un serpente immerso in un barattolo di alcool. La pelle si ricoprì di squame argentate, come quelle dei pesci, e alle deboli fiamme delle candele emanavano una luce iridescente.
-Incredibile- fu il semplice commento di un incredulo Dietrich.
-E non avete visto quando ha i capelli bagnati: sembrano di platino! - esclamò Annalise, che liberò il braccio della sorella e alzò la brocca con l'intento di bagnarla da capo a piedi. Olympe tentò di fermarla, ma la bambina saltò sul tavolo e in men che non si dica rovesciò tutta l'acqua in testa alla malcapitata, rovinandole così irrimediabilmente l'unica robe à la française che Olympe possedeva, recuperata da uno dei vecchi bauli della soffitta e rammendata alla meglio per l'occasione. La sua bella acconciatura si disfò: così liberati, i meravigliosi capelli dalle morbide onde si allungarono a vista d'occhio fino a toccare il pavimento, il biondo color del grano lasciò spazio ad un bianco perlaceo che, nonostante le poche candele illuminassero a stento la sala da pranzo, emergeva dall'oscurità. Nessuno riuscì a staccarle gli occhi di dosso e per un attimo Dietrich ed Elisabeth furono letteralmente attratti da Olympe, tanto che allungarono le mani verso di lei come per toccarla e accertarsi che fosse vera. La ragazza, sorpresa da tante attenzioni, indietreggiò così di scatto da inciampare sulle ampie gonne; cacciando un urlo silenzioso, cadde all'indietro schiacciando il panier, le cui stecche di balena scricchiolarono pericolosamente. Rotto l'incantesimo, i bambini restarono per un attimo smarriti ma si ripresero subito. Non appena si resero conto che Olympe era a terra, con l'abito tutto rovinato, iniziarono a ridere in maniera incontrollata, mentre Annalise si profuse in ampi inchini.
-C'est incroyable! Smettetela subito! - urlò la principessa Françoise alzandosi in piedi e battendo le mani per farsi sentire in mezzo a tutto quel trambusto.
Olympe, rossa in viso dalla vergogna, si rialzò a fatica. Si riassettò le gonne e tentò di asciugarsi l'avambraccio destro, ancora ricoperto di squame. Esasperata dalla situazione e preoccupata di nascondere alla vista la mezza trasformazione che, complice la semi oscurità della vasta sala passò inosservata agli occhi di Françoise, la ragazza raccolse tra le braccia la sua lunga chioma e le gonne e scappò via. A quel comportamento della sorella maggiore, Annalise capì di averla fatta grossa.
-Olympe, aspettami! - urlò, saltando giù dal tavolo.
-Non volevo farti arrabbiare! - continuò, correndole dietro fuori dalla stanza. Anche Dietrich ed Elisabeth, divertiti dalla nuova piega che la serata aveva preso, corsero dietro alle cugine. Non appena il silenzio tornò sovrano, Henriette si rilassò, grata di aver scampato per un pelo il pericolo.
-Quella non è una bambina, è Belzebù in persona! - sbottò Françoise e sedette.
-Chissà da chi avrà preso il carattere - sbuffò di rimando la sorella minore. L'altra la guardò di sbieco, prima di aggiungere:
-Ho io la cura per mia nipote. Disciplina, studio e buone maniere. Ecco cosa ci vuole!
-Annalise finirà in convento, non ha bisogno di ricevere una specifica educazione.
-Fino a prova contraria, siamo io e mio marito a occuparci del mantenimento delle nostre nipoti, quindi spetta a noi l'ultima parola sul loro futuro. Abbiamo firmato un contratto alla loro nascita. O te lo sei dimenticato?
Henriette continuò a fissarsi le mani giunte in grembo, vergognosa della sua scomoda situazione: da anni la famiglia d'Orléans - Longueville non possedeva più niente, solo un mucchio di debiti che i suoceri avevano lasciato dopo aver dilapidato l'intero patrimonio per mantenere lo sfarzoso stile di vita che la corte del Re Sole aveva imposto negli anni passati.
-A proposito, non vedo tuo marito- osservò Françoise fingendo di aver notato solo in quel momento l'assenza di Jean Jacques d'Olreans, conte de Longueville.
-È indisposto- rispose la sorella.
-È ubriaco, vorrai dire- sentenziò l'altra.
A quelle parole Henriette assunse un'aria talmente mortificata che la sua interlocutrice si apprestò ad aggiungere, con falsa dolcezza:
- Ma chère, sappiamo entrambe che Jean Jacques si starà divertendo in qualche bordello questa sera.
-Hai deciso di farmi andare di traverso la cena?
-Non, pas du tout. Vorrei farti capire che non sempre i matrimoni dettati dall'amore hanno un lieto fine.
-Ti stai riferendo alla mia situazione, ovviamente.
-Touché! Non vorrai mica farmi credere di essere più felice di me, vero? Cos'è che mi dicevi quando eravamo bambine? Che il mio matrimonio sarebbe stato un fallimento totale, che sottostare al volere dei nostri genitori e sposare un uomo che non amavo ma che mi avrebbe garantito una vita agiata e un titolo altolocato era moralmente inconcepibile.
-Io amo mio marito- scandì le parole Henriette.
-Tu ami solo il ricordo dell'uomo che era, dell'uomo che credevi di conoscere. In tutti questi anni ti ha solo mentito. Forse ti amava, ma ha subito perso interesse per te non appena ha scoperto che eri sterile e il colpo di grazia lo ha avuto quando sei riuscita a dare alla luce, casualmente, solo due figlie femmine...
-Taci, per l'amor di Dio! - alzò la voce Henriette, nel tentativo di fermare quella furia.
Françoise la fissò in silenzio, poi tornò alla carica:
-Accetterai la mia proposta? - domandò Françoise, mostrando il suo sorriso più abbagliante.
-Le mie figlie non sono in vendita - sibilò Henriette -Con permesso, Prinzessin - si accomiatò così dalla sorella alzandosi dal tavolo. Con passi malfermi si avviò verso la porta, la aprì sorreggendosi di peso alla maniglia, come se non avesse abbastanza forza sul braccio. Mentre varcò la soglia, un colpo di tosse la fece piegare in due e quel rumore profondo, gorgogliante, come di polmoni pieni d'acqua, continuarono lungo il corridoio attutiti appena dai battenti di legno.
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In copertina: Françoise de Valois, principessa consorte di Baviera e duchessa d'Alençon
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